• Non ci sono risultati.

I da Corbetta e l’architrave del coro del Duomo di Milano, 1580-

conservato presso la Pinacoteca di Brera5(fig. 2),

una tela dello stesso artista datata intorno al 1812, al Museo Civico di Abano Terme6, un olio di Luigi

Bisi, appartenente alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, alcuni tra i numerosi acque- relli e stampe esistenti (figg. 3, 4), un’opera di Hyp- polite Lebrun, nelle collezioni della Pinacoteca di

Brera7(fig. 5), e alcune dettagliate incisioni, eseguite

da Francesco Cassina (per Le fabbriche più cospicue

di Milano, a cura di Ferdinando Cassina, Milano

1840-1844: fig. 6) e dai fratelli Bramati (queste ultime corredavano il volume di Fermo Zuccari e Giovanni De Castro, Il Duomo di Milano, uscito per la prima volta a Milano nel 1863: figg. 7, 8, 9). In queste opere è ben visibile come il lungo archi- trave si ancorasse a due piloni del coro tramite gigantesche figure di Profeti, sorta di “telamoni”, (5) R. LAZZARO, in Pinacoteca di Brera. Dipinti dell’Ottocento

e del Novecento. Collezioni dell’Accademia e della Pinacoteca,

tomo II, Milano 1994, scheda 519, p. 479.

(6) Se ne può vedere una riproduzione in Imprenditori e

cultura. Raccolte d’arte in Lombardia 1829-1926, a cura di G.

GINEX, S. REBORA, Milano 1999, p. 54.

Fig. 1. Gerolamo Sante da Corbetta, Crocifisso, Milano, Duomo, 1580-1591.

(7) I. MARELLI, in Pinacoteca di Brera. Dipinti dell’Ottocento

e del Novecento…, cit. nota 6, tomo I, Milano 1993, scheda 450,

atteggiati in pose eleganti e con una delle braccia alzate a fungere da mensole, e come esso fosse impostato appena al di sopra delle fasce decorate con nicchie e sculture marmoree dei piloni stessi. Lungo il margine inferiore della trave correva un fregio a rosoni, intercalati da scanalature, con al centro una doppia voluta contenente testa e ali di un cherubino e subito sopra una tabula ansata con l’iscrizione: Attendite ad petram vnde excesi estis. Sor- retto dall’architrave si stagliava il gruppo della Cro- cifissione: ai margini esterni due angeli inginoc- chiati reggevano con entrambe le mani grossi ceri, in mezzo la Croce, con il teschio del Golgota alla base, alla sua destra la Madonna, alla sinistra Gio- vanni. Due candelabri separavano il Crocifisso dagli altri personaggi del dramma sacro. Nel dipinto di

Hyppolite Lebrun citato si intravedono addirittura le funi di sostegno (che formavano un reticolato perpendicolare coinvolgente la Croce, la statua della Vergine e quella di San Giovanni), probabil- mente già progettate in origine, al fine di assicurare adeguata stabilità alla costruzione.

Negli Annali della Fabbrica del Duomo si trovano le istruzioni che Gerolamo Sante da Corbetta avrebbe dovuto seguire nel realizzare l’“impresa del Trave”: vere e proprie note esplicative che si aggiungevano ai disegni-modello (perduti) forniti quasi certa- mente dall’architetto in carica, Pellegrino Tibaldi8. Fig. 3. Acquerello ottocentesco anonimo, con veduta dell’interno del Duomo di Milano (da C. FERRARI DAPASSANO,

A.M. ROMANINI, E. BRIVIO, Il Duomo di Milano, vol. 1, Milano 1973).

(8) I rapporti di Gerolamo Sante da Corbetta con Pellegrino Pellegrini non nascevano in verità solo in quel momento: nel gennaio del 1577, infatti, l’architetto prediletto dal Borromeo

Fig. 4. Francesco Citterio, stampa acquerellata ottocentesca, con veduta del retrocoro del Duomo di Milano (da C. FERRARI DAPASSANO, A.M. ROMANINI, E. BRIVIO, Il Duomo di Milano, vol. 1, Milano 1973).

