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Criteri oggettivi, soggettivi e misti di classificazione della

Ordinare per classi tipologiche le espressioni di legislazione simbo-

lica

198

giova innanzitutto alla astratta conoscenza (scandagliare la pato-

197 In arg. L. MEYER-GOSSNER, Jurist mit schlechtem Gewissen?, in M. HEGER,

B. KELKER,E. SCHRAMM (a cura di), Festschrift für Kristian Kühl zum 70. Geburtstag, München, 2014, 61-68.

198 Precisazioni sull’opportunità di distinguere «legislazione simbolica» e «leggi

simboliche» in H. KINDERMANN, Symbolische Gesetzgebung, cit., 225 (riprendendo uno spunto di P. NOLL, Symbolische Gesetzgebung, cit., 355-356): le leggi hanno talvolta una lunga e mutevole «carriera», nel corso della quale, a fronte di un testo immutato, possono acquisire un significato simbolico che prima non avevano o, viceversa, perde-

re il loro originario carattere simbolico; la questione circa il significato simbolico di una legge andrebbe perciò posta in riferimento a concreti frangenti temporali, mentre il sintagma legislazione simbolica potrebbe essere usato correttamente solo qualora la dimensione simbolica costituisse l’intenzione del legislatore storico o fosse stata alme- no oggetto di precisa rappresentazione nell’atto di emanare la legge; v. anche C. VON

DEWITZ, NS-Gedankengut und Strafrecht, cit., 272-274. Contra, condivisibilmente, M. NEVES, Symbolische Konstitutionalisierung, cit., 34, che propende dunque per un concetto ampio di leggi simboliche comprensivo sia, per dir così, di quelle a titolo ori-

ginario sia di quelle a titolo derivativo, potendosi in tal modo meglio evidenziare lo sconfinamento simbolico che talvolta si annida nell’apparente carattere strumentale; come riconosce lo stesso Kindermann, del resto, l’intentio legislatoris, che pur può rivestire un ruolo di chiusura (Schlüsselfunktion) in chiave ermeneutica, non possiede valore inconfutabile. In senso abbastanza simile J.L. DÍEZ RIPOLLÉS, SymbolischesStra-

logia è di per sé un prezioso servizio a favore dei consociati: Fëdor Do-

stoevskij, penalista ad honorem, ci ha insegnato il valore della penetra-

zione nell’oscuro e perfino nel perverso dell’animo umano, relativiz-

zando in qualche misura dall’interno il «La bellezza salverà il mon-

do»)

199

; affina la precisione: bene iudicat qui bene distinguit; evita la

formulazione di una critica-omnibus, come tale generica e in definitiva

pronosticabile di risultare inascoltata; aggiunge frecce nella faretra del-

l’interprete-critico, che dalla mera censura intenda passare a specifiche

proposte migliorative in dialogo con gli altri formanti

200

.

Esatta questa premessa,

a) Un primo schema classificatorio potrebbe a mio parere abbozzarsi

pensando a una quadripartizione tra norme simboliche in senso

strettissimo, come quelle con cui «simbolicamente» si punisce

l’«impiego di segni distintivi [simboli, quindi] riferibili a organizza-

zioni incostituzionali» (§ 86a StGB)

201

: la repressione penale rappre-

frecht und die Wirkungen der Strafe, cit., 520, nt. 10, il quale, pur rilevando come le nozioni di strumentale, espressivo, simbolico, integrativo non designino propriamente le conseguenze di un dato provvedimento legislativo, giudiziale o amministrativo, ma il

provvedimento stesso, abbraccia il riferimento che generalmente con questi termini si fa agli effetti.

199 Sulla polifonia – anche penalistica – dostoevskijana A. DELL’ASTA, Dostoevskij

e l’al di là della legge e della trasgressione della legge, in G. FORTI,C. MAZZUCATO, A. VISCONTI (a cura di), Giustizia e letteratura, I, cit., 70-83; A. PROVERA, Razionalità

del crimine e significato della pena in Dostoevskij, ivi, 84-89 che, in particolare, rico- struisce la visione criminalistica dello scrittore russo come «tentativo di razionalizza- zione dell’irrazionale» (85). Anche la simbolica penale “condensa” ponderazione e

impulso, quest’ultimo comunque prevalente in seno al precipitato “tecnico” della paura (su mala in se, mala quia prohibita e fonti rispettivamente integrate da ansie sociali e ansie statali v. infra, II.6).

