laterale - sedia archiepiscopale con due gradi [centro] gradi 4 che ascendevano ala bredella del altare [destra] sedia che usò il signor Don Ferando [m. 1557] senza gradi - porta late- ralle. [Coro inferiore: centro] gradi 4 che ascendevano dal coro ecclesiastico al primo piano del coro laicale dove era l’altare [sinistra] sedie de’ canonici ordinari diaconi et sotto- diaconi - sedia di Carlo quinto Imperatore [m. 1558] et del re Filippo [1556 - m. 1598] con 4 gradi siche era eguale al piano del coro laicale et sotto li 4 gradi del’altare et inferiore de dui gradi dila sedia archiepiscopale [centro] coro ecclesiastico [destra] sedie de canonici ordinari sacerdoti [davanti, sinistra] sedie de lettori [davanti, destra] sedie de mazaconici [davanti ai cancelli] questo spazio hora è ridotto in coro laicale come si vede nel disegno del coro novo di …[illeggibile, can- cellato?]”.Collocazione cfr. nota 6.
trovava in posizione opposta a quella dell’arcive- scovo. Il capitolo invece, precedentemente alla rico- struzione di Seregni, si sedeva davanti ai gradini alla destra del coro inferiore, mentre nel caso in cui il governatore presenziasse insieme al senato, il capitolo si spostava alla sinistra del coro inferiore per lasciare lo spazio necessario al senato.
Nel 1563 Michele Sovico, lamentandosi con Carlo Borromeo del coro di Seregni, scrive che nel coro vecchio gli ordinari e gli ufficiali potevano pariter
concinere, perché il coro era circularis, cioè dal
punto di vista funzionale formava un cerchio, e che gli ufficiali sedevano davanti agli ordinari, disposti sui due lati della fila, come nei cori monastici7.
Fabio Caliani, che lavorò in Duomo almeno dal 1545, afferma a questo proposito che prima dei cambiamenti promossi da Carlo Borromeo, non esi- steva un posto fisso per la sedia dell’arcivescovo all’interno del coro superiore8.
Le testimonianze in nostro possesso divergono quindi solo lievemente: prima dell’intervento di Seregni il coro superiore e quello inferiore erano separati da un numero non specificato di gradini; i laici sedevano insieme agli ecclesiastici nel coro inferiore; nel coro superiore la sedia dell’arcive- scovo era posta più in alto di due gradini rispetto a quella del governatore. Castione afferma che prima del 1550 l’arcivescovo e il governatore condivi- devano alternativamente la posizione della loro sedia, ma non la sedia stessa, che veniva sostituita; tra il 1550 e il 1555, e forse anche successiva- mente, quando l’arcivescovo e il governatore presen- ziavano contemporaneamente, il primo trovava posto a sinistra dell’altare su una sedia più alta di quella del secondo, collocata invece dalla parte opposta. Due disegni del presbiterio, finora inediti, furono presentati nel 1585. Il primo, che reca l’iscrizione
coro antico, rappresenta il coro nel frattempo già
ricostruito due volte (nel 1566 e dopo il 1569), per cui potrebbe contenere alcuni dettagli errati oppure volutamente omessi perché irrilevanti al messaggio ideologico implicato dal disegno (fig. 1)9. Tuttavia
i testimoni chiamati in quell’anno, che avevano lavorato in Duomo per molto tempo prima del 1557, erano in grado di descrivere assai bene il coro al disegnatore, del quale purtroppo non sappiamo nulla.
Nel disegno il coro inferiore è descritto come “eccle- siastico” e quello superiore come “laico”: non credo che si tratti di un banale errore, quanto piuttosto di didascalie intenzionali a carattere “dottrinale”, inserite per dimostrare che prima dell’arrivo di Carlo Borromeo la collocazione dei due cori era erroneamente invertita, o quasi. Il coro superiore è occupato dall’altare, dall’arcivescovo e dal gover- natore, quello inferiore dal re con tutti gli altri ecclesiastici e non vi resta spazio per il retinue del governatore. La didascalia segnala anche che la quarta campata dal fondo è stata convertita in un coro laico, operazione avviata nel 1577. I lettori e i mazzeconi, seduti trasversalmente, chiudono il coro e lo separano dalla navata maggiore, mentre i laici possono entrare nel coro superiore durante le messe utilizzando due porte laterali.
