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Coscienza ed esistenza.

II. CRITICISMO E ONTOLOGIA.

II.2. Coscienza ed esistenza.

Se l‟idealismo trascendentale si pone in una prospettiva radicalmente diversa dall‟ontologia classica è perché alla sua base si trova una riflessione sulla tematica dell‟essere che porta Kant decisamente al di fuori del solco della tradizione.

Quest‟argomento è affrontato direttamente nella Dialettica

trascendentale, l‟occasione è quella di confutare la possibilità

della prova ontologica dell‟esistenza di Dio (non a caso un

76 KrV A 494 B 522. 77 KrV A 253.

55 argomento cardine della tradizione metafisica), il brano è celeberrimo: “essere, patentemente, non è un predicato reale, ossia il concetto di una cosa tale da potersi aggiungere al concetto d‟una cosa. Esso è semplicemente la posizione78 di una cosa o di talune determinazioni in sé stesse. Nell‟uso logico non è che la copula di un giudizio […]” – ancor di più l‟esempio che segue poco dopo, uno dei pochi reperibili all‟interno dell‟opera (la cui natura, a detta dell‟autore stesso, poco si concilierebbe con l‟utilizzo di tale strumento retorico79), ha addirittura assunto un ruolo paradigmatico nella riflessione filosofica e nella letteratura successiva – “E dunque il reale non contiene niente più del semplicemente possibile. Cento talleri reali non contengono assolutamente nulla più di cento talleri possibili. Infatti poiché i secondi stanno a significare il concetto, e i primi

78 Qui ci concentreremo esclusivamente sul valore negativo della tesi; la definizione positiva della tesi kantiana dell’esistenza come “posizione” e “posizione assoluta”non viene mai sviluppata completamente dallo stesso autore. Senz’altro, però, la stessa accezione topologica del termine rimanda a quell’ambito della pre-datità come contesto preliminare della relazione (unica dimensione che può definirsi ontologica nell’ambito critico) che affronteremo nel capitolo successivo. Cfr. Esistenza e giudizio. Linguaggio e ontologia in Kant. Pisa, ETS, 1999; pp. 74-85. 79 Bastino le parole della Prefazione alla prima edizione dove viene spiegato come gli esempi (“accorgimenti utili alla chiarezza”) “sono certo di giovamento per quanto concerne le parti, ma spesso danneggiano l’insieme, perché impediscono lo sguardo complessivo da parte del lettore; essi, infatti, coi loro vivaci colori, nascondono e rendono irriconoscibile così l’articolazione come la struttura del sistema, che è quello che conta per chi si proponga di vagliarne l’unità e la consistenza.” KrV A XIX.

56 l‟oggetto e la sua posizione in sé, se l‟oggetto possedesse qualcosa di più del concetto, questo non esprimerebbe integralmente l‟oggetto e non sarebbe il concetto adeguato. Certamente, rispetto alle mie disponibilità finanziarie i cento talleri reali contengono qualcosa di più del mero concetto di essi (la loro possibilità). Infatti, quanto alla realtà, l‟oggetto non è contenuto in modo meramente analitico nel mio concetto, ma si aggiunge invece sinteticamente a tale concetto (che è una determinazione del mio stato), senza però che i cento talleri pensati subiscano il benché minimo accrescimento in virtù di questo essere, che si trova fuori del mio concetto.”80.

“Essere, patentemente, non è un predicato reale ”, con questa breve sentenza Kant si sbarazza definitivamente di una tradizione secolare che, da Tommaso D‟Aquino a Baumgarten81, si basava sull‟assunto che individuava una coincidenza fra il piano dell‟essentia e quello dell‟existentia. L‟essentia rappresenta la dimensione della predicabilità dell‟ente, cioè delle sue

80

KrV A 598-99 B 627-28.

81 Questi in particolare, con la sua Metaphysica, è il riferimento diretto di Kant, che peraltro utilizzava questo testo per i suoi corsi universitari. Per approfondire le caratteristiche della metafisica baumgarteniana rimando a C. LA ROCCA; Esistenza e giudizio, op. cit.; pp. 68-71.

