Si potrebbe facilmente risolvere questo problema nella base delle X risolven-do l’equazione differenziale 5.1. Tuttavia esiste un metorisolven-do pi`u elegante, che
ci consente di risolvere questa equazione in maniera astratta, senza scrivere esplicitamente la soluzione in nessuna base. Poich´e questo metodo, seppur macchinoso, viene usato moltissimo in teoria dei campi, lo affronteremo qui per poter risolvere l’oscillatore armonico.
Per farlo definiamo l’operatore a e il suo hermitiano coniugato in questo modo: a =r mω 2~ X + i P mω (5.2) a+=r mω 2~ X − i P mω (5.3) Costruiamo ora un po’ di algebra su questi operatori. Partiamo con il calcolare il commutatore di questi operatori:
[a, a+] = I (5.4) Infatti: [a, a+] = aa+− a+a = = mω 2~ X + i P mω X − i P mω − X − i P mω X + i P mω = =mω 2~ X2− i mω[X, P ] P2 m2ω2 − X2+ i mω[P, X] − P2 m2ω2 = = −mω 2~ 2i mω[X, P ] = [X, P ] i~ = i~I i~ = I
Possiamo costruire un nuovo operatore a+a che ha la propriet`a di essere hermitiano. Infatti:
a+a+
= a+ a++
= a+a
Questo operatore ha anche la propriet`a di essere semidefinito positivo2, infatti
hψ|a+a|ψi = |a |ψi|2≥ 0
Supponiamo ora di conoscere uno degli autovalori λ di a+a (che de-ve essere maggiore o uguale a zero). Siano |λi gli autode-vettori associati al rispettivo autovalore λ, che prendiamo per semplicit`a normalizzati a uno3
a+a |λi = λ |λi
Ora notiamo che risolvere il problema agli autovalori di questo operatore `e esattamente come risolvere quello dell’hamiltoniana:
H = ~ω a+a +1 2 2
Ha tutti autovalori maggiori o uguali a zero.
Mostriamo subito questa uguaglianza: a+a = mω 2~ X − i P mω X + i P mω = = mω 2~ X2+ P 2 m2ω2 + i[X, P ] mω = = mω 2~ X2+ P 2 m2ω2 − ~ mω = = 1 ~ω 1 2mω 2X2+ P 2 2m | {z } H −~ω 2
Continuiamo a sviluppare un po’ di algebra con questi operatori, che ci torner`a utile:
[a+a, a] = a+[a, a] + [a+, a]a = −a (5.5) Dove abbiamo sfruttato la 5.4 e l’antisimmetria del commutatore.
[a+a, a+] = a+[a, a+] + [a+, a+]a = a+ (5.6) Ora consideriamo l’autovettore |λi
a+a |λi = λ |λi
Vediamo che succede se applichiamo a+a al vettore a |λi: a+a (a |λi)
Possiamo sempre scrivere
a+a = aa++ [a+, a]
Ora nei conti sfruttiamo la linearit`a degli operatori e la propriet`a associativa, e la relazione 5.4:
a+a (a |λi) = aa++ [a+, a] (a |λi) = = a a+a |λi + [a+, a]a |λi = = aλ |λi − a |λi =
= (λ − 1) a |λi
Abbiamo visto che il vettore a |λi `e anche questo un autovettore di a+a con autovalore (λ − 1). a+a (a |λi) | {z } |vi = (λ − 1) a |λi | {z } |vi
Riassumendo queste operazioni abbiamo concluso che:
a+a |vi = (λ − 1) |vi a+a |λi = λ |λi |vi = a |λi
Di fatto quindi applicare l’operatore a significa spostare da un autovettore |λi ad un altro autovettore4 |λ − 1i per cui possiamo riscrivere la sua azione
a |λi = C−|λ − 1i
Con lo stesso procedimento possiamo interrogarci se anche a+|λi `e au-tovettore di a+a e con quale autovalore:
a+a a+|λi = a+ a+a + [a, a+] |λi = = a+ a+a |λi + a+|λi = = a+λ |λi + a+|λi = = (λ + 1) a+|λi
Abbiamo ottenuto che anche a+|λi `e autovettore di a+a con autovalore λ + 1.
a+a |wi = (λ + 1) |wi a+a |λi = λ |λi |wi = a+|λi
Anche qui a+ si comporta se applicato ad un autovettore di a+a |λi di portarlo su un altro autovettore:
a+|λi = C+|λ + 1i
Abbiamo quindi trovato che se esiste un autovalore di a+a pari a λ allora devono esistere anche gli autovalori λ + 1 e λ − 1. A questo punto dobbia-mo capire se questi autovettori sono inferiormente limitati, superiormente limitati, e, soprattutto, se ne esiste almeno uno.
