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trattamento dei migranti collocati nell’hotspot di Lampedusa - 2. I centri di identificazione e di espulsione (c.i.e.) e C.P.R. - 2.1. Il Decreto Minniti-Orlando e i “nuovi” C.P.R. - 2.2. Il Decreto Salvini - 2.3. Il Garante nazionale sui c.i.e. - 2.4. Violazione dei diritti fondamentali e danno d’immagine degli enti locali - 3.

Memorandum Italia-Libia - 3.1. L’iter del migrante - 4. I migranti e l’Europa - 4.1. La situazione italiana -

4.2. Il Decreto “Sicurezza-bis” - 4.3. In particolare, sulla legittima difesa - 4.4. Le raccomandazioni del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa - 4.4.1. La definizione di “porto sicuro” - 4.4.2. Auspicabili politiche di cooperazione - 4.5. La vicenda della See Watch 3

1. Gli hotspot

Oltre alle persone ristrette della loro libertà, ulteriore categoria di soggetti ampiamente vulnerabili è rappresentata dai migranti.

Gli strumenti normativi tentano da sempre di risolvere le problematiche connesse al fenomeno migratorio. Ciò avviene dal punto di vista sia quantitativo, sia qualitativo: l’attualità dimostra quale sia lo sforzo che viene richiesto al diritto, nonché ai suoi attori istituzionali, per assicurare anche in condizioni di emergenza il fisiologico svolgimento della sua funzione tipica, cioè la gestione dei fenomeni sociali, in un ambito di effettiva applicazione delle garanzie costituzionali, sia in senso istituzionale sia di tutela dei diritti fondamentali623.

L’esigenza di prevedere un metodo specifico di gestione degli arrivi di migranti in Europa, rivolta principalmente ai canali di accesso rappresentati da Italia e Grecia624, viene espressa per la

prima volta all’interno della Comunicazione della Commissione avente a oggetto l’Agenda europea

sulla migrazione625.

Per fronteggiare il problema del fenomeno migratorio che ha interessato l’Europa, e soprattutto i Paesi del Mediterraneo, la Commissione europea, con la Comunicazione del settembre 2015626, ha indicato alcune misure operative che prevedono, da una parte, il meccanismo fondato

623 Sul concetto di emergenza applicato al fenomeno migratorio, si rinvia a S. PENASA, Quando l’eccezione

diventa regola(rità): garanzie costituzionali negli spazi di restrizione della libertà personale. Carceri e CIE, S. BONINI, L. BUSATTA, I. MARCHI (a cura di), L’eccezione del diritto. Atti della giornata di studio (Trento, 31 ottobre 2013), Trento, 2015, pp. 141-168.

624 Secondo i dati forniti dall’UNHCR in materia di flussi migratori, gli arrivi via mare nel 2015 sono stati stimati in 1.015.078 persone, diminuiti a 316.712 nel 2016 (http://data.unhcr.org/mediterranean/regional.php#_ga=1.171726693.475366661.1485267876).

625 F. CASOLARI, The EU’s Hotspot Approach to Managing the Migration Crisis: A Blind Spot for International

Responsibility?, in The Italian Yearbook of International Law, vol. 25, 2016, pp. 109- 134.

626 Commissione europea, Bruxelles, 23 settembre 2015, COM (2015) 490 final, Comunicazione della

Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio, Gestire la crisi dei rifugiati: misure operative, finanziarie e giuridiche immediate nel quadro dell’agenda europea sulla migrazione. Si veda

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sulla solidarietà tra gli Stati del ricollocamento delle persone bisognose di protezione internazionale627 e, dall’altra, la creazione di squadre di sostegno per la gestione della migrazione nei “punti di crisi”, cioè gli hotspot628.

La Comunicazione si limita a descrivere le modalità con le quali questo sistema deve essere attuato. Nello specifico, si prescrive che il personale distaccato dalle agenzie dell’UE – Frontex629,

l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo-EASO ed Europol – presente nei porti in cui l’arrivo dei migranti è considerevole, offra il proprio supporto operativo, in conformità alle funzioni di ciascuno, al fine di procedere allo screening sanitario, alla pre-identificazione, alla registrazione, al foto-segnalamento e ai rilievi dattiloscopici dei migranti entro il termine di 48 ore dal loro arrivo630.

