1.4. L’evoluzione normativa ulteriore post MiFID II in materia di com- com-pliance e di sostenibilità
1.4.4. Atto EC 2021/2616: progetto di Regolamento delegato della Com- Com-missione del 21 aprile 2021 che modifica il Regolamento delegato
(UE) 2017/565 per l’integrazione dei fattori di sostenibilità, dei ri-schi di sostenibilità e delle preferenze di sostenibilità in taluni re-quisiti organizzativi e condizioni di esercizio delle attività di inve-stimento
In seguito alla conclusione dell’accordo di Parigi del 2016 sui cambiamenti cli-matici e all’adozione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), nel piano d’azione per finanziare la crescita sosteni-bile la Commissione europea ha inteso incorporare la sostenibilità anche nella consulenza finanziaria, precisando che la valorizzazione delle preferenze dell’in-vestitore in tema di sostenibilità rientra nei c.d. doveri fiduciari previsti dalla le-gislazione settoriale. Tale recente, ulteriore progetto di modifica del Regolamento UE 2017/565 integra le preferenze dei clienti in termini di sostenibilità nella va-lutazione dell’adeguatezza.
Nell’ambito del vigente quadro della MiFID II, le imprese che effettuano consu-lenza in materia di investimenti e gestione di portafoglio sono tenute a ottenere le informazioni necessarie in merito alle conoscenze ed esperienze del cliente in materia di investimenti, alla sua capacità di sostenere perdite e ai suoi obiettivi, inclusa la sua tolleranza al rischio, secondo una valutazione di adeguatezza. Le informazioni riguardanti gli obiettivi di investimento dei clienti includono dati su: periodo di tempo di conservazione dell’investimento, preferenze in materia di assunzione del rischio, profilo di rischio e finalità dell’investimento. Tuttavia le informazioni sugli obiettivi di investimento riguardano gli obiettivi finanziari tout court, mentre non includono affatto, allo stato attuale, gli altri obiettivi non finanziari del cliente, come ad esempio le sue preferenze di sostenibilità. In tale quadro, il progetto di Regolamento in esame prevede che gli strumenti finanziari rilevanti in relazione alla sostenibilità possano essere raccomandati ai clienti o potenziali clienti che esprimono chiare preferenze in termini, appunto, di sostenibilità.
Le preferenze di sostenibilità riguardano pertanto strumenti finanziari che sono investiti, almeno in una certa misura, o in attività conformi alla tassonomia a norma del Regolamento sulla tassonomia o in investimenti sostenibili ai sensi dell’art. 2, punto 17, SFDR (12).
(12) «investimento sostenibile: investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle ri-sorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare o un investimento in un’atti-vità economica che contribuisce a un obiettivo sociale, in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuove la coesione sociale, l’integra-zione sociale e le relazioni industriali, o un investimento in capitale umano o in comunità
L’art. 1 chiarisce che i soggetti che effettuano consulenza finanziaria e gestione di portafoglio sono obbligati a valutare le preferenze di sostenibilità dei loro clienti o potenziali clienti. Le imprese di investimento dovrebbero tenere conto di tali preferenze nel processo di selezione degli strumenti finanziari da racco-mandare. Tre categorie di strumenti finanziari dovrebbero essere ammissibili in caso di preferenze di sostenibilità: 1) quelli che perseguono una quota minima di investimenti sostenibili in attività economiche considerate ecosostenibili, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento tassonomia; 2) quelli per i quali la quota minima di investimenti sostenibili è determinata dal cliente o potenziale cliente; 3) quelli che considerano i principali effetti negativi sui fattori di sostenibilità, in base ad ele-menti determinati dal cliente o potenziale cliente.
La norma introduce inoltre un particolare obbligo informativo ex post a carico dei fornitori di servizi di consulenza: l’elaborazione di una relazione per il cliente che spieghi in che modo la raccomandazione impartita ne rispetta gli obiettivi di in-vestimento, il profilo di rischio, la capacità di sostenere perdite e le preferenze di sostenibilità. La norma impone alle imprese di investimento di tener conto dei rischi di sostenibilità, in termini qualitativi o quantitativi, e di integrare il rischio di sostenibilità nelle loro politiche di gestione dei rischi.
È introdotta, all’art. 2, la definizione di preferenze del cliente in materia di sostenibilità, indicandole come le propensioni/scelte di integrare nei propri investimenti stru-menti finanziari che includono, in una determinata minima quantità, investistru-menti sostenibili così come definiti nella tassonomia europea. Le imprese di investi-mento che forniscono i servizi di consulenza in materia di investimenti o di ge-stioni di portafoglio non possono raccomandare o effettuare operazioni su stru-menti finanziari che non incontrano le preferenze del cliente in materia di soste-nibilità, illustrandone ai clienti le relative motivazioni. In tal caso, il cliente che vorrà comunque procedere agli investimenti, potrà adattare le proprie prefe-renze. Il requisito di coerenza con le preferenze del cliente in materia di sostenibilità non dovrà alterare le procedure di valutazione periodica dell’adeguatezza.
In sintesi: a) nella prestazione dei servizi di consulenza e di gestione di portafogli diviene obbligatorio, in sede di profilatura, richiedere al cliente informazioni circa le preferenze dei clienti in materia di sostenibilità; b) la chiara manifestazione di preferenze in materia di sostenibilità viene integrata nella valutazione di adegua-tezza degli investimenti dei clienti, mediante ponderazione di tali fattori di soste-nibilità; c) nei confronti di clienti che esprimono chiare preferenze di sostenibilità risultano “raccomandabili” solo gli strumenti finanziari investiti, almeno in una quota parte, in attività sostenibili, in conformità alla tassonomia; d) chi si occupa economicamente o socialmente svantaggiate, a condizione che tali investimenti non arre-chino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali».
di produzione di strumenti finanziari deve tenere conto anche dei fattori di so-stenibilità, fornendo adeguate informazioni ai distributori; e) chi si occupa di di-stribuzione deve introdurre presidi di Product Governance volti ad assicurare la va-lorizzazione delle preferenze di sostenibilità espresse, nella distribuzione degli strumenti finanziari.