Le indicazioni riguardano le strutture che avrebbero funzionato da raccordo tra l’architrave stesso e i capitelli dei piloni del coro; poi le due statue dei Profeti, alte circa 3 metri e mezzo, destinate ad essere interamente dorate; infine l’asse, che avrebbe raggiunto una lunghezza complessiva di oltre 17 metri, con una larghezza di 20 centimetri e uno spessore di circa 26 centimetri (più una “banchetta”, cioè una sorta di cornice, che allargasse il piano di appoggio destinato alle figure):

“Prima va fatto doi cartelloni, qual poseno il principio di detti capitelli, uno per parte, alto per ciascuno braccia 2, et di sporto onze 21, et largo onze 21 in circa. Et più va fatto due stattove de profeti di legniame atto di essere dorati, qual sono alti per ciascuno braccia 6 in circa. Et più, sopra alli detti profeti, cartelloni n. 2, uno per parte, alti onze 7, larghi onze 10 in circa, longi br. 3. Et più va fatto il detto travo longo br. 29 in circa, alto onze 9, largo onze 7, senza li sporti delle cornice, o tutto d’un pezo o de pezzi, come li serà comodità de legniami, et come serà detto dalla veneranda fabrica, et così incastrando insieme come serà ordinato, cum suoi cornice et intagli, come mostra il disegno.

Et più va fatto sopra detto travo uno Crucifisso di legniame, in una croce, alto br. 11 la croce [circa 6,5 metri], et il Crucifisso serà di br. 6 [oltre 3,5 metri]. Et più va fatto la Madonna d’una parte et Santo Giovanni da l’altra, alti per ciascuno br. 5 di legniame [circa 3 metri]. Et più va fatto doi angeli in genochioni in atto di ado- ratione, alti per ciascuno, stando in genochi, br. 2 di legniame [circa 1,20 metri], in mane delli quali vi farà candelleri, se così piacerà a detti venerandi signori9”.

Allo scultore prescelto era richiesto di consegnare il lavoro entro sei mesi, per un compenso totale di 148 scudi, non senza avere prima garantito per la «sigurtà» del complesso, che avrebbe dovuto man- era stato chiamato a dirimere la vertenza apertasi tra la bottega

famigliare dei da Corbetta (Giovanni Battista e appunto suo figlio Gerolamo Sante) e i monaci della Certosa di Garegnano, insoddisfatti per i ritardi nelle consegne dei due intagliatori, ai quali era stata commissionata una serie di lavori per il coro (C. BARONI, Documenti per la storia dell’Architettura a Milano

nel Rinascimento e nel Barocco, vol. II, Roma 1968, pp. 9-10).

I due maestri furono saldati alla fine dell’anno successivo: pro- babilmente l’intervento del Tibaldi dovette sortire gli effetti sperati dai monaci certosini. I rapporti intercorsi tra Gerolamo Sante da Corbetta e Pellegrino Tibaldi aprono una nuova finestra di indagine, anche alla luce del fatto che il Tibaldi non era nuovo al coinvolgimento nell’esecuzione di gruppi lignei: nel 1578 egli si era impegnato infatti a collaudare un altro gruppo raffigurante la Crocifissione -oggi non più esistente-,

questa volta intagliato da Rizzardo Taurini e destinato all’altare maggiore della chiesa di San Fedele a Milano (S. DELLATORRE, R. SCHOFIELD, Pellegrino Tibaldi architetto e il S. Fedele di

Milano. Invenzione e costruzione di una chiesa esemplare,

Como 1994, pp. 363-364).

(9) Annali della Fabbrica del Duomo di Milano dall’origine fino

al presente pubblicati a cura della sua amministrazione, vol.

IV, Milano 1881, pp. 173-174. AVFDMi, Archivio Storico, cart. 135, Capitoli d’Appalto, capo XVIII, paragrafo I.

