• Non ci sono risultati.

La contrattazione interconfederale.

Il ruolo dello Stato nella contrattazione collettiva; una possibilità per la concertazione sociale?

1. La concertazione sociale e la contrattazione Un rapporto necessario per le relazioni industriali e sindacali.

1.1. La contrattazione interconfederale.

Nella sua versione più tradizionale e classica, la regolamentazione statale e la contrattazione collettiva hanno costituito i due grandi e differenti procedimenti attraverso i quali ha avuto luogo storicamente la giuridificazione delle relazioni del lavoro298. Questo è la ragione per cui la soggezione del lavoro a proprie e specifiche norme ha consegnato al diritto del lavoro un ambito inserito nell’ordinamento giuridico dotato di una certa autonomia, appunto quello contrattuale.

Nella loro condizione di tecnica regolativa la legislazione da una parte e la contrattazione collettiva dall’altra hanno sono gli strumenti maggiormente efficaci nel processo di decisione politica. Ma, mentre, le decisioni assunte all’interno della potestà legislativa hanno origine da atti della sovranità parlamentare, le regole definite negli accordi derivano da atti di autonomia privata. L’origine radicalmente diversa delle due vie trascende dalla natura qualificatoria dei suoi elementi, dando risalto alle differenze che esistono tra di loro.

L’aver analizzato le vicende della concertazione, così come sono state ripercorse in questo lavoro, ha evidenziato i punti deboli dell’azione sindacale nel contesto istituzionale di regolazione delle dinamiche sociali. Il nostro discorso era teso a mettere in luce le difficoltà delle organizzazioni sindacali a incidere nelle fasi di decisione politica delle questioni economiche e sociali.

I sindacati, comunque, rimangono titolari esclusivi della contrattazione collettiva e dell’autonomia negoziale; ed è proprio nella contrattazione che il sindacato svolge il ruolo di attore principale nella difesa degli interessi dei quali è rappresentante. Pertanto, se nella concertazione il sindacato perde forza ne mantiene tutto il vigore nella autonomia collettiva su tutti i livelli di contrattazione.

Nella complessa struttura della contrattazione collettiva, il livello centrale è storicamente costituito dalla contrattazione interconfederale, che interviene tra le confederazioni nelle quali confluiscono le varie federazioni di categoria; nel lavoro

298F.VALDES DAL RE, Legislación negociada y concertación social: una aproximación, in Rel. Labor.,

pubblico, invece, sono le organizzazioni di comparto a essere comprese nel sistema della contrattazione interconfederale. Gli accordi, inseriti nel segmento dell’interconfederalità, si rintracciano nei cosiddetti patti sociali e nei protocolli d’intesa convenuti tra Governo e parti sociali. Gli accordi interconfederali possono definirsi come lo “strumento costitutivo di una norma contrattuale comune, sia che riguardi particolari istituti del rapporto di lavoro o forme di organizzazione della rappresentanza299”. Per quanto riguarda i settori del lavoro privato, gli accordi riuniscono i singoli settori della produzione, dall’industria al commercio e via dicendo, mentre, nel lavoro pubblico vengono regolati gli «istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni e riguardanti più comparti» (art. 47-bis, comma 4, d.lgs., 3 febbraio 1993, n. 29 e art. 7 d.lgs. 4 novembre 1997, n. 369).

Nel procede nell’ottica di queste diverse ma complementari dimensioni del lavoro, il modello preso in considerazione, se nel pubblico impiego ha trovato in qualche modo una sua formalizzazione, nell’ambito dell’impresa è dominato dall’informalità, “ove le relazioni contrattuali si sviluppano, in assenza di una legislazione (per altro più volte annunciata) sui loro differenti livelli e sulle loro reciproche incidenze, secondo costanti di comportamento che non si trovano ritrascritte in chiave normativa300”.

La contrattazione collettiva, soprattutto interconfederale, ha rappresentato nello sviluppo delle relazioni industriali; infatti la contrattazione interconfederale è collocabile in una zona borderline rispetto alle stesse relazioni industriali intese nella loro accezione più tipica di confronto, tripartita, tra parti sociali e governo, o bilaterale, tra rappresentanze sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Spesso, infatti, si pensi alle esperienze di contrattazione di interi settori come quello dei metalmeccanici o dei trasporti nelle quali raramente da una configurazione tipica di negoziazione a due si sia assistito ad azioni di composizione e di «approvazione»301 da parte del governo.

Nell’esperienza più recente, con l’azione di governo del centrodestra della legislatura 2001-2006 si era intrapresa una strada difficile dal punto di vista delle relazioni tra governo e parti sociali poiché la scelta era stata quella di adottare un

299 L.MARIUCCI, La contrattazione collettiva, Bologna, 1985, p. 41.

300 G.GHEZZI, Accordi interconfederali e protocolli d’intesa, in Enc. Dir., 1999, III aggiorn., p. 8 e ss.. 301 G.P.CELLA-T.TREU, Relazioni industriali e contrattazione ... etc., cit., p. 89.

metodo esclusivo che incidesse fortemente sulla tenuta dei rapporti istituzionali tra funzione politica e azione sindacale.

L’idea di allontanare il livello nazionale delle relazioni industriali, che risponde a quelle consuetudini di consultazione e informazione delle parti sociali, dal sistema di contrattazione ha la peculiare caratteristica di non considerare né le potenzialità delle politiche di concertazione per la ricerca del consenso sociale né le capacità della contrattazione di normare i rapporti di lavoro nei vari livelli.

