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1.7 Analisi spaziale e ricerca storica

2.1.1 La costruzione dei modelli

Il processo di formulazione di un modello pu`o essere inteso come la defini- zione di una serie finita di idee e concetti sulla realt`a. Riguarda in particolare la sostituzione di una o pi`u parti della realt`a con una serie di rappresentazioni simboliche a livello astratto grazie all’utilizzo di forme di linguaggio specifi- che9. Si potrebbe dire per`o che ogni modello non `e altro che la definizione di uno schema teso, attraverso simboli e regole, alla simulazione parziale o tota- le della complessit`a di una determinata porzione della realt`a10; nel caso del modello scientifico, di quella parte sotto indagine.

I modelli hanno un intrinseco parallelismo o analogia con i “sistemi”. Di fatto, l’essere umano ha da tempo sviluppato una visione sistemica della realt`a. Per l’intelletto umano i sistemi sono ovunque ed `e questa la chiave attraverso la quale ci siamo abituati ad osservare il mondo.

Con il termine modello spesso ci si riferisce all’enunciazione di un sistema. Occorre ricordare che il concetto di sistema, e la sua influenza nella formulazio- ne dei modelli, ha subito un’evoluzione di non poco conto. Dall’antichit`a greca, quando i sistemi erano concepiti come entit`a organiche, al Rinascimento, con strutture prevalentemente meccaniche – frutto anche delle innovazioni tecni- che, la rivoluzione newtoniana e quelle industriali successive – per ritornare, nel XX secolo, alla riformulazioni di modelli organici di tipo olistico.

I modelli vengono prodotti in diverse forme e tipologie. Essi possono de- scrivere gli elementi attraverso equazioni, schemi o algoritmi di flusso, ricostru- zioni tridimensionali al computer, grafici statistici o semplicemente a parole,

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Ackermann 1966, p. 314-315. 10

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con il linguaggio corrente11. Di fatto, il modello non `e tanto legato al meto- do d’illustrazione o descrizione, quanto al processo d’astrazione che compie come veniva detto prima. In linea di principio, qualsiasi metodo illustrativo possa soddisfare le necessit`a di esposizione pu`o essere usato liberamente per trasmettere il modello12 .

Un modello costituisce perci`o – e viene sottolineato ancora una volta – uno schema teorico relativo a una porzione specifica della realt`a. `E opportuno ricordare che la scelta stessa delle parti e delle relazioni non riflette mai la realt`a quanto, invece, l’interpretazione che il ricercatore, in modo del tutto soggettivo, fa di essa. Queste implicazioni hanno un peso ancora maggiore se si pensa al fatto che il ricercatore utilizza il modello, appunto, per conoscere fenomeni o elementi che costituiscono o fanno parte del modello stesso. Il che significa che esso `e composto da elementi e parti che comunque sfuggono al- la comprensione stessa del ricercatore. Se non fosse cos`ı, non avrebbe molto senso studiare questi fenomeni, n´e tanto meno sforzarsi nella costruzione di un modello ad essi riferito. Ammesso che vi siano settori della realt`a e dell’u- niverso interamente compresi dall’uomo, non vi sarebbe motivo di continuare a studiarli. Il modello non `e la fine di un percorso d’indagine, bens`ı la base congetturale di partenza.

Questa ultima considerazione porta ad una conclusione molto importante. Non solo i modelli di ricerca scientifica sono incompleti perch´e sintetici, ma, per loro stessa essenza e scopo, essi sono anche imperfetti. Appartengono in ogni caso a stadi intermedi della conoscenza. E, considerando il fatto che i processi di ricerca non possono, proprio per la loro natura, essere considerati sotto nessun aspetto definitivi, i modelli stessi non potranno essere portatori del livello di compiutezza o perfezione che spesso si pensa essi possiedano. I modelli sono per definizione imperfetti.

Essi cambiano e si evolvono costantemente. Dato che in sostanza essi non sono altro che una falsificazione simbolica della realt`a, va da s´e che esister`a sempre un modo migliore per renderla in modo pi`u preciso e sofisticato; que- sto cercando di mantenere il modello il pi`u sintetico e semplice possibile. In larga misura, tale processo dipende anche dall’evoluzione della societ`a stessa che lo produce: la sua consapevolezza sul mondo, la sua capacit`a di osservar-

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Wegener 2000. 12

Wilson 1972, p. 32: «A theory is a set of propositions which purports to explain the structure of some system and/or how the system develops. That is, we may be interested in patterns or process or, ideally, both. The key term in this definition is ‘explain’. Note that a theory does not have to be quantitative or mathematical by definition. The proposition may be expressed in a variety of languages. It so happens that, in the case of some compli- cated systems, explanation can only be adequately achieved with the help of mathematical language».

lo, l’introduzione di nuovi strumenti o metodi, ma soprattutto la capacit`a di formulare concetti logici grazie all’uso del linguaggio, anche di tipo formale. Non esistono modelli statici (o chiusi) nel tempo.