200 Nella logica di R. Sacco, che qui si accoglie; abbiamo visto supra (I.1) come fra

i penalisti si faccia invece strada l’idea del formante (giurisprudenziale, in specie) quale «ossimoro manifesto» o «deformante».

201 A riguardo F.-C. SCHROEDER, Symbolisches Strafrecht – symbolische Straftaten,

in F. HERZOG,U. NEUMANN (a cura di), Festschrift für Winfried Hassemer, Heidelberg, 2010, 619-620, che vede nel § 86a il «reato simbolico par excellence» e precisa che proprio per la duplice portata simbolica, dell’oggetto del divieto e del divieto stesso, la relativa applicazione dovrà essere circoscritta ai segni distintivi dotati di «un certo gra- do di riconoscibilità», difettando in quelli poco conosciuti la «peculiare funzione sim- bolica». Sul «potenziale indebolente la democrazia» (624) di una disposizione imper-

senta in questo caso simbolo contrario rispetto al referente simboli-

co che si intende contrastare; norme simboliche in senso stretto do-

ve, pur non venendo in evidenza la “corrispettività” appena segnala-

ta, sul piano del globale assetto di tutela identicamente la dimensio-

ne simbolica costituisce obiettivo intenzionale e immediato, stori-

camente o attualmente, perseguito; norme simboliche in senso am-

pio, che si caratterizzano per un’ispirazione ideale a Carta fonda-

mentale, ragione e priorità del ruolo del bene giuridico e che ciono-

nostante costringono a registrare preterintenzionali, ma in assoluto

non insignificanti, effetti simbolico-negativi; norme simboliche in

senso amplissimo, dove il simbolismo è sì presente perché l’uomo,

con Ernst Cassirer, è costruttore di simboli (animal symbolicum)

202

,

niata su un mero «scopo aggressivo simbolico» (620), quale il vilipendio di emblemi dello Stato ex § 90a co. 1 n. 2 StGB, di cui si auspica perciò la depenalizzazione (623- 624), M. VORMBAUM, Strafbare Nationalismus-Kritik? Zur Verunglimpfung staatlicher

Symbole (§ 90a I Nr. 2 StGB), in Goltdammer’s Archiv für Strafrecht, 2016, 609-624. Per una legittimazione della tutela di simboli propriamente intesi, sul presupposto però di un orientamento alle conseguenze canalizzato in termini di disvalore d’azione e di disvalore d’evento, e relativa plausibilità dell’esclusiva creazione di «fattispecie-ostaco- lo rispetto a pericoli più significativi per la pace sociale» (1586-1587), M. DONINI,

“Danno” e “offesa” nella c.d. tutela penale dei sentimenti. Note su morale e sicurezza

come beni giuridici, a margine della categoria dell’“offense” di Joel Feinberg, cit., 1567, 1585-1587. Più convintamente A. PAGLIARO, Verso un nuovo codice penale?

Itinerari - Problemi - Prospettive, cit., 20: «un simbolo è anch’esso un bene giuridico: simbolo è il segno di un valore, e tutelare il segno vuol dire tutelare il valore. Meglio tutelare penalmente i segni e i valori di una civiltà – perché una civiltà è fatta non solo di beni materiali, ma soprattutto di valori – meglio questo, che accettare una barbarie materialistica, senza segni e senza valori. Un esempio illuminante si può avere nella tutela dei sepolcri: certo, la tutela del sepolcro è la tutela di un simbolo, ma chi sarebbe disposto a rinunziare alla tutela del sepolcro?». Nella prospettiva del pubblicista, su simboli appartenenti alla storia di un dato Paese e come tali di tipo sacrale, al punto da rendere giustificata una tutela giuridica particolare, V. ITALIA, I simboli nelle leggi, cit., parte II, cap. I; nello studio di Italia, una istruttiva messa a confronto di simboli politici, simboli religiosi, simboli commerciali e simboli nell’amministrazione pubblica e più in generale (v. parte VI, cap. I) un’analisi sul tema, evocato in questa nota, della ricono-

scibilità – ma anche della congenita e paradossale sfuocatura – quale proprietà del simbolo.

202 Il concetto è ripreso in ambito giuridico nella monografia di M. NEVES, Symboli-

ma ove Costituzione, ragione e bene giuridico specifico rivestono,

negli intendimenti e nella pratica, ruolo preponderante

203

.