Queste operazioni sono di particolare importanza in quanto consentono di differenziare le diverse categorie di migranti: processo che incide sulla sorte di queste persone. All’esito delle descritte procedure, infatti, i richiedenti asilo saranno trasferiti nei regional hubs presenti sul territorio nazionale per la formalizzazione della domanda di asilo con l’assistenza dell’EASO. I migranti irregolari e non richiedenti protezione internazionale saranno, invece, trasferiti nei Centri di identificazione ed espulsione (c.i.e.) – oggi denominati “Centri di permanenza per i rimpatri” (C.P.R.) – 631, per poi essere rimpatriati, con la collaborazione di Frontex, attraverso il ritorno in patria volontario assistito (art. 13, comma 5, D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286), se sono disponibili a collaborare, o il rientro forzato, mediante il provvedimento di cui all’art. 10, commi 1 e 2, o 13, comma 2, D.lgs. n. 286/1998632.

Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio, Gestire la crisi dei rifugiati: stato di attuazione delle azioni prioritarie intraprese nel quadro dell’agenda europea sulla migrazione, p. 3 ss.

627 La base giuridica è rintracciabile nell’art. 78 par. 3 TFUE.

628 Questi sono stati individuati in Sicilia (dove, allo stato sono operativi quelli di Lampedusa, Trapani e Pozzallo), in Puglia, segnatamente a Taranto, e in Grecia.

629 Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne dell’UE, costituita con Regolamento (CE) n. 2007/2004 del 26 ottobre 2004.

630 La media dalla data di attivazione è infatti di 15 giorni a Lampedusa, 5,5 a Trapani, 2,5 a Pozzallo e 10 a Taranto. Tempi di permanenza che in alcuni casi si allungano ulteriormente per quanto riguarda i minori non accompagnati: se la permanenza è la stessa a Lampedusa, 15 giorni anche per i minori, e di poco inferiore a Trapani (5 giorni), aumenta a Pozzallo, dove mediamente sono trattenuti due settimane in più rispetto agli adulti (17,5 giorni) e a Taranto (13 giorni).

631 I c.i.e. (Centri di Identificazione ed Espulsione) sono stati rinominati dal decreto legge 17 febbraio 2017 n. 13, C.P.R. (Centri di Permanenza per i Rimpatri).

632 Nel Rapporto di Amnesty International, Hotspot Italia, Come le politiche dell’Unione europea portano a

violazioni dei diritti di rifugiati e migranti, 2016, p. 42, si afferma che le autorità italiane hanno fatto ricorso,

principalmente, a due tipologie di provvedimenti: i decreti di respingimento differito con ordine di allontanarsi dal territorio nazionale entro sette giorni; i provvedimenti di espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera da parte delle forze di polizia. In questo contesto di migrazioni “miste”, Europol ed Eurojust devono assistere lo Stato membro ospitante affinché assuma le informazioni utili nelle indagini contro le reti della tratta e del traffico di migranti. Il coordinamento del lavoro dei diversi esperti coinvolti nell’approccio hotspot, lo scambio di informazioni e la messa in atto di azioni coordinate dal momento dello sbarco fino alla canalizzazione di queste persone attraverso la procedura di asilo o di rientro, spetta alla Task Force regionale dell’UE (EURTF), con sede a Catania.

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Questo sistema sembra essere funzionale, in particolare, al perseguimento di due dei “pilastri” dell’Agenda europea: «ridurre gli incentivi alla migrazione irregolare»633, anche

attraverso l’aumento del tasso di esecuzione delle decisioni di rimpatrio, che si attesta su percentuali esigue e che rappresenta – secondo la Commissione – uno degli incentivi all’immigrazione irregolare; e «una politica comune di asilo forte»634, che richiede una maggiore condivisione delle responsabilità tra Stati membri, in particolare mediante, da un lato, il rispetto dell’obbligo di identificazione dei migranti da parte degli Stati di primo ingresso (Italia e Grecia, in primis) e, dall’altro lato, attraverso l’attivazione di un meccanismo di ricollocazione delle persone richiedenti asilo o protezione tra gli Stati membri, sulla base del principio di solidarietà635.

Successivamente, le istituzioni europee hanno cercato di dotare di una copertura normativa questo meccanismo di gestione dei flussi migratori, il quale si inserisce evidentemente all’interno del quadro giuridico europeo esistente in materia di immigrazione. In particolare, pur senza fare espresso riferimento al metodo hotspot, la Decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia, ha definito il quadro normativo all’interno del quale tale procedura può essere attivata.

Da un lato, la base legale viene individuata nell’art. 78, comma 3, del Trattato sul

funzionamento dell’Unione Europea, nel quale si prevede che qualora uno o più Stati membri

debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati636; dall’altro lato, viene in rilievo l’art. 80 del medesimo Trattato, secondo cui le politiche dell’Unione relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione e la loro attuazione devono essere governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra Stati membri637.

