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6. L’ OPPORTUNITÀ DI UN « RISARCIMENTO AGGRAVATO DALLA CONDOTTA »

6.1. Corte d’Assise di Torino, Sez II, 14 novembre 2011

La prima decisione – delle due – che esaminerò è la sentenza dalla Corte d’Assise di Torino171.

169 Quest’ultima ipotesi individua una sorta di danno punitivo standardizzato.

170 È noto, infatti, che i principali sostenitori della teoria in esame appartengono alla c.d. Scuola

torinese: Arnone, Bona e Monateri.

Il caso – da cui derivò un notevole eco mediatico – è noto: poco dopo l’una di notte, sulla linea 5 dell’acciaieria di Torino, sette operai vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente, che prende fuoco. I colleghi chiamano i vigili del fuoco, poco dopo arrivano le ambulanze del 118, i feriti vengono trasferiti in ospedale. Poche ore dopo morirà il primo operaio. Nei giorni che seguiranno moriranno anche le altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente. Degli operai coinvolti nell’incidente, l’unico superstite e testimone oculare rivestirà un ruolo centrale nella denuncia delle colpe dell’azienda. Le indagini si chiudono e la Procura della Repubblica torinese chiede il rinvio a giudizio per sei dirigenti dell’azienda e il GUP accoglie le seguenti tesi prospettate dalla Procura: il presunto reato è omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso. Incendio doloso e omicidio colposo con colpa cosciente per gli altri imputati, dirigenti dello stabilimento di Torino: «pur rappresentandosi la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali, in quanto a

conoscenza di più fatti e documenti» ed «accettando il rischio del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea 5», i dirigenti avrebbero “cagionato” la morte dei sette operai omettendo «di adottare

misure tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione contro gli incendi»172.

La sentenza mette in evidenza come nelle acciaierie di Torino le condizioni della sicurezza sul lavoro – genericamente – e della sicurezza antincendio – specificamente – fossero affette da gravissime carenze strutturali e organizzative. Tale disastrosa situazione fu il risultato di due precise scelte aziendali, portate avanti contemporaneamente dalla Thyssen: da un lato la decisione di trasferire gli impianti torinesi presso il polo produttivo di Terni, e dunque di dedicare alla nuova sede tutti gli interventi di fire prevention, evitando così "inutili investimenti"; dall'altro lato la scelta, pure improntata a logiche di profitto, di continuare il più a lungo possibile la produzione torinese, fino cioè alla definitiva chiusura dello stabilimento. Ciò spiega perché a Torino si continuasse a produrre in condizioni degradate, e in sempre maggiore deficit di sicurezza.

Nella lunghissima parte motiva, la Corte illustra dettagliatamente in che modo "la

decisione di non fare nulla" per la sicurezza dei lavoratori sia stata la causa dell'incidente letale.

Il profilo di maggior interesse della decisione concerne tuttavia l'accertamento del dolo eventuale di incendio e omicidio in capo all'amministratore delegato. Infatti, i medesimi eventi lesivi – l'incendio e le morti – vengono contestati agli imputati sulla base di diversi coefficienti psicologici: dolo eventuale, per l'amministratore delegato; colpa cosciente, per tutti gli altri173.

Ciò che a noi più interessa di questa sentenza, però, sono le numerose – e soprattutto esorbitanti – richieste di risarcimento del danno non patrimoniale subìto. Anzitutto,

172 Cfr. La storia del rogo della ThyssenKrupp. Cosa successe a Torino la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007,

come si è arrivati alle condanne di ieri, www.ilpost.it, 16 aprile 2011.

173 ZIRULIA S., ThyssenKrupp, fu omicidio volontario: le motivazioni della Corte d'Assise,

occorre premettere che nel procedimento penale non si erano costituite le famiglie delle sette vittime, a seguito di un accordo intervenuto tra le stesse e la società in questione: i familiari delle vittime dell'incendio accettarono, infatti, il risarcimento proposto dagli avvocati della multinazionale siderurgica – 2.000.000 € (circa) per ogni famiglia, per una cifra totale di 12.970.000 € – impegnandosi a rinunciare alla costituzione di parte civile nel processo. «Si tratta – dice l'avvocato Ambrosio174 – di una somma di gran lunga superiore alle

tabelle standard dei tribunali italiani. È la prima volta in Italia che si sta facendo passare il principio del

rispetto della dignità delle persone. Non è certo una questione di soldi, ma di diritti»175. «È un grande

risultato – spiega ancora l’Avv. Ambrosio – e non solo per le cifre: anche se non è specificato in che modo siano stati raggiunti questi risarcimenti che superano di quattro o cinque volte quelli decisi normalmente dal Tribunale di Torino, è chiaro che sia stata implicitamente accolta la nostra richiesta di

danno punitivo»176. Per individuare la somma, i legali hanno infatti svolto una serie di

interviste ai parenti delle vittime e hanno tracciato una serie di parametri: il numero dei figli, la durata dell’agonia della vittima, la presenza di congiunti che hanno potuto affrontare la sofferenza solo con l’aiuto di uno specialista, e altri ancora.