A parte la prima classe, evidentemente rigida perché vincolata a un

oggetto specifico, le altre tre si presentano mobili ovvero dipendenti

da valutazioni soggettive (in quale casella inserire per esempio la le-

gislazione anti-immigrazione clandestina? Escluderei sin d’ora la

quarta, ma prima facie si pone il dubbio sulla riconducibilità alla

terza o, più verosimilmente comunque, alla seconda: torneremo sul-

l’argomento)

204

; ugualmente, mi pare almeno in prima approssima-

zione utile rifarsi a una griglia che esprima diversi gradi di compati-

bilità con l’ideale di un equilibrio fra strumentale e simbolico (rec-

tius: con l’ideale della prevalenza della protezione del bene giuridi-

co, senza sottostimare o ridicolizzare aspetti riferibili a una «simbo-

lica» e «integratrice» riaffermazione di valori).

Naturalmente, una simile paradigmatica di fondo potrà assumere

maggiore consistenza e capacità di penetrazione nel momento in cui

le quattro classi siano incrociate con gli ulteriori dati tecnici e poli-

tico-criminali che alimentano cautele verso il simbolismo penale, a

partire dalle forme di manifestazione di cui si occuperà il par. 5.

b) Minuziose differenziazioni tipologiche sono suggerite da Elettra

Stradella, studiosa del diritto pubblico comparato come inquadra-

mento scientifico-disciplinare, «penalista aggiunta» come sapienza e

competenza.

L’autrice distingue tra norme simboliche in senso stretto, nelle quali

«il diritto viene per così dire sostituito con il simbolo», ovvero «la

legislazione è costituita dal messaggio in se stesso» (esempi sono

rintracciati nell’incriminazione autonoma dell’incendio boschivo, o

nella complessiva disciplina sanzionatoria in materia di stupefacen-

ti); norme penali che trovano espressione attraverso il simbolo, tese

a «fornire una risposta a problemi ed esigenze particolarmente av-

203 Alla lontana, questo modello di classificazione quadripartito si ispira alla tripar-

tizione adottata, in tema di laicità, da F. PALAZZO, Laicità del diritto penale e democra-

zia «sostanziale», in Quad. cost., 2010, 440. Nucleo fondante delle classificazioni del simbolismo penale in P. NOLL, Ideologie und Gesetzgebung, in W. MAIHOFER (a cura di), Ideologie und Recht, Frankfurt am Main, 1969, 69-74.

vertite nel bacino sociale di riferimento» (esempi: la materia della

sicurezza stradale, o quella dell’immigrazione); e diritto penale me-

ta-simbolico, «evocativo», finalizzato all’ambiziosissimo sviluppo

di «una teoretica del bene e del male, in grado, anche attraverso for-

me acute di tabuizzazione, di interiorizzare nei destinatari il sistema

assiologico fondante l’ordinamento» (esempi sono qui individuati

nella tutela dell’«ordine pubblico ideale internazionale», o nell’in-

criminazione delle mutilazioni genitali femminili).

Si noti, con la Stradella, in un’ottica di klimax di pericolosità delle

diverse classi, come sia proprio il diritto penale meta-simbolico a

rappresentare il fenomeno più preoccupante, divenendo in esso di

speciale evidenza il tentativo degli ordinamenti «di asserragliarsi

nella rassicurante fortezza della sanzione penale, e utilizzarla al fine

di farne una pedagogia “vivente” del bene»

205

.

Anche la diade concretezza/astrattezza del simbolo, proposta dalla

ricercatrice in altra opera, rende l’idea di una scala di insidiosità

nell’utilizzo del simbolico: «Simbolo concreto sarà quello in cui la

componente contenutistica è accompagnata dalla presenza sensibile

di un oggetto materialmente riscontrabile; un simbolo astratto può

invece essere individuato, a contrario, in tutte quelle forme a cui

siano attribuiti un significato ed una forza che oltrepassano il dato di

immediata percettibilità, ma in cui il dato non si estrinseca in ele-

menti tangibili»

206

.

