II. CRITICISMO E ONTOLOGIA.
III.2. Il conflitto delle “Ragioni”.
Nel cuore stesso dell‟Analitica, nel fulcro cioè di quello che dovrebbe costituire il fondamento definitivo e perfetto della certezza della conoscenza umana, vediamo emergere nuovamente la struttura pseudo–circolare della sistematicità kantiana; struttura organica il cui sviluppo si realizza epigeneticamente e la cui legalità è incarnata dalla dinamica euristica dell‟analogia. I concetti puri dell‟intelletto, infatti,
102 costituiscono gli stadi germinali di quell‟idea (l‟unità del sistema dell‟esperienza possibile) che solo grazie ad un‟opera di sintesi analogica può rivelarsi, non a caso mostrandosi come dimensione della pre-datità, cioè come presupposto originario e necessario. Kant è consapevole di questo, per tale motivo nell‟importantissimo e già menzionato §27142 (subito dopo aver portato a termine la Deduzione metafisica e quella trascendentale, convinto di essere riuscito a fondare l‟assoluta purezza e l‟oggettività delle categorie) si interroga sul rapporto fra i concetti puri dell‟intelletto e le categorie (anticipando quella che sarà la tematica della sezione sul giudizio trascendentale), riflessione che verrà svolta nell‟ottica della ben nota metafora biologica già incontrata analizzando l‟Architettonica. La domanda verte sul come possa configurarsi quell‟accordo necessario fra esperienza e categorie la cui necessità è già stata mostrata143. Le risposte possibili sono soltanto due: o
142 Cfr. M. BARALE; Forme di soggettività e modelli di razionalità in Dimensioni della
soggettività, M. BARALE (a cura di), Pisa, ETS, 2008.
143
Cfr. B 166-67. I termini in cui Kant si esprime, a proposito di un “accordo necessario dell’esperienza con i concetti dei suoi oggetti”, confermano quanto già detto a proposito della problematica dello schematismo. Il fatto, cioè, che la questione non verta attorno alla fondazione della presa oggettiva dell’intelletto e dei suoi concetti puri (già fondata in sede di deduzione
103 l‟esperienza fonda la possibilità dei concetti puri dell‟intelletto o viceversa sono quest‟ultimi a render possibile l‟esperienza. La prima ipotesi (definita come una sorta di teoria della generatio
aequivoca) si mostra da subito come insostenibile, pena la
rinuncia allo status di apriorità che questi concetti possiedono. E‟ necessario rifiutare decisamente anche la prospettiva di un
sistema di preformazione della ragion pura, secondo il quale
nessuna delle due istanze costituirebbe la condizione di possibilità dell‟altra ma le categorie risulterebbero disposizioni innate della nostra soggettività ordinate da un creatore benigno in modo da accordarsi con le leggi naturali. Quest‟ipotesi, infatti, risulta insostenibile sia perché non fornisce garanzie sulla certezza dei giudizi futuri (non è dato infatti sapere fino a che punto possa estendersi tale accordo provvidenziale fra intelletto e natura), sia perché, ed è la ragione più importante, negherebbe quella necessità che ai concetti puri dell‟intelletto
trascendentale) e che, quindi, la prospettiva nella quale l’argomentazione è sviluppata, quella
104 appartiene per definizione144. L‟unica possibilità rimasta è, come fin dall‟inizio non poteva che essere, quella per la quale siano le categorie a fondare la possibilità dell‟esperienza, fondazione però, che può svilupparsi soltanto secondo una dinamica epigenetica. Solo così, infatti, è possibile eludere il pericolo dell‟innatismo per conquistare la dimensione di una struttura organica in divenire secondo una modalità autopoietica, capace, cioè, non solo di svilupparsi secondo logiche interne ma anche di produrre le sue stesse strutture.
La natura del sistema che abbiamo di fronte è quella della ragion pura stessa, così come viene descritta nell‟Architettonica, che condiziona anche la conformazione dello stesso apparato trascendentale dell‟intelletto. Ciò, a ben riflettere, non dovrebbe minimamente stupire dato che il sistema della ragion pura risulta sempre architettonicamente sovraordinato e l‟intelletto non è altro che una delle istanze che lo compongono (Kant parla di facoltà). Per questo “l‟apriori non è dunque un insieme
144 Qualsiasi rapporto con la dimensione dell’innato, infatti,significherebbe per la metafisica kantiana ripiombare nell’ottica della filosofia cartesiana, con tutte le problematiche connesse che abbiamo esaminato.
