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IL RAPPORTO DI LAVORO NELLE RETI DI IMPRESE

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CAPITOLO 5: Il rapporto di lavoro nelle reti

di imprese

La locuzione “rete di imprese’’ non identifica una fattispecie giuridica astratta destinataria di una specifica regolazione normativa; i suoi contorni, infatti, non sono tratteggiati da una definizione nell’ordinamento. È un fenomeno che tuttavia ha destato molta attenzione negli studiosi, non solo italiani, ed è stata quindi oggetto di numerose indagini. Ai fini di tale progetto di tesi, si utilizzerà tale dizione per indicare il fenomeno che il legislatore ha assunto come punto di riferimento per l’introduzione di un nuovo tipo contrattuale: il contratto di rete86.

Il concetto di “rete di imprese’’ identifica una trama di relazioni negoziali tendenzialmente stabili tra più imprese, giuridicamente indipendenti, che genera un’interdipendenza tra le società coinvolte87. Efficacemente la dottrina ha

86 In questi termini, I. ALVINO, Reti di imprese e subordinazione,

consultabile a

http://www.diprist.unimi.it/Reti_impresa/papers/7.pdf.

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Sguardi più attenti all’analisi economica del fenomeno hanno definito le reti come forme di coordinamento stabili fra imprese, intermedie tra il mercato e la gerarchia, finalizzate ad un obiettivo comune. In tal senso C. BENTIVOGLI, F. QUINTILIANI, D. SABBATINI, Il contratto di rete: limiti e opportunità, L’Industria, 2013, 2, affermano: <<La caratteristica della stabilità distanzia le reti dal puro mercato, dove i rapporti fra le imprese si incentrano sullo scambio, mentre l’aspetto del coordinamento, in cui i partecipanti mantengono gran

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definito la rete di imprese <<un complesso di relazioni giuridiche tendenzialmente stabili tra imprese, volte a regolarne la collaborazione o la compartecipazione a un progetto di interesse comune, fondato sullo sfruttamento congiunto di risorse complementari e sul governo di una interdipendenza tra le imprese partecipanti, che non annulla l’autonomia giuridica ed economica delle stesse, né le assoggetta a una direzione unitaria88>>.

La rete non coincide, quindi, con il perimetro della fabbrica, ma consiste in un sistema produttivo organizzato orizzontalmente. Le imprese nella rete cooperano in modo più o meno blando; dal mero scambio di informazioni, si può arrivare a forme intense di cooperazione che si sostanziano nella condivisione di obiettivi economici o risorse necessarie per perseguirle.

Nonostante anche i gruppi siano aggregazioni tra imprese formalmente autonome, mostrano numerosi segni di distinzione con le reti; le società appartenenti ai gruppi, tanto a catena quanto a raggiera, pur essendo formalmente indipendenti sono soggette al potere di direzione e di controllo della capogruppo. Nella rete abbiamo, invece, un sistema di transazioni complesse di natura non gerarchica, ma ispirate ai canoni della collaborazione e della fiducia.

parte della loro autonomia, le differenzia dall’organizzazione gerarchica di un’impresa>>.

88 Definizione di F. CAFAGGI Domande della ricerca e profili

metodologici, in Politiche industriali e collaborazione tra imprese nel contesto toscano, p. 42.

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Diversa è la visione di chi vede nella rete una frammentazione dell’impresa e del datore di lavoro, mirata alla mera riduzione dei costi. Sono due visioni che ispirano diverse linee interpretative; ma si noti che il fenomeno delle reti di imprese non può realmente essere apprezzato se si adottano gli stereotipi dell’uniformità fordista poiché sulla base di questa anacronistica chiave di lettura si arriverebbe a sottolineare le criticità delle reti e non le opportunità che i cambiamenti comportano. Tali trasformazioni modificano certamente la figura del datore a cui sono imputati i rapporti di lavoro subordinato o, dal punto di vista collettivo, la controparte nella contrattazione. Sembra preoccupante la prospettiva di chi89 afferma che la fattispecie costitutiva del rapporto di lavoro ad oggi sia rappresentata dal datore di lavoro e non più dal lavoratore subordinato.