L’ordine pubblico ideale (o normativo), la Rumpelkammer von Be-

griffen di cui parlava Karl Binding, sembrerebbe impersonare alla

perfezione il concetto di astrattezza nell’impiego del simbolo (ve-

dremo però discutendo di immigrazione che le questioni sul tappeto

205 E. STRADELLA, Recenti tendenze del diritto penale simbolico, cit., 219-223. In-

calza l’a. (224): nel meta-simbolico (alias nel penale del nemico) «la norma non ha semplicemente funzione esaustiva di penalizzazione» ma «trovano massima sintesi ra- zionalità ed emotività, dando luogo ad un “simbolico” di doppio ordine, poiché la nor- ma diviene altro da sé, traducendo passioni, forti condivisioni di principio, sentimenti particolarmente viscerali, e contestualmente incarna il simbolo significativo di progetti di persuasione interiore».

206 E. STRADELLA, La libertà di espressione politico-simbolica e i suoi limiti: tra

potrebbero rivelarsi più complesse di quanto non appaia e che il

simbolismo che pur affligge la legislazione in tema di contrasto del-

l’immigrazione clandestina è dimostrabile per altra via)

207

.

c) Da tempo, si isola la categoria delle leggi simboliche di appello mo-

rale (Gesetze mit moralischen Appelcharakter), ovvero «declamato-

rie» o «identificatorie» o «di principio»

208

, promosse da «imprendi-

tori morali» (Moralunternehmer) che, armati fino ai denti, a partire

da materie come droghe e pornografia, e incuranti dei rischi di

Umkehreffekte o effetti-boomerang, intraprendono «moral crusades»

a lunga gittata

209

.

Si puntualizza: con questo tipo di leggi, la pena viene sempre più

spesso impiegata quale remora rispetto a «vite disvolute»

210

, id est

quale «conferma ufficiale del vigente codice morale»

211

; ovvero: con

l’introduzione o l’inasprimento di fattispecie di reato

212

, il diritto pe-

nale si traveste talvolta da «agente diretto» della morale, per incul-

207 Infra, II.8.5, sub e).

208 L’accostabilità di tali classi è suggerita, nel contesto di una ricca «descrizione»

del diritto penale simbolico, da J.L. DÍEZ RIPOLLÉS, SymbolischesStrafrecht und die

Wirkungen der Strafe, cit., 531-532.

209 Cfr. J.R. GUSFIELD, Symbolic Crusade. Status Politics and the American Tempe-

rance Movement, Urbana, 1963; P. NOLL, Symbolische Gesetzgebung, cit., 357-359; S. SCHEERER, Atypische Moralunternehmer, in Kriminologisches Journal, 1986 (1. sup- plemento), 133-156; H. KINDERMANN, Symbolische Gesetzgebung, cit., 230-234; C.E. PALIERO, Consenso sociale e diritto penale, cit., 862, 879-884, 893-894, 920-922; K. LÜDERSSEN, Die Wiederkehr der „Befreiung des Strafrechts vom zivilistischen Den-

ken“ – eine Warnung, in U. EBERT,P. RIEß,C. ROXIN,E. WAHLE (a cura di), Festschrift

für Ernst-Walter Hanack zum 70. Geburtstag am 30. August 1999, Berlin, New York, 1999, 497-498; R. HAMEL, Strafen als Sprechakt. Die Bedeutung der Strafe für das

Opfer, cit., 133-135, 159-160.

210 C.E. PALIERO, L’agorà e il palazzo. Quale legittimazione per il diritto penale?,

cit., 110.

211 N. HOERSTER, Strafwürdigkeit und Moral in der Angelsächsischen Rechtsphilo-

sophie, in ZStW, 1970, 552. Sulla tendenza, propria del neo-classicismo scandinavo degli anni ’80 del secolo scorso (ma carsica, si aggiunga), che finalizza il diritto penale a «riprodurre la morale ufficiale ed in tal modo se stesso», L. EUSEBI, La «nuova» re-

tribuzione, cit., 127.

212 Che un impatto simbolico possa discendere anche dall’abrogazione (o dalla non-

abrogazione) di una legge è rilevato peraltro da C. VON DEWITZ, NS-Gedankengut und

care nella popolazione determinati stili o standard di vita, e «conse-

guentemente» il bene giuridico risulta piegato a scopi di educazione

morale e sociale, con utilizzi estensivi e preventivi, mentre il neutra-

le e laico Stato di diritto finisce per tramutarsi in Stato etico e autori-

tario, santificatore di valori assoluti

213

.

