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Una lente di ingrandimento sulla mobilitazione egiziana pro Intifada e la posizione del regime di Mubarak

CAP 2 IL CONTESTO STORICO DELLA PRODUZIONE E DELLA REGIA

2.1 Approfondimento del contesto di produzione della musalsal Gli attentati terroristici del 2001 negli Stati Uniti hanno scatenato un dibattito a

2.1.6 Una lente di ingrandimento sulla mobilitazione egiziana pro Intifada e la posizione del regime di Mubarak

Gli universitari furono i primi a scendere in campo a sostegno dell'Intifada palestinese: le

manifestazioni iniziarono alla fine del mese di settembre 2000, a ritmo quasi quotidiano. Secondo Fāṭima Farağ40, la prima manifestazione fu quella del 29

settembre, organizzata da “islamisti” all'Università di Alessandria, a cui parteciparono circa 6000 studenti. Seguirono gli atenei di al- Manufiyya, Zaqāzīq, del Cairo, e la mobilitazione divenne nazionale.

Mentre la Farağ attribuì almeno una parte della mobilitazione a studenti “islamisti”, Ḥussām al-Ḥamalāwī41, attivista socialista all'epoca studente all'Università 38 Cecilia, VALDESALICI, Stampa e Potere nell'Egitto contemporaneo. Il dibattito politico e sociale nell'attività

giornalistica di Magdī al-Gallād, Ibrāhīm ̒ Īssā e Muḥammad al-Sayyad Sa عīd (2004-2009), Tesi di laurea di dottorato di ricerca in Lingue Culture e Società, Venezia, Università Ca' Foscari, Tutore del dottorando: Prof. Piero Capelli, Coordinatore del Dottorato: Prof. Attilio Andreini. AA 2011-2012, p. 70

39 Ivi, p.78-88

40 Come riporta Cecilia Valdesalici nella sua tesi, la posizione di Fāṭima Farag non è attendibile in quanto espressa sul settimanale egiziano al-Ahram Weekly, di orientamento filogovernativo (anno 2000)

41 Ḥussām al-Ḥamalāwī fu detenuto e torturato dal “Servizio Investigativo per la Sicurezza Statale” di Mubarak nell'anno 2000 a causa del suo attivismo studentesco.

Americana, affermò che in questa fase furono i piccoli gruppi di studenti vicini o appartenenti a partiti e movimenti di sinistra ad organizzare le manifestazioni. In base alla sua ricostruzione, gli universitari membri o simpatizzanti della Fratellanza Musulmana sarebbero stati inizialmente assenti o contrari alle proteste.

In ogni caso il Presidente della Repubblica, il Partito di governo e quelli di opposizione, così come le autorità religiose, condannarono in blocco le azioni militari israeliane, in linea con l'opinione pubblica.

Ciononostante, non manca chi rimproverò alla leadership politica una scarsa mobilitazione e al governo la mancata decisione di liquidare le relazioni diplomatiche con Israele.

D'altro canto, le Forze di Polizia si dispiegarono davanti ai campus, alle scuole ed alle sedi dei sindacati professionali, impedendo l'ingresso di attivisti negli atenei: usarono lacrimogeni, manganelli ed arresti per contenere le manifestazioni ed evitare che gli studenti si riversassero in strada. Solo al Cairo, decine di universitari furono arrestati e trattenuti per vari giorni; in centinaia furono fermati e rilasciati in giornata.

Non furono solo gli universitari a mobilitarsi: intellettuali, giornalisti e professionisti di vari settori si coalizzarono in comitati per condannare la normalizzazione delle relazioni tra Egitto ed Israele.

Si creò una vasta rete di solidarietà che coinvolse il Sindacato dei Giornalisti e i vari partiti.

In particolare, alcuni attivisti della “Generazione degli anni Settanta” afferenti alla Sinistra, costituirono al Cairo il “Comitato Popolare Egiziano di Sostegno all'Intifada Palestinese” (EPCSPI), a cui aderirono anche nasseristi, islamisti e liberali.

A novembre, una numerosa delegazione del EPCSPI accompagnò alla frontiera al confine con Gaza il primo convoglio di alimenti e medicine. Tra fine 2000 ed inizio

2002, il Comitato organizzò otto convogli, incoraggiando il boicottaggio dei prodotti statunitensi ed israeliani. Esso monitorava, criticava e condannava l'azione dei governi arabi nei confronti di Tel Aviv attraverso i media e le proteste di strada. Queste attività erano accolte molto favorevolmente da una gran parte della popolazione egiziana, nelle città come nei villaggi: si moltiplicarono i Comitati regionali, che agivano in autonomia rispetto a quello della capitale.

