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Il limite classico

Nel documento Meccanica Quantistica (pagine 117-122)

πN − 1 N 1 2

Quindi integrando su tutte le variabili si ottiene: Z dy1· · · dynePn(yn−yn−1)2 = πN −1 N 1 2 e(yN −y0) 2 N

Sostituendolo nella 6.7 otteniamo il propagatore:

U = m 2π~ε 1 2  1 π N −1 2  πN −1 N 1 2 e(yN −y0) 2 N U =  m 2π~(εN ) 1 2 e(yN −y0) 2 N εN = t

Il prodotto tra ε e N `e convergente a t per definizione, quindi il propagatore `e ben definito! Rifacciamo il cambio di variabili per tornare alle x e scriviamo nuovamente il propagatore: U = m 2π~it 1 2 exp   − m 2i~ εN |{z} t (xN − x0)2    U = m 2π~it 1 2 ei~ m 2t(xN−x0)2

Che `e proprio l’espressione del propagatore per la particella libera!

6.5 Il limite classico

Il formalismo di Feynman `e un ottimo punto di partenza per studiare il limite classico. Infatti quando andiamo ad integrare su tutti i cammini l’operazione

U (x, t, x0, 0) = m 2πi~ε

1 2 Z

D[x(t)] e~iS[x(t)]

Se l’azione ha le dimensioni confrontabili con ~ piccole variazioni nel cam-mino portano il rapporto S

~ a variare poco, rendendo non trascurabili tutti i cammini. Se per`o l’azione ha grandezze macroscopiche, (~ ha le dimensioni di 10−27 erg) piccole variazioni macroscopiche di S causano enormi varia-zioni del rapporto S

~. Questo nell’integrale di Feynman per`o `e un fattore di fase, questo vuol dire che tutti i cammini lontani da quello classico differisco-no tra loro di un edifferisco-norme fattore di fase. Questo genera un interferenza tra

i vari integrali, se prendiamo il valor medio sar`a nulla. Quindi per oggetti macroscopici tutti questi integrali si annullano a vicenda, tranne quelli per cui la S `e stazionaria (per cui non varia). Solo quei cammini fanno interfe-renza costruttiva, quindi dall’equazione di Feynman ritroviamo la traiettoria classica, tale che la S non varia!

δS = 0

Questo risultato pu`o essere usato anche in meccanica quantistica, pos-siamo ad esempio immaginare di sviluppare l’azione attorno alla traiettoria classica: S[x(t)] = S[xcl]+1 2 Z dtdt0  δ2S δx(t)δx(t0)  xcl  x(t) − xcl(t) x(t0) − xcl(t0) 

Da cui l’integrando di U `e proporsionale a : e12cijxixj

Dove con cij indico il risultato dell’integrazione della derivata seconda del funzionale lineare. Poich´e questa `e una forma quadratica posso trovare un set di coordinate yi che mi diagonalizzano il problema:

e12λiy2 i

Dove il prodotto dei vari λi `e il determinante della matrice cij (ho di fatto diagonalizzato la matrice cij con questo cambiamento di coordinate, infatti non appaiono pi`u prodotti misti tra coordinate con indice diverso, e i λi

Capitolo 7

Pi`u particelle nello spazio

7.1 Generalizzazione con due particelle

Fino a questo momento ci siamo dedicati all’indagine di sistemi quantistici con un solo grado di liberta. Una singola particella in uno spazio unidimen-sionale. Naturalmente siamo ben lontani dallo studio di sistemi quantistici interessanti per la fisica, come lo studio di atomi o molecole, che prevedono la presenza di molte particelle in uno spazio a tre dimensioni.

In questa sezione ci occuperemo di studiare i problemi che si presentano quando iniziamo a trattare due particelle anzich´e una sola.

Come descriviamo lo stato di un sistema composto da due particelle in una dimensione? Questo vettore |ψi non pi`u vivere nello stesso spazio di Hilbert della singola particella, ma vivr`a in uno spazio che `e il prodotto tensoriale tra gli spazi di partenza.

