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Il 23 luglio: il ricorrere delle date nei protocolli del 1993 e del 2007.

La concertazione come strumento di regolazione sociale

11. Il 23 luglio: il ricorrere delle date nei protocolli del 1993 e del 2007.

Il Protocollo del 1993, dunque, era «figlio del suo tempo»266. ma aveva gettato le basi per la isitituzionalizzazione della concertazione. Il protocollo del 23 luglio 1993 viene considerato la carta costituzionale delle relazioni industriali italiane.

Il perno di quella stagione politico-sociale, che era stato considerato non un vero accordo di tipo istituzionale perché teso a una definizione delle regole fondamentali dei rapporti tra Stato, sindacati e imprese.

L’accordo del 1993 veniva cronologicamente appena dopo l’accordo del 1992 sul contenimento della dinamica salariale; i due accordi, stipulati in un clima difficile dal punto di vista politico (tangentopoli), sono stati promossi da due governi tecnici (Amato e Ciampi) i quali avevano bisogno di ricevere consenso sociale per la loro azione governativa. Non essendo usciti dalle urne, ma frutto di larghe intese parlamentari, i governi Amato e Ciampi hanno compiuto passi importanti verso il risanamento dell’economia nazionale e la riduzione del debito pubblico per rientrare nel primo turno d’ingresso nell’Unione europea. Anche dal punto di vista dei contenuti i due accordi si sono seguiti: sono gli anni di due leggi finanziarie pesanti che invertivano repentinamente l’andamento economico del paese, le quali avevano necessario sostegno da parte delle parti sociali. «Al pari del precedente protocollo, il Patto del 1993 si era caratterizzato per il contenuto prevalentemente normativo anziché sinallagmatico, ciò che lo allontana dal modello neo-coprorativo tradizionale basato sullo scambio politico»267. Un accordo sulle regole, in cui «apertamente si concreta[va], per così dire, la stessa concertazione futura, rendendola, almeno sotto il profilo del procedimento, un vero e proprio istituzionale»268.

Proprio poco prima che si venisse a delineare il declino del centralismo confederale, le tre organizzazioni sindacali CGIL,CISL e UIL avevano sottoscritto «il più importante accordo concertativo del nostro dopoguerra, contribuendo in modo decisivo al risanamento della finanza pubblica, nonché consentendo all’Italia l’ingresso in Europa in condizioni di parità con gli altri partners comunitari»269.

Con l’accordo del 1993 la contrattazione fra le parti e soprattutto il rapporto fra parti sociali e governo diviene il centro della regolazione economica e sociale. Infatti, con tale Esso aveva realizzato contemporaneamente un modello di gestione concertata della politica dei redditi e del sostegno al sistema produttivo e un sistema centralizzato e gerarchizzato di relazioni industriali270.

267 A.P

ERULLI, Modelli di concertazione in Italia: dallo …etc., cit., p. 596. 268 G.GHEZZI, Accordi interconfederali e protocolli d’intesa…etc., cit., p. 7. 269R.PESSI, La rappresentatività confederale … etc., cit. p. 613.

Il protocollo 23 luglio 1993 aveva inaugurato uno strumento stabile di concertazione nel quale sono stati individuati precisamente i livelli, gli attori e l’articolazione negoziale. In quell’occasione, inoltre, si era introdotto un «sistema aperto»271 all’adesione successiva di ulteriori sindacati diversi dalle confederazioni sindacali tradizionali, sottoscrittrici del protocollo, ma anche un’estensione di questo modello concertativo anche agli altri settori della produzione e alla Pubblica amministrazione.

Il Protocollo del 1993 aveva avuto una portata riformatrice molto importante, anche se non era riuscita a concludere il proprio lavoro di modifica della struttura contrattuale nella parte che riguardava la contrattazione di secondo livello.

