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3 L’efficacia delle sentenze della Corte europea dei diritt

4.4 Il ricorso per inadempimento

Oltre alla responsabilità extracontrattuale dello Stato per violazione del diritto dell’Unione europea imputabile ai giudici di ultima istanza, la parte che intenda far valere i suoi diritti derivanti dagli obblighi UE assunti dallo Stato membro può fare affidamento

273 Legge n.18 del 27 febbraio del 2015.

274 Questo era uno degli aspetti di inidoneità della vecchia disciplina. V. Bifulco,

152 al ricorso per inadempimento, più comunemente chiamato ricorso per infrazione, disciplinato dagli articoli 258 e 259 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

La procedura di infrazione può essere avviata da uno degli Stati membri o dalla Commissione quando lo Stato membro mediante azione o omissione ponga in essere una violazione del diritto dell’UE. Nonostante il contenzioso dinanzi alla Corte di giustizia deve essere promosso da detti soggetti, vi è uno spazio in cui i privati possono inserirsi per incentivare l’avvio della procedura. Ciò poiché il singolo può denunciare la violazione delle disposizioni europee alla Commissione, che successivamente deciderà se intervenire nei confronti dello Stato “denunciato”.

La violazione fondante il ricorso per infrazione potrebbe anche essere posta in essere dall’autorità giudiziaria nazionale mediante la sua decisione non più modificabile. Inoltre, ai fini di richiedere l’accertamento dell’inadempimento dello Stato alla Corte del Lussemburgo non è richiesta la realizzazione di eventuali danni, né tantomeno che la violazione sia “grave e manifesta”, di guisa che la singola sentenza passata in giudicato resa dal giudice nazionale, non necessariamente di ultima istanza, in contrasto con il diritto comunitario potrà fondare il ricorso alla Corte di Giustizia senza che la parte dimostri l’esistenza del danno. Questa è una differenza con il rimedio della responsabilità contrattuale. Vi è però un’analogia tra i due istituti che riguarda l’eccezionalità dei casi in cui è possibile procedere. Se così non fosse ne risulterebbe condizionata l’attività dei giudici nazionali.

La conseguenza derivante dall’accertamento dell’infrazione comporta il divieto di applicare la norma in contrasto con la disposizione europea. Se la violazione consiste in una interpretazione non conforme al diritto dell’Unione europea, invece, essa dovrà essere modificata dal giudice interno.

153 Resta da chiedersi se l’infrazione determinata dal giudice tramite la sentenza non più impugnabile comporti la riapertura del processo da cui essa è scaturita, dato che il fine ultimo perseguito dalla previsione di tale meccanismo è quello di eliminare effettivamente l’inadempimento. In linea di principio275 ciò

potrebbe essere ammesso solo qualora l’ordinamento interno preveda dei meccanismi ad hoc. In effetti, la Corte di giustizia ha dichiarato inadempiente la Repubblica slovacca per non aver provveduto a recupero dell’aiuto di stato nonostante l’esistenza di uno strumento processuale interno idoneo allo scopo276.

5 Conclusione

Le considerazioni fin qui delineate portano ad alcune conclusioni. In primo luogo, è emerso che non vi sono degli strumenti ad hoc all’interno dell’ordinamento italiano che permettano di ritornare sull’accertamento che successivamente venga dichiarato in contrasto con il diritto dell’Unione europea o con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In questo senso non vi sono ripercussioni sul principio dell’autorità di cosa giudicata di cui all’articolo 2909 c. c.