Il coro superiore è elevato di quattro gradini e le indicazioni che si riferiscono alle porte fanno sup- porre che fosse circondato da una recinzione. Curio- samente però, probabilmente perché la memoria dei testimoni del 1585 non era certa della sua esten- sione, la recinzione occupa solo la seconda campata. La funzione del disegno è quella di ribadire la supremazia dell’arcivescovo dimostrando che la sua sedia doveva essere posta sempre più in alto di quella del governatore e che doveva collocarsi a sinistra dell’altare. La cattedra si trovava elevata su due gradini (confermando il numero menzionato in precedenza), per un totale di sei gradini al di sopra del pavimento della navata grande; l’altare si col- locava invece su quattro gradini, per un totale di otto
(7) Per il resoconto di Sovico, cfr. Annali della Fabbrica del
Duomo di Milano dall’origine fino al presente, IV, Milano
1881, pp. 52-54 in nota (dove è erroneamente attribuito a Francesco Castelli).
(8) Cfr. nota 6.
(9) “Pianta del coro antico del domo di Milano. [a destra e a sinistra dell’altare] In questo coro entravano laici per le due parti lateralle indiferentemente et ivi stavano come li pareva ale volte vi stavano vedere divini [officii?]. [sinistra] porta
dal pavimento. La sedia di Ferrante Gonzaga (morto nel 1557), posta a destra dell’altare, era invece priva di gradini e quindi quattro gradini al di sopra del pavimento.
La sedia di Carlo V (morto nel 1558, e poi assegnata a Filippo II, che regnò dal 1556 al 1598) si trovava nel coro inferiore a sinistra, posta al di sopra di quattro gradini, alla medesima quota del piano del coro superiore e della sedia del governatore. La sedia regale è quindi più bassa di quella dell’arci- vescovo, anche se, in realtà, non sembra che esi- stesse prima di Carlo Borromeo una sedia espres- samente e stabilmente riservata al re. I nostri testimoni, come abbiamo visto, precisano invece che la sedia del governatore si trovava nel coro superiore (sulla destra oppure sulla sinistra) sia prima che dopo l’intervento di Seregni.
L’assurdo nella disposizione delle sedie è di trovare simultaneamente la sedia del governatore posta nel coro superiore e quella del re collocata in quello inferiore. L’autore del disegno, infatti, sta sovrappo- nendo la situazione precedente all’epoca di Carlo Borromeo, con quella successiva, cioè quando il governatore - oppure il re nel caso in cui arrivasse - sarebbe dovuto necessariamente sedersi al di fuori dei cancelli, a sinistra e in posizione più bassa rispetto all’arcivescovo. Nel 1585 chi ha dato le indicazioni per l’estensione del disegno doveva però conoscere bene la disposizione del vecchio coro superiore, dentro il quale trovava posto anche la sedia del governatore e ha deciso ugualmente di documentare questo particolare per rilevare maggior- mente la supremazia dell’arcivescovo sul re, nono- stante l’incongruenza evidente con la presenza con- testuale della sedia del re in quello inferiore. Sembra che questa illustrazione del presbiterio - fatta eccezione per la sedia del re - derivi da infor- mazioni attendibili sulla disposizione del coro pre- cedentemente al 1557: almeno il fatto che gli eccle- siastici siano segnalati nel coro inferiore spiega per quale motivo Sovico elogia la disposizione del coro precedente all’anno 1557, nel quale gli ordinari e il clero minore cantavano insieme10.
A questo punto forse uno dei disegni più bizzarri del Cinquecento milanese potrebbe fornirci qualche indizio sul coro precedente l’intervento di Seregni del 1557: si tratta di una pianta del Duomo rea- lizzata da Seregni stesso e in parte di fantasia (Rac- colta Bianconi II, 22v-a: fig. 2). In questo disegno il presbiterio prolungato occupa quattro campate, lasciando libera una quinta campata davanti ai grandi piloni del tiburio, campata che non esisterà mai ed è solo il risultato dell’allungamento fantasioso del presbiterio da quattro a cinque campate. Il coro superiore con l’altare invece occupa due campate: non vi sono indicazioni sul numero dei gradini tra i due cori, mentre le linee parallele tra la seconda e la terza campata sembrano rappresentare solo le proiezioni delle volte superiori, come accade altrove nel disegno.
