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Costruzione di fattispecie-doppione

5. Forme di manifestazione del diritto penale simbolico

5.3. Costruzione di fattispecie-doppione

Siamo così a due ulteriori forme di manifestazione di simbolismo

penale, del quale rappresentano anzi una modalità, per riprendere la

critica in aggettivi, di tipo palesemente «irrazionale – costoso – repres-

sivo – arcaico» o (almeno negli intenti) «esemplare – satisfattorio –

draconiano – terroristico».

Viene in rilievo innanzitutto la creazione di fattispecie, spesso molto

analitiche, ostentate come «imprescindibili»

290

quando invece quelle,

288 Cfr., volendo, S. BONINI, Doping e diritto penale, cit., 268-269 per una riflessio-

ne sull’accostabile criterio di «economia delle parole del legislatore».

289 V. supra, quale motivo conduttore del cap. I, e anche in questo cap., in particola-

re nel concludere i paragrafi dedicati al simbolismo in forma di aggettivi (II.2) e di censure (II.4).

290 S. MOCCIA, La perenne emergenza, cit., 54; G.M. PALMIERI, La prevalenza di

interessi patrimoniali nella disciplina del riciclaggio e la punibilità dell’autoriciclag-

più generali, già esistenti risulterebbero sufficienti o in ogni caso quan-

do le nuove non offrono prospettive di sostanziale miglioramento in

termini di efficacia preventiva, di tutela del bene (ovvero di copertura

del disvalore d’evento) e, soprattutto, in termini di certezza della pena

(ché tutela del bene ed efficacia preventiva restano in the books se il

rischio di vedersi scoperti e sanzionati è statisticamente marginale, e

tale da apparire sensatamente affrontabile in una filosofia di costi e be-

nefici)

291

.

Si pensi, in materia di sicurezza sul lavoro, alla previsione, nel

d.lgs. 81/2008, di minuziosi illeciti contravvenzionali, che si aggiungo-

no alle figure-madre di omissione dolosa e di omissione colposa di cau-

tele contro infortuni sul lavoro ai sensi, rispettivamente, degli artt. 437

e 451 c.p.

Sul piano del rapporto strumentale/simbolico, dobbiamo qui chie-

derci: in una prospettiva di diritto penale della sicurezza del lavoro ulte-

riormente ridotto (ulteriormente: in rapporto agli stralci di disciplina

penale già operati nel 2008 rispetto al d.lgs. 626/1994), si potrebbe ipo-

tizzare una sorta di ritorno alle origini, e dunque un sistema esclusiva-

mente gravitante sugli artt. 437 e 451, opportunamente riformulati in

modo più comprensivo (nel senso cioè di abbracciante anche le figure

di reato depenalizzate) ma anche tassativo; oppure vi sono buone ragio-

ni per mantenere un impianto come l’attuale, popolato di decine di

norme a struttura sanzionatoria

292

?

291 In Germania, collega Redundanz und Simbolik E. HOVEN, Was macht Straftatbe-

stände entbehrlich? – Plädoyer für eine Entrümpelung des StGB, in ZStW, 2017, 344. L’autrice esemplifica con la «autonomizzazione» del matrimonio coatto (§ 237 StGB) in rapporto alla coercizione (§ 240 StGB), con cui il legislatore avrebbe inteso fornire un «chiaro segnale» volto ad ancorare il disvalore del matrimonio coatto nella coscien- za collettiva: «Sul valore di una tale simbolica legislativa si possono nutrire diverse opinioni. Il fatto che il diritto penale comunichi in maniera differenziata le proprie aspettative di comportamento, non è in sé dannoso. Ciò non dovrebbe tuttavia condurre a elaborare un “manuale di responsabilità e solidarietà sociale” [Kindhäuser]. D’altra parte potrebbe rivelarsi complesso rinunciare a una norma “simbolica”: anche se si consideri inutile il § 237 […], un intervento legislativo di abrogazione rappresenterebbe un segnale indesiderato nella falsa direzione».