Semplificando si può affermare che la concertazione sia stata un tentativo di governare il sistema contrattuale attraverso un «decentramento centralizzato»302 compatibile con gli obiettivi individuati dall’accordo del 1992 e il successivo protocollo del 1993. Lo sviluppo del sistema dei Patti territoriali e dei contratti d’area ha confermato il ruolo politico del sindacato che si aggiunge o meglio si affianca a quello tipico della contrattazione. Tutte le politiche di regolazione degli interventi pubblici, durante la fase di maggior diffusione delle pratiche concertative, hanno registrato una posizione di rilievo dei sindacati per le politiche economiche.

Il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei soggetti collettivi hanno portato attraverso l’adattamento contrattuale e l’allargamento della sfera della contrattazione collettiva, a una contrapposizione, tra il modello del decentramento organizzato e quello della flessibilità funzionale e organizzativa. Aver puntato su una flessibilità salariale assoluta e sul ruolo subalterno del sindacato ha creato la low road 303 verso la linea di competitività più spinta del mercato del lavoro.

Se oggi prevale il ruolo istituzionale della contrattazione a contenuto concertativo l'ambito di misurazione della rappresentanza non può che essere quello confederale. Ai fini della legittimazione del consenso, sembra ragionevole ritenere che tale misurazione della rappresentanza vada riferita alla collettività che esprime l'interesse collettivo, il quale è assoggettato al potere originario dell'autonomia privata collettiva304.

Il contratto collettivo nazionale ha una funzione importantissima di regolazione

302G.FONTANA, Concertazione e dialogo sociale: appunti per un dibattito, in

www. lex. unict.it/ eurolabor /ricerca /wp/htm WP. C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”, 2002, n. 1, p. 3.

303 M.R

EGINI, Tendenze comuni e differenze nella regolazione del mercato del lavoro…etc., cit., p. 1 e

ss..

304 R. PESSI, Osservazioni sulla democrazia neo-corporata (a proposito di un libro di Francesco Galgano), in ADL, 2008, 4-5, p. 1012.

sociale perché eleva allo stesso livello le condizioni contrattuali dei lavoratori e allo stesso tempo compie un’azione unica di regolazione del mercato e della concorrenza poiché livella il costo del lavoro per tutti gli imprenditori che lo adottano. Il fatto che il contratto, pur non avendo efficacia erga omnes, sia invece sottoscritto e reso efficace presso il maggior numero di soggetti ha un effetto di estensione delle condizioni contrattate dalle parti. Come aveva osservato Carneluti, il contratto collettivo assume una veste da contratto e anima da legge305.

Se è vero che la coesione e la stabilità della struttura contrattuale sono condizioni essenziali per l’efficacia di ogni sistema di regolazione collettiva, una struttura così complessa e precaria come quella italiana tende ad operare come moltiplicatore dei conflitti. Anche qui il settore dei trasporti, con i suoi 63 contratti collettivi distribuiti su vari livelli e con un pulviscolo di negoziazione informale nelle periferie del sistema, è un esempio estremo di questa situazione. Se non la si corregge, anche le proposte più stringenti di regolazione provenienti dai vertici confederali della struttura sono destinate a vanificarsi nella giungla della settorializzazione e del decentramento contrattuale, come si è puntualmente verificato. Visto che le capacità di autoriforma del sistema contrattuale, pur delineate negli accordi interconfederali, si sono dimostrate finora scarse, soprattutto nei servizi, è legittimo aspettarsi un intervento del legislatore a sostegno dei tentativi di consolidamento e di razionalizzazione della struttura. La dottrina ha già avanzato suggerimenti utili come il riconoscimento di una possibile efficacia reale alle clausole contrattuali limitative dei contenuti della contrattazione inferiore, che rafforzerebbe la coesione della piramide negoziale, e il già ricordato rafforzamento delle clausole di prevenzione dei conflitti, in particolare di quelle riguardanti l’arbitrato sulle controversie interpretative e applicative dei contratti. Sorprende che proposte del genere non figurino nell’agenda legislativa; eppure sono, non solo urgenti, ma congrue più di altre (come ad esempio le proposte sull’efficacia erga omnes dei contratti collettivi), alla logica promozionale della contrattazione più volte seguita dal nostro diritto del lavoro, fino alla legge 146; e sono del tutto rispettose della logica della

305 U.R

OMAGNOLI, Il contratto collettivo, in Giorn. Dir. Lav. e Rel. Ind., 2000, p. . Rifacendosi alla

storia giuridica del novecento, l’A. ritiene che tra contratto collettivo e legge si sia ormai realizzata un'unione di fatto che, in perfetta sintonia con la genetica bipolarità del sindacato, permette a quest'ultimo di giocare a scacchi con due Regine.

contrattazione, come è proprio degli interventi promozionali nei modelli pluralistici. Va sottolineato che le innovazioni introdotte dalla nuova normativa sullo sciopero sono sufficienti ad attribuire alle regole definite dalla contrattazione collettiva, sia pure indirettamente a seguito della valutazione di idoneità della commissione di garanzia, una efficacia generalmente vincolante, che garantisce per questo aspetto la "chiusura" del sistema regolatorio. Si tratta di una innovazione tanto più rilevante perché valida anche per le clausole procedurali, di prevenzione del conflitto, tradizionalmente ritenute non suscettibili di estensione erga omnes.

2. La rappresentanza sindacale e l’efficacia generale dei contratti collettivi: il