Fig. 6. Francesco Cassina, Interno del Duomo di Milano (incisione pubblicata in Le fabbriche più cospicue di

Milano, a cura di Ferdinando Cassina, Milano 1840-

Fig. 7. Fratelli Bramati, Spaccato trasversale del Duomo di Milano (da F. ZUCCARI, G. DE CASTRO, Il Duomo di Milano, Milano 1863).

(10) Annali…, cit. nota 10, vol. IV, Milano 1881, pp. 173-174. (11) AVFDMi, Archivio Storico, R. 346, 2 ottobre 1580 e 19 dicembre 1580, foglio 490v: “Sanctus de Corbetis debet dare die 2 octobris Libras 150 […] super trabe crucifixi et aliis figuris ex ligno ponendo ante faciem chori ecclesiae maioris ut patet […]. Item die 19 dicembris […] super duobus capitum leonis ad ponendo in faciatam organi novi (?) […]. Item […] saldo duobus capitus leonis […]”. Sulla pagina a fronte, f. 491: “Item debet libras 216 soldi 0 pro eius mercede contraffortis duorum capitum leonum pro facciata organi versus sacristiam […] Capellanus capituli organi […]”.

(12) Annali…, cit. nota 10, vol. IV, Milano 1881, p. 184. AVFDMi, Archivio Storico, cart. 135 Capitoli d’Appalto capo XVIII, paragrafo I.

(13) AVFDMi, Archivio Storico, R. 347, f. 136.

(14) AVFDMi, Archivio Storico, R. 347, f. 165, 5 maggio 1582. Questa notizia mi è stata gentilmente segnalata da Silvio Leydi, a cui vanno i miei ringraziamenti.

(15) AVFDMi, Archivio Storico, R. 347, f. 180.

(16) AVFDMi, Archivio Storico, R. 347A, f. 434, 29 ottobre e 15 dicembre 1584.

(17) Annali…, cit. nota 10, vol. IV, Milano 1881, 6 luglio 1590, pp. 248-249.

tenersi “senza alcun movimento né rovina”: “Et l’incantatore, a chi tocherà l’impresa, habbi a fare la detta opera per spatio de mesi sei, cominciando il tempo alla deliberatione dello incanto. Cum patto che lo incantatore habbi da dar sigurtà che atendi quanto promette, et spe- cialmente prometterà che tal travo starà siguro in opera, senza alcun movimento né rovina, per spatio d’uno anno dopoi seguita la colaudatione dell’opera10”.

In realtà la faccenda, come spesso accadeva, andò a rilento, e Gerolamo Sante da Corbetta riceve un primo acconto solo otto mesi più tardi (è vero anche, tuttavia, che l’intagliatore nel frattempo era stato coinvolto nell’ornamentazione delle casse degli organi della Cattedrale, impiego che dovette disto- glierlo dalla Pergola11). In più qualcosa dovette

andare storto per il nostro Sante, che nel 1581 si vide costretto ad inviare una supplica ai deputati della Fabbrica per non dover rimetterci di tasca propria, cosa che non poteva permettersi, “essendo agravato de sei figlioli et moglie”. Chissà che fine aveva fatto il disegno che il giorno dell’incarico, quel 4 febbraio del 1580, era stato sottoposto all’attenzione del da Corbetta perché fungesse da modello, e che poi invece il povero scultore era stato costretto ad inse- guire senza esito, fino a quando i deputati non ne produssero un secondo, purtroppo diverso dal primo, e, a quanto pare, decisamente più dispendioso e complesso?

«De l’anno 1580 prossimo passato, il fidelissimo servitore delle S. V. illustrissime Santo Cor- betta, intagliator de Milano, tolse il carico sopra di sé di far il travo de varj legnami et diverse figure et come nelli capitoli, quali si esibiscono, da esser posti nella giesa magior de Milano, et questo lo tolse al publico incanto per precio di

scudi 148 d’oro, facendo detta opera conforme alli detti capitoli, et ancora conforme al disegno, qual il giorno che fu deliberato detta impresa al supplicante era presente, et dopo restò apresso al architetto di detta veneranda fabrica. Instando adunque le S. V. illustrissime, che il suppli- cante attendi alla detta impresa et gli dia prin- cipio, detto supplicante più volte ha ricercato il detto disegno alla detta veneranda fabrica, et mai l’a potuto avere, et al presente gli ne fu dato un altro contra la forma del primo disegno, et ancora di maggior fattura; unde il supplicante restaria leso12”.

