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CONTRATTO DI RETE

Nel documento Il rapporto di lavoro nelle reti di imprese. (pagine 122-158)

disciplina originaria all’attuale assetto.

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delle stesse. I numerosi interventi legislativi hanno creato “una fattispecie di natura bicefala153’’; alla rete avente natura meramente contrattuale si affianca oggi infatti la rete dotata di soggettività giuridica. Oggetto dell’intervento normativo del 2009, si noti sin da ora e si dirà meglio in seguito, non è stato il fenomeno globale delle reti di imprese, ma solo un particolare modello di realizzazione dello stesso (le cd. reti di fatto). Il legislatore è partito dal presupposto che le piccole e medie imprese siano incapaci di perseguire uti singolae determinati obiettivi.

La piccola dimensione delle imprese italiane costituisce infatti un limite rilevante per il conseguimento di una maggiore efficienza; spesso riduce la capacità di mutare strategia, di internazionalizzarsi e in generale di fronteggiare le pressioni competitive. In presenza di tali ostacoli alla crescita, il sistema produttivo italiano ha creato i distretti industriali154, che hanno consentito in passato di ammortizzare i limiti derivanti dalla piccola dimensione. Negli anni più recenti tuttavia i distretti industriali hanno mostrato grandi difficoltà nell’affrontare il contesto globale. Il diffondersi delle tecnologie della comunicazione ha infatti ridotto il vantaggio della vicinanza territoriale, favorendo la ricerca di partner in aree più distanti. Già nel 2000 la cd.

153 E. BREDARIOL, Evoluzione legislativa e attuale assetto della

disciplina del contratto di rete, in Contratto di rete. Trasformazioni del lavoro e reti di imprese (a cura di) T. TREU.

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Si rimanda per maggiore chiarezza a pag. 57 del presente progetto di tesi (Il quadro differenziale tra reti e reti).

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Carta di Bologna adottata dai Paesi OCSE riconosceva le reti come un importante fattore propulsivo della competitività delle piccole imprese e nel 2008 lo Small Business Act155 dell’Unione Europea definiva le linee di

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Interessante la prospettiva di G. CAPUANO, Lo “Small Business Act’’ e l’utilizzo del contratto di rete per uscire dalla crisi, in Economia e diritto del terziario, 2014, 1, pp. 29 ss.; il quale sostiene: << Con l'approvazione del Governo italiano nel 2010 della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri sullo "Small Business Act", in attuazione della Comunicazione della Commissione U.E. "Pensare anzitutto in piccolo" del 2008, è iniziato un processo che ha messo al centro della riflessione sulle politiche di crescita la micro, piccola e media impresa. Il nome simbolico di "Act" dato allo SBA sottolinea la necessità di attivare un quadro di interventi per le imprese molto articolato, grazie a dieci principi guida per la formulazione e l'attuazione delle politiche sia a livello dell'Unione europea che dei singoli Stati membri. Con lo SBA, accanto alla "politica industriale" più vicina alle esigenze della medio-grande impresa (MGI), si è introdotta una "nuova politica produttiva" riferita alle micro e piccole imprese (MPI), la cui base è formata prevalentemente da imprese terziarie, artigiane e manifatturiere, i cui interventi affiancherebbero e rafforzerebbero le misure adottate nell'ambito della "politica industriale", secondo il principio di "filiera produttiva" e delle reti di impresa. In questo contesto, affrontare il problema della limitata dimensione di impresa risulta essere propedeutico e trasversale ad ogni iniziativa di "policy" e il suo superamento costituisce una precondizione allo sviluppo delle nostre imprese. (…) il contratto di rete, molto probabilmente costituisce una delle principali risposte al problema in un particolare momento di crisi economica>>.Lo Small Business Act, infatti, ha posto in luce come - anche a livello europeo- le principali istanze siano rappresentate dall'esigenza di facilitare la partecipazione delle PMI agli appalti pubblici, agevolare l'accesso al credito e sfruttare al meglio le possibilità rappresentate dagli aiuti di Stato, ciò al fine di creare le condizioni favorevoli per la crescita e la competitività delle PMI europee e incrementare l'efficienza delle relazioni tra imprese. In questa prospettiva, pertanto, anche il contratto di rete si pone l’obiettivo di favorire l’aggregazione delle piccole e medie imprese per raggiungere quell’intento ampliamente evidenziato dalla Commissione Europea all’interno dello Small Business Act.

