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Riflessione e Giudizio.

II. CRITICISMO E ONTOLOGIA.

III.3. Riflessione e Giudizio.

La tematica del Giudizio è presente ogniqualvolta ci si trovi alle prese con un‟operazione di mediazione, con la necessità di dinamicizzare la struttura reificata dell‟argomentazione kantiana, ricollocandola in quella dimensione organica e progettuale di una ragione intesa epinegeticamente che gli è propria. Proprio perché presentano la forma di un‟integrazione ad un‟esposizione che si svolge secondo un‟ottica diversa, i riferimenti a quello che è il vero e fondamentale ruolo del Giudizio entro la KrV vanno spesso colti in contesti marginali: una nota, un inciso od un‟appendice. Da questo punto di vista

112 risulta molto interessante l‟Appendice all‟Analitica trascendentale, che titola: Dell‟anfibolia dei concetti puri della riflessione, a causa

dello scambio dell‟uso empirico dell‟intelletto con l‟uso trascendentale.

In questa sede Kant introduce un concetto fondamentale: quello di riflessione. La definizione generica che ne dà è: “La riflessione (reflexio) non ha a che fare con gli oggetti stessi, per farsene concetti, ma è quello stato dell‟animo, in cui cominciamo a disporci a scoprire le condizioni soggettive in virtù delle quali ci è possibile giungere a concetti. Essa è la coscienza del rapporto fra le rappresentazioni date e le varie sorgenti di conoscenza a nostra disposizione, coscienza mediante la quale soltanto può essere determinata la loro relazione reciproca”157. Emerge da subito come quest‟operazione non sia rivolta all‟interpretazione concettuale dei dati ma alla tipologia delle relazioni fra l‟empirico ed il concettuale (o comunque l‟apriori, dal momento che si riferisce alle “fonti della conoscenza”). Si capisce, così, come la prospettiva non sia quella della razionalità analitica che è tesa alla determinazione di stati di

113 cose ma quella epigenetico-relazionale della ragione (prospettiva che vedremo manifestarsi pienamente a partire dalla successiva Dialettica trascendentale). Nella stessa definizione, però, è possibile rinvenire un residuo di quell‟impostazione intellettualistica che caratterizza tutta l‟Analitica: Kant, infatti, fa riferimento ad un‟indagine delle rappresentazioni prima ancora che giungano a concetti, sembra così riferirsi ancora una volta ad una dimensione della datità originaria la cui insostenibilità è stata già discussa a proposito dello schematismo. Questo riferimento ad una presunta originarietà del dato, come nell‟altro caso, permette però di capire che proprio alla dimensione della costituzione del molteplice stesso ci stiamo riferendo, cioè a quella dimensione delle precondizioni della manifestatività che risulta sicuramente pre-giudiziale (almeno nella sua accezione rivolta alla determinazione) e costituisce le condizioni stesse per l‟operatività delle categorie.

Tutti i giudizi richiedono una riflessione, conseguentemente anche quello trascendentale necessiterà di una riflessione

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trascendentale (quella tematizzata in quest‟appendice) che si

configurerà come: “l‟operazione con cui connetto il raffronto delle rappresentazioni in generale con la facoltà conoscitiva in cui esso ha luogo e con la quale determino se le rappresentazioni in questione sono raffrontate fra loro come proprie dell‟intelletto puro o dell‟intuizione sensibile …”158. Qui la dimensione della riflessione, sempre a causa dell‟impostazione analitica dell‟argomentazione, appare persino pre-categoriale. Si istituiscono in questa sede, infatti, i principi che presuppongono ad ogni comparazione la quale, a sua volta, rende possibile159 qualsiasi giudizio oggettivo. Questa fase della comparazione che Kant individua riguarda il confronto dei concetti con il molteplice cui si riferiscono per valutare la tipologia delle relazioni che fra loro intercorrono. Questo processo avviene sulla base dei concetti di comparazione (ma più correttamente potrebbero essere definiti, come nel titolo, concetti

158

KrV A 261 B 317.

159 In questi termini Kant si esprimerà esplicitamente nel capoverso successivo, precisando come la

riflessione trascendentale contenga”il fondamento della possibilità del paragone oggettivo delle

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della riflessione)160. Uno degli esempi che Kant accenna, prima di trattare specificatamente tutte le quattro coppie, è quello del binomio accordo/opposizione: nel caso in cui si dia accordo fra concetto e rappresentazioni si ha un giudizio affermativo, in caso d‟opposizione un giudizio negativo.

Conseguenza dell‟impostazione è anche il fatto che riflessione e comparazione appaiono come due fasi successive e separate. Kant, infatti, distingue esplicitamente una riflessione logica, che risulta una mera comparazione indipendente da qualsiasi riferimento alla facoltà conoscitiva cui appartengono le rappresentazioni, da una riflessione trascendentale, che per l‟appunto riguarda la possibilità stessa della comparazione e rappresenta un‟operazione preliminarmente necessaria alla formulazione di qualsiasi giudizio. Si capisce, così, come i due aspetti siano inscindibili, due facce del medesimo processo ineludibile di riflessione trascendentale.

160 Saranno, sulla scia ancora della divisione della tavola delle categorie, quattro coppie di concetti opposti: identità e diversità, accordo e opposizione, esterno e interno, determinabile e determinazione (cioè materia e forma).

116 Ricondurre le rappresentazioni all‟orizzonte che le è proprio significa delineare i termini di quella relazione fra sensibile ed intellettuale che è l‟orizzonte in cui si colloca sempre la conoscenza umana, per questo la vera natura del processo di riflessione è quella di mediare fra sensibilità ed intelletto. Il modo in cui si attua effettivamente, infatti, è quello di mostrare come concetti apparentemente soltanto logici (come apparivano i concetti della comparazione) acquistino il loro vero senso nella relazione con la sensibilità, processo che avviene nei termini di una traduzione spazio-temporale di questi concetti e che perciò può avvenire solo entro la legalità intermedia dell‟esperienza possibile.