La “Commissione Giugni”, che aveva il compito di valutare il grado di efficienza dell’accordo del 1993, aveva redatto nel 1997 un Rapporto finale dal quale era emersa una valutazione positiva sul Protocollo. Il successo conseguito dal Protocollo però aveva logorato e aveva reso più o meno obsoleto, tanto da richiederne un aggiornamento, nello snodo principale dell’inflazione programmata272. Dal ’93 in poi i risultati prodotti dall’accordo e una ripresa degli indicatori economici avevano evidenziato che non fosse più necessario fissare al ribasso le politiche dei redditi soprattutto per l’incombere di un’altra priorità, il problema della perdita salariale reale. Da quel momento in poi ci si sarebbe aspettato un nuovo intervento concertativo che andasse a definire il recupero salariale dei lavoratori da combinare con una riduzione del costo del lavoro per la parte imprenditoriale, ma se si esclude il tentativo del cosiddetto “cuneo fiscale” non si è proseguito su questa linea di intervento.

La situazione delle relazioni industriali nel nostro Paese aveva raggiunto un grado di “schizzofrenia273” tale da catturare l'attenzione non più solamente degli addetti ai lavori, ma di appassionare l'opinione pubblica su questioni che da tecniche incominciano ad assumere i tratti del parlare comune. Questioni come le

TREU,L’accordo del 23 luglio 1993: assetto contrattuale e struttura della retribuzione, in Riv. Giur. Lav., 1993, I, p. 215.

271 M.D’ANTONA, Il quarto comma dell’art. 39... etc., cit., p. 402. 272 F.C

ARINCI, Una dichiarazione d’intenti: l’Accordo quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, in Riv. It. Dir. Lav., 2009, 2, p. 177 e ss..

273 G.ZILIO GRANDI,

Un nuovo 23 luglio per il diritto del lavoro e le relazioni industriali italiane. Ritorno al passato o ponte per il futuro, in Dir. Rel. Ind., 2007, 3, p. 787.

problematiche giuridiche della rappresentanza, della rappresentatività o dell'efficacia del contratto collettivo sono state superate dalla curiosità di conoscere le vicende dei sindacati autonomi di Alitalia. «Così, le relazioni industriali si sono sviluppate nella più completa libertà e si sono moltiplicati i sindacati autonomi, come gli scioperi e i contratti collettivi. Ne è venuto fuori un sistema di relazioni industriali che con gli anni è diventato sempre più complesso, farraginoso ed inefficiente ed ha progressivamente minato la capacità competitiva delle nostre aziende come i livelli retributivi dei lavoratori»274.

Ci si riferisce all'accordo stipulato il 23 luglio 2007, dal governo Prodi e le parti sociali sulla riforma delle pensioni e sulle modifiche di alcune norme riguardanti il mercato del lavoro. Nel corso del 2007, da quanto si leggeva dal documento di programmazione economica e finanziaria, il governo aveva fatto partire al stagione delle riforme275.

Le trattative intercorse tra le parti sociali e il Governo in occasione della discussione dei provvedimenti da adottare in sede legislativa per riformare il sistema pensionistico e le norme di flessibilità del mercato del lavoro276, comprese le abrogazioni di alcuni istituti giuridici introdotti con la Riforma Biagi e che poca fortuna avevano riscosso nel nostro sistema del lavoro, sono state assimilate all'accordo siglato il 23 luglio del 1993, denominato Protocollo Ciampi che della concertazione può essere definito l'emblema.

Nel corso del 2007 il governo avrebbe dovuto far ripartire la stagione delle riforme e con la convocazione delle parti sociali ai tavoli della concertazione si era confermata la volontà di far ripartire la pratica concertativa. Sembrava che le lancette dell’orologio venissero puntate al 1993, a quell’accordo del 23 luglio, per riprenderne le indicazioni e lo spirito riformatore.

Si è passati, infatti, dalle misure contenute nel Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, «che incentivavano fiscalmente e contributivamente solo gli aumenti salariali legati alla produttività aziendale e concordati, attraverso i contratti collettivi

274 M. MARTONE, L’accordo quadro e il difficile cammino della democrazia sindacale, in www.michelmartone.org., 2 febbraio 2009.

275 C.D

ELL’ARRINGA, La contrattazione collettiva nel settore pubblico:più ombre che luci, in Lav.

Dir., 2007, 1, p. 297.