Il procedimento in esame è, poi, particolarmente interessante poiché nello stesso è stata avviata la prima azione civile in cui si è richiesto espressamente il risarcimento dei "danno punitivi"177. Considerando semplicemente il dispositivo della sentenza, si nota

subito che qualcosa di anomalo, c’è. La Corte, pur ribadendo più volte che gli importi liquidati sono di molto inferiori a quelli richiesti dalle parti civili, tuttavia, nell’elencare il percorso logico-argomentativo seguito per la liquidazione del danno, sembrerebbe implicitamente concedere un risarcimento non semplicemente compensativo, ma piuttosto con un evidente carattere sanzionatorio.

– Tabella 13 –

Parte civile Criteri di liquidazione DNP liquidato

• Comune di Torino; • Provincia di Torino; • Regione Piemonte.

Un Ente territoriale rappresenta la popolazione che vive e lavora nel suo territorio, rappresenta ontologicamente anche il dolore, il turbamento, l'afflizione che gli eventi tragici, ma causalmente determinati dalle condotte degli imputati, hanno indotto nella popolazione torinese e piemontese, che ha con sbigottimento appreso che in un Paese tra i più industrializzati del mondo, in una Regione che è stata perno e traino dello sviluppo industriale dell'intero Paese, da oltre un secolo e soprattutto dall'ultimo dopoguerra fino ad oggi, in una Provincia che ha visto e vede una altissima concentrazione di piccole, medie e grandi attività produttive; in una città - come quella di Torino - da sempre

• Comune: 1.000.000 € • Provincia: 500.000 € • Regione: 800.000 €

174 Il legale che ha coordinato i professionisti degli undici studi legali che hanno tutelato gli interessi

delle famiglie.

175 VITTONE A, Thyssen, dall’azienda maxi risarcimento. Tredici milioni alle famiglie delle 7 vittime, Oggi

Italia, 1 luglio 2008.

176 SCHIAVAZZI V., Thyssen, tredici milioni ai familiari. Il sì all’accordo tra le lacrime. Il legale: è un risarcimento

da record, Correre della Sera, 1 luglio 2008.

Parte civile Criteri di liquidazione DNP liquidato

considerata una delle principali città industriali del Paese; ebbene, a Torino si è verificato un gravissimo infortunio sul lavoro, che ha comportato la morte atroce di sette lavoratori; evento purtroppo non determinato dalla fatalità, ma da ben precise e accertate responsabilità; e non in un cantiere edilizio improvvisato in cui si lavorava "in nero", bensì in uno stabilimento facente parte di uno dei gruppi multinazionali più grandi nel mondo; stabilimento in cui le condizioni di lavoro erano critiche. Il dolore, il turbamento, l'afflizione, ma anche la concreta sensazione di insicurezza, di mancanza di tutela prima di tutto della propria integrità fisica sul posto di lavoro, non protetta neppure dagli organismi a ciò preposti e nonostante una completa legislazione antinfortunistica, qui violata, costituiscono concrete lesioni direttamente e causalmente connesse ai reati accertati, come tali determinanti un danno non patrimoniale il cui risarcimento spetta agli Enti territoriali che rappresentano la collettività. Il percorso che ha portato la Corte a quantificare i danni non patrimoniali patiti dai tre Enti territoriali ha considerato: in generale, la rilevante gravità dei reati, anche sotto il profilo delle responsabilità, in vista di una quantificazione che tenesse conto di tutte le circostanze esaminate nella parte motiva che precede e che escludesse un valore meramente simbolico di tale risarcimento. In particolare, con riferimento a ciascun Ente, la Corte ha considerato da un lato il dovere istituzionale in materia di sicurezza sul lavoro promanante direttamente dalla Costituzione, oltre che da leggi ordinarie (per la Regione), ovvero delegato dalla Regione (per la Provincia), ovvero assunto nello Statuto e, per scelta, concretamente attuato e operato (per il Comune); dall'altro lato la maggiore o minore "prossimità" fisica dell'Ente rispetto al luogo in cui si è verificato l'incendio, "prossimità" che determina, inevitabilmente, un maggiore turbamento e una più profonda afflizione nella relativa collettività; aumentati in forza della tradizione industriale propria anche della Regione (e della Provincia), ma più vivamente ancora sentiti nella Città in particolare con riferimento allo stabilimento di corso Regina Margherita, storica "acciaieria" cittadina. In particolare:

