• Non ci sono risultati.

La Convenzione interamericana per la prevenzione e la punizione della tortura

Anche la regione americana si è dotata di una Convenzione settoriale in materia di tortura, che andasse a integrare la previsione di cui all’art. 5 della Convenzione americana dei diritti

dell’uomo: il 9 dicembre 1985, a Cartagena de las Indias (Colombia), l’Assemblea

dell’Organizzazione degli Stati Americani ha adottato la Convenzione interamericana per la

prevenzione e la punizione della tortura217.

Il documento contiene una chiara definizione della fattispecie all’art. 2 secondo cui: «ai fini della presente Convenzione, per tortura si intende ogni atto intenzionalmente posto in essere con cui si infligge un dolore o una sofferenza fisica o mentale». L’atto violento può essere finalizzato allo svolgimento di un’indagine penale ovvero essere un mezzo di intimidazione, un castigo personale, una misura preventiva, una pena, o essere inflitto per ogni altro scopo. «Per tortura si intende anche l’uso su una persona di metodi volti ad annullare la personalità della vittima o diminuire le sue capacità fisiche o mentali, anche senza causare un dolore fisico o angoscia psichica. La nozione di

214 È confermata l’estrema importanza del diritto a non subire tortura e maltrattamenti, che nel panorama internazionale è, come si è visto, solitamente compreso nel nucleo duro, inderogabile degli accordi.

215 C. DEFILIPPI – D. BOSI, Codice dei diritti umani, cit., p. 357.

216 F. VIGANÒ, L’arbitrio del non punire. Sugli obblighi di tutela penale dei diritti fondamentali, in Studi in

onore di Mario Romano, vol. IV, Jovene, Napoli, 2011, pp. 2 ss.

217 Il testo della Convenzione ricalca molto da vicino quello della Convenzione ONU dell’anno precedente, forse correggendone (in parte) alcuni degli aspetti più controversi.

64

tortura non comprende il dolore o la sofferenza fisica o mentale implicita o conseguenza esclusiva dell’applicazione di misure legali, a condizione che tali misure non comprendano la esecuzione degli atti o l’uso dei metodi di cui al presente articolo».

La Convenzione americana condanna come tortura anche l’applicazione di metodi tendenti ad annullare la personalità della vittima o a diminuire le sue capacità fisiche o mentali, anche se non causano dolore fisico o sofferenza psichica. Questa accurata previsione allarga l’ambito della tutela a moderne tecniche che, pur costituendo gravissimi maltrattamenti, non comportano la percezione di dolore.

Ratificando la Convenzione per la prevenzione e la punizione della tortura, gli Stati membri dell’OSA si sono impegnati a rispettare una serie di obblighi.

In primo luogo, essi hanno accettato il carattere assoluto del divieto di tortura218.

In secondo luogo, gli Stati americani si sono assunti l’obbligo generico di adottare «misure effettive per prevenire e sanzionare la tortura nell’ambito della propria giurisdizione» (art. 6, comma 1). È quindi necessario che essi rivedano i propri sistemi giuridici, in modo che le sfere legislativa, amministrativa e giudiziaria non contengano violazioni del divieto di tortura, prevengano la commissione di queste violazioni e, infine, provvedano a punire adeguatamente l’inflizione di tortura. In questo modo si configurano gli obblighi di prevenzione e incriminazione, il secondo dei quali è subito specificato nel secondo comma dell’art. 6, che pretende pene adeguate alla gravità del crimine.

In terzo luogo, l’art. 7 impone, con l’obiettivo di prevenzione, che sia data particolare enfasi al divieto di tortura nella formazione degli agenti di polizia e di tutti quegli agenti della funzione pubblica che sono responsabili della custodia di soggetti sottoposti a limitazioni della libertà individuale.

Ancora, gli Stati sono obbligati a rispettare un certo standard procedurale, nei casi in cui vi sia «un’accusa o un fondato motivo di credere che un atto di tortura sia stato commesso entro la propria giurisdizione». In queste circostanze, essi devono garantire che le loro autorità procedano adeguatamente e immediatamente a svolgere un’inchiesta sul caso e a dare inizio, se opportuno, a un corrispondente processo penale (art. 8).

Come la CAT, anche la Convenzione in esame vuole che la legge nazionale di ciascuno Stato parte preveda per le vittime di tortura una «adeguata riparazione» (art. 9); inoltre chiede la

218 Il ricorso alla tortura non può essere giustificato né dall’obbedienza a ordini di superiori (art. 4), né da circostanze eccezionali come «lo stato di guerra, una minaccia di guerra, lo stato d’assedio o di emergenza, rivolte o disordini interni, sospensione delle garanzie costituzionali, instabilità politica interna o altre emergenze pubbliche o disastri» (art. 5, comma 1), né dalla pericolosità del detenuto o dalla carenza di sicurezza dell’istituto penitenziario (art. 5, comma 2).

65

garanzia che eventuali dichiarazioni rilasciate in conseguenza dei maltrattamenti subiti non vengano utilizzate come prove in alcun procedimento, eccezion fatta per quel processo volto ad accertare la responsabilità dell’autore delle torture (art. 10).

Viene ribadito (nel testo degli artt. 11, 12, 13 e 14) il principio di diritto internazionale espresso dal brocardo aut dedere, aut judicare. Infatti, ogni Stato, «quando la tortura è stata commessa all’interno della sua giurisdizione» (art. 12), è chiamato, alternativamente, a estradare il sospettato verso lo Stato competente per territorio o nazionalità, oppure – quando ciò non sia opportuno o lo Stato sia esso stesso competente per territorio o nazionalità – ad adottare «le misure necessarie per affermare la propria giurisdizione sul reato» (art. 12).

Infine, l’estradizione degli autori del reato di tortura (come emerge dagli artt. 11 e 13, comma 1) è vietata quando vada a integrare una violazione indiretta dello stesso diritto a non subire tortura o di altri diritti di analoga importanza (art. 13, comma 2).

Nella Convenzione interamericana per la prevenzione e la punizione della tortura non esiste un articolo che estende genericamente tutti gli obblighi sanciti in materia di tortura anche ai maltrattamenti meno gravi, né esiste una definizione di questi comportamenti. Tuttavia, gli articoli 6 e 7, che pongono rispettivamente l’obbligo di prevenire e punire la tortura e l’obbligo di formare il personale penitenziario in tal senso, contengono entrambi, nel loro ultimo capoverso un’estensione di quegli obblighi anche in relazione ad «altri trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti».

In conclusione, è stato espresso un generico dovere degli Stati di prevenire e punire anche i maltrattamenti vietati che non arrivano, per gravità, a integrare la fattispecie di tortura. Ma la tutela prestata alle vittime di queste brutalità è una tutela debole, di grado minore: si consideri, infatti, che a questi avvenimenti non sono estesi obblighi, quali quelli di inchiesta, risarcimento della vittima e inutilizzabilità delle dichiarazioni rilasciate.

In sede di redazione della Convenzione interamericana in materia di tortura, non è stata prevista l’istituzione di un organo appositamente preposto al controllo della sua applicazione. La verifica del rispetto degli obblighi sanciti è stata affidata alle istituzioni dell’Organizzazione degli Stati Americani già esistenti, in particolare, alla Commissione interamericana per i diritti umani, istituita nel 1979 con Risoluzione dell’Assemblea generale dell’OSA.

4. La Carta africana sui diritti dell’uomo e dei popoli dell’Organizzazione dell’Unità Africana