Si vuole invece assumere il punto di vista di chi afferma che <<la novità del fenomeno espressa nelle variazioni dell’impresa come del lavoro vanno invece analizzate nelle loro origini e nelle diverse manifestazioni, da quelle micro organizzative espresse nelle varie forme di flessibilità, a quelle dimensionali conseguenti alla diffusione delle micro imprese specie dei servizi, a quelle professionali e sociali

89

Sul punto, M. BARBERA, Trasformazioni nella figura del datore di lavoro e flessibilizzazione delle regole del diritto, in Diritto del lavoro e relazioni industriali, 2010, testo che costituisce la rielaborazione della relazione presentata al XVI Congresso nazionale dell’Associazione italiana di diritto del lavoro e della sicurezza sociale (Aidlass) sul tema <<la figura del datore di lavoro. Articolazione e trasformazione>> (Catania, 21-23 maggio 2009).

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visibili nella diversificazione dei lavori. Solo così si possono ricercare gli strumenti del diritto e delle politiche del lavoro atte a riprendere le fila di una regolazione di tali fenomeni ancora utile alla tutela e alla promozione del lavoro nel contesto dei nuovi modelli dell’impresa90>>. È dilagante, come si dimostra sopra nella sezione dedicata ai gruppi ma anche nella sezione dedicata ad una prospettiva comparata, la tendenza all’allargamento della figura del datore di lavoro guidata dalla costante preoccupazione che i processi di riorganizzazione dell’impresa e il decentramento produttivo si traducano in una elusione o riduzione delle tutele del lavoratore.

5.A. Le esigenze delle reti: lo scambio di personale e la flessibilità

Il nostro legislatore a lungo ha percorso la via della regolazione dei rapporti commerciali ed economici interni alla rete senza prevedere disposizioni che riguardassero il rapporto di lavoro nelle reti. L’impiego e lo scambio del personale nella rete era privo, fino a pochi anni fa, di indicazioni specifiche ed era affidato agli istituti tradizionali (in primis il distacco).

Eppure la rete implica l’esercizio congiunto di attività economiche da parte di imprese diverse per uno scopo comune, in ragione della complementarità di interessi;

90 T. TREU, Trasformazioni delle imprese: reti di imprese e regolazione

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solleva quindi problemi di non poco conto in tema di rapporto di lavoro nelle reti. Le esigenze della rete impongono un uso flessibile del personale a cui non si può rispondere con gli istituti tradizionali del distacco e del comando. Questi ultimi sono nati per fronteggiare esigenze temporanee, mentre all’interno delle reti il perseguimento di obiettivi comuni può richiedere uno scambio di personale continuo. La presenza di tali lacune lascia certamente spazio alla contrattazione collettiva e individuale; ma per rispondere alle esigenze di questa materia è necessario analizzare la particolarità di tali nuove forme di integrazione senza <<sovrapporvi stereotipi desunti dalle strutture del passato né pregiudiziali ideologiche91>>.

Una visione delle nuove forme di integrazione dell’impresa foriera di prosperità per tutti gli attori e meramente finalizzata alla riduzione del costo del lavoro non tiene conto delle diversità delle realtà economiche e delle diverse opzioni che il mondo imprenditoriale elabora. Tali diversità sono oscurate dalla smania dei giuristi di trovare un soggetto cui imputare i rapporti di lavoro per controllare le responsabilità e contrastare possibili abusi92. Bisogna invece guardare alle reti con la consapevolezza che le relazioni paritarie in esse permettono ai soggetti margini di autonomia che creano un equilibrio non definitivo ma modificabile in corsa.

91 T. TREU, Trasformazioni delle imprese: reti di imprese e regolazione

del lavoro, in Mercato, Concorrenza e Regole, 2012, 1, p. 19.

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I rapporti paritari tipici del contratto di rete, si riscontrano anche in altre forme di aggregazione come i consorzi o il GEIE93.

