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Cosa ha portato alla rivoluzione: fattori politici, economici e sociali

CAP 2 IL CONTESTO STORICO DELLA PRODUZIONE E DELLA REGIA

2.2 Approfondimento del contesto della regia: la rivolta egiziana e la caduta di Mubarak

2.2.6 Cosa ha portato alla rivoluzione: fattori politici, economici e sociali

I fattori che hanno generato l'ondata di proteste, non solo in Egitto, ma anche nel Nord Africa, sono profondamente radicati nel contesto socio-economico e politico di questi paesi: da una parte, un progressivo e drammatico peggioramento del quadro socio-economico; e dall'altra, un quadro politico diventato ugualmente insostenibile, a causa del rafforzamento dell’autoritarismo, dell'indurimento della repressione anche se con modalità ed intensità diverse da paese a paese.

119Luca, PAVONE, “Egitto 2013 – Timeline degli eventi” (31/12/2013) Arab Press,http://arabpress.eu/egitto- 2013-timeline-degli-eventi/ (consultato il 07/01/2014)

120Maria Cristina, PACIELLO (a cura di), Rapporto “La Primavera Araba: sfide e opportunità economiche e sociali”, elaborato per il CNEL dall’Istituto Affari Internazionali http://www.iai.it/pdf/DocIAI/iai1115.pdf (consultato il 08/01/2014)

In Egitto, nell'ultimo ventennio, si è assistito ad un progressivo peggioramento della situazione del mercato del lavoro e delle condizioni di vita di ampi strati della popolazione.

Le enormi piaghe sociali del paese sono state il risultato di politiche pubbliche fallimentari e inefficaci che non sono riuscite a generare uno sviluppo sostenibile, inclusivo e generatore di occupazione.

Nonostante i numerosi provvedimenti presi a partire dagli anni Novanta e l'accelerazione delle riforme strutturali dopo il 2004, la struttura dell’economia egiziana è rimasta pressoché immutata, continuando ad essere “un’economia di rendita” vulnerabile agli shock esterni (Gana-Oueslati e Moisseron, 2011).

Con l'arrivo della crisi finanziaria globale del 2007 e il rallentamento delle

economie dei paesi del Golfo, i principali motori della crescita economica egiziana – esportazioni di petrolio, investimenti diretti esteri, rimesse e entrate derivanti dal turismo – hanno perso vigore e l'economia egiziana ha, di conseguenza, subito un repentino rallentamento (Paciello, 2010; Radwan, 2009; Abu Hatab, 2009; Gana-

Oueslati e Moisseron, 2011).

Nell’ultimo decennio i problemi del mercato del lavoro si sono acutizzati, soprattutto tra i giovani e le donne. Anche se, a livello nazionale, il tasso di disoccupazione è diminuito, tuttavia, tra i giovani laureati non ha smesso di aumentare.

Le opportunità di lavoro nel settore privato formale sono rimaste limitate in quanto si è mostrato poco ricettivo alle riforme economiche attuate: le piccole e medie imprese, scarsamente competitive e dinamiche, tendevano per lo più ad operare nell'economia informale. Esse hanno riscontrato enormi difficoltà di accesso al credito bancario, ma soprattutto la corruzione e il clientelismo dilagante hanno reso imprevedibile ed incerto il clima d'affari.

Per quanto riguarda il settore pubblico le opportunità di lavoro si sono drammaticamente ridotte a seguito delle riforme neo-liberiste che hanno imposto tagli alla spesa pubblica e promosso le privatizzazioni (UNDP, 2010; Wahba, 2010). Invero la crisi finanziaria mondiale ha accentuato in Egitto la tendenza alla diffusione del lavoro precario, in nero e adatto a una manodopera poco qualificata. Accanto a questo deterioramento del mercato del lavoro, si è assistito all'erosione del potere d'acquisto di una parte crescente della popolazione, causata da una stagnazione dei salari e dall’aumento vertiginoso dei beni alimentari.