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azione per promuovere lo sviluppo delle piccole e medie imprese, stimolando l’intervento dei governi. L’introduzione nel 2009 del contratto di rete, in quest’ottica, consente alle PMI di competere con le grandi imprese senza ricorrere a forme più incisive di integrazione (come la fusione) e senza rinunciare alla propria autonomia (come nei gruppi).

8.A. I primi interventi legislativi in tema di contratto di rete

Il fenomeno delle reti, ampiamente usato prima della sua stessa regolazione, pur rappresentando la strada adeguata per aumentare la competitività e la capacità innovativa, mostrava grosse criticità156 legate all’assenza di un tipo contrattuale di riferimento. Queste perplessità hanno reso improcrastinabile l’esigenza di elaborare una puntuale disciplina normativa riguardante le reti di imprese. L’intervento del 2009 era diretto infatti a superare l’informalità che caratterizzava le cd. reti di fatto; voci in dottrina scrivevano nel 2010: <<Se, da una parte le forze spontanee del mercato esprimono la vitalità di molte imprese che hanno saputo rispondere con efficacia alle nuove dinamiche internazionali, dall’altra promuovere la cultura delle reti di imprese, regolamentandole in modo strutturato

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Tra le criticità di tale fenomeno, si è evidenziato l'instabilità del coordinamento realizzato mediante collegamento negoziale, l'assenza di un modello contrattuale plurilaterale avente ad oggetto la collaborazione tra imprese e caratterizzato da una maggiore flessibilità e minori oneri organizzativi rispetto al modello consortile, nonché le ambiguità (e dunque l'incertezza degli effetti) connesse alla disciplina della società consortile.

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e formale, potrebbe spingere molti imprenditori a operare all’interno di un quadro giuridico certo e ben definito157>>. Già nel 2008, all’art. 6 bis del d.l. n. 112 (convertito in l. n. 133/2008), il legislatore aveva disciplinato la categoria delle reti di imprese e delle catene di fornitura, rinviando ad un successivo (mai emanato) decreto del Ministero dello Sviluppo Economico – di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze- la definizione delle caratteristiche e le modalità di individuazione delle suddette fattispecie. Le reti venivano tuttavia positivamente definite dal legislatore quali “libere aggregazioni di singoli centri produttivi coesi nello sviluppo unitario di politiche industriali, anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali’’.

Nel 2009, il legislatore riprende l’argomento introducendo il contratto di rete; accolto positivamente dalle associazioni e dalle regioni, la nuova fattispecie sembra essere in grado di intercettare le aspettative degli imprenditori. La disciplina normativa permette infatti alle imprese sottoscrittrici da un lato di esternalizzare (e quindi ridurre) l’incidenza di alcuni costi, dall’altro di internalizzare le strategie delle altre retiste accrescendo il valore di ogni singola impresa158. Scrive

157 C. ANTOBELLI, P. CARNAZZA, Nuove configurazioni distrettuali

e reti di impresa: le strategie per rafforzare la competitività, p. 103.

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In tal senso M. G. GRECO, Distacco e codatorialità nelle reti di impresa, in Argomenti di diritto del lavoro, 2014, pp.380 ss.

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infatti il prof. Treu159 nel 2014: <<il contratto di rete, nei cinque anni dalla sua prima regolazione legislativa ha mostrato di essere ben accettato dalle imprese. Lo dimostra la sua diffusione in tutte le regioni d’Italia e in diversi settori produttivi: sono oltre 1.560 i casi riportati dal sito di Reteimprese, con oltre 6.500 aziende coinvolte. Si tratta di un caso, non frequente nel nostro ordinamento normativo, che ha avuto un successo applicativo persino maggiore delle aspettative degli operatori. L’utilità della rete consiste soprattutto nel fatto che gli imprenditori retisti si impegnano a collaborare alla realizzazione di un programma comune, mettendo insieme le loro risorse e le loro competenze, così da valorizzare le possibili sinergie.>>.

Si tratta di un istituto giuridico dalla genesi piuttosto sofferta160, non solo per ciò che attiene all'adozione del testo normativo che ne ha segnato la nascita, ma anche per le svariate modifiche intervenute negli anni a seguire che hanno creato un vero e proprio corpus normativo stratificato sul contratto di rete.

159 T. TREU, Contratto di rete: un successo applicativo, in Contratti

& contrattazione collettiva Edizione 07/2014, n. 7, pp.4 ss, consultabile presso http://www.bd24.ilsole24ore.com/DEMO.