Poich´e abbiamo dimostrato che a+a `e definito positivo, questo implica che nessun autovalore λ pu`o essere negativo. Quindi sicuramente gli au-tovalori hanno un limite inferiore. Ma questo implica anche che λ deve necessariamente essere un numero naturale. Infatti se λ fosse un qualunque numero compreso tra 0 e 1 (estremi esclusi) dovrebbe esistere anche λ + 1 come autovalore e λ − 1, ma λ − 1 sarebbe negativo. Mostriamo invece che 0 `e un autovalore accettabile.
Se λ `e intero ∃n tale che
an|λi = C−n|λ − ni = |∅i
L’unico vettore che non viene ulteriormente abbassato dall’applicazione di a `e il vettore nullo, che per definizione `e sempre trasformato in se stesso da
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un operatore lineare. Quindi l’ultimo autostato non nullo del sistema a+a `e |∅i, definito come quello stato:
a |∅i = |0i Dove con |0i abbiamo inteso il vettore nullo.
a+a |∅i = a+a (an|λni) = (λn− n) | {z }
0
a+a |∅i = |0i
Quindi |∅i cos`ı definito `e autostato di a+a con autovalore nullo.
Per cui l’autovettore |∅i `e ammissibile. Abbiamo mostrato che l’unico modo per cui gli autovalori di a+a possano esistere `e che questi siano interi positivi5. L’autostato |∅i viene detto stato fondamentale di vuoto. `E importante capire che questo non `e il vettore nullo, ma lo stato che, ap-plicato all’operatore a+a da il vettore nullo6. |∅i `e uno stato fisico, anche normalizzato
h∅|∅i = 1
Proviamo a vedere se questi autovalori sono superiormente limitati. Sup-poniamo per assurdo che lo siano, l’unico modo perch´e questo si verifichi `e che l’operazione di alzare il valore dell’autovalore di uno conduca ad un certo punto al vettore nullo: ∃λmax tale che
a+|λmaxi = 0 hλmax|aa+|λmaxi = 0 hλmax|a+a + [a, a+]|λmaxi = 0 Sfruttiamo ancora una volta la 5.4
hλmax|a+a|λmaxi + hλmax|λmaxi = 0 Ma |λmaxi `e uno stato normalizzato:
hλmax|a+a|λmaxi + 1 = 0
Questa ultima espressione `e chiaramente impossibile, perch`e abbiamo detto che l’operatore a+a `e definito positivo, per cui la grandezza a destra `e almeno pari ad 1, sicuramente diversa da zero.
Questo ci dice che `e impossibile che lo spettro sia superiormente limitato, lo stato |∅i `e detto stato fondamentale, mentre tutti gli altri autostati sono detti stati eccitati del sistema. Questo ha una profonda analogia con quanto
5
Il valore λn− n deve poter essere zero almeno un valore di n, cosa possibile solo se λn`e un intero positivo (0 compreso).
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Corrisponde quindi ad un vettore del kernel dell’operatore a+a, o lo stato a cui `e associato un autovalore λ pari a 0.
avviene ad esempio nell’atomo di idrogeno, in cui l’elettrone pu`o trovarsi nello stato fondamentale, o in uno qualunque degli infiniti stati eccitati. Gli operatori a e a+sono qundi quelli che fanno saltare il nostro sistema da uno stato a quello eccitato e vice versa. Per questo motivo gli viene dato un nome particolarmente interessante. a+ `e chiamato operatore di creazione mentre a `e l’operatore di distruzione.
