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Nella contrapposizione tra capitale e lavoro, esistono alcuni organismi nei quali le organizzazioni sindacali rappresentative degli interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori siedono insieme per assolvere a funzioni di tutela e di garanzia, nonché di raccordo tra le parti. Tali organismi, a composizione mista, di storica istituzione sono appunto gli enti bilaterali93.

L’origine contrattuale degli enti bilaterali ha inciso sulla loro composizione in quanto è stata prevista l’adesione all’ente delle associazioni firmatarie del contratto collettivo che lo istituisce. All’ente viene applicato il principio di pariteticità tra il numero dei rappresentanti dei datori di lavoro che per quello dei lavoratori; la pariteticità viene osservata anche all’interno delle stesse organizzazioni di categoria tra i rappresentanti delle sigle confederali, anche se la rappresentatività non è

93 Per una ricostruzione delle origini degli enti bilaterali v. G.ZILIO GRANDI, Enti bilaterali e problemi di rappresentanza sindacale nella legge delega n. 30/2003, in Lav. e Dir., 2003, 2, p.186 e ss..

rispettata in percentuale bensì in misura di unità94. Sebbene gli enti bilaterali abbiano lontane origini e abbiano sempre avuto un’esatta collocazione nella materia del diritto del lavoro, oggi sono chiamati ad ampliare il loro campo d’azione.

Aprendo una breve parentesi storica e osservando quali fossero i compiti originali per i quali sono stati costituiti gli enti bilaterali, si possono comprendere le ragioni per le quali oggi si incominci a dibattere sull’opportunità di affidare loro nuove funzioni.

Gli enti bilaterali sono stati costituiti principalmente per assolvere ad una funzione di integrazione salariale per le ferie e i riposi retribuiti, per far fronte a situazioni di strutturale precarietà per determinate lavorazioni, di assistenza a sostegno ai lavoratori e delle loro famiglie, quali le integrazioni sanitarie, soddisfacimento di bisogni come la formazione e l’aggiornamento professionale.

Tali organismi hanno trovato la propria genesi nella contrattazione collettiva, che ne aveva previsto l’istituzione e ne aveva disciplinato il funzionamento. Quando è emersa l’esigenza di assicurare determinate tutele economiche per i lavoratori del settore, gli enti bilaterali sono stati delegati a svolgere stabilmente questa funzione e sono stati dotati delle risorse necessarie.

Gli enti bilaterali, organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, sono individuati dagli artt. 2 e 5 della legge n. 30 del 2003 quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; l'intermediazione nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.

94 M.N

APOLI, Riflessioni sul ruolo degli enti bilaterali nel decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in J, 2005, fasc. 1-2, p. 312: «un simile aspetto organizzativo sembra invero funzionale

all’operare cooperativo dell’ente bilaterale», e favorisce la prassi dell’assunzione delle decisioni all’unanimità.

Il dibattito intorno agli enti bilaterali ha suscitato da qualche anno un nuovo interesse; infatti, il confronto dialettico si è svolto principalmente sul piano politico sindacale soprattutto all’indomani delle nuove funzioni che la legge n. 30 ha attribuito loro. Il quadro generale della legislazione in materia di riforma del mercato del lavoro ha registrato questo progressivo aumento della bilateralità, soprattutto negli ultimi anni, sensibilmente favorito dall’intervento del legislatore con una normativa eterogenea che copre vari ambiti di intervento95.

Oggi tali enti sono individuati come le sedi deputate a raccogliere i dati e le informazioni sull’andamento dei settori produttivi di riferimento o, anche, a creare un sistema di finanziamento delle stesse componenti che li costituiscono. Le componenti sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro si sono dimostrate in qualche caso non adatte al ruolo per il quale sono chiamate poiché hanno confuso i compiti e le prerogative tipici dell’attività sindacale con quelli invece degli enti bilaterali, creando sedi ibride di relazioni sindacali.

Agli enti è attribuito un ruolo rilevante nella formazione professionale; sono competenze dell’ente le politiche per la formazione nella prospettiva di incidere sulla promozione dell’incremento dei livelli occupazionali e della valorizzazione della professionalità delle risorse umane. All’art. 49 del d.lgs. n. 276 del 2003, in materia di apprendistato professionalizzante. Si, prevede che la regolamentazione dei profili formativi faccia «rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni».