160 La normativa attuale, frutto di una stratificazione di interventi

normativi succedutisi negli anni, ad alcuni appare disorganica, lacunosa e non sempre ineccepibile sotto il profilo tecnico. In tal senso, A. PISANI MASSAMORMILE, Profili civilistici del contratto di rete, in Rivista di diritto privato, 2012, p. 354, definisce la disciplina in questione <<uno dei peggiori interventi normativi degli ultimi anni>>.

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A distanza di nemmeno un anno, infatti, il legislatore è nuovamente intervenuto con il d.l. n.78/2010 riscrivendo il dettato normativo dei commi 4-ter e 4- quater del d.l. n. 5/2009. Oltre ad aver introdotto vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, la modifica del 2010 ha inciso profondamente sulle caratteristiche della fattispecie ridisegnando l’istituto nei suoi profili essenziali; sono stati disciplinati con maggiore attenzione profili attinenti all’oggetto, al fondo patrimoniale, alla governance ed alla rappresentanza, nonché al diritto di recesso.

Nel 2010 inoltre la fisionomia del contratto di rete è stata svincolata dalle affinità con il modello societario. Una parte della dottrina aveva infatti assimilato il contratto di rete alle realtà societarie in virtù dell’espresso riferimento all’esercizio comune di attività, che si riscontra anche nell’art. 2247 cod. civ. come elemento costitutivo del contratto di società. La novella del 2010 ha affiancato all’oggetto originariamente previsto nel 2009 (l’esercizio in comune di un’attività) altre due fattispecie: “la collaborazione in forme e ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese e lo scambio di informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnico o tecnologia’’. Si è pertanto giunti a un modello contrattuale capace di contenere formule organizzative tra loro diverse, che spaziano dallo scambio di informazioni, all’esercizio in comune delle attività passando per la collaborazione. Alcuni elementi strutturali (ossia il

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fondo patrimoniale comune e l’organo comune) che nell’originaria norma del 2009 erano stati previsti quali elementi costitutivi, sono diventati nel 2010 elementi eventuali. La loro istituzione è stata pertanto rimessa alla determinazione negoziale dei contraenti; per tale motivo la fattispecie contrattuale è stata definita dal prof. Cafaggi “a geometria variabile161’’.

8.B. Gli incentivi fiscali: problematiche economiche e giuridiche

Per promuovere l’utilizzo del contratto di rete il legislatore è intervenuto con il d.l. 78/2010 (convertito in L. n. 122/2010) prevendo una serie di incentivi fiscali per le reti di imprese. Questo trattamento di favore ha determinato riflessioni in ambito economico che si cercherà di esporre sinteticamente.

Gli incentivi fiscali possono certamente rivelarsi strumenti idonei a favorire le aggregazioni di imprese, ma vanno, tuttavia definiti in modo da attenuare il rischio di introdurre distorsioni nel funzionamento dei meccanismi di mercato. Sotto questo profilo i possibili effetti positivi derivanti dallo schema di incentivi previsto a favore del contratto di rete, accompagnato da un’asseverazione delle associazioni di categoria, vanno esaminati in relazione ai potenziali

161 Tale definizione è stata data dal prof. Cafaggi in occasione di un

proprio intervento alla presentazione de “Le linee Guida per i contratti di rete’’, Comitato interregionale del Notai del Triveneto e Retimpresa, tenutasi a Venezia il 20 marzo 2012 presso Confindustria Veneto.

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svantaggi. Occorre infatti considerare che gli incentivi specificamente orientati alle imprese che creano un “contratto di rete’’ innalzano il costo opportunità di altre forme di coordinamento (quali il consorzio con attività esterna o la società), che in taluni casi potrebbero essere più rispondenti agli obiettivi e alle esigenze specifiche delle imprese stesse162. La valutazione si rende più complessa se si pensa alla coesistenza di una pluralità di incentivi decisi a vari livelli di governo, che stimolano determinate forme di aggregazione fra imprese, disincentivandone altre. Va infine tenuto presente che gli incentivi fiscali per le imprese stipulanti il contratto di rete riducono il costo opportunità associato al mantenimento dell’impresa di piccola dimensione (si pensi all’impresa familiare).