In secondo luogo, si è mostrato come alcuni degli Stati contraenti hanno adattato la loro disciplina interna agli obblighi derivanti dalla CEDU, offrendo dei rimedi alla parte in grado di intervenire sulle violazioni per cui il Comitato dei Ministri aveva rilevato l’esigenza di apportare una modifica ai sistemi processuali civili nazionali al

275 Sentenze khune e heitz, cit., ma anche Kempter, cit.

276 Nel caso di specie l’ordinamento slovacco prevedeva il ricorso speciale del

154 fine di garantire una tutela effettiva dei diritti convenzionali dei singoli. Nel complesso, gli interventi sono stati posti in essere dal legislatore che ha inserito un nuovo motivo di revocazione nel caso di una sopravvenuta sentenza della Corte di Strasburgo. Va osservato che la tutela offerta dagli altri stati non è una tutela tout court, ma limitata sotto certi aspetti: temporali, in base alla previsione di termini entro cui richiedere la riapertura del processo; soggettivi, nel senso che la legittimazione a impugnare spetterebbe solo ai ricorrenti a Strasburgo, non anche a coloro che pur nutrendo un interesse analogo, non abbiano richiesto l’intervento della Corte EDU. Traendo spunto dagli altri ordinamenti anche il nostro legislatore potrebbe pensare di intervenire riformando l’articolo 395 del codice di procedura nel senso di aggiungere un nuovo comma. Qualora si andasse verso tale direzione bisognerebbe tenere in considerazione anche le indicazioni contenute nella sentenza n. 123 del 2017 della Corte Costituzionale.

Un simile soluzione potrebbe essere individuata anche per le violazioni del diritto dell’UE, dato che anche nell’ambito dell’ordinamento UE vige la Carta europea dei diritti fondamentali, che tutela posizioni giuridiche equivalenti a quelle nascenti dalla CEDU.

Se la normativa nazionale si orientasse verso la direzione appena esposta non si tratterebbe di infrangere il principio dell’autorità di cosa giudicata, quanto, piuttosto, di collocare lo stesso all’interno di una dimensione più ampia quale quella europea. Ciò non dovrebbe destabilizzare dato che già nel nostro ordinamento vi sono dei casi in cui, nel bilanciamento con altri interessi, il giudicato cede. A maggior ragione ciò potrebbe avvenire a tutela dei diritti fondamentali. Resta la questione della disparità di trattamento rispetto ai diritti fondamentali contenuti in Costituzione poiché il

155 giudicato, in questo caso, opera come limite alle sentenze della Corte Costituzionale.

In terzo luogo, si è dato conto dell’importanza della cooperazione tra Corti europee e Corti nazionali. Istituti, come il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, risultano essere utili a prevenire la formazione di un giudicato “ingiusto” dal punto di vista del diritto dell’Unione europea evitando il possibile pregiudizio della certezza del diritto ab origine. L’importanza di tale strumento è stata riconosciuta dalla Corte di Giustizia in varie occasioni, tanto che la mancata osservanza dell’obbligo di rinvio è uno dei presupposti della responsabilità extracontrattuale dello Stato per fatto dell’organo giurisdizionale di ultima istanza.

Un efficiente utilizzo del rinvio pregiudiziale da parte dei giudici interni garantirebbe quella cooperazione con la Corte di Giustizia necessaria al fine di garantire l’effettività dei diritti dei singoli di derivazione europea. In questo senso, ma in modo meno stringente rispetto all’ordinamento UE, si è mosso il sistema CEDU con l’accordo che ha portato alla firma del Protocollo 16.

In ultimo, sono stati riportati i rimedi eurounitari successivi alla formazione del giudicato. Entrambi non producono una tutela forte della parte lesa e in più non assicurano che sul piano precettivo il giudicato non ne esca indebolito.

In conclusione, al momento non vi sono elementi idonei a sostenere che il valore del giudicato sostanziale venga pregiudicato né nel caso delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea né in quello delle decisioni della Corte di Strasburgo.

In rapporto alle prime il giudicato continua a mantenere il suo valore nonostante vi siano state delle sentenze della Corte del Lussemburgo, di cui si è dato conto nella seconda parte di questo

156 lavoro, che hanno suscitato delle perplessità. Ciò nonostante non è assolutamente improbabile che in futuro accada diversamente.

Quanto alle seconde non vi sono decisioni che abbiano statuito la riapertura dei processi non penali. Vi sarebbe però un invito, già colto dagli altri stati contraenti, a consentire che la parte che abbia subito una violazione non riparabile altrimenti possa ricevere una tutela effettiva ottenibile solo con la riapertura del processo.