633 Agenda europea sulla migrazione, cit., p. 8. 634 Ibidem, p. 13.

635 C. FAVILLI, L’Unione europea e la difficile attuazione del principio di solidarietà nella gestione

dell’«emergenza» immigrazione, in Quaderni costituzionali, n. 3, 2015, pp. 785-788; G. MORGESE, Solidarietà e

ripartizione degli oneri in materia di asilo nell’Unione europea, in G. CAGGIANO (a cura di), I percorsi giuridici per

l’integrazione, Giappichelli Editore, Torino, 2014, pp. 366 ss.

636 Il regolamento Eurodac n. 603/2013, del 26 giugno 2013 riguarda il rilevamento delle impronte digitali dei richiedenti protezione internazionale (art. 9), delle persone fermate durante l’attraversamento irregolare delle frontiere esterne (art. 14) e dei cittadini di paesi terzi illegalmente soggiornanti nel territorio dello Stato (art. 17), di età superiore ai 14 anni e la successiva trasmissione dei dati al sistema centrale dell’Eurodac entro le 72 ore. Nel dicembre 2015 è stata avviata, da parte della Commissione europea, una procedura d’infrazione contro l’Italia per la mancata applicazione del regolamento: si veda Commissione europea, comunicato stampa, 10 dicembre 2015, Attuazione del sistema europeo comune di asilo.

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Successivamente, una Comunicazione della Commissione europea del 29 settembre 2015 ha previsto l’istituzione di Migration Management Support Teams, costituiti da agenti delle diverse agenzie europee coinvolte e chiamati a svolgere le attività previste dalla Decisione all’interno delle aree hotspot in cooperazione e coordinamento con le autorità nazionali638.

Pertanto, l’hotspot pare debba intendersi quale metodo di coordinamento e cooperazione tra agenzie europee e autorità nazionali, che può essere attivato su richiesta degli Stati colpiti da una eccezionale pressione di flussi migratori ed è finalizzato a una gestione più adeguata ed efficiente dei medesimi639.

Tuttavia, occorre chiarire che recentemente la lacuna normativa in materia sembra essere stata, anche se non completamente640, colmata dall’approvazione del Regolamento (EU) 2016/21624 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla guardia di frontiera e costiera europea, del 14 settembre 2016, nel quale si prevede che i rinforzi tecnici e operativi assicurati dalle agenzie europee agli Stati membri in caso di «sfide migratorie specifiche e sproporzionate caratterizzate dall’arrivo di ampli flussi migratori misti», devono essere forniti «nei punti di crisi (hotspot) dalle squadre di sostegno per la gestione della migrazione»641, alle quali fa riferimento la

citata Comunicazione della Commissione.

Il regolamento prevede anche una definizione di hotspot, il quale viene identificato nei termini di «una zona in cui lo Stato membro ospitante, la Commissione, le agenzie dell’Unione competenti e gli Stati membri partecipanti cooperano allo scopo di gestire una sfida migratoria sproporzionata, reale o potenziale, caratterizzata da un aumento significativo del numero di migranti in arrivo alla frontiera esterna»642.

A livello nazionale, il principale atto nel quale è stato predisposto il quadro relativo all’attuazione del metodo hotspot è rappresentato dalla Roadmap del 28 settembre 2015 redatta dal Ministero dell’Interno, nonché, più di recente, dalle Procedure Operative Standard (SOP) stilate dal medesimo organo, nel marzo 2016643.

Come si può evincere dalla breve ricostruzione delle fonti normative regolatrici della materia de qua, il maggiore profilo problematico del sistema hotspot è legato, principalmente, alla

638 Sul punto si vedano le critiche espresse dall’European Council on Refugees and Exiles (ECRE), Comments

on European Commission Staff Working Document “on Implementation of the Eurodac Regulation as regards the obligation to take fingerprints”, giugno 2015, p. 4 ss.

639 Circolare n. 400/A/2014/1.308, 25 settembre 2014, a firma del dott. A. Marangoni: «in ogni caso la polizia procederà all’acquisizione delle foto e delle impronte digitali, anche con l’uso della forza se necessario».

640 M. SAVINO, La crisi dei confini, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc. 3, 2016, pp. 739 ss. 641 Ministero dell’Interno, Roadmap Italiana, 28 settembre 2015.

642 Regolamento (EU) 2016/21624.

643 Procedure operative standard (SOP) applicabili agli hotspot italiani, redatte dal Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione e Dipartimento della Pubblica Sicurezza, marzo 2016.