Nel coro superiore stalli per l’arcivescovo, per il governatore o per gli ordinari non sono presenti. Troviamo invece due altri oggetti: l’altare maggiore rappresentato come un grande rettangolo trasversale nella sua posizione tradizionale, sotto la chiave d’arco di Beltramino da Rho, e poi, dietro l’altare, Fig. 1. Pianta del «coro antico», 1585, Città del Vaticano,
Archivio Segreto.
è raffigurato un rettangolo posto in senso longitu- dinale all’asse del presbiterio che presenta con- trafforti angolari e laterali. È da escludere che questa seconda forma sia una rappresentazione grafica dello scurolo di Seregni, perché in questo caso sarebbe incomprensibile la presenza dei con- trafforti angolari, disegnati della stessa forma di quelli enormi utilizzati agli angoli esterni della chiesa. Anticipando un argomento che si presenterà più avanti, sembrerebbe plausibile che si tratti di un progetto per una tomba per i duchi Sforza. Già nel 1502, infatti, i deputati avevano ordinato la rimozione dei sepolcri che si trovavano a est del- l’altare maggiore, che dovevano essere sostituiti da iscrizioni poste sulla parete del deambulatorio; tut- tavia il problema di dove seppellire i corpi rie- merge, come vedremo, negli anni Sessanta all’epoca di Carlo Borromeo11.
Davanti al santuario si trovano due file di stalli concentrici che formano una “U”, occupando altre due campate; gli stalli alla base della “U” deli-
mitano il coro e lo separano dalla navata maggiore, lasciando solo un ingresso al centro. È piuttosto difficile stabilire con precisione dal disegno il numero delle sedie, che parrebbero circa 55 nella fila più esterna e circa 36 in quella interna, per un totale di 91. Nel disegno non compare alcuna indi- cazione su chi dovesse occupare queste sedie e col- pisce il fatto che il coro inferiore si sarebbe trovato al livello del pavimento, come quello rappresentato nel disegno vaticano.
Sembra a questo punto inevitabile accettare il disegno vaticano (fig. 1) come una rappresenta- zione piuttosto attendibile del coro negli anni Cin- quanta, prima dell’intervento di Seregni. Il disegno di Seregni (fig. 2), dunque, anche se compaiono elementi di fantasia, potrebbe essere una versione del coro inferiore ricostruito dopo il 1510, presumi- bilmente con gli ordinari seduti alle spalle del clero minore, come è del resto descritto dai testimoni sopra citati. Resta però un problema: se questo disegno, infatti, rappresentasse il coro inferiore ricostruito dopo il 1510, come ci si dovrebbe spiegare la sua radicale diversità da quello ripro- dotto nel disegno vaticano? Quando questa parte del coro sarebbe stata eventualmente modificata? E come mai non resterebbero documenti che testi- moniano il cambiamento?
Il coro di Seregni 1557-1566
Nel gennaio del 1557 i deputati della Fabbrica del Duomo annunciano la loro intenzione di sistemare il coro in modo che possa essere collocata al suo interno una cattedra per l’arcivescovo Filippo Archinto (che non fu in realtà mai presente in Duomo e morì il 21 giugno 1558)12. Non si parla di
una ricostruzione del coro e sembra difficile com- prendere perché dovesse essere difficile sistemare una sola sedia, per la quale Seregni ha fatto un pro- getto apposta13.
Si inizia subito, però, con la costruzione di uno
scurolo per le reliquie dei santi milanesi: sappiamo
quasi nulla della sua forma, visto che è stato poi inte-
(11) Annali..., III, cit. nota 2, p. 122 (18 agosto e 29 novembre).
(12) C. MARCORA, La Chiesa Milanese nel decennio 1550-
1560, in “Memorie storiche della diocesi di Milano”, 7, 1960,
p. 305 ss.
