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La cooperazione tra giudice nazionale e il giudice europeo:

3 L’efficacia delle sentenze della Corte europea dei diritt

4.1 La cooperazione tra giudice nazionale e il giudice europeo:

di giustizia

246 I vari istituti saranno trattati nei paragrafi seguenti. In realtà i Trattati

prevedono anche il cd ricorso per annullamento, che però non è oggetto di tale lavoro di ricerca non interessando il tema dei rimedi contro il giudicato nazionale in contrasto con il diritto dell’UE.

247 V. cap. II, par. 3 ss.; l’obbligo di conformarsi consiste 1)nel pagamento di

un’equa soddisfazione-, 2) l’adozione di misure generali; 3) l’adozione di misure individuali.

140 Il rinvio pregiudiziale è disciplinato all’articolo 267 TFUE che affida la competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale alla Corte di giustizia quando si tratti; a) dell’interpretazione dei Trattati; b) della validità e dell’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione.

L’obiettivo di tale istituto è quello di garantire l’uniforme applicazione del diritto dell’UE, che è anche la finalità di altri tipi di ricorsi previsti dai Trattati.

La necessità di prevedere tale strumento nasce dalla constatazione delle problematiche connaturate all’ordinamento dell’Unione europea cosi come posto in essere e, specificamente, dal fatto che la tutela dei diritti di origine UE è affidata ai giudici nazionali, che in questo senso assumono la funzione di giudici comuni dell’Unione europea. Essi sono i primi soggetti che si trovano ad interpretare e applicare le norme europee direttamente (se si tratta di fonti europee di applicazione diretta) o indirettamente tramite la mediazione della legge interna che le recepisce (v. direttive).

Il problema si pone data la quantità dei giudici, peraltro appartenenti anche a Stati diversi, che si trovano dinanzi all’applicazione di disposizioni dell’UE. È naturale che in tale contesto cresce la possibilità di interpretazioni difformi, che l’organo europeo della nomofilachia è tenuto a uniformare attraverso lo strumento della sentenza pregiudiziale.

In realtà questo non è il solo risultato ottenibile. Invero, se ne possono annoverare degli altri a cui il rinvio pregiudiziale può essere utile:

• Chiarire alcuni principi cardine dell’integrazione europea; non è un caso che principi, come quelli del primato del diritto dell’UE, dell’effetto diretto delle norme UE, della

141 responsabilità dello stato per violazione del diritto UE, siano stati affermati a seguito del rinvio pregiudiziale; • Accrescere la tutela giuridica dei singoli nei confronti degli

Stati membri; ciò non solo mediante l’affermazione della responsabilità dello Stato, ma anche ricorrendo a quello che viene definito un “uso alternativo” del rinvio pregiudiziale, intendendo come tale quello che ha permesso alla Corte di giustizia di esprimersi sulla compatibilità delle norme interne con quelle dell’UE248.

Va colto anche un altro aspetto che caratterizza il rinvio pregiudiziale, che è quello della sua funzione preventiva in relazione alla violazione del diritto dell’Unione europea. Tale istituto infatti è azionabile dal giudice interno prima che si formi il giudicato, trattandosi di un ricorso incidentale: il rinvio pregiudiziale può essere proposto dal giudice nazionale che nell’ambito di una controversia interna ritenga opportuno sollevare una questione interpretativa necessaria ai fini della sua decisione. Se correttamente utilizzato dunque il ricorso pregiudiziale alla Corte di giustizia può prevenire la violazione del diritto dell’unione europea e di conseguenza evitare il potenziale contrasto tra il giudicato nazionale e il diritto dell’UE.

L’istituto in parola risulta essere facoltativo nella maggior parte dei casi. Solo il giudice di ultima istanza ha l’obbligo di ricorrere alla Corte di Giustizia. Sta, quindi, all’organo giudicante interno dinanzi al quale pende il processo la decisione di promuovere il giudizio in

248 Si fa riferimento ai noti casi in cui la Corte di giustizia ha usato formule del

tipo “la disposizione x del Trattato (o del regolamento o della direttiva) osta ad una disposizione di legge nazionale che preveda...”.

142 sede europea, il quale può inoltrare la richiesta di pronuncia pregiudiziale a prescindere dalla domanda di parte in tal senso.

Nonostante questa libertà la Corte ha pubblicato delle Note

informative riguardanti le domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionale e in seguito delle Raccomandazioni per portare

all’attenzione dei giudici nazionali alcuni aspetti relativi alla presentazione della domanda di pronuncia pregiudiziale249.

Ciò che di queste ultime qui interessa sottolineare è la specifica funzione che i giudici attribuiscono al procedimento pregiudiziale. In particolare, essi definiscono lo definiscono un meccanismo basato sulla “cooperazione” tra la Corte e i giudici nazionali. Sostanzialmente si viene a creare un panorama di dialogo in cui organi nazionali e sovranazionali, nel rispetto delle loro prerogative, contribuiscono a costruire i diritti all’interno dell’Unione europea250.

