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Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1993, p.18. Come ha affermato

Santoro Passarelli nell’insegnamento del diritto del lavoro “si è tenuta distinta la legislazione del lavoro dalla legislazione sociale”; infatti, mentre il diritto del lavoro è un complesso di norme che regolano la prestazione del lavoro e fanno riferimento principalmente al diritto privato, la cosiddetta legislazione sociale, invece, si costituisce da norme protettive del lavoratore, le quali assumono carattere pubblicistico.

di categoria, stavano alla base di quella struttura esistente in Italia conosciuta come corporativa. Nella corporazione, che si poneva come organo statuale, erano rappresentati gli interessi delle categorie contrapposte dei lavoratori e dei datori di lavoro.

È importante riconoscere che qualcosa di «radicale si sta producendo nella forma- sindacato»78 legato essenzialmente allo svuotamento dei criteri di legittimazione e della rappresentanza collettiva; infatti, le regole di funzionamento sono cambiate e i soggetti sociali vivono una fase di difficoltà nell’organizzazione della produzione.

La trasformazione dell’impresa nel senso della flessibilità ha segnato la fine dei modelli produttivi fordisti nei quali il sindacato ha mosso i primi passi. La terziarizzazione del sistema produttivo ha proseguito la trasformazione della produzione, ha imposto la disgregazione del sistema delle relazioni sindacali riducendo il grado di tutela di interessi collettivi orientandosi verso la frammentazione dell’azione. La rappresentanza sindacale legata ai lavoratori occupati non riesce a essere estesa a coloro i quali sono occupati marginali, non occupati o occupati con contratti non standard.

Quale può essere la posizione del sindacato? Dando ormai per certo che i sindacati non possono e non vogliono essere inquadrati nell’ambito dell’ordinamento in pubblicistico, si deve registrare che gli stessi non possono e non vogliono rimanere estranei alla valutazione degli interessi generali, e anche alla soddisfazione di quegli interessi, dai quali dipendono gli interessi professionali. La scelta di rimanere soggetti privati, nel senso di rimanere in posizione di libertà, è coerente con il rinvio ad oltranza dell’attuazione legislativa degli articoli 39 e 40 della Costituzione. «[…] La conseguenza è stata che l’art. 39 Cost. è rimasto inattuato, e che è fallito ogni tentativo di ripescaggio; e riflettendo sulla costituzione scritta inattuata»79.

Essersi sottratti da una disciplina costituzionale, con le conseguenze sul piano giuridico, è il tratto più significativo della posizione assunta dai sindacati: effettivamente, essi non si sono estraniati anzi hanno richiesto sempre più di essere sentiti, di essere presenti quando si tratta non solo degli interessi dei lavoratori, ma dei grandi interessi generali del paese. I sindacati hanno voluto però assolvere questo

78 M.D’ANTONA, Governo e opposizione nelle relazioni…etc., cit., p. 151.

79 M.S. GIANNINI, Introduzione al diritto costituzionale. Lezioni svolte nell’anno accademico 1983/84,

compito rimanendo fuori dell’apparato statuale.

Il discorso procede intorno al principio di maggioranza che partendo dalla constatazione che «la Costituzione materiale e la Costituzione formale non sempre coincidono, laddove il sindacato degli artt. 39 e 40 Cost. non è quello che oggi negozia la politica dei redditi e il modello di welfare nonché quello che utilizza l’arma dello sciopero politico generale, piuttosto che quella dello sciopero economico al fine di concludere il contratto collettivo80».

«Può accadere che l’istituto previsto dall’enunciato costituzionale venga sostituito da altro. Da noi un esempio è quello dell’art. 39 Cost., che regola i contratti collettivi di lavoro. […] Si à già detto, in precedenza, che gli enunciati dell’art. 39 erano inapplicabili. È subentrato un complicato meccanismo sostituivo che passa attraverso l’art. 36 della Costituzione81» e non ha niente a che fare con quello previsto dall’art. 39, ma raggiunge quasi i medesimi risultati. La Costituzione materiale finisce sempre con il prevalere sulla Costituzione formale.

Il dibattito, mai sopito nella dottrina giussindacale italiana, sul ruolo da affidare alle organizzazioni sindacali, sulla funzione e sulla natura del contratto collettivo, sul concetto di rappresentanza e su quello di rappresentatività sembrava richiamare «la difficile e costante dialettica che si è verificata nel nostro sistema tra il valore costituzionale della libertà sindacale e il concetto politico di unità d’azione sindacale»82. Sebbene apparentemente sembrino due valori configgenti tra loro, la libertà presuppone sia il pluralismo degli attori del sistema, la libertà di scelta degli attori stessi in ordine alle rivendicazioni contrattuali, al conflitto e alla modalità di attuazione, mentre l’unità pare richiamare un concetto di unicità dell’organizzazione o di un controllo dall’alto che comprima la stessa libertà a favore della funzionalità del sistema.

