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Le politiche sociali come investimento

1. CONVERGENZE E DIVERGENZE TRA I DUE APPROCCI

1.4 Le politiche sociali come investimento

L’Economia di comunione non essendo improntata alla massimizzazione del profitto, ma alla comunione appunto, ha tra le sue peculiarità quella di unire elementi prettamente economici ad altri di tipo socio-politico.

Il modello dell’Economia di comunione prevede da Statuto che parte degli utili fatturati dagli imprenditori EdC vengano liberamente condivisi con la realtà locale o con altre realtà del mondo in cui è necessario un intervento di contrasto alla povertà e alla trasmissione delle disuguaglianze. Nel concreto questi utili vengono impiegati in investimenti per la creazione di nuovi posti di lavoro e in progetti di diversa natura che producono un impatto sociale. Ciò significa che, oltre a svolgere il suo ruolo economico, il modello di Economia di comunione esplicitamente si assume responsabilità di tipo sociale, raccogliendo risorse per interventi immediati ed urgenti come anche di medio- lungo periodo, a favore delle comunità locali in cui operano le aziende o su scala internazionale. Non si tratta di filantropia. L’obiettivo degli interventi messi in campo grazie alla condivisione degli utili è quello di dare autonomia economica e ricchezza relazionale alle persone e alle comunità che ricevono l’intervento. Non si tratta di spesa sociale pura, ma di investimento sia economico che sociale.

Considerando questa peculiarità del modello EdC in relazione alle esigenze dell’approccio del Social Investment, è possibile avanzare due osservazioni.

La prima è che l’EdC rappresenta un modello che ha le potenzialità per raccogliere risorse per le politiche di investimento: attraverso l’attività economica l’azienda EdC

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raccoglie utili da poter condividere. Dall’altro lato l’Economia di comunione raccoglie risorse per le politiche sociali attuate dal settore pubblico: impegnandosi a mantenere la correttezza nei confronti delle autorità fiscali, come stabilito dal Rainbow Score al colore giallo, l’EdC contribuisce anche attraverso la tassazione a reperire risorse per la spesa pubblica.

Una seconda osservazione riguarda la duplice tipologia di interventi che l’EdC può mettere in campo: interventi immediati di contrasto alla povertà e interventi di medio- lungo periodo, che hanno come obiettivo quello di intervenire sulle strutture che producono le diseguaglianze.

In sintesi, possiamo definire l’Economia di comunione come un modello che può conferire risorse al Social Investment sotto un punto di vista tradizionale, ma non sempre scontato, che è quello della regolarità fiscale, ma anche sotto un aspetto più particolare, che è quello della condivisione degli utili. Un modello che dal punto di vista della realizzazione degli interventi può attuare politiche sociali, intese in quanto azioni dall’effetto pubblico sebbene non attuate direttamente dall’attore Stato, sia di tipo assistenzialistico che di investimento, attraverso la condivisione degli utili e l’investimento in politiche aziendali che contribuiscono al progresso dell’azienda in termini qualitativi sia per chi vi lavora, che per i clienti che per l’intero territorio.

L’EdC è inoltre un modello che prevede esplicitamente la volontà di collaborare, nonché valorizzare gli investimenti provenienti dal settore pubblico, a favore dell’autonomia economica e del benessere di persone e famiglie. A questo punto risulta importante capire quale deve essere secondo il Social Investment la suddivisione dei ruoli, dal momento che le aziende di Economia di comunione sembrano sconfinare dalla sfera economica. Si tratta di un’ingerenza entro poteri di competenza statale o di una condivisione degli sforzi e delle risorse?