(13) Annali..., IV, cit. nota 7, p. 25; F. REPISHTI, Il taber-
nacolo…, cit. nota 1, p. 64, n. 9. Ma già nel 16 luglio 1556
si stava lavorando al coro; «Pietro Gallico et sotio [sono pagati] pro operibus 5 per eos factis in segando assides nucum pro aptando corum» (AVFDMi, Archivio Storico, R. 335a, f. 183r).
Fig. 2. Vincenzo Seregni, Pianta del Duomo di Milano, Milano, Biblioteca Trivulziana, particolare.
ramente distrutto da quello di Pellegrino Tibaldi. L’ambiente era posto “sotto” e “dietro” l’altare e aveva un soffitto sorretto da quattro colonne di
sarizzo con basi e capitelli14. La decorazione
includeva teste di serafini, leitmotif del presbiterio all’epoca di Carlo Borromeo15. È difficile imma-
ginare dove si trovassero le finestre che sono men- zionate in un documento del 1561, necessarie per la ventilazione dell’ambiente e forse per permettere la visione dell’interno da parte del popolo16. Forse
la sua costruzione avrebbe causato lo spostamento temporaneo dell’altare e certamente la demolizione almeno di una parte del pavimento del presbiterio per costruire le scale di accesso.
Lo scurolo fu completato rapidamente: già nel marzo 1557 alcune delle reliquie vengono depositate in casse di piombo nell’arca di San Galdino, che era già stata collocata all’interno dello scurolo stesso17.
La rapidità straordinaria dei lavori (impensabile nel caso di una struttura con piloni di sarizzo, o pietra, e voltata in mattoni) suggerirebbe che il pavimento del coro superiore fosse costruito in legno, ipotesi confermata anche dal fatto che, come vedremo, la documentazione del 1566 lo segnala come realizzato almeno in parte di “asse”. Nel gennaio 1557 inizia la costruzione della sedia arci- vescovile, forse da collocare in fondo al coro supe- riore, invece che a sinistra dell’altare18. Il 27 feb-
braio 1557 maestro Antonio de Pessano è pagato per “br. 14, onc. 4 assidum nucis (…) pro fatiendo chorum novum” (così anche maestro Giovanni Bono), espressione che segnala per lo meno che si tratta di qualche lavoro agli stalli19. Successiva-
mente, tra il mese di marzo e il settembre del 1557,
abbiamo una serie di riferimenti generici agli operai che tagliano legno, che si potrebbero riferire sia agli stalli che a lavori al pavimento20. Altre notizie
nei mesi di aprile e maggio concernono la “pittura” dello scurolo e consegne di calcina21. Nel 1558 il
pittore Giuseppe Arcimboldi è pagato per aver dipinto gli stemmi dell’arcivescovo nel coro e un altro maestro per “solare” l’altare (forse si tratta di una pavimentazione di mattoni, dal momento che almeno una parte del pavimento era costruita in legno)22.
Nel 1561 però, i fabbricieri devono affrontare una sfida che ha condizionato cambiamenti nel coro superiore, l’arrivo del tabernacolo eucaristico donato da Pio IV, che collocano nel punto più a est del presbiterio, e non sull’altare (fig. 3). La sistema- zione del tabernacolo, conclusa entro dicembre 1561, coinvolge la rimozione di alcune tombe ducali sospese nella campata occupata dal tabernacolo stesso e la costruzione di un piedistallo e di una sbarra di legno per separarlo dal deambulatorio23.
Viene rimosso anche il tabernacolo che ospitava il Santissimo Sacramento accanto all’altare di san Galdino e l’altare di san Rocco, poi viene dipinta la parete danneggiata durante i lavori24. Il deambula-
torio era molto frequentato all’epoca poiché vi erano collocati diversi altari e sepolcri e sopratutto per la
(14) C. MARCORA, Il diario di Giambattista Casale (1554-
1598), in “Memorie storiche della diocesi di Milano”, 12,
1965, p. 234: cfr. anche il documento sul secondo progetto bor- romaico per il nuovo presbiterio (ASDMi, Metropolitana 29; cfr. F. REPISHTI, Il tabernacolo…, cit. nota 1, p. 65).