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mancanza di una puntuale disciplina normativa. La materia è regolata, infatti, soprattutto da fonti europee di soft law e da circolari del Ministero dell’Interno e ciò comporta delle ricadute negative in termini di violazioni di diritti fondamentali riconosciuti a livello sia nazionale sia sovranazionale, denunciate in diversi documenti644. Ed inoltre, non pare che la scarna normativa recentemente introdotta sia sufficiente, come si dirà meglio nel prosieguo, a fornire nessuna tutela.

Ai fini della disamina dei profili di criticità del sistema, è necessario innanzi tutto soffermarsi sulle procedure che devono essere avviate dagli operatori presenti sui luoghi.

All’arrivo dei migranti, la prima operazione da compiere dopo lo screening sanitario è la pre-identificazione da parte dei funzionari dell’ufficio immigrazione, unitamente ai funzionari di

Frontex, «con accertamento di eventuali vulnerabilità»645: i migranti devono compilare il foglio- notizie, contenente generalità, foto, informazioni di base in relazione alla provenienza, ai motivi dell’arrivo in Italia e l’eventuale volontà di richiedere la protezione internazionale.

Successivamente avviene l’identificazione attraverso il rilevamento delle impronte digitali: il soggetto dovrebbe essere informato, oralmente o per iscritto, dello scopo del rilevamento, dei destinatari dei dati, del diritto d’accesso ai dati che lo riguardano (art. 29 “Regolamento Eurodac”) in un linguaggio comprensibile.

Per quanto concerne le procedure di rilevamento delle impronte, il “Regolamento Eurodac” rimanda alle «prassi nazionali dello Stato membro interessato», ma dispone in ogni caso che questo debba avvenire «in conformità delle salvaguardie previste dalla Carta dei dritti fondamentali

dell’Unione europea, dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo» (art. 3).

La mancata registrazione delle impronte pone problemi relativamente al funzionamento del “sistema Dublino”; tanto più che la registrazione in Eurodac è una pre-condizione per attivare la procedura del ricollocamento in un altro Stato membro.

Possono ipotizzarsi diversi scenari: se il soggetto non richiedente asilo rifiuta il rilevamento delle impronte, può essere considerato da parte degli Stati membri come un migrante irregolare. In conseguenza, dopo avere escluso la possibilità di applicare misure coercitive meno gravi rispetto alla detenzione, gli Stati possono ricorrere a quest’ultima in conformità all’art. 15 della Direttiva 2008/115/CE, nota come Direttiva “rimpatri”.

644 Tra i quali il Rapporto sui centri di identificazione ed espulsione in Italia, redatto dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica, per quanto riguarda l’hotspot di Lampedusa. Da ultimo, è da segnalare il rapporto presentato da Amnesty International, cit., nel quale si riportano testimonianze di migranti che riferiscono dell’uso di manganelli, anche elettrici, di pestaggi, di forme di umiliazione sessuale e inflizione di dolori ai genitali, del diniego di cibo e acqua, a fronte del rifiuto opposto alle forze di polizia di rilevare le impronte digitali.

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Se, invece, il migrante ha richiesto l’asilo e rifiuta il rilevamento delle impronte, gli Stati possono detenerlo «al fine di verificare la sua identità o nazionalità»646, sulla base dell’art. 7 della Direttiva 2003/9/CE (Direttiva “accoglienza”), ovvero dell’art. 8 lett. a) della Direttiva 2013/33/UE, (Direttiva “rifusione”).

Se lo Stato membro prevede la possibilità di una procedura accelerata, può informare il richiedente asilo che, sulla base dell’art. 23 lett. m) della Direttiva 2005/85/CE, ovvero dell’art. 31 lett. i) della Direttiva 2013/33/UE, la richiesta di protezione internazionale, a fronte del rifiuto di fornire le impronte, può essere soggetta a una procedura accelerata, con quanto ne segue in termini di riduzione delle garanzie.

In alternativa, sempre secondo il testo della Commissione, gli Stati membri potrebbero ricorrere, in ossequio al principio di proporzionalità, alla forza fisica come misura di ultima istanza. Ciò deve avvenire nel rispetto della dignità e dell’integrità psichica del soggetto647.

Invero, all’interno degli hotspot viene spesso utilizzata la forza per procedere all’identificazione dei migranti che non collaborano, sia pure come extrema ratio648. La coazione649,

intesa come violenza fisica o psichica per superare una resistenza, incide senza dubbio alcuno sulla sfera della libertà personale degli individui – tutelata, in primis, negli artt. 13 della Carta Costituzionale e 3 Cedu – e, in quanto tale, richiede una base giuridica legale.