Il Social Investment con riferimento al Welfare mix suggerisce che al mercato sia attribuito il ruolo di generatore di lavoro e ricchezza, di modo da conferire alle persone e alle famiglie quella base materiale per poter rimare al sicuro dai rischi sociali e per poter esercitare la propria responsabilità di risparmiare ed investire a garanzia del proprio futuro. Allo stato spetta il compito di agevolare attraverso l’accesso a servizi a basso

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costo la convenienza del lavoro, la possibilità che questo rappresenti veramente ed effettivamente un mezzo per la sussistenza e per la garanzia di una stabilità non solo presente ma anche futura.168 Tuttavia, questi confini all’Economia di comunione stanno

stretti. La creazione di ricchezza e di posti di lavoro sono un obiettivo prioritario per l’EdC, ma nel suo modello di gestione aziendale inserisce esplicitamente il concetto di azienda in quanto comunità. Ciò significa che la responsabilità dell’individuo e della famiglia di garantirsi dai rischi sociali, non è esclusiva. Deve esserci, ma per l’idea di comunione e di unità di cui l’EdC si fa portatrice questo non è sufficiente. L’azienda viene vista come un luogo in cui sviluppare relazioni forti e interesse, o meglio, interessamento per la vita di chi, in questo caso, ci lavora accanto. L’EdC agisce nel suo ambito di competenza, l’economia, per rendere il suo attore fondamentale, l’azienda, un antidoto all’indifferenza e all’ingiustizia sociale. L’azienda come comunità è quel piccolo luogo in cui cominciare a vedere oltre che a guardare. Quel luogo in cui cominciare a ri- esercitare le virtù civili, proprio nel luogo in cui queste sono state annullate e sostituite da virtù economiche che da sole impoveriscono la vita sociale. L’azienda non è più solamente un luogo in cui offrire la propria manodopera in cambio di un compenso monetario, ma diventa un luogo di inclusione produttiva e comunitaria. Credo che una prospettiva di questo tipo sia molto più complessa, ma anche molto più solida, in quanto garantisce alla persona diversi punti di appoggio nelle fasi di difficoltà, informali oltre che istituzionali. Molto più complessa, ma anche molto più radicale nel creare i presupposti culturali affinché un nuovo modello economico possa svilupparsi.

L’Economia di comunione non vuole negare l’intervento statale, non intende sostituirsi al potere pubblico, ma cerca di promuovere ove possibile quel principio di sussidiarietà circolare promosso dal Welfare civile, che sostiene la capacità della società di prendersi cura di se stessa. L’Economia di comunione, come anche il Social Investment favoriscono un’organizzazione della governance che si basi sulla costruzione di partenariati e reti tra i vari livelli, cercando di agire sulla scala locale.169 L’intervento

dello Stato rimane imprescindibile e fondamentale nelle situazioni più problematiche e in

168 Morel, N., Palier, B., Palme, J., Towards a Social Investment Welfare State? Ideas, policies and challenges, Chicago, Policy Press, 2012, p.70

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tutti quegli interventi che possono valorizzare le risorse che il mercato conferisce, in una logica di collaborazione e sussidiarietà. Questa impostazione permetterebbe di alleggerire il carico delle spese sociali dalle finanze pubbliche, che è uno dei limiti maggiori che sta incontrando il Welfare State, e di avere una progettualità maggiormente condivisa. Dalla collaborazione tra i due approcci dal mio punto di vista si avrebbe una messa in comune delle risorse che ne permetterebbe oltre che un aumento quantitativo, una ridefinizione della destinazione più efficace. Attraverso un partenariato stretto tra istituzioni, società civile ed EdC si potrebbero indirizzare le risorse di modo che gli interventi siano complementari e si valorizzino vicendevolmente.

Affiancare al Social Investment il modello economico dell’Economia di comunione significa affiancare l’azione di due approcci che condividono lo stesso obiettivo di fondo, nonché molte modalità attraverso cui raggiungerlo. Altre ancora risultano complementari e si migliorano e perfezionano vicendevolmente. Si avrebbe la simbiosi tra un approccio alle politiche pubbliche e un modello economico, si avrebbe l’indirizzo politico e l’operatività economica che convergono verso un unico obiettivo, nella libertà e pluralità delle modalità di attuazione. Abbiamo già detto parlando al capitolo 3 di Economia di comunione che essa riconosce il valore della creatività dell’essere umano, la sua capacità di innovazione e non si rinchiude entro una forma giuridica, ma comprende enti della società civile come anche qualsiasi tipologia aziendale. Ritengo questa apertura ad una pluralità di possibilità un fattore estremamente positivo che lascia ampi margini di novità e futuro, in una potenziale co-costruzione condivisa e partecipata di una sinergia tra Social Investment ed Economia di comunione.