Essendo l'Egitto dipendente in modo significativo dalle importazioni di generi alimentari necessarie a garantire il proprio fabbisogno, l'impennata dei prezzi a livello internazionale ne ha causato un aumento esorbitante dell'inflazione.

Anche il sistema di welfare ha subito una profonda crisi.

Progressivamente, e soprattutto nell'ultimo decennio, la presenza dello stato nel settore dei servizi sociali è diminuita visibilmente, come attesta il forte taglio apportato alla spesa pubblica destinata all'istruzione e alla sanità (Paciello, 2011). Questi tagli alla spesa sociale hanno contribuito ad un ulteriore e drammatico aumento delle spese per le famiglie egiziane anche quando si rivolgevano ai servizi pubblici e al peggioramento della qualità di tali servizi: classi sovraffollate, edifici scolastici fatiscenti, scarse condizioni igieniche negli ospedali e continui casi di malasanità (Paciello, 2011).

Le politiche pubbliche adottate si sono rivelate inefficaci ad affrontare i problemi socio-economici su esposti per ragioni di natura essenzialmente politica.

Le riforme di liberalizzazione economica attuate nell’ultimo ventennio hanno offerto opportunità di arricchimento all'élite di potere, ad una cerchia ristretta di imprenditori vicini ai regimi e ai militari.

Allo stesso tempo, tali riforme sono servite per cooptare importanti segmenti del settore privato al fine di ampliare o rafforzare la base di consenso al regime.

In cambio di sostegno politico, questi imprenditori hanno potuto perseguire i loro interessi economici rilevando le compagnie pubbliche a prezzi irrisori per poi rivenderle a prezzi maggiorati: tutto ciò nella più totale assenza di trasparenza. Il magnate dell'acciaio Aḥmad ̒ Azz, uno dei primi ad essere arrestato dopo la fuga di Mubarak, rappresenta il caso più emblematico, ma non l'unico, della fitta rete di privilegi che legava un gruppo di imprenditori al potere politico (Al Din Arafat, 2009).

Questo tipo di gestione economica, profondamente radicato in un sistema autoritario e repressivo, ha impedito l'emergere di un settore imprenditoriale dinamico ed indipendente realmente capace di generare opportunità di lavoro e un profondo cambiamento economico, favorendo il dilagare della corruzione e delle pratiche predatorie, del nepotismo, ed il perpetuarsi di inefficienze nell’economia. In ultima, ma non di importanza, l’analisi delle cause che hanno portato alle sollevazioni popolari sarebbe incompleta senza considerare la lunga storia di autoritarismo che ha contraddistinto la gestione del potere.

Hosni Mubarak salì al potere nel 1981. Dopo un periodo di cauta apertura politica tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, invertì rotta, dando inizio ad una dura repressione contro gli oppositori politici, in particolare contro i Fratelli Musulmani, e restrinse, attraverso importanti emendamenti alla costituzione, gli spazi di azione e di libertà della società civile (Pioppi, 2004; Kienle, 1998; Din Arafat, 2009).

Nella prima metà degli anni duemila, sotto la pressione di una crescente contestazione politica, il regime tornò a fare alcune concessioni.

Mubarak acconsentì ad una certa libertà di stampa, concedendo ad alcuni giornali indipendenti, come al Masry al Yawm, al ̒Arabi e al Dustūr, di operare. Venne

inoltre emendata la costituzione (articolo 76) così che, nel settembre 2005, si tennero le prime elezioni presidenziali aperte ad altri candidati oltre al presidente Mubarak.

Tutto ciò, comunque, non cambiò affatto la natura autoritaria e repressiva del regime.

Grazie alla legge di emergenza in vigore dal 1981, continuarono gli arresti, le detenzioni arbitrarie e le intimidazioni verso quei giornalisti ed oppositori che oltrepassavano i confini fissati dal regime (Beinin, 2009).