Ciò tuttavia non accade; come si è detto, la materia è regolata perlopiù da fonti amministrative secondarie, quali sono le circolari e le prassi operative, che rimandano a una valutazione di necessità nell’uso della forza ascrivibile, unicamente, alla discrezione del funzionario di polizia che opera in quel contesto650.

646 Sul punto si vedano le critiche espresse dall’European Council on Refugees and Exiles (ECRE), Comments

on European Commission Staff Working Document “on Implementation of the Eurodac Regulation as regards the obligation to take fingerprints”, giugno 2015, p. 4 ss.

647 In ogni caso, gli Stati membri possono escludere il ricorso alla coazione per alcune categorie di soggetti, come i minori e le donne incinte. Al riguardo va, comunque, ricordato che il Regolamento Eurodac non consente il rilevamento delle impronte ai minori di anni 14 e il considerando n. 35 fa un espresso riferimento all’«interesse superiore dei minori come considerazione preminente per gli Stati membri in sede di attuazione del presente regolamento».

648 Camera dei Deputati, XVI legislatura, Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione, seduta n. 36, 13 gennaio 2016; si veda da ultimo, Amnesty International, Hotspot Italia, cit., p. 16 ss.

649 Secondo il Report dell’European Migration Network (EMN), Ad-Hoc Query on EURODAC Fingerprinting, 2014, realizzato su 26 Stati Membri, quindici Stati proibiscono il ricorso alla forza fisica per rilevare le impronte digitali (Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Romania, Slovenia e Svezia). L’uso della forza per tutte le categorie Eurodac è consentito in Austria, Repubblica Ceca, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Slovacchia, Regno Unito e Norvegia, mentre Estonia e Grecia lo consentono con riguardo alle persone entrate irregolarmente nel territorio dello Stato e non per i richiedenti asilo.

650 La Relazione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Camera dei Deputati, Assemblea Seduta di martedì 16 maggio 2017, disponibile su www.interno.gov.it. sottolinea evidenti criticità infatti, «la natura giuridica degli hotspot resta non chiara, indefinita. Essi risultano in una sorta di

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Il legislatore nazionale ha disciplinato una sola ipotesi in cui le forze di polizia sono autorizzate a procedere in modo coattivo ma, tra queste, non rientra quella oggetto di esame. In particolare, l’art. 349, comma 2 bis, c.p.p. consente, esclusivamente nei confronti di una persona sottoposta a indagini preliminari, il prelievo coattivo di capelli o saliva, comunque nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione del pubblico ministero651, ravvisandosi una duplice riserva: di legge e di giurisdizione.

In una pronuncia, la Consulta652, chiamata ad occuparsi degli accertamenti corporali, nell’escludere la legittimità costituzionale dei rilievi segnaletici che comportino ispezione personale, rinviava al legislatore, al quale spetta, «avendo di mira, nel rispetto della Costituzione, la tutela della libertà dei singoli e la tutela della sicurezza dei singoli e della collettività, formulare un precetto chiaro e completo che indichi, da una parte, i poteri che, in materia di rilievi segnaletici, gli organi della polizia di sicurezza possano esercitare perché al di fuori dell’applicazione dell’art. 13 della Costituzione e, dall’altra, i casi ed i modi nei quali i rilievi segnaletici, che importino ispezione personale, ai sensi dello stesso articolo, possano essere compiuti a norma del secondo e del terzo comma del medesimo art. 13». Se, pertanto, il legislatore è sovrano, trattandosi di materia coperta da riserva di legge, allo stato dell’attuale quadro normativo, l’uso da parte della polizia della forza fisica per costringere un migrante a sottoporsi ai rilievi foto-dattiloscopici, dovrebbe considerarsi illegittimo e penalmente rilevante.

Il trattenimento all’interno degli hotspot sembra poi configurare una “detenzione mascherata”.

La mancata identificazione dei migranti a causa del rifiuto opposto o dell’impossibilità oggettiva, a fronte di situazioni di autolesionismo ovvero di sbarchi di massa, di completare la

“limbo” giuridico, come struttura intermedia tra Centri di prima accoglienza e Centri di identificazione ed espulsione. Il trattenimento negli hotspot, le modalità, la durata non sono sottoposti al vaglio dell’Autorità giudiziaria, nonostante si tratti di una misura che incide sulla libertà personale dell’individuo e che pertanto andrebbe adottata nel rispetto