L‟analogia con lo schematismo dei concetti puri dell‟intelletto è forte e strutturale. I due processi, infatti, sono solo fasi, necessariamente concomitanti, della costituzione della struttura sistemica delle precondizioni dell‟esperienza. Nel caso dello schematismo si interpretano le categorie in vista della loro applicazione all‟intuizione, riconducendole così al tempo come intuizione formale; in questo caso, invece, i concetti della

117 riflessione si interpretano in vista della loro applicazione alla molteplicità empirica. Come la schematizzazione categoriale produce la forma dell‟oggetto in generale (cioè le condizioni formali per le quali l‟oggettualità, la forma “oggetto”, può emergere dall‟intuizione), così la riflessione trascendentale contrappone a queste forme dell‟unità le forme della molteplicità: cioè le modalità possibili che la conformazione relazionale della sensibilità può assumere affinché ad essa possa essere applicata la forma di un oggetto in generale. E‟importante ribadire che questi processi sono concomitanti, indipendentemente dall‟ordine che nella ricostruzione genetica della conoscenza umana sembrano avere. Entrambi, infatti, riguardano quella dimensione della pre-datità161, cui abbiamo fatto riferimento spesso e secondo varie accezioni, sono cioè prerequisiti di quel processo di lettura empirica che rappresenta il ruolo della ragione come dispositivo analitico-procedurale.

Tutto ciò che è stato detto a proposito del processo di riflessione trascendentale lascia pensare che, analogamente alla

161 L’ordine che vede una comparazione che precede alla formulazione dei giudizi ha senso solo entro la sfera dell’esperienza possibile.

118 schematizzazione categoriale, inerisca alla sfera del Giudizio. Interessante a tal proposito è la riflessione che La Rocca sviluppa in proposito partendo dalla distinzione fra giudizio

determinate e giudizio riflettente162 che caratterizza la Critica del

giudizio163. Ciò che fa notare è che nel contesto della KU (dove la tematica del Giudizio viene sviluppata, acquisendo una centralità assoluta, secondo quelle linee che nella prima critica erano state soltanto abbozzate) Kant non si limiti a sviluppare la distinzione fra giudizio determinante e riflettente ma che, proiettandola retrospettivamente sulla KrV, arrivi alla conclusione che: ad ogni operazione di determinazione è concomitante una fase di riflessione164. Questo fenomeno trova la sua massima espressione nel fatto che persino lo stesso

162 Nell’Introduzione definitiva Kant si esprime così: “La capacità di giudizio in generale è la facoltà di pensare il particolare come contenuto sotto l’universale. Se è dato quest’ultimo (la regola, il principio, la legge), allora la capacità di giudizio, che sussume il particolare sotto l’universale, è determinante […] Ma se è dato solo il particolare, per il quale la capacità di giudizio deve trovare l’universale, allora essa è meramente riflettente”.

163 Cfr. C. LA ROCCA, Esistenza e giudizio, op. cit., pp. 143-48.

164 Marcucci, che pur è ben lungi dall’ignorare l’importanza della funzione del giudizio e della KU entro la prospettiva della filosofia critica, non concorda con questa lettura. Il ruolo coerente che il giudizio riveste nell’intera filosofia kantiana non è per lui quello progettuale di “operare con la necessità di un impensato” ma, secondo una lettura più tradizionale, di “rendere possibile la connessione tra particolare ed universale” (Cfr. S. MARCUCCI, Sui fondamenti dell‟esperienza

empirica in Kant in Studi kantiani I. Kant e la conoscenza scientifica, Lucca, Maria Pacini Fazi

Editore, 1984.). Una tale sovrapposizione del giudizio determinante al giudizio in generale, infatti, significherebbe negare l’apoditticità del giudizio scientifico.

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giudizio trascendentale presenta una componente riflessiva. Ciò

non rappresenta altro che un percorso diverso per giungere alla medesima conclusione che, come sostenuto rispetto alla tematica della riflessione trascendentale, solo una schematizzazione che si accompagni ad una riflessione può costituire l‟ambito delle precondizioni di qualsiasi giudizio.

Un‟indagine delle modalità in cui l‟attività di giudicare concretamente funziona non fa altro che confermare quest‟idea. La prospettiva nella quale la conoscenza umana si muove, infatti, non risulta mai immediatamente determinante ma sempre progressiva. Si realizza tramite una serie di giudizi

provvisori165 che delineano un necessario processo euristico di orientamento al giudicare oggettivo. Il loro intervento risulta già necessario al livello della percezione stessa che, data la sua natura frammentaria e progressiva (è sempre sintesi successiva

165 Cfr. C. LA ROCCA, Giudizi provvisori. Sulla logica euristica del processo conoscitivo in

120 delle apprensioni), necessita di una serie di presunzioni ed

avviamenti al giudizio166.

In conclusione, l‟Appendice all‟analitica trascendentale non fa altro che sottolineare un motivo di fondo che riemerge continuamente, anche se spesso sottotraccia, in tutta la filosofia critica: quella per cui le condizioni di una conoscenza apriori non si esauriscano alla determinazione della forma di un oggetto in generale ma riguardino inevitabilmente anche la pluralità dell‟oggettualità empirica. Una tematica che ci condurrà, tramite l‟analisi dell‟esperienza concreta, alla scoperta di come la complessità del progetto che la ragione disegna non si esaurisca nella pur complessa trama dell‟apriori che l‟Analitica ha faticosamente tessuto.

166 Ibid. p.86.

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III.4. Ragione ed esperienza: la Dialettica trascendentale e

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