E chissà cos’altro doveva essere capitato all’inta- gliatore, che in quell’occasione implorava la “pietà” dei deputati “atteso anco le altre disgracie ocor- segli, como è notorio alle S. V. illustrissime”. Sta di fatto che negli anni seguenti si rintracciano compensi allo scultore sia per gli intagli delle casse degli organi13 che per l’architrave figurato, e nel

1582 Francesco Brambilla fornisce due modelli in cera, probabilmente di piccole dimensioni, per “il Trave dove sarà posto il Santo Crocifisso”14. Sempre

nel 1582 il da Corbetta aveva concluso il “bastone del lampadario”, ossia, probabilmente, il supporto per le lampade retto proprio dall’architrave ligneo e che grazie a quest’ultimo poteva essere collocato appena al di sopra dell’ingresso all’area presbite- riale15. Ma i lavori non furono conclusi neppure

quell’anno, visto che nei mesi di ottobre e dicembre del 1584 il da Corbetta seguitava a ricevere denaro a saldo della Pergola e visto che in alcune carte della Fabbrica, tuttora inedite, sono citati alcuni elementi a completamento dell’insieme come opere evidentemente non ancora eseguite o per lo meno non ancora montate16.

Infatti il Trave, dopo essere stato interamente dorato e dipinto da Ruggero da Monza a partire dal luglio 1590, fu messo in opera l’anno successivo17, così

come registrato nel 1595 anche da Paolo Morigi, che non mancò di elogiarne la qualità di esecuzione:

“e fra le molte sue [di Gerolamo Sante da Cor- betta] statue si veggono nel Duomo di Milano quel Christo in Croce con la Madonna nostra Signora, e S. Giovanni Evangelista, con quelli duoi Profetti, i quali sono di grand’eccellenza, e maravigliosa bellezza, e lodati dagli giudi- tiosi, & intelligenti di scoltura, & architettura, per la prospettiva della lontananza; perché il Crocifisso è braccia sette, & l’altre figure sono brazza sei l’una, e la Croce brazza 14, e furono messe in opera dal detto Corbetra [sic] l’anno 1591, & il Crocifisso fù benedetto dall’Arcive- scovo Gasparo Visconte18”.

Tutto questo senza che si fosse peraltro risolta la ver- tenza avviata nel 1581 dal da Corbetta, a fronte delle costose modifiche che era stato obbligato ad apportare in corso d’opera, e che troverà una solu- zione, fortunatamente a vantaggio del maestro, solo nel 159319.

Dopo la prima menzione della Pergola da parte di Paolo Morigi, la sua descrizione si rintraccia, a seguire, in molte delle pubblicazioni dedicate alla città di Milano, come nel Ritratto di Milano di Carlo Torre, dato alle stampe nel 1674, dove salta agli occhi la lucentezza rutilante della decorazione, tutta a “oro fino” (come era del resto stata espres- samente richiesta nel 1590 a Ruggero da Monza nei capitoli d’appalto per la pittura e doratura):

“Portiamoci dinanzi al Coro, e rimirate quella gran trave dorata, che si stende da una Colonna all’altra sostenitrice, con l’aiuto però di due

grandi figure in legno de’ Profeti, messe ad oro in ambi i lati, del Cristo in Croce nel mezzo del- l’Arco Corale tra la Vergine Madre, e l’Evange- lista Giovanni, furono tutte quelle lignee statue operate da Santo Corbetta peritissimo statuario in legno, l’anno 1591 havuta la Benedizione dell’Arcivescovo Gasparo Visconti s’allogarono colassù, il Cristo è di braccia sette in misura, di quattordici la Croce, e l’altre figure di sei l’una, e sono da tutti gl’Intelligenti stimate per la loro vaghezza20”.