Va infine osservato che se in futuro si dovessero attuare delle modifiche al sistema di impugnazione vigente al fine di rilevare l’ingiustizia della sentenza passata in giudicato per violazione degli obblighi sovranazionali europei, in particolare di quelli da cui scaturiscono i diritti fondamentali, non si tratterebbe di uno stravolgimento dell’intangibilità del giudicato quanto piuttosto di un dimensionamento all’interno Costituzione. della cornice europea (UE e CEDU), peraltro già richiamata in Costituzione.

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- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 16 marzo 2006, Rosmaie Kapferer c. schlank & GmbH, C-234/04;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo SpA contro Repubblica italiana, C- 173/03;

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- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 21 febbraio 2006, Halifax e a. c. Commissioners of Customs & Excise, C-255/02;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito SA c. Joaquín Calderón Camino, C-618/10;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 20 ottobre 2011, Interedil Srl, in liquidazione c. Fallimento Interedil Srl e Intesa Gestione Crediti SpA, C-369/09;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC SA c. J. V. A. Zambrano, M. J. G. Zapata, J. L. A. Zambrano, M. E. C. Merino, C-49/14;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 26 ottobre 2000, Elisa M. Mostaza Claro c. Centro Móvil Milenium SL, C-168/05;

163

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones SL c. Cristina Rodríguez Nogueira, C- 40/08;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE, 22 dicembre 2010, Commissione europea c. Repubblica slovacca, C-507/08;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 3 settembre 2009, Amministrazione dell’economia e delle finanze, agenzia delle entrate c. Fallimento Olimpiclub s.r.l., C-2/08

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE, 11 novembre 2015, Klausner Holz Niedersachsen GmbH c. Land Nordrhein-Westfalen, C- 505/14;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 18 luglio 2007, Lucchini spa c. ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, C-119/05;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 9 marzo 1978, amministrazione delle finanze dello stato c. SpA Simmenthal, C- 106/77;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 5 febbraio 1963, Van Gend en Loos c. amministrazione olandese delle imposte, C-26/62;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 16 dicembre 1976, Rewe c. Camera dell’agricoltura della Saar, C-33/76;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 14 dicembre 1995, Peterbroeck, Van Campenhout & Cie SCS c. Stato belga, C-312/93;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 19 maggio 1990, Factorame Ltd c. Secretary of State for Transport, C-213/89;

- Sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 1° giugno 1999, Eco Swiss, C-126/97;

- Sentenza della Corte di giustizia dell’UE del 16 marzo 2006, Kapferer c. Schlank & Schick GmbH, C-234/04;

- Sentenza della Corte di giustizia dell’UE del 12 febbraio 2008, Kempter, C-2/06;

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- Sentenza della Corte di giustizia dell’UE del 13 gennaio 2004, Khune & Heitz NV, C-453/00;

- Sentenza della Corte di giustizia dell’UE del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti & C. SpA, C-213/13.

Elenco delle sentenze della Corte europea dei diritti

dell’uomo

- Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 1° settembre 2009, Scoppola c. Italia;

- Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 13 luglio 2000, Scozzari e Giunta c. Italia.

- Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 31 ottobre 1995, Papamichalopoulos e altri c. Grecia;

Elenco delle sentenze nazionali

- Sentenza. della Corte Costituzionale del 4 aprile 2011 n. 113; - Sentenza della Corte Costituzionale del 7 marzo 2017 n. 123; - Ordinanza del Consiglio di Stato del 4 marzo 2015 n.;

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- Sentenza della Corte Costituzionale. n. 348 del 2007; - Sentenza della Corte Costituzionale. n. 183 del 1973; - Sentenza della Corte Costituzionale n. 232 del 1975;

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- Sentenza della Corte Costituzionale n. 170 del 1984; - Sentenza della Corte Costituzionale n. 389 del 1989;