(15) 1557, 27 gennaio (Annali..., 4, cit. nota 7, p. 25; F. REPISHTI, Il tabernacolo…, cit. nota 1, p. 64); per i cherubini:
1564, 17 agosto (Annali..., 4, cit. nota 7, p. 55).
(16) 1561, 21 ottobre: Antonio da Landriano è pagato “pro pin- gendo (“a colore di marmore” in AVFDMi, Archivio Storico, R. 746, f. 149r) fatiatam subtus fenestronum ad oppositum altaris maioris et duas fenestras scuroli et hostium sacrastiae cappellanorum ad colorem marmoris” (AVFDMi, Archivio
Storico, R. 337a, f. 444r).
(17) 1557, 6 marzo (Annali..., 4, cit. nota 7, p. 25-6). (18) 1557, 27 gennaio (AVFDMi, Archivio Storico, R. 335a, 198r).
(19) AVFDMi, Archivio Storico, R. 335a, f. 198v.
(20) 1557, 16 marzo: “maestro Lorenzino de Fopa…opere 12 a rixigar legnami per lo coro” (AVFDMi, Archivio Storico, R. 744, f. 57r); anche 3 aprile (f. 63r); 4 maggio (f. 64r) “per rexigar assoni per lo coro”; il 19 luglio (f. 77r) un maestro [+] è pagato per “fare lo coro per tutto lo mexe di zugno prox. Passato”; 1557, 15 settembre (f. 83r) altri “assi segati”; 1558, 1 marzo (f. 110r), Gulielmo Cernovo è pagato per lavori. (21) 8 apr. 1557 e 8 mag. 1557 (AVFDMi, Archivio Storico, R. 335a, 199r).
(22) 1558, 1 marzo (Annali..., 4, cit. nota 7, p. 29); 8 apr. 1557 (AVFDMi, Archivio Storico, R. 335a, f. 199r).
(23) F. REPISHTI, Il tabernacolo…, cit. nota 1, p. 62; J.A. ALE- XANDER, From Renaissance to Counter-Reformation…, cit.
nota 1, p. 62f; LEYDI, cit. nota 1.
(24) 1561, 24 ottobre: Evangelista Luino è pagato per dipingere la facciata “per contro al tabernacolo et reconzarla in bella forma” (AVFDMi, Archivio Storico, R. 746, f. 150r); 1561, 15 dicembre: intonacano la facciata “ubi erat altare del Corpus domini (AVFDMi, Archivio Storico, R. 337a, f. 446r; R. 746, 162r)”; 1561, 17 dicembre: Aluisio Seregni paga una cena per i lavoratori che hanno demolito l’altare di san Rocco (sul lato meridionale) e certi pilastri “qui reportaverunt tre statue dalla facciata (sul lato sud)” (Annali..., IV, cit. nota 7, p. 47): 1561, 31 dicembre: pagamenti a Aurelio Lombardo e Evangelista Luini, “pro eius mercede pingendi pedestallum dicti taber- naculi, et parietem ad oppositum dicti tabernacoli” (Annali..., IV, cit. nota 7, p. 47).
presenza del tabernacolo eucaristico proveniente della vecchia chiesa, sistemato in un primo momento presso l’altare di sant’Agnese e poi, nel 1537, in un nuovo altare accanto a quello di san Galdino. Sop- presso nel 1561, il tabernacolo sembra sia stato trasferito a destra dell’altare di santa Caterina (fig. 4)25. Nel marzo del 1562, invece, il candelabro Tri-
vulzio, fornito da quattordici lampade, è posto dietro l’altare, accanto al nuovo tabernacolo del Santissimo Sacramento (fig. 5)26.