276 L.MENGHINI, Protocollo del 23 luglio 2007 e lotta alla precarietà, in Lav. Giur., 2007, 10, p. 961 e

aziendali, con i sindacati», a misure che estendono «l’incentivo fiscale anche ai compensi per il lavoro straordinario, per quello supplementare e, secondo alcuni, agli aumenti concessi direttamente dal datore di lavoro al lavoratore in relazione ad “incrementi” di “efficienza organizzativa”, “competitività” e “redditività” dell’azienda» e altro ancora: cioè, anche aumenti individuali e concessioni unilaterali, con quel che ne consegue in termini di depotenziamento del ruolo del sindacato e della contrattazione collettiva277.

Si è trattato di una scelta fondamentale che combinava il principio democratico con un pizzico di sussidiarietà, per affidare ai sindacati il fondamentale compito di portare, a sessant’anni dall’emanazione della Costituzione, la democrazia nelle relazioni industriali e dare nuova linfa al nostro sistema economico.

Ma al dibattito e alle proposte non sono mai seguite le leggi a causa di ataviche divisioni politiche e sindacali che, se hanno ostacolato il cammino della democrazia sindacale, hanno lasciato proliferare i veto player sindacali. Come ha reso evidente la tormentata vicenda dell’Alitalia.

In questa fase la situazione è rimasta molto simile poiché si è praticato un oligopolio di fatto nonostante si sia professato un pluralismo in diritto278 e l’azione sindacale si esprime attraverso le sigle sindacali tradizionali con alcune eccezioni. Ma di fronte alla crisi delle organizzazioni sindacali, alla difficoltà di intercettare una direzione unica delle varie forme di rappresentanza sindacale e a un panorama sociale sempre più articolato e complesso la concertazione sembra vivere in una dimensione differente da quella che la collocava all’inizio e alla fine del processo di decisione politica nelle questioni sociali.

In conclusione, non si è trattato di un parallelismo ma solamente di una coincidenza il ricorrere delle date. È evidente che il Protocollo del 23 luglio del 1993 ha avuto una portata riformatrice unica e maggiore rispetto a quella del 23 luglio

277L.B

ELLARDI, Problemi e tendenze ...etc., cit., p. 74. Bellardi ricorda la circolare congiunta

dell’Agenzia delle entrate e del Ministero del lavoro n. 49 dell’11 luglio 2008 in materia di detassazione degli straordinari che introduce una riduzione delle tasse sugli straordinari anche per i dipendenti a termine e part-time. La misura fiscale prevede, per il secondo semestre del 2008, l’applicazione in via sperimentale di un’imposta sostitutiva del 10% su premi di produttività e straordinari è riservata ai lavoratori del settore privato con qualsiasi tipo di contratto. La circolare è consultabile sul sito del ministero del lavoro in http ://www.lavoro.gov.it/Lavoro/News/ 20080711circolarecongiunta.htm

2007. Troppe le differenze sia nella natura dell’accordo che nel risultato portato a casa dal governo e dai sindacati.

Persino il Libro bianco del 2001 e i successivi interventi legislativi di attuazione della Riforma del mercato del lavoro del 2003 hanno tributato una richiamo al Protocollo del 1993 per ciò che concerneva l’introduzione di sistema contrattuale valido e per il successo nelle politiche di contenimento dell’inflazione. Fondamentalmente tali interventi non sono stati così efficaci da svilupparne le linee anche se si era tanto promesso il secondo livello di contrattazione.

Per quanto riguarda, invece, il Protocollo del 2007 è stato sufficiente cambiare il segno del governo per cancellare le novità introdotte legislativamente. Ma dell’accordo del 2007 sono stati importanti altri passaggi: in primis la ricerca dell’unità sindacale e la riproposizione di un modello “finito tra le cose vecchie”, ovvero la concertazione. Inoltre il referendum tra i lavoratori iscritti alla Cgil ha regalato, se non un momento storico di democrazia sindacale, almeno l’apertura di un dibattito interno che ha riproposto il problema del ruolo del sindacato nelle relazioni industriali e in relazione con i poteri pubblici.

La fine prematura della legislatura e la litigiosità interna al governo ne hanno decretato l’insuccesso.