Spostandoci sotto il profilo giuridico, con la L. n. 122/2010 il legislatore è intervenuto contemporaneamente su due fronti: da un lato ha rimodellato i tratti civilistici della fattispecie, dall’altro ha introdotto una misura agevolativa di natura fiscale (la cd. Agevolazione fiscale). In ottemperanza a quanto previsto dalla disciplina comunitaria, ai sensi dell’art. 108, par. 3 TFUE, la misura agevolativa fiscale è stata sottoposta al vaglio della Commissione Europea affinché ne fosse deliberata l’ammissibilità. Nell’esprimere parere favorevole, la Commissione Europea ha inoltre esaminato le caratteristiche

162 Per maggiore chiarezza si rimanda a C. BENTIVOGLI, F.

QUINTILIANI, D. SABBATINI, Il contratto di rete: limiti e opportunità, L’Industria, 2013, 2.

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del contratto di rete, cercando di capire se questo potesse dar vita ad un’impresa distinta e quindi incompatibile con il divieto di aiuti di Stato163. Con i chiarimenti forniti dalle Autorità italiane164, è stato precisato che le reti non potevano essere considerate entità distinte rispetto alle imprese partecipanti e quindi, il contratto di rete si poneva quale mero strumento di natura contrattuale inidoneo a costituire un nuovo soggetto giuridico. Il beneficio fiscale è risultato quindi conforme ai parametri delle norme Europee e in particolare all’art 107 TFUE. Si può pensare che la legge

163 Si legge infatti in C (2010)8939 al punto (29): <<Sebbene il

contratto disciplini esclusivamente la relazione tra le imprese partecipanti e l'amministrazione delle risorse comuni, la Commissione ha considerato anche se l'esistenza di un tale contratto tra queste società dia vita ad un'impresa distinta ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato. È questo il caso che potrebbe verificarsi in particolare se le imprese interessate istituissero un fondo, con responsabilità separata, all'atto della costituzione della rete di imprese>>.

164 Ancora C (2010)8939 al punto (30): << A tale riguardo, le autorità

italiane hanno chiarito che la rete di imprese non avrà personalità giuridica autonoma. Gli aspetti finanziari delle reti di imprese possono essere gestiti attraverso una dotazione speciale destinata alla realizzazione degli obiettivi comuni o attraverso un semplice accantonamento di risorse gestito, per esempio, su mandato, da un rappresentante o da un organo. Le risorse sono accantonate soltanto per ragioni pratiche, cioè per la disponibilità dei fondi per le operazioni correnti comuni, e vengono messe in comune esclusivamente per realizzare le attività comuni indicate nel contratto, per le quali però ciascuna impresa partecipante mantiene la piena responsabilità. Per queste ragioni, le reti non possono essere considerate entità distinte. Inoltre, si può concludere che la misura non è selettiva, poiché non è limitata alle imprese che istituiscono una dotazione speciale>>. Anche l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 70/E del 30 giugno 2011, negò espressamente che il contratto di rete avesse un’autonoma soggettività tributaria e di conseguenza una propria soggettività giuridica.

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abbia volontariamente inciso sui tratti costitutivi del contratto di rete per affermare la natura contrattuale dello strumento; elementi che prima erano necessari sono stati infatti resi eventuali perché considerati indici della presunta natura associativa della fattispecie.

8.C. Gli interventi del 2012: dalla legge n. 134/2012 (Decreto sviluppo) al d.l. 179/2012 (Decreto sviluppo bis)

Nell’estate del 2012, con la l. n. 134 di conversione del d.l. n. 83/2012 (cd. Decreto Sviluppo) il legislatore è intervenuto nuovamente sull’impianto normativo del contratto di rete introducendo, in presenza del fondo comune e dei relativi adempimenti pubblicitari, la cd. Rete Soggetto165.

Allo stesso tempo è stato previsto un regime di responsabilità limitata al fondo patrimoniale per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma comune, nonché l’obbligo di redazione e deposito annuale di una situazione patrimoniale. Con l’intervento successivo (d.l. n. 179/2012 cd. Decreto Sviluppo Bis) il legislatore ha precisato che l’acquisto della

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Si noti però che già prima della novella il riconoscimento di una soggettività di rete – almeno nei casi in cui fosse istituito un fondo comune – era stato auspicato da una parte della dottrina sia al fine di rendere più agevole la visibilità del rapporto tra le imprese in rete; semplificando, in particolare, le dinamiche delle relazioni con soggetti istituzionali, quali istituti di credito e pubbliche amministrazioni, sia al fine di risolvere alcuni inconvenienti pratici legati all’agire in rete.