5.B. Il quadro differenziale tra reti e distretti

Si permetta di aprire una breve parentesi dedicata ai distretti industriali, che da alcuni sono considerati una particolare forma di rete94, ma che da questa si differenziano notevolmente. Il distretto industriale è un sistema produttivo locale, che si caratterizza per un’elevata concentrazione di imprese industriali nonché per la specializzazione produttiva dei sistemi di imprese95. In caso

93Gruppo europeo di interesse economico è una figura creata nell'ordinamento europeo con il regolamento comunitario n.2137 del 25 luglio 1985. Si tratta di una figura giuridica proposta dall'Unione europea avendo come riferimento il francese GIE (groupement d'intérêt économique) con lo scopo di unire le conoscenze e le risorse di attori economici di almeno due paesi appartenenti all'Unione. Nelle intenzioni dei legislatori europei, questo dovrebbe permettere a piccole e medie imprese di poter partecipare a progetti più grandi di quanto le loro dimensioni permetterebbero.

94

F. CAFAGGI, D. GALLETTI, La crisi dell’impresa nelle reti e nei gruppi, p.10.

95 I distretti produttivi sono stati disciplinati dalla l. n. 317/1991,

modificata nel 1999, e da legislazione regionale, il cui fondamento, con la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, è stato rafforzato tramite l’attribuzione di competenza legislativa alle Regioni. Dapprima con la Legge Finanziaria 2006 (l. n. 266/2005 art.1 co.366 ss.) venne introdotta la disciplina ai fini fiscali, amministrativi e finanziari dei distretti produttivi, in seguito, con l’art. 6-bis del d.l. n. 112/2008, convertito con l. n. 133/2008, vennero equiparati i distretti e le reti, ma la norma fu in seguito abrogata per effetto dell’art. 1 comma 2 della legge n. 99/2009. La l. n. 266/2005 attribuisce ai distretti la facoltà di negoziare con le pubbliche amministrazioni, e funzioni para-pubbliche di certificazione e accertamento. La creazione, tramite L.266/2005, di

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di successo comportano vantaggi competitivi che si concretizzano in un’elevata capacità di adattamento ai cambiamenti che il mercato e la tecnologia richiedono. Il modello produttivo nel nostro paese è basato su tre elementi: un gran numero di piccole unità specializzate, la divisione del lavoro per filiere di fornitori-clienti e un addensamento territoriale di imprese e filiere in territori delimitati. Questi addensamenti territoriali (cd. clusters) prendono la forma dei distretti industriale o dei sistemi produttivi locali e si differenziano dalle reti in quanto queste ultime, prescindendo dalla territorialità, configurano forme di aggregazione funzionali. Il fenomeno dei distretti è invece strettamente legato alla territorialità; nonostante con la delocalizzazione il numero delle imprese che operano a livello locale sia diminuito significativamente, il luogo fisico in cui le idee e i processi vengono sviluppati è rimasto ancorato all’area geografica.

Mentre le reti puntano a bacini più ampi, dove diventa possibile conseguire livelli di specializzazione più elevati rispetto ai distretti. La crescita e lo sviluppo di reti trans- territoriali o trans- settoriali ha inoltre implicato il ridimensionamento di alcuni distretti produttivi locali. Non sempre la dottrina è stata capace di distinguere tra reti e

distretti funzionali ha creato contrasti con le normative regionali, portando alla promozione di questioni di legittimità costituzionale per iniziativa delle Regioni Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana. La Corte Costituzionale con sentenza n.165/2007 ha cercato di differenziare distretti territoriali da distretti funzionali.

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distretti, soprattutto nel caso di distretti funzionali in cui assume rilevanza l’efficienza dell’aggregazione di imprese che offrono beni e servizi in modo integrato grazie alla connessione tra le diverse attività.

5.C. I mercati del lavoro interni alle reti

Le imprese organizzate in forma reticolare o di gruppo, che si propongono di operare per obiettivi comuni sulla base di relazioni paritarie, pongono problemi diversi da quelli affrontati dai giuslavoristi di fronte ai processi di decentramento. La novità consiste nel fatto che per il perseguimento di obiettivi comuni, le imprese realizzano veri e propri mercati del lavoro interni alla rete. Nella gestione di tale mercato non ci si può limitare a riprodurre le modalità, legali e contrattuali, utilizzate per limitare i poteri dell’impresa fordista. Non possono neppure ritenersi sufficienti le regole genericamente applicabili ai rapporti di lavoro sul mercato perché nelle reti il mercato è influenzato dalle relazioni fra imprese.