57 determinazioni interne e proprie (l‟insieme dei predicati possibili che si possono assegnare secondo verità a quel particolare ente): gli essentialia o predicati reali; questa dimensione viene vista in continuità, secondo un rapporto di complementarità82. Tale continuità trova il suo fondamento ontologico nel concetto di Dio nel quale queste due dimensioni risultano coincidenti83; si configura, infatti, come un ens

realissimum (cioè che riunisce in sé la totalità dei predicati reali

possibili) che si dimostra, al contempo, anche ens necessarium, cioè la cui esistenza è necessariamente ed implicitamente contenuta nel suo concetto.

Kant distingue le due funzioni del termine “essere”: come predicato attribuito ad un soggetto (può esser definita la sua funzione logica) e come attribuzione di un‟esistenza (funzione ontologica). Le due modalità, come abbiamo già sottolineato,

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“Il punto fondamentale è comunque che i due piani, quello dell’essentia come dimensione della predicabilità dell’ente e quello ontologico dell’ente considerato in quanto esistente, vengono concepiti come in continuità l‟uno con l‟altro, tanto che il secondo, l’esistenza, è un “complemento” e, per così dire, un compimento del primo.” Ibid. p.70-71.

58 non risultano in continuità84; l‟esistenza risulta sempre trascendente rispetto alla sfera della logica, quindi mai attestabile prescindendo dal rapporto con l‟esperienza. Nessun ente, infatti, può darsi per noi se non come fenomeno, cioè come rappresentazione mediata entro i confini della sensibilità; nessun esistente può, pertanto, esser attestato a priori, indipendentemente dal rapporto intenzionale con l‟oggetto.

Quest‟argomento non riguarda una mera disputa scolastica ma interessa una serie di questioni fondamentali, come lo status dell‟oggetto ed il suo rapporto con il soggetto, tanto che La Rocca affermerà che “se non rappresenta il problema da cui il criticismo storicamente, nel suo sviluppo, è scaturito si tratta certo di una chiave sistematica da cui poteva scaturire e che ne condiziona le soluzioni.”85 Una tesi, quindi, la cui importanza non si riduce alla sola prospettiva della filosofia critica, cosa

84 L’esistenza può sempre svolgere il ruolo di predicato in frasi tipo “x è” ma ciò indica il semplice svolgimento di una funzione grammaticale, nessuna attestazione d’esistenza. Già in una delle sue prime opere (i Beweisgrund del 1763) Kant chiarisce come questa non sia la forma più corretta per esprimere un’esistenza: “Non è perciò parlare del tutto esattamente il dire: il liocorno marino è un animale esistente; ma inversamente: ad un certo animale marino esistente spettano i predicati che io penso insieme in un liocorno.” I.KANT, L‟unico argomento possibile per una dimostrazione

dell‟esistenza di Dio, in Scritti precritici, a cura di P. Carabellese, riv. da R. Assunto e

R.Hohenemser, Laterza, Roma-Bari, 1982.

59 comunque non da poco, ma che segna anche una tappa fondamentale nell‟intera storia della filosofia. Con questa breve sentenza, dall‟apparenza quasi innocua per la totale assenza di magniloquenza con la quale viene formulata, Kant, infatti, chiude definitivamente i conti con una tradizione che aveva dominato per secoli, imponendo una sua metafisica ed una sua gnoseologia al pensiero filosofico, nonché una peculiare

Weltanschauung alla cultura in generale: quella dell‟onto-

teologia.

Al centro della vita cognitiva del soggetto si collocherò, ora, l‟esperienza fattuale, intesa come dialogo effettivo fra soggetto ed oggetto. Ciò risulterà centrale anche per la questione dell‟auto-affezione, approfondendo la quale, inoltre, avremo modo di chiarire come tale primarietà della dimensione intenzionale si concili con la prospettiva trascendentale, il cui obiettivo principale è quello di fondare tale rapporto esplicitandone le condizioni di possibilità.

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