La funzione d’onda del sistema sar`a quindi una funzione a due variabili nella base delle x in questo modo

hx1, x2|ψi = ψ(x1, x2)

La densit`a di probabilit`a di trovare la particella 1 in x1 e la particella 2 nella posizione x2 si scrive semplicemente come:

p(x1, x2) = |ψ(x1, x2)|2

Gli operatori che vivono in questo spazio sono nuovi operatori ottenuti come i prodotti tensoriali dei vecchi operatori tra i due spazi. Ad esempio l’operatore che mi misura la posizione della particella 1 sar`a il vecchio ope-ratore della posizione X nello spazio della particella 1 prodotto tensore con l’identit`a per lo spazio della particella 2:

X(1)= X(1)⊗ I(2)

Per brevit`a indicheremo questo operatore semplicemente come X(1) sottoin-tendendo l’operazione di prodotto tensore con l’identit`a. Analogamente

l’operatore di posizione della particella 2 pu`o essere scritto come: X(2)= I(1)⊗ X(2)

Anche qui d’ora in avanti sottointenderemo il prodotto tensore con l’identit`a. Con questa definizione si vede che ciascuno operatore agisce sulla parte di stato che `e nel suo spazio, a causa della matrice identit`a vediamo:

[X(1), X(1)] = [X(2), X(2)] = [X(1), X(2)] = 0 [X(1), P(1)] = [X(2), P(2)] = i~ Ma commutano invece

[X(1), P(2)] = [X(2), P(1)] = 0

Questo dipende direttamente da come abbiamo definito questi operatori, infatti P(1) commuta con I(1) mentre X(2) commuta con I(2) e viceversa. Operatori che agiscono su spazi differenti non si parlano!

Anche per pi`u particelle rimane sempre soddisfatta l’equazione di Schroe-dinger

i~d

dt|ψi = H |ψi

Ora per`o pu`o non essere banale da risolvere, possiamo scrivere sempre l’hamiltoniana del sistema come somma dell’energia potenziale con l’energia cinetica: H = K + V K = n X i=1 Pi2 2m

La complessit`a dell’hamiltoniana dipende dalla forma del potenziale. I pro-blemi pi`u semplici da trattare sono quelli senza interazioni tra particelle, il cui potenziale `e semplicemente la somma dei potenziali di singola particel-la. Pi`u complessi sono i casi in cui le particelle interagiscono tra loro, e in genere non sono risolvibili analiticamente (con l’eccezione del problema dei due corpi).

Se supponiamo che non ci siano interazioni tra le particelle possiamo scrivere: H = n X i=1 Hi

Risolviamo il problema degli autovalori per l’hamiltoniana di singola parti-cella:

HiEi = EiEii

Dobbiamo per`o ricordare che lo stato vive nello spazio delle due particelle: |ψEi = |ψE1i |ψE2i

Scrivendo in maniera pi`u corretta l’hamiltoniana totale diventa: H = H1⊗ I2+ I1⊗ H2

H |ψEi = (H1⊗ I2) |ψE1i |ψE2i + (I1⊗ H2) |ψE1i |ψE2i

Ora ricordiamo che gli operatori agiscono soltanto sulla parte dei vettori del loro spazio:

(A ⊗ B) |ai |bi = (A |ai)(B |bi) H |ψEi = E1E1i |ψE2i + E2E1i |ψE2i

H |ψEi = (E1+ E2) |ψE1i |ψE2i

Abbiamo risolto il problema degli autovalori dell’hamiltoniana generale, conoscendo la soluzione delle hamiltoniane di singola particella, siamo quindi in grado di scrivere il propagatore:

U =

X

i=1

E1i |ψE2i e~i(E1+E2)tE1| hψE2|

Possiamo provare anche ad affrontare un caso semplice in cui l’hamilto-niana non sia semplicemente la somma delle hamiltoniane di singola parti-celle, ma sia possibile, attraverso un artificio matematico, di introdurre due quasi-particelle1 che permettono di disaccoppiare l’hamiltoniana.

H = P 2 1 2m1 + P22 2m2 + V (r1− r2) Posso introdurre le coordinate del centro di massa:

 R = m1r1+m2r2 M r = r1− r2 M = m1+ m2 µ = m1m2 m1+ m2

L’hamiltoniana totale del sistema diventa con questo cambiamento di coor-dinate in questa forma:

H = P 2 2M |{z} Hcm +p 2+ V (r) | {z } Hr

Come si vede siamo riusciti a spezzare l’hamiltoniana nella somma di due Hamiltoniane diverse, come se esistessero due quasiparticelle, una posizio-nata in R e con massa M su cui non agisce alcun potenziale, e l’altra situata in r di massa µ, su cui aggisce il campo V . Queste non sono vere particelle, ma possiamo risolvere il problema come se lo fossero, e poi ritrovare il moto delle particelle reali tornando alle coordinate classiche.

1Le quasi-particelle sono particelle fittizzie che si ottengono attraverso un cambiamento di variabili, che per`o si comportano a tutti gli effetti come particelle reali, e rispondono all’equazione di Schroedinger

Nel documento Meccanica Quantistica (pagine 117-122)