A fronte di un cambiamento di contesto, sono mutate le esigenze di regolazione; è necessario <<non tanto o non solo ricorrere alle norme generali inderogabili che sono state utilizzate per regolare l’omogeneo mondo fordista, e neppure norme dirette, come è stato invocato, a correggere gli abusi dell’impresa decentrata. Si tratta invece di valorizzare le

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potenzialità della rete con norme promozionali utili ad arricchire i contenuti dei rapporti di lavoro96>>.

E ancora, non solo non ci si può limitare alla mera applicazione delle norme riguardanti l’impresa fordista, ma non si può neppure ritenere che le esigenze di regolazione delle reti coincidano con quelle dei gruppi societari. Mi pare di poter dire che certamente la codatorialità sarebbe idonea ad ottenere l’impiego congiunto del personale in modo flessibile, ma ne conseguirebbe un irrigidimento della gestione dei rapporti.

L’utilizzo del personale è chiaramente influenzato dalla strategia di rete e, in assenza di strette indicazioni legislative, sta agli attori sociali individuare e determinare le politiche di gestione del personale; in questo senso il luogo elettivo non può che essere rappresentato dalla contrattazione collettiva, che meglio può rispondere alle differenze che caratterizzano le singole realtà. Sarà in sede di contrattazione che saranno garantite le tutele classiche del lavoratore.

La creazione di rapporti di stabile collaborazione fra imprese assume certamente rilevanza nella qualificazione delle modalità di esercizio del potere di direzione e di organizzazione della prestazione lavorativa. È certamente una considerazione rilevante che dovrà confrontarsi con la facoltà che il legislatore ha recentemente riconosciuto alle

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T. TREU, Trasformazioni delle imprese: reti di imprese e regolazione del lavoro, in Mercato, Concorrenza e Regole, 2012, 1, p. 21.

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imprese che abbiano stipulato un contratto di rete di assumere congiuntamente i lavoratori da impiegare nella realizzazione del programma di rete97. Tralasciando momentaneamente il fenomeno di recente introduzione dell’assunzione congiunta, ci si deve chiedere se a fronte del coordinamento tra strutture che restano giuridicamente ed economicamente distinte, la condivisione della prestazione di lavoro alteri davvero la titolarità del rapporto. Non si può rispondere percorrendo la via proposta dalla dottrina in relazione all’ammissibilità dei rapporti pluridatoriali all’interno dei gruppi di società98.

Si vuole invece cercare di capire se si possa giustificare, nell’ambito della nozione di subordinazione, il fatto che il potere direttivo sia esercitato anche da un imprenditore terzo e quindi diverso dal datore formale, senza che ciò comporti l’imputazione congiunta del lavoratore. In altre parole: l’esercizio del potere direttivo da parte del terzo comporta di per sé l’integrazione di un’ipotesi di interposizione nelle prestazioni di lavoro o meglio, di somministrazione irregolare?

97 Sul punto ci soffermeremo più avanti, per il momento si rimanda a

Contratto di rete. Trasformazione del lavoro e reti di imprese (a cura di) T. TREU.

98 Riferimenti a tesi sopra esposte, ma per maggior chiarezza si pensi a

V. SPEZIALE, il datore di lavoro nell’impresa integrata, 2010, O. RAZZOLINI, Imprese di gruppo, interesse di gruppo e codatorialità nell’era della flexicurity, Rivista Giuridica del Lavoro, 2013, o ancora nella stessa Rivista M. G. GRECO, La ricerca del datore di lavoro nell’impresa di gruppo: la codatorialità al vaglio della giurisprudenza.

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Bisogna tornare sulla definizione di lavoratore subordinato per valutare se da essa vadano espunte tutte le ipotesi in cui la prestazione lavorativa venga resa a vantaggio di terzi imprenditori oppure se l’esercizio del potere direttivo da parte di un terzo trovi giustificazione nella relazione di subordinazione, senza necessariamente dar luogo ad un’ipotesi di somministrazione irregolare o all’imputazione del rapporto di lavoro a più datori99. Al contratto di lavoro è stata riconosciuta la funzione di contratto di organizzazione, ossia di un contratto tramite il quale il datore può organizzare lo svolgimento delle diverse prestazioni di lavoro, inserendole nell’organizzazione produttiva per il raggiungimento dell’obiettivo imprenditoriale.