Torniamo ora alla nostra hamiltoniana H = ~ωa+a +~ω
2
Questo ci dice che gli autostati per l’energia sono tutti multipli di ~ω (perch´e gli autostati di a+a sono uno spettro discreto) che viene detto quanto di energia. Mi basta quindi semplicemente sapere un numero n per individua-re la condizione energetica del mio sistema, e quindi il suo stato. n `e infatti il numero che caratterizza i quanti di energia del sistema, `e pertanto detto numero quantico principale. Esso identifica il fonone, ossia lo stato vibrazionale dell’oscillatore armonico quantistico. C’`e una particolare con-nessione tra fononi e fotoni, infatti come abbiamo visto nell’introduzione, i fotoni interagiscono con gli atomi, vengono assorbiti eccitando il sistema (si distrugge un fotone, e aumenta il fonone) o emessi, facendo passare il sistema da uno stato pi`u eccitato ad uno meno eccitato, diminuendo quindi i fononi aumentando i fotoni.
Tornando all’oscillatore armonico, l’energia del sistema pu`o essere scritta in funzione del numero quantico n:
En= n + 1 2 ~ω
Il che ci dice anche (come ci aspettavamo dal principio di indeterminazione7) che l’energia ha un minimo sotto cui non pu`o scendere:
Emin = ~ω 2
Affrontiamo ora il problema di determinare i coefficienti C−e C+che ave-vamo usato per definire come agivano gli operatori a e a+ sugli autovettori della base:
a+|ni = C+|n + 1i a |ni = C−|n − 1i
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La particella `e confinata da un potenziale infinito in una regione dello spazio, quindi conosciamo la sua posizione al meglio della dimensione della “scatola” che lo confina, porre l’energia pari a zero significherebbe avere una indeterminazione nulla sull’impulso (0) e questo implicherebbe indeterminazione infinita sulla posizione, che per`o non `e vero. Per cui l’energia della particella non pu`o essere mai nulla.
Partiamo da C+:
|C+|2hn + 1|n + 1i = hn|aa+|ni hn|a+a + [a, a+]|ni = |C+|2
hn|a+a|ni + hn|ni = |C+|2
Interpretiamo il primo prodotto scalare come n scalar a+a |ni: (n + 1) hn|ni = |C+|2
C+=√n + 1
Per quello che riguarda C− invece:
a |ni = C−|n − 1i hn|a+a|ni = |C−|2hn − 1|n − 1i
|C−|2 = n hn|ni C−=√n
Ora vogliamo occuparci dell’ultimo problema che fino ad adesso non ab-biamo ancora trattato: l’esistenza di questi autovettori. Abab-biamo mostrato se esistono quali sono le loro propriet`a, vediamo ora come possono essere costruiti. A partire dalla conoscenza di uno di questi autovettori possiamo costruire tutti gli altri, infatti possiamo ricorrere alla formula di costruzione della base in questo modo:
|ni = √1 n! a
+n
|∅i L’espressione `e banale infatti:
C+|ni = a+|n − 1i C+=√n |ni = √1 na +|n − 1i Per induzione C+|n − 1i = a+|n − 2i C+=√n − 1 |n − 1i = √ 1 n − 1a +|n − 2i
Da cui sostituendo questa espressione dentro |ni otteniamo |ni = √1 na + 1 √ n − 1a +|n − 2i
Che per l’inearit`a diventa:
|ni = 1
pn · (n − 1) a
+2
|n − 2i `
E banale continuare fino a quando il vettore alla destra `e |∅i. |ni = √1
n! a
+n
|∅i (5.7)
Tutto il problema della determinazione dell’esistenza di questi autovalori si riconduce all’esistenza quindi di uno solo:
|∅i
Cerchiamolo allora! Per farlo torniamo nella base delle x, e scriviamolo: hx|∅i = ψ0(x)
a |∅i = |0i hx|a|∅i = hx|0i = 0 Esplicitiamo a, come gi`a fatto nell’equazione 5.2
hx|r mω 2~ X + i P mω |∅i = 0
Esplicitiamo P e X nella base delle x, passando al solito per l’integrale con le identit`a, passaggio che salteremo per brevit`a:
r mω 2~ x + i mω −i~ d dx ψ0(x) = 0 (5.8)
Abbiamo ottenuto un equazione differenziale che identifica lo stato di vuoto ψ0(x).