292 Sulla fisiologia dell’intersezione di penale ed extrapenale v. L. FOFFANI, Infedel-

Rinviando ad altra sede per una più analitica dimostrazione

293

, mi

limiterei qui a osservare come non sia automatica la riespansione di

illeciti più generali – nel nostro caso, quelli di cui agli artt. 437 e 451

c.p., eventualmente perfezionati e integrati de lege ferenda – quale con-

seguenza della depenalizzazione di fattispecie complementari.

Ma anche quando tale riassorbimento effettivamente si produca, va

aggiunto che non sempre si potrà rinunciare a cuor leggero alla previ-

sione di fattispecie complementari (di dettaglio, analitiche, «avampo-

sto»), spesso «strumentalmente» non disprezzabili: esse infatti, in una

logica di «sintesi superiore» di disvalore d’evento e disvalore d’azione,

mettono meglio a fuoco quest’ultimo

294

, indicando all’agente (nella

struttura del decreto prevenzionistico, un soggetto che riveste una pecu-

liare qualifica soggettiva e una peculiare legittimazione al reato) preci-

se, quasi casistiche, regole di condotta da osservare puntualmente in

vista dell’obiettivo di tutela; implicando viceversa le figure codicistiche

ex artt. 437 e 451 una maggiore latitudine applicativa, con il rischio di

oscillazioni ermeneutiche per l’essere la decisione giudiziale legata non

a un giudizio di difformità rispetto a un determinato standard di com-

portamento ma a una valutazione più “laica” sulla rilevanza e sulla si-

gnificatività delle cautele omesse, salvo recuperare la sottostante rego-

lamentazione extrapenale in chiave ermeneutica: non più peraltro in

forma di rinvio «selettivo» ed «esplicito», ma in forza di un rinvio «on-

nicomprensivo» e «implicito»

295

, con tutte le ambiguità che, in materie

lano, 1997, 434-440 che invita ad abbandonare la «lettura riduttiva e quasi caricaturale del modello della sanzionatorietà» e molto opportunamente distingue tra «sanzionato- rietà in senso lato», «sanzionatorietà in senso stretto» e «sanzionatorietà in senso

estremo» (persino quest’ultima non ripudiabile in via anticipata, pena la mitizzazione di un «buon vecchio liberale e decoroso diritto penale nucleare»).

293 S. BONINI, Fattispecie «complementari» inutile «doppione» di norme penali più

generali?, in M. DONINI (a cura di), Modelli ed esperienze di riforma del diritto penale

complementare. Atti del Convegno (Modena, 14-15/12/2001), Milano, 2003, 267-276.

294 Sul necessario dosaggio nel “compendio” di disvalore d’evento e d’azione, in

rif. a un’altra sicurezza (quella alimentare), M. DONINI, Il progetto 2015 della Commis-

sione Caselli. Sicurezza alimentare e salute pubblica nelle linee di politica criminale

della riforma dei reati agroalimentari, cit., 219.

295 Intendendosi come «implicito» (o «concludente») il rinvio effettuato attraverso

tecnicamente complesse, una tale strutturazione del precetto inevitabil-

mente comporta.

Vero ciò, e vero che lo Stato sociale di diritto è «per eccellenza legi-

slatore»

296

, la creazione di fattispecie penali-doppione dà luogo però a

un grave problema.

Parlo infatti di fattispecie-doppione nel senso di una coincidenza

non quanto a oggetto materiale e (livello di definizione della) condotta

ma in riferimento alla sovrapposizione, rispetto al sistema codicistico,

di un sottosistema che “raddoppia” la tutela dello stesso bene (la sicu-

rezza sul luogo di lavoro) per scopi di prevenzione generale negativa,

pericolosamente sul crinale della prevenzione generale tramite incer-

tezza.