In quest’ottica di cooperazione appare verosimile leggere la possibilità della Corte di Giustizia di richiedere dei chiarimenti al giudice azionale remittente251.

Quanto all’efficacia della sentenza pregiudiziale essa gode sicuramente di quella endoprocessuale, nel senso che il giudice a quo è vincolato da essa. Qualora non si rispetti il vincolo si potrà incorrere in una procedura di infrazione.

Per quanto riguarda invece l’efficacia extraprocessuale, ossia nei confronti dei giudici diversi rispetto a quello che ha inoltrato la richiesta all’organo giurisdizionale europeo vi sono opinioni discordanti. A prescindere da queste è va sottolineato che qualsiasi

249 La prima nota informativa fu pubblicata sulla GUCE 11.6.2005 C-143/1, alla quale

è seguita altra Nota pubblicata sulla GUCE del 5 dicembre 2009, C-297.La nota aggiornata si trova in GUCE del 25 maggio 2011 C-160/1. Per quanto riguarda le Raccomandazioni v. In GUCE 6.11.2012 C-338 1 ss.

250 R. Conti, op. cit..

143 giudice può richiedere un nuovo intervento della Corte del Lussemburgo sulla questione oggetto di precedente sentenza pregiudiziale qualora ritenga poco chiara o non esaustiva l’esito del precedente rinvio pregiudiziale, chiedendo, rispettivamente, una pronuncia esplicita oppure una nuova decisione pregiudiziale252.

Nonostante la previsione di questa possibilità però non sono mancate occasioni in cui il diritto dell’UE non è stato correttamente applicato dal giudice nazionale poiché egli non ha proposto la questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.

Al fine di prevenire il contrasto tra il principio dell’intangibilità del giudicato e il diritto dell’Unione sarebbe auspicabile una maggiore collaborazione tra l’organo europeo e l’organo interno.

4.2 (segue): b) il rinvio pregiudiziale alla Corte

europea dei diritti dell’uomo

Con il protocollo n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 2 agosto 2013 le Alte Parti contraenti hanno inteso prevedere un meccanismo simile, ma non uguale, a quello del rinvio pregiudiziale di cui nel diritto dei Trattati dell’UE. La differenza principale tra i due strumenti di rinvio alla Corte europea sta nella vincolatività delle pronunce emesse dalla Corte di giustizia dell’Unione europea diversamente da quelle rese in base al Protocollo in esame dalla Corte EDU253. E, in effetti,

esso consiste nella richiesta di un parere consultivo alla Corte di Strasburgo che ha ad oggetto “questioni di principio relative

252 R. Conti, op. cit.

144

all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli”254.

Il soggetto legittimato a chiedere il parere della Corte EDU è l’organo giurisdizionale dinanzi al è pendente la causa.

La richiesta viene previamente valutata da un collegio di 5 giudici della Grande Camera che decide se accoglierla o rigettarla. Nel primo caso si svolge un procedimento dinanzi alla Grande Camera al quale partecipa anche l’autorità remittente (o chi per lei) al termine del quale verrà reso il parere consultivo.

È evidente che non si tratta né di uno strumento obbligatorio né tantomeno vincolante, ma nell’ottica di un rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali esso potrebbe aprire uno spiraglio per una maggiore interazione tra le Corti nazionali e la Corte europea sovranazionale.

Tale scopo è di fatto menzionato nel Preambolo al Protocollo n. 16255.

La conseguenza dell’utilizzo di tale strumento potrebbe essere quella di prevenire le potenziali violazioni della Convenzione a vantaggio chiaramente dei titolari dei diritti fondamentali.

Ciò detto, va però precisato che il Protocollo in questione entrerà in vigore a partire dal primo agosto 2018. Dopo la sua firma infatti esso doveva essere ratificato dai un minimo di dieci Stati contraenti, numero che è stato raggiunto solo ad aprile 2018.

254 Art.1 del protocollo n. 16.

255 Paragrafo 3 del preambolo al protocollo n. 16: “considerando che

l’estensione della competenza della Corte a emettere pareri consultivi permetterà alla Corte di interagire maggiormente con le autorità nazionali consolidando in tal modo l’attuazione della Convenzione, conformemente al principio di sussidiarietà”.

145 Si segnala che, ad oggi, l’Italia non ha ancora depositato lo strumento di ratifica.

Attualmente i Paesi depositanti sono Albania, Armenia, Estonia, Finlandia, Georgia, Lituania, San Marino, Slovenia, Ucraina e, da ultimo, la Francia.

4.3 La responsabilità dello stato membro per fatto