La possibilità o meno di presentarsi come candidati alla presidenza continuò ad essere sottoposta alla stretta supervisione del regime; le frodi e le intimidazioni continuarono così a inficiare i risultati delle elezioni del 2005 (Dunne, 2006; Din Arafar, 2009).

Da allora, in seguito al successo inatteso dei Fratelli Musulmani alle elezioni parlamentari,e negli anni successivi, il regime rafforzò significativamente il controllo sulla vita politica e ha intensificato gli arresti e le intimidazioni contro gli oppositori politici, soprattutto i Fratelli Musulmani, ma non solo (Paciello, 2011). L'uccisione del giovane Ḫālid Sayd da parte di alcuni poliziotti nel giugno 2010 rivelò tutta la brutalità del regime, contribuendo a politicizzare le coscienze di molti egiziani, soprattutto ragazzi.

Inoltre, una serie di emendamenti costituzionali approvati nel 2006 e nel 2007 conferirono al presidente il potere di sciogliere il parlamento senza referendum. Essi arginarono ogni tentativo da parte dei Fratelli Musulmani di dar vita ad un partito, vietando la costituzione di formazioni politiche basate sulla religione e limitarono la supervisione delle elezioni da parte dei giudici, affidandone il ruolo a un comitato appositamente nominato dal governo (Sullivan 2009; el-Ghobashy, 2010; Shehata, 2009).

In vista delle elezioni presidenziali, previste per settembre 2011, furono introdotte condizioni ancora più restrittive per le candidature alla carica di presidente, di fatto impedendo alle forze di opposizione di presentare un loro candidato e preparando la strada alla rielezione di Mubarak o alla nomina di suo figlio Gamāl (Brown et al., 2007).

Come già anticipato nel prg 2.2.1, le ultime elezioni parlamentari tenute il 28 novembre 2010, due mesi circa prima della rivoluzione, furono le più fraudolente da quando Mubarak era al potere, segnate da violazioni senza precedenti, arresti di centinaia di attivisti dei Fratelli Musulmani e forti pressioni sui media.

Grazie anche agli emendamenti costituzionali del 2006/2007, la vittoria massiccia del National Democratic Party (NDP) fu quindi inevitabile, mentre i partiti di opposizione ottennero una manciata di voti. I Fratelli Musulmani, principale forza di opposizione del paese, non sono riusciti a conquistare neppure un seggio, decidendo di boicottare il secondo turno elettorale in segno di protesta (Dunne e Hamzawy, 2010).

Il deterioramento della condizione socio-economica combinato ad una regressione sul fronte politico appena descritti hanno contribuito dunque ad esasperare la frustrazione ed il risentimento tra la popolazione.

In assenza di canali formali di espressione politica, il quadro socio-economico e politico si è rivelato insostenibile e inaccettabile, sfociando in una forma di mobilitazione spontanea.

Nella fase successiva all’ondata di proteste di gennaio e febbraio, il quadro socioeconomico in Egitto ha continuato a peggiorare. Le sollevazioni popolari hanno avuto ripercussioni drammatiche sull'economia, andando a peggiorare una situazione che era già complicata in precedenza.

Il processo di transizione politica ha proceduto molto lentamente. La fase post Mubarak è stata gestita dal Consiglio Supremo delle Forze Armate presieduto da Mohammed Hussein Tantawi, ministro della difesa durante il precedente regime. A causa dei forti legami con l'ex regime, il Consiglio delle Forze Armate ha fatto pochissime concessioni alla rivoluzione.

I governi di transizione (tre nel 2011) si sono dunque limitati a riproporre una serie di misure socio-economiche in forte continuità con il passato e che, come i governi precedenti, mancavano di una chiara visione strategica di lungo termine intesa a promuovere un cambiamento strutturale profondo dell'economia.

Inoltre, l'incertezza che ha accompagnato tale fase combinata ad uno persistente stato di insicurezza e instabilità, ha scoraggiato la ripresa di settori economici chiave, come il turismo, e quella degli investimenti privati.

2.2.7 I semi della Rivoluzione a partire dalla mobilitazione degli anni