Questi rilievi appaiono fin troppo duri? In ogni caso, la lista di di-

vieti effettivamente qualificabili come moralistico-simbolici – con

riguardo nella specie all’ordinamento tedesco – potrebbe non essere

breve (anche se fisiologicamente opinabile), spaziando dal disturbo

di funzioni religiose e della quiete dei defunti (§§ 167 e 168 StGB)

all’apologia del nazionalsocialismo o alla negazione dei suoi crimini

(§ 130, co. 3 e 4, StGB), dall’esaltazione o minimizzazione di fatti

violenti (§ 131 StGB) al maltrattamento di animali (§ 17 Tierschu-

tzgesetz), dal divieto di assunzione di droghe a divieti in tema di

guida di veicoli.

Opportunamente, si chiarisce dove risieda lo specifico del simboli-

smo nell’ambito di un atteggiamento paternalistico-moralistico: il

legislatore, in simili casi, non agirebbe «per sanzionare davvero tutte

le immaginabili violazioni», ma mirerebbe «piuttosto ad esprimere

in maniera incisiva il rifiuto morale col quale la società (e più preci-

samente i suoi opinion makers) bolla certe modalità comportamenta-

li»

214

.

213 Per utili sintesi intorno a questi passaggi critici, con ulteriori richiami, M. DETZ- NER, Rückkehr zum “klassischen Strafrecht” und die Einführung einer Beweislastum-

kehr. Eine Untersuchung zur Entwicklung des Wirtschaftsstrafrechts am Beispiel des

Subventionsbetrugs gem. §§ 264, 263 StGB, Frankfurt am Main, 1998, 183-184; C. ROSS, Die Vermeidbarkeit des Verbotsirrtums nach § 17 StGB im Spiegel der BGH-

Rechtsprechung, cit., 41-42; C. VON DEWITZ, NS-Gedankengut und Strafrecht, cit., 267- 268; F. CONSULICH, La giustizia e il mercato. Miti e realtà di una tutela penale dell’in-

vestimento mobiliare, cit., 134-135; C.E. PALIERO, L’agorà e il palazzo. Quale legitti-

mazione per il diritto penale?, cit., 101; M. MANTOVANI, Contributo ad uno studio sul

disvalore di azione nel sistema penale vigente, Bologna, 2014, 147.

214 T. WEIGEND, Dove va il diritto penale?, cit., 82. Rispetto al codice penale spa-

gnolo, J.M. PAREDES CASTAÑÓN, La justificación de las leyes penales, Valencia, 2013, 343-344 cita l’art. 543 – «offese alla Spagna» – come esempio di previsione simbolico- moralistica, oltre che indeterminata e in contrasto con la libertà di espressione.

Se ha ragione Zygmunt Bauman nel dire che la mentalità moderna

ha inteso programmaticamente sostituire il lento, progressivo fluire

della storia con le parole tranchant della legge, il legislatore penale

tende a rivelarsi «il più moderno dei moderni» e a superare così lo

smarrimento derivante dalla scoperta che la propria concezione mo-

rale è «solo una fra le tante»

215

.

Resta infatti un interrogativo, per nulla lapalissiano, circa la «mora-

le» di volta in volta coinvolta nelle apposite Moralkampagnen: si

tratterà della morale pubblica maggioritaria

216

, di quella «comune»,

di quella «kantiana», di quella «sociale», di quella «cattolica», di

quella «ufficiale», o magari di quella «militare» o di quella «delle

burocrazie ministeriali»… oppure

217

? Quale di questi convincimenti

morali il legislatore nei singoli casi sente come proprio, e riesce di

conseguenza a trasmettere ai destinatari del precetto? Se l’«appello»

restasse equivoco, alla già dirimente illegittimità di un moralismo

penale si unirebbe l’ineffettività…

Si allude qui all’ineffettività nei confronti della collettività dei con-

sociati, perché per il singolo le cose spesso vanno diversamente.

Se infatti la simbolica penale si esprime innanzitutto in chiave ideal-

tipica, indipendentemente cioè dal suo concreto impiego

218

, non si

deve tuttavia neppure per un attimo dimenticare – lo chiarisce benis-

215 G. FORTI, Per una discussione sui limiti morali del diritto penale, cit., 311-312,

e ivi più puntuali riferimenti al sociologo polacco. Icasticamente D. PULITANÒ, Etica e

politica del diritto penale ad 80 anni dal codice Rocco, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 509: «La specifica moralità del diritto di democrazie liberali è giusto il contrario di un

enforcement of morals che appresti il braccio secolare a supporto di una concezione particolare dell’ethos, ancorché maggioritaria».