105 di conoscenze totalizzanti, di strutture fisse di un mondo intelligibile al cui interno si deposita una conoscenza empirica, ma quell‟orizzonte complessivo di anticipazioni a cui un intelletto discorsivo, che è costretto a muovere dalle «parti e non dal tutto»145, deve far ricorso nel suo mediare tra regole e
caso”146.
L‟intera argomentazione della deduzione, quindi, va collocata in questo contesto di riferimento nel quale acquista il suo senso più vero, contesto che deve essere tenuto continuamente presente nell‟affrontare le difficoltà della sua interpretazione. E‟, però, innegabile che molte di queste difficoltà nascano da un contrasto, interno alla struttura argomentativa dell‟opera kantiana, fra due diverse concezioni di ciò che la ragione umana è. Questa contrapposizione, come sottolinea Barale147, vede opporsi all‟idea di una ragione organica che si sviluppa secondo i meccanismi autopoietici
145
KU §77.
146 C. LA ROCCA, Esistenza e giudizio, op. cit., p. 133.
147 Cfr. M. BARALE; Forme di soggettività e modelli di razionalità in Dimensioni della
106 dell‟epigenesi ad un‟altra, definita di tipo analitico-procedurale, che si pone anch‟essa nella dimensione soggettiva per cui risulta caratterizzata da una legalità che riguarda le condizioni di manifestatività e non il modo in cui possono esser colte dalla mente umana, ma la cui struttura normativa è costituita esclusivamente da procedure capaci di decidere sull‟esistenza di ciò a cui si applicano ed atte a selezionare unicamente ciò che è già in loro presupposto. Quest‟ultima, sostanzialmente, coincide con quella ragione cartesiana, cui Kant avevamo visto tentare di emanciparsi già riguardo alla questione dell‟idealismo trascendentale. Epigenesi e preformazione rappresentano rispettivamente le dinamiche dello sviluppo di questi due modelli di razionalità. Adesso è possibile capire meglio l‟importanza della ben nota metafora biologica. L‟opposizione fra le due teorie travalica l‟ambito della scienza della vita per concernere più propriamente lo status della razionalità, concepita come organismo. In quest‟ottica il ben noto §81 della KU acquisisce un‟importanza ancora più rilevante. La contrapposizione fra epigenesi e preformazione,
107 che è qui sviluppata, coincide con l‟affermazione della nuova metafisica della ragion pura kantiana sopra quella idealistico- meccanicistica cartesiana148. Questo processo, però, non avviene in maniera così pacifica e netta. L‟ottica in cui l‟argomento è sviluppato, infatti, è quella di una mediazione fra meccanicismo e teleologia (si spiega così il fatto che Kant definisca la sua visione epigenetica anche come una teoria della preformazione
generica). Il vero problema, però, non è quello di mediare regole
meccaniche e orientamento finalistico nella prospettiva dello sviluppo di un ente organico (di ciò entrambe le teorie sono in grado, in modi diversi, di render conto) ma quello più generale della scelta del modello di razionalità da promuovere, scelta che si riduce sostanzialmente nello scegliere quale dei due termini (meccanicismo o teleologia) privilegiare149.
La ragione, in Kant, costituisce la dimensione ultima della conoscenza, un sistema assoluto al di fuori del quale niente
148 L’opposizione fra le due prospettive filosofiche già emersa riguardo alla questione dell’idealismo trascendentale trova il suo fondamento in questa contrapposizione basilare.
149
Di ciò Kant sembra esser consapevole quando afferma, dopo aver presentato entrambe le teorie, che “anche se non si conoscesse il grande primato che il difensore dell’epigenesi ha, nei confronti dell’altro, riguardo ai fondamenti di esperienza per provare la sua teoria, la ragione sarebbe tuttavia già pregiudizialmente più favorevole al suo modo di spiegazione …” KU §81, p. 725.
108 risulta dato all‟intelletto umano (una sfera dell‟immanenza, per questo pura). Due diversi modelli di razionalità quindi, in virtù della loro assolutezza, non possono mediarsi ma solo configgere, dando vita ad una tensione. Questo è ciò che avviene entro la Dottrina degli elementi, ed in particolare150 nel suo cuore teoretico: la deduzione trascendentale (intesa in un‟ottica non ristretta al paragrafo così titolato ma in senso lato come problema della legittimazione delle categorie tramite la loro fondazione e l‟ostensione del loro valore oggettivo).