Si badi: la prevenzione-intimidazione è finalità non certo illegittima

in sé, rappresentando a ben vedere ciò che «spiega il diritto penale poli-

ticamente, come strumento razionalmente plasmabile in vista di scopi

concernenti la vita e la convivenza nella polis»

297

; si consideri poi che

l’idea di un individuo effettivamente motivabile dalla minaccia della

pena, senza essere decisivamente condizionato da fattori a essa esterni,

è stata sì, in considerazione del margine di ipoteticità, tacciata di astrat-

to e utopico razionalismo: l’obiezione tuttavia sembra più mettere in

luce i limiti della prevenzione generale-deterrenza, che condurre alla

negazione della sua sostenibilità teorica e pratica

298

.

L’intervento penalistico/la prevenzione generale negativa diviene

invece “alternativamente” illegittimo/a (basta cioè la sussistenza di una

delle tre ipotesi) quando non risulti previamente giustificato da verifi-

precisamente alcuna specifica disposizione: v. gli importanti distinguo di A. DOVAL

PAIS, Posibilidades y límites para la formulación de las normas penales. El caso de las

leyes en blanco, Valencia, 1999, spec. 90-93, 196-198. Ancora nel penale alimentare, per un caveat a non «trasformare lo stesso codice penale (art. 439 ss. c.p.) in un grande art. 5, legge n. 283/1962», M. DONINI, Il progetto 2015 della Commissione Caselli.

Sicurezza alimentare e salute pubblica nelle linee di politica criminale della riforma

dei reati agroalimentari, cit., 219.

296 M. SBRICCOLI, Caratteri originari e tratti permanenti del sistema penale italiano

(1860-1990), cit., 548.

297 D. PULITANÒ, Diritto penale, VI ed., Torino, 2015, 54; M. DONINI, Teoria del

reato. Una Introduzione, cit., 89.

che empiriche a tutto tondo sul rispetto del principio di ultima ratio;

quando non sia costruito con scrupolosa attenzione alle limitazioni de-

rivanti dai principi di colpevolezza e di proporzione; quando, anche

senza poter puntare – lo impedisce il principio di realtà – a un effetto

piazza pulita (a uno spiegamento di efficacia dissuasiva che raggiunga

il 100%, o vi si avvicini), risolva perversamente la sua efficacia, à la

Popitz, nell’incertezza disorientante e paralizzante l’agire del cittadi-

no

299

.

Per quanto a noi qui più direttamente interessa, è perciò (non la

nuova tipizzazione di disvalori di condotta tassativi, isolatamente presi

ma) la massa, o il blocco erratico, delle fattispecie affollanti l’universo

penal-lavoristico a creare disorientamento, incertezza

300

, patologizza-

299 Cfr. H. POPITZ, Über die Präventivwirkung des Nichtwissens (1968), in ID., So-

ziale Normen, Frankfurt am Main, 2006, 164: «Nessun sistema di norme sociali è in grado di promettere una perfetta trasparenza del comportamento senza esporsi a una figuraccia mortale. Una società che scoprisse ogni comportamento deviante distrugge- rebbe immediatamente la sua validità. […] Le violazioni della norma sono inevitabili. Ma è evitabile – ed è sempre evitato – che esse emergano tutte alla luce del giorno»; dunque (174), «la pena potrà assicurare la sua efficacia sociale fintantoché la maggio- ranza non “riceve ciò che merita”». Confutazioni in H. MÜLLER-DIETZ, Grundfragen

des strafrechtlichen Sanktionensystems, Heidelberg, 1979, 43, revocandone in dubbio, innanzitutto, la «sostanza di realtà»; F. ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di

bene giuridico, cit., 230-231, che scrive di tesi «spregiudicata», operante un «sorpren- dente capovolgimento dei valori» laddove plaude all’inefficienza della giustizia penale senza neppure menzionare «l’abuso e l’invadenza del legislatore», da intendere invece quale «causa prima» di quell’inefficienza; F. SGUBBI, Il diritto penale incerto ed effica-

ce, in Riv. it. dir. proc. pen., 2001, 1198-1199, che in particolare ravvisa nella “preven- zione generale tramite incertezza” [o «generalprevenzione disinformata»: C.E. PALIE-

