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Contratti ibridi nella legislazione italiana

Nel documento MIFID II E DIGITALIZZAZIONE (pagine 50-53)

lo sviluppo della ricerca e i suoi risultati

2.4. L’impatto della digitalizzazione dei servizi bancari sulla regolazione del lavoro: il caso italiano ( di Giovanni Piglialarmi e Francesco

2.4.2. Contratti ibridi nella legislazione italiana

Nell’ordinamento italiano non è certamente sconosciuta l’esperienza di contratti di lavoro “ibridi”. In particolare, con il termine “ibrido”, la letteratura italiana ha identificato tanto i contratti di lavoro parasubordinato che la sussistenza di più contratti di lavoro, riconducibili a diverse fattispecie, in capo alle medesime parti (8) Si veda sul punto M.T.BIANCHI, D.FAIOLI, M.FAIOLI, Fintech. Trasformazioni del sistema bancario. Tecnologia, big data, regolazione e lavoro, Working Paper Fondazione G. Brodolini, 2019, n. 16.

(9) V.FALCE, G.FINOCCHIARO, La «digital revolution» nel settore finanziario. Una nota di metodo, in Analisi Giuridica dell’Economia, 2019, n. 1, pp. 313-326. Per un approfondimento sulle dina-miche degli sportelli bancari in Italia, si veda il recente contributo di A.CARMIGNANI, M.

MANILE, A.ORAME, M.PAGNINI, Servizi bancari online e dinamica degli sportelli bancari, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Paper), 2020, n. 543. Il lavoro analizza l’impatto che l’eterogeneità nel ricorso da parte della clientela bancaria ai servizi online nei vari mercati locali ha avuto sulla successiva dinamica degli sportelli bancari. L’analisi, relativa al periodo 2012-2015, si concentra sulla clientela retail, il segmento maggiormente interessato dallo svi-luppo dei canali digitali. I principali risultati indicano che le chiusure degli sportelli sono state più intense per le banche e le Province ove maggiore era la diffusione presso la clientela di servizi bancari online. Sul punto, si veda anche F.DI CIOMMO, Blockchain, smart contract, intel-ligenza artificiale (AI) e trading algoritmico: ovvero, del regno del non diritto, in RIMP, 2019, n. 1, pp.

26-27, con particolare riguardo agli effetti della MiFID II sul lavoro dell’uomo nell’attività di trading.

(10) L.DE VITA, Lavorare nelle «nuove» banche: condizioni di lavoro e orientamento dei lavoratori. Uno studio sul territorio toscano, in QRS, 2019, n. 3, p. 105; si veda anche MONTE DEI PASCHI DI SIENA, Indagine conoscitiva del sistema bancario italiano, 2015.

contrattuali. Con particolare riguardo a quest’ultima ipotesi, il contratto di lavoro ibrido in questo caso «postula […] la parallela e simultanea coesistenza, tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, di un contratto di lavoro subordi-nato e di un contratto di lavoro autonomo». Questa coesistenza – salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti – non è vietata ma anzi, di fatto, è presente in diversi contesti: non è infrequente, infatti, che un componente di un consiglio di amministrazione di una società, titolare di un contratto di collaborazione coor-dinata e continuativa, abbia stipulato anche un contratto di lavoro subordinato con la medesima società (11). In questo caso, sebbene l’ambito di svolgimento delle due funzioni resti ben distinto, i rapporti coesistono avendo come parti stipulanti i medesimi soggetti (12). L’ammissibilità della coesistenza di due rap-porti di lavoro, uno da ricondurre all’area della subordinazione e l’altro da ricon-durre, invece, all’area del lavoro autonomo, è ammessa pacificamente dalla giu-risprudenza di legittimità che in relazione al caso dell’amministratore e dipen-dente della società ha osservato che «qualora il lavoratore espleti in favore del medesimo datore di lavoro una pluralità di mansioni eterogenee in orari diversi, nella ricorrenza di particolari circostanze, ciascuna mansione possa essere ricon-dotta all’esecuzione di un distinto e autonomo contratto». Non sussiste, quindi, nell’ordinamento italiano «l’impossibilità di coesistenza tra le stesse parti di due rapporti di lavoro, l’uno subordinato e l’altro autonomo» (13).

Tuttavia, nonostante sia possibile la configurazione di due rapporti di lavoro – anche se riconducibili a due fattispecie diverse – in capo alle parti, è necessario che «esista un’apprezzabile differenza di oggetto che consenta di distinguere le obbligazioni assunte dalle parti con ciascun regolamento contrattuale e […] an-che di giustificare il fatto an-che a ciascun tipo di prestazione corrisponda una pro-pria disciplina ed un peculiare statuto protettivo della persona» (14).

2.4.3. Caso studio I. Il Protocollo Intesa Sanpaolo per lo sviluppo soste-nibile: un primo modello di regolazione del contratto di lavoro mi-sto

Il Protocollo per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritto il 1° febbraio 2017 da Intesa San-paolo e le OO.SS., nel paragrafo dedicato alle “politiche attive per l’occupa-zione”, introduce i c.d. contratti misti. Non si tratta dell’introduzione di una nuova (11) M.MARAZZA, Il bancario “ibrido” nell’economia liquida (nuove proposte dall’autonomia collettiva), in DRI, 2017, n. 3, pp. 791-810, spec. p. 797.

(12) G.DI GIORGIO, Amministrazione e lavoro subordinato nelle società di capitali, in ADL, 2003, n.