Estetica ed Analitica, infatti, risultano, come abbiamo avuto
ripetutamente modo di notare parlando del loro metodo esplicativo, caratterizzate da un‟argomentazione reificante che tende a disconoscere la dimensione originariamente organica ed epigenetica della ragion pura151, nel cui contesto comunque si collocano. Paradossalmente, quindi, proprio le sezioni dove si concretizza la svolta della “rivoluzione copernicana” risultano
150 Ciò non toglie che, pur emergendo peculiarmente, questo sia l’unico luogo nel quale il conflitto si manifesta. Espressione del medesimo problema, infatti, possono essere ad esempio considerate le oscillazioni kantiane sul grado di facilità nel portare a termine il compito di sviluppo della metafisica cui la critica dev’esser propedeutica.
151 In tal proposito Barale tratta ampiamente la strategia kantiana dell’“esposizione metafisica”. Cfr. M. BARALE, Kant e il metodo della filosofia, Pisa, ETS, 1988, in particolare pp. 134-48.
109 afflitte dalla pesante influenza di quella forma di razionalità, che per comodità possiamo definire cartesiana, da cui l‟obiettivo della Critica, se vuol realizzarsi come metafisica nuova, è di emanciparsi152. Capiamo così come vedere l‟intera filosofia trascendentale come derivata dalle fonti delle forme
pure della sensibilità e dell‟intelletto significhi sostenere, in
contrasto con il senso che acquista in una prospettiva più generale, “una nozione di apriorità come incondizionata datità”153. L‟intera struttura della ragione, di conseguenza, finisce per identificarsi con l‟intelletto, che invece ne rappresenta solo un‟istanza fra altre, riducendosi così ad un dispositivo per la raccolta ed interpretazione di dati. Un modello di intelligenza “rappresentativa” tesa ad individuare ed elaborare “stati di cose”.
152 Ecco ribadita l’importanza delle riflessione sullo scopo dell’opera. Stabilire che l’obiettivo ultimo della Critica è quello di operare una rifondazione della metafisica o di fornire una teoria della conoscenza oggettiva, infatti, significa decidere su quale sia il modello di razionalità che Kant vuol proporre. Decisione che determina anche una diversa valutazione del rapporto fra le varie parti del testo. Nel primo caso si propenderà per un’interpretazione sistematica che rivaluti la
Dialettica trascendentale ed individui nella Dialettica trascendentale la vera pars costruens
dell’opera, nell’altra ipotesi, invece, si riterrà di dover salvare le parti che risultano espressione di un pensiero rettamente “scientifico” (quasi esclusivamente l’Analitica trascendentale) da un contesto che rischia di contaminarle metafisicamente.
153
M. BARALE; Forme di soggettività e modelli di razionalità in Dimensioni della soggettività, op. cit., p. 260.
110 Adesso è il momento di presentare una questione che precedentemente è stata volutamente trascurata. Kant infatti, parlando degli schemi, afferma come siano dei prodotti dell‟immaginazione trascendentale, pur distinguendosi dalla singolarità individuale dell‟immagine (lo schema di un concetto in generale viene definito come “procedimento generale mediante cui l‟immaginazione appronta al concetto stesso la sua immagine”154). Il problema è ampio e non potrà trovare qui esposizione adeguata155, ma senz‟altro si deve riconoscere che definire in questo modo la procedura di schematizzazione significa porsi nella dimensione di un‟intelligenza orientata alla rappresentazione. Sarà la facoltà del giudizio, invece, in virtù della sua capacità di procedere in assenza di regole determinate, a permettere quella trascendenza delle legalità cui abbiamo fatto riferimento. Tratto coerente del Giudizio, infatti, in tutta la sua azione, all‟interno della KrV e più ingenerale
154
KrV A 140 B 180. 155
Per approfondimenti rimando a: A. FERRARIN Construction and Mathematical
Schematism.Kant on the Exhibhition of a Concept in Intuition, in Kant-Studien, 86, pp. 131-174;
B. LONGUENESSE, Kant and the Capacity to Judge, op. cit.; O.MEO “Un‟arte celata nel
111 della filosofia critica stessa (anche nella Critica del giudizio), sarà proprio quello di “operare con la necessità di un impensato”156.