RO, La maschera e il volto (percezione sociale del crimine ed ‘effetti penali’ dei media), cit., 525; v. anche ID., Metodologie de lege ferenda: per una riforma non improbabile

del sistema sanzionatorio, cit., 524-525, e nt. 48 su Jakobs come precipitato dogmatico di Popitz, nonché 553] un fattore di trasformazione del diritto penale in deontologia (e di forzosa «crescita spirituale dei cittadini»; cfr. pure, legando consimili rilievi alla sim- bolica penale più patologica, E. STRADELLA, Recenti tendenze del diritto penale simbo- lico, cit., 229). Meno critico il riesame della tesi popitziana in M. VOß, Symbolische

Gesetzgebung, cit., 97-99.

300 Infatti, «troppe informazioni equivalgono di fatto a nessuna informazione»:

M. AINIS, L’eclissi della legge, in Scritti in memoria di Livio Paladin, vol. I, Napoli, 2004, 28.

zione della prevenzione generale negativa, duplicazione di fattispecie…

doppia, ovvero illusoria, se non illusionistica (si ritorna sotto quest’ulti-

mo profilo a una critica discussa nel paragrafo precedente).

Alla difficoltà a monte per il singolo (anche se «qualificato») nel

dominare un microsistema di disciplina – ché la possibilità di cono-

scenza del singolo precetto deve tradursi in piena, complessiva padro-

nanza della trama di disposizioni che compongono un dato sottosiste-

ma, affinché possa aversi rimproverabilità in senso normativo – si uni-

sce fatalmente, a valle, una frequente incertezza applicativa secondo le

cadenze, con Alberto di Martino, della sequenza infranta, ovvero della

diffusa dissociazione tra reato e pena

301

: la «mimica inoffensiva»

302

, o

la «subeffettività»

303

, caratteristica ormai di numerose fattispecie pena-

li, quasi (se non del tutto) “silenziate” in giurisprudenza, e non certo per

il pluricausale margine di aleatorietà che si ha regolarmente al momen-

to della loro concreta applicazione, se non addirittura per l’accennato

ottimale esercizio di idoneità dissuasiva.

La duplice incertezza, ex ante ed ex post, prodotta da fattispecie-

doppione si risolve così in simbolismo perché alla pervasività teorica

della disciplina si accompagna un effetto ipnotico di rassicurazione e

una valorizzazione del bene giuridico più declamata che concreta.

Tutto questo, esacerbando forse un po’ la “parte distruttiva”; ma, va-

le la pena rammentarlo, il discorso sulla relazione fra strumentale e

simbolico non potrà essere lasciato a metà e verrà il momento (cap. III)

di esaminare se sia isolabile una razionalità del reale meritevole di es-

sere salvata e costruita.

301 A. DI MARTINO, La sequenza infranta. Profili della dissociazione tra reato e pe-

na, Milano, 1998. Cfr. F. MANTOVANI, Il vero «diritto penale minimo»: la riduzione

della criminalità?, cit., 1134: «a “delinquenza reale” fa riscontro sempre più una “pena virtuale”, in quanto solo un’esigua minoranza sconta una “pena reale”, poiché autori di reati gravissimi, plurirecidivi, maldifesi, sfortunati (come certi extracomunitari)».

302 F. SGUBBI, Il reato come rischio sociale. Ricerche sulle scelte di allocazione del-

l’illegalità penale, Bologna, 1990, 90 (che pur valuta tale fenomeno come «correttivo» rispetto all’affermarsi di una sostanziale «“atipicità” dell’illecito penale»). Di diffusa «assenza» della («rinuncia» alla) pena, scrive D. FONDAROLI, Illecito penale e ripara-

zione del danno, Milano, 1999, 17.

303 A. MANGIONE, La misura di prevenzione patrimoniale fra dogmatica e politica