Le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro, le associazioni in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale e aventi come oggetto sociale la tutela e l'assistenza delle attività imprenditoriali, del lavoro o delle disabilità, e gli enti bilaterali sono stati autorizzati allo svolgimento

95 Cfr. il d.lgs. n. 276 del 2003 e successive modifiche. Si vedano anche le numerose circolari del

Ministero del Welfare successive all’entrata in vigore del Decreto consultabili su

della attività a condizione che siano rispettati i requisiti imposti dal decreto. Pare ormai chiaro che agli enti bilaterali, intesi come espressione ristretta delle organizzazioni sindacali, sono state affidate numerose funzioni di tutela e garanzia degli interessi delle categorie dei soggetti che rappresentano.

È chiaro che, secondo l’idea del legislatore, gli enti bilaterali risponderebbero bene all’esigenza di rappresentare le componenti sindacali e datoriali al di fuori dello schema tipico della contrattazione. Potrebbero caratterizzarsi da una parte per la varietà di funzioni di tutela e garanzia degli interessi dei rappresentati e dall’altra per il rapporto privilegiato ed esclusivo che avrebbero con lo Stato proprio perché indicati come “soggetto collettivo” preferito da affiancare agli organismi tradizionali delle relazioni industriali.

Inoltre, la previsione di un rafforzamento degli enti bilaterali sembra «coerente con l’evoluzione in atto del contesto economico96». Una evoluzione nell’ottica della sussidiarietà orizzontale che il legislatore, prima del 2001 con la riforma in senso federale della Costituzione e il decentramento di alcune delle tutele e delle misure di riequilibrio del mercato del lavoro.

Ampia delega di funzioni nella nuova evoluzione del modello della bilateralità pensato dal legislatore, al quale però può corrispondere un grado di rappresentatività limitato poiché fondato sempre sul principio, ormai da tempo applicato anche alla contrattazione collettiva, della rappresentatività comparata. «Si tratta di una questione di non poco rilievo97»: l’utilizzo del criterio della rappresentatività comparata nell’ambito degli enti bilaterali ha evidenziato che non esiste alcun riferimento al dato territoriale entro il quale misurare la rappresentatività comparata, come avviene invece per i sindacati firmatari dei contratti collettivi. Un criterio di misurazione, quello adottato per gli enti bilaterali, che si distingue per elasticità e indefinitezza.

Di conseguenza rimarrebbe il pericolo della costituzione di enti bilaterali da parte di sigle sindacali minoritarie ovvero non comparativamente rappresentative per le funzioni previste dalla contrattazione collettiva. Inoltre, per la legittima costituzione dell’ente bilaterale sembrerebbe sufficiente l’osservanza del principio della

96 G.PROIA, Enti bilaterali e riforma del mercato del lavoro, in Dir. Lav., 2003, I, p. 650. 97 P.PASSALACQUA, Enti bilaterali..etc., cit., p. 245.

rappresentatività comparata per consentire la formazione di compagini bilaterali frutto dei cosiddetti “accordi separati”.

Ai problemi di misurazione della rappresentatività e al pericolo di avere degli enti bilaterali costituiti da organizzazioni sindacali minori o costituiti in seguito ad accordi separati si aggiunge un problema legato a questioni di compatibilità costituzionale

Su questi temi si era pronunciata in passato la Corte costituzionale98, chiamata a vagliare la compatibilità del sistema di iscrizione obbligatoria agli enti bilaterali con il principio di libertà sindacale contenuto nell’art. 39 Cost.. Le disposizioni contenute nella legge delega e nei decreti attuativi riaffermano tale vincolo subordinando l’accesso a benefici o agevolazioni finanziarie all’iscrizione all’ente bilaterale di riferimento. Infatti, non è più sufficiente l’onere dell’applicazione del CCNL per poter godere di sgravi contributivi o defiscalizzazione ma è divenuta vincolante l’adesione all’ente bilaterale di riferimento della categoria99. Alcuni 100 si sono spinti oltre, individuando in questo meccanismo di subordinazione dell’accesso ai benefici previdenziali e fiscali all’iscrizione agli enti bilaterali, un’estensione erga omnes delle clausole contrattuali aventi natura obbligatoria101, come tale illegittima dal punto di vista costituzionale.