Seregni opera tuttavia un altro cambiamento fonda- mentale nel coro superiore, presumibilmente avviato tra il 1557 (?) e il 1561. Nel 1563, infatti, Sovico osserva che gli ordinari si siedono tra il tabernacolo e l’altare maggiore27; simultaneamente Michele
Sovico lamenta a Carlo Borromeo il fatto che gli ordinari si comportano in modo disdicevole e che sarebbe meglio che fosse ripristinato il vecchio coro, perché in questo modo gli ordinari non si tro- verebbero così distanti dal clero minore o dal maestro del coro28. Desumiamo dunque una notizia
importante, cioè che prima del 1563 gli stalli per gli ordinari si trovavano dislocati intorno all’altare
(25) I tabernacoli eucaristici: (1) quello degli ordinari era ospitato nella sacristia delle messe (nord) sull’altare dedicato a san Giovanni Battista; nell’agosto del 1562 era stato collocato nel tabernacolo donato da Pio IV in fondo al coro superiore, poi, come sembra, messo sull’altare maggiore nel 1567-8 (M. NAVONI, Culto della eucaristia, in Il Duomo di Milano…, cit.
nota 1, pp. 240-243); (2) il tabernacolo gotico si trovava fino al 1536 sull’altare di sant’Agnese nel Duomo (A. TAMBORINI,
Il Corpus Domini a Milano, Roma 1935, p. 42); poi dal 1536-
7 in una nicchia costruita appositamente tra l’altare di san Galdino e di santo Spirito (secondo il testimone contemporaneo di Bernardino Massino, cfr. A. RATTI, Contributo alla storia
eucaristica di Milano, Milano 1895, p. 21; G.M. BURIGOZZO,
Cronaca di Milano 1500-1544, in “Archivio storico italiano”,
3, 1842, p. 537); nel 1551 è stato dotato da Battista Men- clozzi di una grande lampade che una volta si trovava vicino all’altare maggiore (1551, 7 marzo: ASMi, Notarile 7213,
M.A. CASTELFRANCO; copia, G.B. CARISIO, Miscellanea, BAMi,
A S III, 12, = A 260, f. 309r); il tabernacolo fu rimosso nel 1562 e collocato a destra dell’altare di Santa Caterina, dove si trova oggi, anche se Carlo Borromeo avrebbe voluto demolirlo nel 1566 (A. PALESTRA, Le visite pastorali del card. Carlo Bor-
romeo al Duomo e alla veneranda fabbrica del Duomo di Milano, in Il Duomo cuore e simbolo di Milano, Milano 1977,
p. 187, n. 166), e così anche Federico Borromeo nel 1615: giu- stamente C.T. GALLORI, L’Altare Porro del Duomo di Milano,
in “Nuovi Annali”, 1, 2009, p. 151, n. 27 osserva che l’oggetto visto da P. MAZZUCCHELLI, Osservazioni… sopra il rito ambro-
siano, Milano 1828, p. 210 non sembra corrispondere a quello
che si trova oggi a destra dell’altare di Santa Caterina. Cfr. anche E. CATTANEO, Contributo alla storia eucaristica di
Milano, in “Archivio ambrosiano”, XLV (Ricerche storiche sulla chiesa ambrosiana XI), Milano 1982, pp. 9-109.
(26) 1562, 10 marzo; “die stesso l. 14, s.- d.- domino Jacobo de Brochis pro pretio lampadarum 14 magnarum ponendarum ad candelabrum bronzii in praedicta maiori ecclesia” (AVFDMi, Archivio Storico, R. 338, f. 179r). Non è certo se l’uso della preposizione “ad” possa implicare che le 14 lampade siano state appese al candelabro o collocate vicino al cande- labro, ma probabilmente la prima soluzione è la più vero- simile.
(27) Sovico (no. 18), cit. nota 7: “Itaque cum post altare maius adsit tabernacu lum […] sanctissimum in quo continue tenetur sacrosanctum corpus D. N. Jesu Christi et circum circa inter tabernaculum et altare maius chorus constructus fuerit de anno 1557 vel circiter, in quo de presenti sedent dicti ordi- narii”. Non credo che il coro con gli ordinari fosse già costruito nel 1557, perché il tabernacolo giunge in Duomo solo nel 1560 e senza il tabernacolo ad est del coro superiore non avrebbe avuto senso spostare gli ordinari.
(28) “Consultius esset, ut sentiunt plu rimi ut ad sedes pristinas et ad chorum antiquum dom. Ordinarii reverterentur; non