Nonostante le reazioni ambivalenti del governo, nel complesso, tuttavia, si poteva affermare che nel corso del primo anno di Intifada, esso condannava duramente le posizioni israeliane. Coerentemente, le manifestazioni di piazza erano parzialmente tollerate, le raccolte di donazioni e le campagne di boicottaggio accettate ed i camion che il Comitato accompagnava al confine con Gaza venivano lasciati passare, anche se le forze

di polizia dispiegate sul posto controllavano che i contatti tra attivisti egiziani e cittadini palestinesi fossero limitati e contenuti.

Dopo l'11 settembre 2001, invece, il regime adottò una linea più dura.

Mentre il Comitato di Solidarietà preparava la manifestazione per l'anniversario dell'inizio dell'Intifada, Farīd Zahrān, che ne era portavoce, venne arrestato con l'accusa di diffondere false informazioni ed organizzare manifestazioni. Oltre trecento supposti militanti di organizzazioni islamiste furono rinviati a giudizio dinanzi al tribunale militare, mentre la Fratellanza Musulmana veniva colpita da una campagna di arresti.

Le manifestazioni di solidarietà tornarono a svolgersi tra quattro mura.

La primavera 2002 decretò tuttavia la ripresa delle proteste di piazza, incentrate sulla richiesta di sospendere le relazioni diplomatiche con Israele ed espellerne l'ambasciatore. Il 29 marzo, i manifestanti si radunarono dopo la preghiera alla moschea di al-Azhar. Il giorno successivo, iniziarono le proteste nelle università, ad Alessandria, al Cairo ed in altre province. Centinaia di manifestanti radunati al

Sindacato degli Avvocati tentarono più volte di rompere il cordone di sicurezza formato dalle Forze di Polizia, da cui vennero bloccati a colpi di manganello.

Le manifestazioni e le iniziative di solidarietà con la Palestina continuarono per tutti i mesi di aprile e maggio 2002, nonostante la dura repressione delle Forze dell'Ordine e l'inizio di una lunga serie di arresti.

L'anniversario dell'inizio dell'Intifada fu segnato da una nuova ondata di proteste nelle università, e da manifestazioni in varie località. Dinanzi alla sede della Lega Araba si radunarono circa duemila persone, tra cui attivisti di tutto l'arco politico: alla solidarietà con la Palestina si aggiunse l'opposizione al possibile attacco statunitense all'Iraq, e la

preoccupazione per il futuro dell'Egitto nel quadro degli scenari regionali. Le Forze di Polizia si dimostrarono in quell'occasione tolleranti.

Intanto la mobilitazione proseguì ma era giustificata da ideologie e visioni differenti, vedeva gradi di partecipazione molto diversi: mentre i partiti di opposizione erano per lo più assenti dalle piazze, il Comitato convogliava le posizioni e le iniziative di individui, gruppi ed organizzazioni emarginati o formalmente esclusi dalla sfera pubblica.

La Fratellanza tendeva a partecipare pur mantenendo sempre un atteggiamento cauto, senza sbilanciarsi troppo agli occhi del governo. Questo andava di pari passo con la strenua riluttanza che una parte della Sinistra nutriva nel collaborare con i Fratelli musulmani.

Fu il progetto dell'amministrazione Bush nei confronti del regime di Ṣaddām Ḥusayn ad attenuare temporaneamente le divisioni interne al Comitato. Il movimento filo-palestinese evolvette allora in una serie di gruppi ed iniziative che coniugavano il supporto all'Intifada con l'opposizione ai progetti della Casa Bianca

per il Medio Oriente, e, più in generale, alla globalizzazione, interpretata come progetto di colonizzazione economica.

A livello nazionale, l'invasione in Iraq mise in evidenza la scissione tra volontà popolare ed iniziative governative - repressione della “piazza”, iniziative diplomatiche, acquiescenza e collaborazione con i governi israeliano e statunitense.

Per chi manifestava era chiaro che la leadership politica aveva scelto di adottare nei confronti dei propri cittadini un atteggiamento più fermo di quello mantenuto nei confronti di Tel Aviv e Washington.

La crisi regionale e le manifestazioni contro l'invasione dell'Iraq sancirono lo spostamento dell'attenzione pubblica sulla situazione nazionale: i timori per le conseguenze della guerra, le difficili condizioni economiche in cui versava il paese, l'approssimarsi delle elezioni presidenziali e parlamentari rendevano urgente l'esplicitazione di istanze più mirate nei confronti del regime egiziano. In questo caso la mobilitazione investì una porzione di popolazione assai più ridotta, composta essenzialmente da un' élite di attivisti politici di varia provenienza e rinforzata dall'apporto degli universitari.

La mobilitazione aveva volto così la propria attenzione sul fronte della riforma politica interna.

Tuttavia il supporto alla causa palestinese e la condanna alle azioni militari israeliane ripresero con vigore tra dicembre 2008 e marzo 2009, in relazione alla situazione nella Striscia di Gaza ed alle posizioni ufficiali in merito, ed infine nel 2010, per condannare la costruzione di un muro di separazione sul valico di Rafaḥ.42

2.2 Approfondimento del contesto della regia: la rivolta egiziana e