216 Cfr. E. STRADELLA, Recenti tendenze del diritto penale simbolico, cit., 204, che

osserva un abbinamento di tale orientarsi della moralizzazione con l’idea di una «con- ferma della validità delle norme che avrebbe natura prevalentemente simbolica, e non empirica, poiché indipendente dalla quantità delle infrazioni e dalla loro effettiva limi- tazione».

217 Cfr. H. STEINERT, Über symbolisches und instrumentelles Strafrecht, in

D. FREHSEE,G. LÖSCHPER,G. SMAUS (a cura di), Konstruktion der Wirklichkeit durch

Kriminalität und Strafe, Baden-Baden, 1997, 107. In tema di pluralità di morali (ed etiche) v. anche le osservazioni di M. DONINI, Il diritto penale come etica pubblica, cit., 72, nt. 38.

simo Manuel Cancio Meliá – come interventi concepiti in termini

simbolici siano sovente seguiti, «alla vecchia maniera», da una «af-

flittività reale, nient’affatto simbolica, delle esperienze vissute da

coloro che sono soggetti all’azione penale, dai detenuti, dalle perso-

ne sottoposte a processo, imputate, condannate, ristrette in istituti di

pena»

219

.

È sempre dietro l’angolo dunque il rischio che una «severità simbo-

lica» si tramuti, inavvertitamente o artatamente, in «severità discri-

minatoria»

220

; con l’ennesimo ossimoro presentato in questo libro,

potremmo evocare lo spettro subdolo di un simbolismo afflittivo.

219 M. CANCIO MELIÁ, “Diritto penale” del nemico?, cit., 69-70, 73, 78-79 e ivi il

ragionamento su una «disciplina radicalmente punitivista» in tema di droga, esercitante come tale «una immediata incidenza nelle statistiche giudiziarie penali», non trattandosi dunque di «norme meramente simboliche, nel senso tradizionale»: il simbolismo risie- derebbe qui nella «valenza comunicativa, in termini politici, nel breve periodo, dell’ap- provazione delle norme corrispondenti» o persino nell’adozione di «strategie modellate su tecniche di mercato tese alla conservazione del potere politico, tali da ingenerare consapevolmente nella popolazione determinate aspettative rispetto ai fenomeni penali, successivamente “soddisfatte” dalle forze politiche». V. altresì E. STRADELLA, Recenti

tendenze del diritto penale simbolico, cit., 216, per la notazione secondo cui «disposi- zioni di carattere spiccatamente simbolico possono certamente produrre processi penali reali»; S. ANASTASIA, Materialità del simbolico. I depositi del populismo penale nel continuum penitenziario, in S. ANASTASIA, M. ANSELMI, D. FALCINELLI, Populismo

penale: una prospettiva italiana, Milano, 2015, 97 rilevando come, nel sistema del controllo sociale coattivo del nostro Paese, «l’uso simbolico del diritto penale a livello politico e la legislazione penale conseguente possano produrre effetti concreti, mo- strando la propria ruvida materialità»; M. DONINI, “Danno” e “offesa” nella c.d. tutela

penale dei sentimenti. Note su morale e sicurezza come beni giuridici, a margine della

categoria dell’“offense” di Joel Feinberg, cit., 1576: «Il diritto penale è un ramo del diritto pubblico del tutto peculiare esattamente perché deve neutralizzare i sentimenti di vendetta delle vittime dei reati, perché ha a che fare con troppa irrazionalità e questa irrazionalità è purtroppo presente sia negli autori dei reati e sia nella stessa attività legi- slativa, che usa il diritto penale come sedativo e tranquillizzante per l’opinione pubbli- ca, con effetti gravemente pregiudizievoli quando il suo impiego non si riduce a un

placebo simbolico, ma è profondamente incisivo e lesivo di diritti».

220 Cfr. D. PULITANÒ, Etica e politica del diritto penale ad 80 anni dal codice Roc-

co, cit., 494 e 514: «frequenti proclamazioni di severità simbolica», con il côté di «for- me di organizzazione dell’impunità, anche attraverso accomodamenti ad hoc di istituti legali», e «severità discriminatoria (nelle norme e nei fatti) del diritto penale securita-

d) Problematica, accanto alle leggi simboliche di appello morale, è però