Una volta che i sindacati e le organizzazioni imprenditoriali sono stati coinvolti nel processo decisorio un ordinamento giuridico fondato sulla piena espansione della libertà sindacale, tale da aprire allo sviluppo di un ordinamento e di un vero e proprio contropotere sindacale, aveva rischiato di comprimere altre libertà non meno

80R.PESSI, Osservazioni sulla democrazia neo-corporata…etc., cit., p. 1011. 81 S. P

UGLIATTI, La retribuzione sufficiente e le norme della costituzione, Riv. Giur. del lav., 1950, I,

pp. 189-194.

82A.PESSI, Tra costituzione formale e materiale. Indissolubile matrimonio dell’ordinamenti italiano: libertà e unità sindacale, in ADL, 2007, 6, p. 1267.

importanti per l’economia come la libertà di iniziativa economica o la libertà di ciascun lavoratore di scegliere modelli organizzativi diversi da quelli imposti dal sindacato per la tutela del lavoro, costruiti alcune volte per un proprio esclusivo tornaconto83.

È tuttavia da rilevare che l’attuale situazione, nei rapporti tra le categorie economiche, è caratterizzata piuttosto da un’accentuata conflittualità, che l’ordinamento statuale controlla, pur offrendo un sostegno, così è stato detto dello statuto, alle organizzazioni sindacali dei lavoratori. Anche in tal modo, peraltro, in quanto si legalizza un equilibrio di forze, si possono determinare i presupposti per la cooperazione fra i fattori della produzione.

Come aveva osservato Giugni84, in varie occasioni erano emerse visioni divergenti tra i giuristi sul ruolo del sindacato nel sistema politico. Teatro dei contrasti e delle vivaci discussioni è stato il Congresso dell’AIDLASS di Perugia85 che vide posizioni divergenti, ancora oggi piuttosto distanti, sul problema sindacale che ha, da sempre, condizionato la valutazione giuridica degli accordi triangolari e della concertazione più in generale.

L'agire collettivo si era, da sempre, espresso come rappresentanza di interessi privati comuni agli aderenti di organizzazioni, come quelle sindacali; in particolar modo, se da una parte le formazioni sociali erano quelle dei produttori, espressione degli interessi più forti, dall'altra, a seconda delle fasi storiche e politiche, si sono affermati i sindacati dei lavoratori. I primi, nel periodo liberale, hanno potuto tutelare i propri interessi direttamente poiché presenti in maggioranza nelle sedi istituzionali della politica, mentre nel periodo corporativo hanno goduto della compressione della libertà sindacale per imporre un sindacato organizzato per il solo fine di perseguire l'interesse pubblico dell'economia.

L'esperimento istituzionale che il corporativismo aveva rappresentato un modello importante perché non era stato sottovalutato dal punto di vista dell'originalità storico-politica. Era stato importante perchè aveva imposto al pensiero giuridico uno

83 L.Z

OPPOLI, La struttura della contrattazione collettiva: aspetti definitori e teorici, profili storici e questioni di macroregolazione, in Intervento al seminario di Pontignano, 1997, in www.aidlass.org. 84 G. GIUGNI, La lunga marcia della Concertazione, Bologna, 2003, p. 33.

sforzo ulteriore nel vanificarne “la (possibile) portata dirompente86.

Soppresse le organizzazioni corporative con il d.l.lgt. 23 novembre 1944, n. 382, furono ricostituiti i precedenti consigli degli ordini e dei collegi professionali; singolarmente, poi, sono stati emanati provvedimenti relativi a singole categorie per le quali sono previsti appositi albi o ruoli; ad esempio, i liberi professionisti, per i quali sono previsti ordini o collegi, titolari di una comprensiva funzione di tutela dell'indipendenza e della dignità della professione, […]sulla base dell'art. 39 Cost., di provvedere alla tutela degli interessi della categoria87.

L'intervento pubblico diretto nell'economia e nella società civile, realizzato con la “legislazione cingolata88”del fascismo ha il merito di affermare il valore del diritto del lavoro e di farlo uscire da una dimensione ristretta negli schemi giusprivatistici.

La legislazione sociale riveste una fase fondamentale nella storia dell'incontro tra un diritto del lavoro di matrice privatistico-individuale e un diritto sindacale di natura pubblicistico-collettiva.

I sistemi politici democratici non potevano tollerare formazioni intermedie la cui logica di azione e di organizzazione si ispirasse a principi non democratici. Per questo profilo, la disposizione dell'art. 39, terzo comma, Cost. aveva mantenuto «un valore paradigmatico e generale che va al di là del contesto regolativo e contingente in cui è inserita»89.