Di poco si discosta la testimonianza tramandataci dal Distinto Ragguaglio, di Pietro Antonio Frigerio (1739), dove le sculture e gli intagli “di legno dorato” dell’architrave, “del virtuoso Santi Corbetta”, sono definiti “bellissimi e di rara qualità”21, mentre è

Vincenzo Forcella che, ormai nel 1895, registra lo smembramento del complesso, avvenuto “or sono trent’anni circa”:

“Tra gli artefici d’intaglio in legno che in gran numero lavorarono per il Duomo, occupa un posto degno d’encomio Santo Corbetta che fu figlio di Gio. Battista, di esso si ammirava l’ar- chitrave su cui posava la stupenda immagine del Crocifisso alto sette braccia, sopra una croce di un’altezza di 14, benedetto l’anno 1591 dal- l’arcivescovo Gaspare Visconte. Ai lati si ammi- ravano quattro altre statue, la Madonna, S. Gio- vanni Evangelista con i due Profeti, oggi tolte via22».

La grandiosa Pergola fu infatti rimossa nel 1866, dopo una rocambolesca serie di vicende, che la let- teratura si è finora limitata a segnalare23, ma che

invece racconta molto del gusto di quegli anni. Fu l’ingegnere della Fabbrica del Duomo, Giuseppe Vandoni, a proporre la demolizione dell’architrave (18) P. MORIGI, La Nobiltà di Milano, Milano 1595, p. 477.

(19) AVFDMi, Archivio Storico, cart. 146, capitolo XVIII, paragrafo 2, 4-5 febbraio 1593: “1593 die quinto februar Mediolani, Io infro havendo veduto le ordinationi fatte sopra la impresa dil trave […] il Crucifisso in domo, et gli incanti, et havendo miso le doe prime di ditto trave et figure supra esso et altre opere attinenti ad esso trave. Item havendo havuto piena informatione di quanto il cardinale boromeo felice memoria permise a esso Sante Corbetta. Item havendo infor- matione delli legnami, che detto Santo ci ha aggionto a detta opera del suo stesso proprio, e altre fatture aggiunte di più a detta opera di detto trave, non comprese in detto incanto […]. Dico et iudico doversi mettere per credito a detto Santo Cor- betta, per fattura di detto trave et impresa pertinente lire Doa millia seicento imperiali per saldo et compimento di detta opera. […] Georgius Trivoltius deputatus et provincialis et sua propria manu”.

(20) C. TORRE, Il Ritratto di Milano, Milano 1674 (ed. cons. 1714), p. 387.

(21) P.A. FRIGERIO, Distinto ragguaglio dell’ottava meraviglia

del mondo, o sia della gran metropolitana dell’Insubria volgar- mente detta il Duomo di Milano, Milano 1739, p. 21.

(22) V. FORCELLA, Notizie storiche degli intarsiatori e scultori

di legno che lavorarono nelle chiese di Milano dal 1141 al 1765, Milano 1895 (ed. cons. Bologna 1974), p. 39.

(23) M. CINOTTI, Tesoro e arti minori, in E. CATTANEO, R. BOS-

SAGLIA, M. VALSECCHI, M. CINOTTI, Il Duomo di Milano, volume II, Milano 1973, p. 281, p. 302; F. RUGGERI, s. v. Crocifissi, in Il Duomo di Milano. Dizionario storico artistico e religioso, a cura di G. BENATI, A. M. RODA, Milano 2000, pp. 204-205.

con una lettera datata 18 agosto 1866:

“L’architrave di legno fregiato con ornati simili di stile del seicento ricorrente alla linea d’im- posta del grande arco acuto superiore alla balau- strata di delimitazione verso ponente del coro Senatorio di questa Cattedrale, il quale archi- trave è destinato a sorreggere il Crocifisso con alcune figure laterali tutte in legno, presenta ora qualche pericolo per la sua vetustà e per la carie che ha consumate alcune parti, altroché è nido di pipistrelli e semenzaio di immondizie. Il toglierlo pertanto sarebbe opera previdente contro le conseguenze che potrebbero derivare dalla caduta di qualche pezzo, ed opera ben’anco assai accetta agli amatori del bello e dell’arte che in esso vedono uno sconcio di architettura ed un’introduzione di un membro che non ha motivo né ragione di esistere, oltreché per il suo stile dissona con quello del tempio, ed è d’ostacolo alla libera vista della volta poligonale del coro. La sua rimozione poi può essere benissimo com- binabile con la permanenza in quella località del

Crocifisso, il quale senza altre appendici può essere appeso alla chiave o catena di ferro che attraversando l’arco lo collega. Ciò posto invoco l’autorizzazione di por mano all’abbassamento del detto architrave subito dopo la prossima festa della Natività di M. V. ricorrente il giorno 8 settembre24”.

La sollecita autorizzazione da parte dell’Amministra- zione della Cattedrale, che accoglieva in pieno le proposte avanzate dal proprio ingegnere (“[La Fab- brica] autorizza il Signor Architetto a quella rimo- zione mantenendo però il Crocifisso come già viene da lui indicato”25) non mancò di suscitare qualche

(a quanto pare, però, isolata) protesta, come quella che si è conservata tra le carte dell’Archivio della Fabbrica, a firma del canonico Giuseppe Maria Calvi, il quale faceva notare che non solo l’architrave costituiva parte integrante di un grandioso com- Fig. 8. Fratelli Bramati, Veduta interna del Duomo di Milano, entrando dalla porta maggiore (da F. ZUCCARI, G. DE

CASTRO, Il Duomo di Milano, Milano 1863).

(24) AVFDMi, Archivio Deposito, Arredi, cat. 78, 1863-1868. (25) AVFDMi, Archivio Deposito, Arredi, cat. 78, 1863-1868, 21 agosto 1866.

plesso con precise valenze liturgiche e simboliche (i Profeti, gli angeli, la scena della Crocifissione racchiusi in un’unica struttura simboleggiante l’unione dell’Antico e del Nuovo Testamento) e che in quanto tale sarebbe stato da conservare, ma anche che la sua eventuale rimozione avrebbe pro- babilmente comportato l’oblio per le sculture lignee ad eccezione del Crocifisso, e ciò a dispetto della “legittima affezione per le produzioni di artisti con- cittadini che illustrarono la patria con l’opere loro, qual fu il Corbetta autore delle statue anzidette”26.

L’ingegner Vandoni, tuttavia, non si scoraggiò, e fece rilasciare ad alcuni operai del cantiere, usi, a causa del proprio mestiere, ad osservare da vicino la Pergola, una dichiarazione, al fine di provare:

“il pericolo che presenta la sussistenza dell’ar- chitrave sorreggente il Crocifisso, ed essa vale a ribattere quanto da alcuni dei Monsignori si disse, che cioè il detto architrave è abbastanza sicuro, lontani dal prestar fede al sottoscritto Architetto che avvertì il suo stato di minaccioso deterioramento, […] tutti conformemente dichiarano ch’esso architrave colle statue sor- rette sono in tale stato di deperimento e per effetto della carie da presentare un reale ed evi- dente pericolo, e che inoltre la trave stessa non è solida, oscillando sensibilmente, per modo che essi rifuggono dal percorrerla per timore di rimanere vittima di distaccamento di qualche pezzo, o dell’intera rovina dell’architrave27”.

Tra il 13 e il 20 settembre del 1866 la Fabbrica ordinava definitivamente lo smontaggio della

Pergola; l’operazione risulta conclusa il 16 ottobre

del medesimo anno. Nei primi mesi del 1867 si susseguirono una serie di preventivi di artigiani che si offrirono di realizzare un nuovo Crocifisso (alto circa 3 metri ed eseguito in rame, ad esempio), ma