3, p. 813 ss.

(13) Cfr. Cass. 8 agosto 2005, n. 16661; ma si veda anche Cass. 14 maggio 2013, n. 11529;

Cass. 15 gennaio 2000, n. 431.

(14) M.MARAZZA, op. cit., p. 799.

fattispecie contrattuale ma della costruzione di un modello di accordo collettivo che garantisca la coesistenza di due rapporti di lavoro in capo alle medesime parti, sia pure riconducibili a due fattispecie diverse, con la finalità di favorire lo svi-luppo economico e l’occupazione, nonché assicurare l’adattabilità delle norma-tive vigenti alle esigenze di specifici contesti produttivi.

Per quanto concerne i profili contenutistici, il Protocollo prevede che la presta-zione di lavoro dedotta nel primo contratto (quello subordinato) riguarda attività da svolgere presso la filiale di assegnazione; mentre, per quanto concerne il con-tratto di lavoro autonomo, la prestazione riguarda l’attività di consulente finan-ziario. Sostanzialmente, il lavoratore in alcuni giorni lavora presso gli uffici della filiale (si tratta di un contratto part-time settimanale che va da un minimo di 15 ore ad un massimo di 22 ore trenta minuti) e in altri ha piena autonomia per svolgere l’attività di consulente finanziario seppure a determinate condizioni e limiti. I due contratti di lavoro rimangono indipendenti l’uno dall’altro e sono reciprocamente assoggettati alla loro specifica disciplina contrattuale. Per mar-care in modo netto questa indipendenza, il Protocollo detta una serie di criteri.

Il primo criterio distintivo previsto dal Protocollo riguarda il contento delle atti-vità da svolgere in virtù dei due contratti stipulati. Mentre l’attiatti-vità di gestore viene svolta presso la filiale osservando quindi le mansioni prescritte dal CCNL di settore, l’attività di consulente finanziario – volta a rispondere «alle diversifi-cate esigenze della clientela e per un miglior utilizzo di tutti i canali messi a di-sposizione dall’azienda anche mediante un ampliamento dell’offerta fuori sede finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di piano» – deve essere espletata in virtù o di un contratto di mandato ex art. 1703 c.c. o, in alternativa, secondo la disciplina del contratto di agenzia ex art. 1742 c.c. È necessario quindi che il la-voratore subordinato abbia conseguito anche l’abilitazione per svolgere l’attività di consulente finanziario per poter stipulare un contratto misto così come discipli-nato dal Protocollo. Si tratta di una scelta vincolata dalla legislazione speciale vigente in materia. Nel caso di specie, infatti, si tratta di promotori abilitati se-condo le modalità stabilite dal d.lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza) e definiti dall’art. 1, comma 39, della l. n. 208/2015 come «consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede». Questa figura, introdotta nell’ordinamento dall’art.

5 della l. n. 1/1991, è attualmente definita dall’art. 31, comma 2, del d.lgs. n.

58/1998, e successive modifiche, secondo il quale è «consulente finanziario abi-litato all’offerta fuori sede la persona fisica che, in qualità di agente collegato ai sensi della Direttiva 2004/39/CE, esercita professionalmente l’offerta fuori sede come dipendente, agente o mandatario. L’attività di consulente finanziario abili-tato all’offerta fuori sede è svolta esclusivamente nell’interesse di un solo sog-getto». Solo i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, in possesso dei requisiti di onorabilità prescritti dal d.m. n. 472/2998, e dei requisiti di profes-sionalità verificati dall’organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consu-lenti finanziari (OCF) «sulla base di rigorosi criteri valutativi che tengano conto

della pregressa esperienza professionale, validamente documentata, ovvero sulla base di prove valutative» (art. 18-bis, comma 1, TUF), possono esercitare profes-sionalmente l’attività, previa iscrizione all’albo unico nazionale. Il consulente fi-nanziario abilitato all’offerta fuori sede è obbligato altresì al rispetto dei principi contenuti nel TUF e specificati dalle prescrizioni regolamentari della Consob. Il lavoratore “ibrido”, nello svolgimento dell’attività di consulenza, non può infatti prestare attività di consulenza finanziaria per conto di istituti di credito che sono in concorrenza con Intesa Sanpaolo.

Ulteriore criterio distintivo è rappresentato dal referente con il quale il lavoratore si rapporta durante lo svolgimento delle prestazioni. Infatti, nell’esplicazione delle attività di lavoro subordinato, il lavoratore soggiace alla direzione e con-trollo del direttore di filiale mentre quando svolge l’attività di consulente finan-ziario, si coordina con un responsabile a ciò deputato. Inoltre, il consulente fi-nanziario utilizza una strumentazione hardware e software distinta da quella uti-lizzata per svolgere le attività di gestore in filiale. Non si avvale, inoltre, di colla-boratori e utilizza mezzi propri. Il corrispettivo, come consulente, viene deter-minato dalle provvigioni e dal numero di clienti che riesce ad intercettare in un determinato lasso temporale. Il Protocollo prevede che Intesa Sanpaolo si faccia carico della formazione per conseguire l’abilitazione all’esercizio della profes-sione di consulente finanziario e di garantire, nei primi 9 mesi di durata del con-tratto, un minimo provigionale concordato per facilitare l’avvio dell’attività.

Nel documento MIFID II E DIGITALIZZAZIONE (pagine 50-53)

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