I mutamenti della struttura industriale avevano portato inevitabilmente a una trasformazione della rappresentanza sindacale dei lavoratori intesi non più nel senso tradizionale del termine. Oramai era necessario rappresentare un insieme di interessi più vasto che comprendeva quelli degli aspiranti occupati o gli occupati marginali90. Non era più possibile rappresentare per un organizzazione sindacale che da sempre aveva sintetizzato gli interessi di una uniforme categoria di lavoratori gli innumerevoli e diversi bisogni di prestatori di lavoro che hanno condizioni di lavoro

86 I. S

TOLZI, L'ordine corporativo. Poteri organizzati e organizzazione del potere nella riflessione giuridica dell'Italia fascista, Milano, 2007, p. .

87 L.RIVA-SANSEVERINO, Disciplina delle attività professionali, art. 2060-2134 c.c., Bologna – Roma,

1977, p. 55.

88 G. CAZZETTA, Scienza giuridica e trasformazioni sociali etc..,cit., p. 316. 89 B.C

ARUSO, Contributo allo studio della democrazia nel sindacato. I. La democrazia nel governo dell'organizzazione e nell'azione sindacale Milano, 1986, p. .

90 M.D'ANTONA, Governo e opposizione nelle relazioni industriali della flessibilità, in Opere, Milano,

legate al tempo, alla durata, alla distribuzione del lavoro91.

Nella lunga lista dei soggetti portatori di interessi si aggiungano anche i rappresentanti di quei soggetti così denominati assenti; infatti, per soggetti assenti si intendono, soprattutto, i disoccupati i lavoratori atipici che essendo quasi privi di rappresentanza non sono in grado di poter far valere i propri interessi. Questo è un tema irrisolto poiché nei tavoli di trattativa, nonostante si dibatta molto di precarietà e di flessibilità, gli effetti degli accordi tra parti sociali e Governo ricadranno prevalentemente sui lavoratori dipendenti e su quei soggetti i quali hanno una rappresentanza forte.

«Dal canto loro le organizzazioni dei datori di lavoro alternano la disponibilità verso ipotesi di concertazione ad attività di lobbying e pressione verso il sistema politico, mostrando un interesse a corrente alternata e collegato a mutevoli convenienze92». I datori di lavoro hanno altrettanto potere quanto i sindacati nell’influenzare le scelte del governo. Certo è che i rappresentanti dei soggetti più forti difficilmente rimangono fuori e non partecipano alle decisioni politiche in tema di economia e assetto sociale, magari premendo dall’esterno alle dinamiche politiche. consentiva di affermare che sia i soggetti pubblici, interessati a politiche di contenimento della spesa e al consenso sociale, che i soggetti sindacali e imprenditoriali temevano ripercussioni interne all’organizzazione o nella propria base sociale. Un aspetto significativamente negativo aveva riguardato la prevalenza degli interessi più forti tra gli quelli organizzati su quelli meno forti.

Nell'art. 2062 del codice civile, esercizio professionale delle attività economiche, il legislatore aveva parlato di “professionalità”, riferendosi alle attività svolte in forma subordinata ma anche alle forme autonome di lavoro. Dietro la norma c’è la volontà politico-legislativa, espressione di un fondamentale momento istituzionale delle democrazie rappresentative.

Tale aspetto, che costituiva un elemento quasi necessario nel confronto tra gli

91 B.CARUSO, Le relazioni sindacali, Torino, 2004, p. 177. Anche nell'ambito dello sciopero, il diritto

sindacale non si è potuto occupare soltanto del conflitto tipico dei lavoratori subordinati ma più ampiamente della regolazione giuridica del conflitto dei gruppi. Caruso mette in evidenza che il diritto sindacale se ne “occupa, non più in funzione di protezione e di emancipazione sociale dei gruppi sottoprotetti, ma in funzione di contemperamento e bilanciamento degli interessi direttamente coinvolti con l'interesse generale”.

interessi da rappresentare, era il risultato di una politica di allargamento dei soggetti da coinvolgere nelle sedi di confronto con il governo. L’effettiva capacità di rappresentatività di alcuni soggetti rimaneva il vero problema da risolvere, anche perché molti soggetti continuavano a essere coinvolti ma non avere più, o non aver mai avuto, la sufficiente consistenza per essere rappresentati nei tavoli di trattativa con i pubblici poteri. La difficoltà nella selezione dei soggetti da coinvolgere era anche legata a particolari contingenze e periodi storici.

Quando lo spazio nel quale gli interessi organizzati si era ampliato, da una parte le opportunità di sviluppo di alcune categorie di “cittadini” aumentavano, mentre dall’altra i soggetti che tutelavano questi interessi rischiano di perdere potere.