Il datore di lavoro in quest’ottica è titolare del potere direttivo, mentre il lavoratore subordinato apporta utilità all’organizzazione produttiva, senza ovviamente farsi carico del rischio d’impresa, che rimane nell’esclusiva disponibilità del datore. Il lavoratore è dunque tenuto a rendere una prestazione oggetto di coordinazione da parte del datore; <<per questa via si è poi precisato che l’interesse che il datore di lavoro intende soddisfare con la stipulazione del contratto di lavoro è quella alla coordinabilità della prestazione lavorativa, ossia quello di poter disporre della prestazione offerta dal lavoratore per inserirla utilmente

99

I.ALVINO, Rete di imprese e subordinazione, consultabile su http://www.diprist.unimi.it/Reti_impresa/papers/7.pdf.

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nella propria organizzazione in vista della realizzazione dei suoi obiettivi produttivi. La prestazione di lavoro si caratterizza così per la sua idoneità ad integrarsi nella altrui organizzazione.100>>

Il lavoratore subordinato ha quindi l’obbligo di collaborare nell’impresa che è controbilanciato dal potere direttivo e di coordinabilità delle prestazioni di lavoro in capo al datore. Ne consegue che se l’attività di impresa, alla quale il lavoratore si è impegnato a collaborare con il contratto di lavoro, è stabilmente collegata sulla base di relazioni durature con altre organizzazioni produttive, la prestazione di lavoro potrà essere oggetto di parziale condivisione. L’esercizio del potere direttivo da parte del terzo non altera l’imputazione del rapporto di lavoro, del quale continua ad essere titolare il datore formale. Il profilo della coordinabilità che caratterizza la prestazione del lavoratore può assumere <<un significato più ricco101>> se letto nell’ambito delle reti di imprese.

Nella definizione di imprenditore desumibile ex art 2082 cod. civ. assume rilevanza determinante la considerazione della complessiva attività svolta dall’imprenditore; non si può quindi ignorare che l’impresa abbia instaurato relazioni stabili nella rete. Si finirebbe infatti per non tener conto del contesto all’interno del quale il lavoratore svolge la

100I.ALVINO, Rete di imprese e subordinazione, consultabile su

http://www.diprist.unimi.it/Reti_impresa/papers/7.pdf.

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prestazione lavorativa. Il requisito della coordinabilità della prestazione idoneamente inserita nell’organizzazione produttiva deve quindi essere letto alla luce della effettiva organizzazione dell’impresa. In quest’ottica, la collaborazione nell’impresa deve essere interpretata in funzione dei collegamenti tra le diverse società.

Nella rete la direzione della prestazione del lavoratore da parte di un terzo, trova la propria legittimazione nella stessa struttura del contratto di lavoro e dunque nel requisito della collaborazione nell’impresa che, nel caso di specie, risulta stabilmente collegata ad altre organizzazioni produttive. L’interpretazione della stessa nozione di rapporto subordinato ex art. 2094 cod. civ alla luce delle necessità di un’impresa inserita in rete non conduce alla qualificazione della fattispecie della somministrazione irregolare nel caso di esercizio del potere di direzione da parte di un terzo. L’interesse al coordinamento della prestazione lavorativa con l’organizzazione del terzo che esercita (non permanentemente) il potere direttivo costituisce, infatti, interesse dello stesso datore formale.

Una conferma della correttezza di tale impostazione può esser trovata nella nuova disciplina del distacco infra- rete102 (di cui si dirà a breve).

102 I.ALVINO, Rete di imprese e subordinazione, consultabile su

CAPITOLO 6: IL DISTACCO

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CAPITOLO 6: Il distacco.

Dalle origini della disciplina allo scambio di manodopera nel gruppo

Il distacco è un provvedimento attraverso il quale il datore di lavoro, per un proprio interesse e per un determinato periodo di tempo, pone a disposizione di un terzo soggetto un lavoratore, affinché quest’ultimo svolga la propria prestazione presso di lui. La titolarità del rapporto non muta e quindi il contratto di lavoro continua ad essere imputato al datore distaccante. La prassi del distacco è stata il terreno sul quale i giuristi hanno potuto osservare le prime forme di dissociazione tra il creditore della prestazione di lavoro e il