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“soggettività giuridica166’’ delle reti è conseguenza di una scelta delle parti. In sostanza la rete, seppur dotata di fondo patrimoniale e organo comune, ha la facoltà di acquistare la soggettività mediante l’iscrizione presso la sezione ordinaria del Registro delle Imprese. La rete-soggetto pare quindi essere una fattispecie a formazione complessa; oltre alla presenza di tutti gli elementi richiesti dalla norma e della costituzione del fondo patrimoniale comune, per acquisire la soggettività giuridica167 occorre una manifestazione di

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Il legislatore parla di “soggettività giuridica”, non di “personalità giuridica”. Nel nostro ordinamento la personalità giuridica è riconosciuta soltanto alle società di capitali, alle società cooperative, alle associazioni riconosciute e alle fondazioni, che in quanto persone giuridiche godono di una piena e perfetta autonomia patrimoniale. Tuttavia, nel nostro sistema, il mancato riconoscimento della personalità giuridica a una figura associativa non esclude che la stessa costituisca autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici. Il che è dimostrato dall’affermazione, ormai pacifica in dottrina e in giurisprudenza, secondo cui la soggettività giuridica va senz’altro riconosciuta alle società di persone, come pure ai consorzi con attività esterna, alle associazioni non riconosciute e al GEIE, malgrado si tratti di fattispecie cui non è riconosciuta la personalità giuridica.

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Preme osservare la disinvoltura con cui il legislatore ha impiegato il termine “soggettività giuridica’’, termine che non aveva fatto ingresso nell’ordinamento giuridico prima del 2012. La soggettività giuridica, oggetto di numerose elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali, era considerata un’implicita conseguenza derivante dalla compresenza di determinati elementi di tipo organizzativo. Si ritiene che il legislatore non abbia sentito l’esigenza di prevedere la soggettività giuridica perché, ricorrendo determinati elementi, si riteneva sussistente a prescindere da ogni possibilità di scelta delle parti. La norma in esame rappresenta quindi un cambio di rotta; la soggettività giuridica non è determinata dalla presenza di elementi oggettivi, ma nasce da una scelta delle parti che si deduce da determinati atteggiamenti. Si rammenti infatti che la norma non richiede un’espressa dichiarazione di volontà delle parti ai fini dell’acquisizione della soggettività giuridica della rete, ma si limita a prevedere che << con l’iscrizione nella sezione

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volontà, che si articola nell’espletamento di una determinata formalità pubblicitaria. Per l’acquisto della soggettività è richiesto, infatti, l’adempimento di uno specifico onere pubblicitario, diverso da quello richiesto in via generale per tutti i contratti di rete, individuato nell’iscrizione della rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese, nella cui circoscrizione è stabilita la sede della rete stessa (art. 3, co. 4 ter e art. 3, co 4 quater l. n. 33/2009).

La precisazione contenuta nella norma è particolarmente significativa, perché pone fine al dibattito circa la possibilità di ravvisare o meno nel contratto di rete un autonomo soggetto imprenditoriale (o un autonomo centro di imputazione)168. Gli ultimi interventi legislativi in materia

ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica>>. Per maggiore chiarezza, E. BREDARIOL, Evoluzione legislativa e attuale assetto della disciplina del contratto di rete, in Contratto di rete. Trasformazione del lavoro e reti di imprese (a cura di) T. TREU.

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Il dibattito in questiona nasceva dall’ originaria formulazione dell’art. 3, comma 4-ter, lett. c) che indicava, tra gli elementi necessari del contratto, due modalità alternative di realizzazione dello scopo comune: l’istituzione di un fondo patrimoniale comune (che in forza del rinvio agli artt. 2614 e 2615 c.c. era reso indivisibile e inespropriabile da parte dei creditori particolari dei partecipanti alla rete) e la costituzione da parte di ciascuna impresa contraente di un patrimonio destinato a uno specifico affare ai sensi dell’art. 2447-bis, primo comma, lett. a) del codice civile.

In base all’interpretazione della norma, la dottrina assumeva dunque posizioni diverse in ordine alla soggettività giuridica del contratto di rete.

Secondo alcuni autori le fattispecie ricomprese nella norma (fondo patrimoniale comune e patrimonio destinato ad uno specifico affare) costituivano due diversi modelli di autonomia patrimoniale e, nello

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