L'ampliamento delle funzioni degli enti bilaterali potrebbe portare a nuovi corporativismi? Con la riforma del 2003 gli enti bilaterali hanno assunto un ruolo importante, almeno negli intenti del legislatore, nel panorama delle future relazioni industriali. Le funzioni pubbliche o parapubbliche che gli enti bilaterali sembrano assumere nel sistema delineato dalla legge delega e dal decreto legislativo rischia ora di snaturare l’originaria funzione di rappresentanza sindacale configurandosi come un «confuso supersindacato o neocorporazione102». A ragione di queste nuove funzioni, gli enti bilaterali potrebbero subire una notevole trasformazione che

98 Corte cost., 16 luglio 1987, n. 270, in Foro it., 1988, I, c. 1064. 99 A.B

ELLAVISTA, Benefici contributivi ed enti bilaterali artigiani, in Riv. It. Dir. Lav. , 1998, II, p.

468 e ss..

100 LUDOVICO, Art. 10. L’estensione indiretta del contratto collettivo per le imprese artigiane, commerciali e del turismo, in M.T.CARINCI (a cura di), La legge delega in materia di occupazione e

mercato del lavoro, Milano, 2003, p. 306 e ss..

101 E. M. MASTINU, I contenuti obbligatori intersindacali nella teoria giuridica del contratto collettivo, Torino, 2002, passim.

potrebbe comportare, oltre l’ampliamento delle loro funzioni tradizionali, la “modificazione genetica” della loro stessa natura103.

Il fondamento associativo, inteso come elemento più tradizionale della rappresentanza degli interessi di gruppo, era alla ricerca di nuove regole. Gli interessi da tutelare non dovevano rispondere più solamente a criteri uniformi ma a organismi ristretti di rappresentanza per assolvere le diverse funzioni alle quali erano chiamati i soggetti sindacali. Nella «mancanza di realtà produttive in cui potessero trovare spazio i consueti modelli di rappresentanza e di azione sindacale [si sono venute a costituire nuove condizioni che hanno] condotto alla creazione di enti a base territoriale entro i quali organizzare un articolato sistema di relazioni industriali»104. Il contesto storico, politico e sociale nel quale gli enti bilaterali si sono inseriti è stato arricchito di elementi ulteriori che negli anni hanno modificato sotto il profilo funzionale la rappresentanza sindacale.

Il carattere partecipato tra rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori ha implicato nell’analisi del fenomeno della bilateralità l’utilizzo di un approccio tipico delle relazioni industriali, che viene a intrecciarsi con quello propriamente giuridico. Su questo versante di fronte a un ruolo e a un rilievo sempre maggiore assunto dagli enti bilaterali, si registra uno scarso contenzioso che evidenzierebbe la buona riuscita della scelta del modello. La logica della partecipazione sarebbe alla base della riduzione della conflittualità e del contenzioso in sede giudiziale105.

Alla composizione paritetica e al principio dell’unanimità delle decisioni assunte in funzione di un affievolimento del conflitto, si è aggiunto un altro tema nodale: infatti, è parsa la scelta di indicare, tramite la legge, gli enti bilaterali come nuove corporazioni.

Le nuove funzioni attribuite agli enti bilaterali sono percepite come organi collegiali corporativi soprattutto ora che il legislatore ha inteso far superare e

103 R.D

EL PUNTA, Enti bilaterali e modelli di regolazione sindacale, in Lav. e Dir., 2003, 2, p. 221.

Nella legge n. 30/2003 e nel successivo decreto legislativo viene riconosciuto agli enti bilaterali un “progetto di sostegno molto forte, se non spregiudicato”; nell’art. 10 della legge delega n. 30/2003 quando subordina l’erogazione di incentivi e agevolazioni finanziarie alle sole imprese iscritte agli enti bilaterali. La disposizione si atteggia come un onere e non un obbligo, “lambendo” i confini della illegittimità costituzionale per violazione del principio di libertà sindacale”.

104 P.PASSALACQUA, Enti bilaterali, in Dig. Disc. Pubbl., Sez. comm., Aggiorn., Torino, 2008, p. 238. 105 M.PEDRAZZOLI, Partecipazione, costituzione economica e art. 46 della costituzione. Chiose e distinzioni sul declino di un’idea, in Riv. It. Dir. lav., 2005, I, p. 440 e ss..

invadere lo spazio della contrattazione collettiva. La CGIL, nell’accordo del 2009 (di cui si parlerà diffusamente nel capitolo III), che ha inteso modificare le regole sui rinnovi contrattuali, conferma il suo dissenso su molti punti, come la revisione delle norme sullo sciopero nel trasporto pubblico locale, e non risparmia un forte dissenso al rafforzamento degli enti bilaterali.

CAPITOLO II