- per il Comune: considerati anche la popolazione residente, l'estensione territoriale e il numero di insediamenti industriali ivi esistente;

- per la Provincia: tenendo conto anche della minore prossimità rispetto al Comune;

- per la Regione: considerati da un lato la maggiore estensione territoriale e dall'altro la minore prossimità.

Sindacati

Non è agevole né immediato individuare dei precisi parametri cui ancorarsi; la Corte ha considerato, in generale, la rilevante gravità dei reati, anche sotto il profilo delle responsabilità, in vista di una quantificazione che tenesse conto di tutte le circostanze esaminate nella sentenza, che escludesse un valore meramente simbolico di tale risarcimento e tenesse conto anche della storia e della tradizione industriale della città in cui i reati sono stati commessi; tradizione industriale che significa parallelamente storia e tradizioni radicate anche delle organizzazioni sindacali sullo stesso territorio, in particolare attive proprio sul tema della sicurezza sul lavoro, oltre che sui temi contrattuali ed economici.

100.000 € ciascuno.

Associazione “Medicina Democratica”

Non è agevole né immediato individuare dei precisi parametri cui ancorarsi; la Corte ha considerato, in generale, la rilevante gravità dei reati, anche sotto il profilo delle responsabilità, in vista di una quantificazione che tenesse conto di tutte le circostanze esaminate nella sentenza, che escludesse un valore meramente simbolico di tale risarcimento e invece fosse di concreto aiuto alla prosecuzione delle attività statutarie; tenesse conto anche della concreta attività svolta da Medicina Democratica negli ultimi decenni.

100.000 €

Lavoratori (considero, in questa tabella, solo il

La consapevolezza di una condizione di lavoro degradata (come tale incidente

Parte civile Criteri di liquidazione DNP liquidato

danno morale). peggioramento sotto il profilo della sicurezza, peraltro corrispondente alla realtà dei fatti, considerate le effettive condizioni di lavoro presenti nello stabilimento in quel periodo, poi confermata dalla drammaticità dell'evento, ha costituito un profondo turbamento, una sofferenza psichica, un disagio continuo, un timore serpeggiante; turbamento, sofferenza, disagio e timore che hanno poi trovato drammatica conferma nell'evento accaduto il 6/12/2007; turbamento, sofferenza, disagio, timore idonei ad essere risarciti quale danno morale direttamente derivante dal reato commesso.

Risarcimento che non appare agevole né immediato quantificare

monetariamente, individuando appositi parametri ai quali ancorarsi: la Corte ritiene che a tale determinazione si possa pervenire considerando il periodo di tempo da giugno 2006 al 6 dicembre 2007, ritenendo quindi che proprio durante quel periodo i lavoratori fossero esposti al rischio incendio e che, essendone consapevoli, patissero gli indicati turbamento, sofferenza, disagio, timore; oltre che considerando quanto questi loro vissuti si siano drammaticamente materializzati nella notte del 6 dicembre 2007. Il periodo si compone di oltre 17 mesi; l'estrema gravità del reato, sotto il profilo soggettivo in capo a tutti gli imputati, così come della aggravante di cui al 2° comma dell'art. 437 c.p., deve essere qui solo richiamata, rimandando ai precedenti capitoli; la Corte ritiene equo

prendere a base la retribuzione media mensile raddoppiandola per ciascun lavoratore, per il periodo di esposizione al rischio, con un aumento per la gravità del reato e così per complessivi € 35.000; cui si deve aggiungere un importo, che la Corte ritiene congruo indicare in € 15.000, derivante direttamente dall'essersi verificato l'evento di cui al 2° comma dell'art. 437 c.p. e dall'ulteriore turbamento che tale aggravante ha comportato per ciascuno dei lavoratori.

Prendendo in considerazione, velocemente, il secondo caso, dovrebbe apparire ancor più chiaro il successo – quantomeno locale – della teoria del c.d. risarcimento aggravato dalla condotta.