Un esempio chiaro di questo fatto `e, per l’appunto, quello che viene con- siderato come il primo modello scientifico: quello del sistema solare13. La sua meccanica, considerata dalla maggior parte dell’umanit`a come dato acquisito, `

e stato frutto di una costante evoluzione ancor oggi non conclusa. Il modello relativo al sistema solare si `e cos`ı evoluto nelle seguenti fasi:

• Nell’antichit`a diverse sono le ipotesi sulla natura della volta celeste e del- la organizzazione degli astri nel cielo. Queste si intrecciano con elementi mitico-religiosi che servono come impalcatura della logica causa-effetto e della struttura dinamica.

• Nel II secolo d.C. Tolomeo introduce un modello che vede la Terra al cen- tro dell’universo14. Questo `e costituito da un’immensa sfera puntellata

di stelle al suo interno. Dentro questa sono presenti altre sfere concentri- che e trasparenti che sostengono i pianeti del sistema solare che vi sono incastonati. L’intero meccanismo si regge grazie alla posizione di puntel- lo centrale della Terra al centro dell’universo. Nell’Almagesto Tolomeo dedica ampio spazio ad una serie di computi che permettono di calcolare e prevedere il moto degli astri pi`u importanti. In particolare il Sole e la Luna.

• Per molti secoli il modello di Tolomeo rimane il migliore ed unico modo per spiegare la meccanica celeste. Durante i primi anni del XVI secolo, grazie alle sue osservazioni, Copernico introduce il concetto di centralit`a del Sole. `E la Terra dunque a girare attorno al Sole. Il suo modello prevede ancora l’esistenza degli emicicli; oltre alla circolarit`a delle orbite disegnate dai pianeti attorno al Sole.

• Poco dopo, Tycho Brahe, grazie all’osservazione del movimento delle comete, respinge l’idea dell’esistenza di emicicli o elementi di sostegno simili, ma compie anche un passo indietro collocando nuovamente la Terra al centro dell’universo. Nel suo modello sono solo gli altri pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno) a muoversi attorno al Sole. • Da l`ı a poco, Johan Kepler (1571-1630) reintroduce definitivamente la posizione centrale del Sole e giunge ad una perfetta comprensione del moto dei pianeti con l’ipotesi della forma ellittica delle loro orbite. • `E poi nel XVII secolo, grazie ad Isaac Newton e alle tre leggi sul principio

della dinamica, che si pu`o giungere a formulare un modello “accettabi- le” per descrivere la struttura e la dinamica del sistema solare. Con i

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Popper 1995b, pp. 220-222. 14

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principi da lui introdotti diviene possibile prevedere per un determinato momento, e con grande precisione, la posizione esatta di ogni pianeta. • Poco dopo Laplace (1749-1827) pubblica la Meccanica Celeste. Il testo

dipinge un universo – basato sulla logica newtoniana – molto simile ad un immenso ingranaggio celeste contemplato da Dio; dove ogni stella o pianeta trova la sua posizione in un determinato luogo e momento. • Nonostante il grande contributo della meccanica newtoniana, durante i

secoli XVIII e XIX, ben presto ci si accorse che non `e possibile, come invece lo `e per gli altri pianeti, giungere ad una previsione assoluta re- lativa al moto di Mercurio. Questo errore, associato allo sconforto degli altri scienziati, fa s`ı che per lungo tempo si ipotizzi l’esistenza di altri pianeti minori e invisibili responsabili dell’errore dei calcoli.

• Successivamente si pone un’altra questione (che porter`a poi alla nasci- ta della teoria della relativit`a). Einstein giunge all’ipotesi che niente sia pi`u veloce della luce. Il che porta dunque a chiedersi cosa sia la gra- vit`a. Se niente pu`o superare la velocit`a della luce allora nemmeno la gravit`a pu`o farlo. In estrema sintesi, a quel tempo si pensava che, se per ipotesi il sole fosse scomparso, automaticamente la Terra si sarebbe sganciata dalla sua orbita partendo per la sua tangente. Ma, se la luce impiega 8 minuti ad arrivare alla Terra, cosa succederebbe in quell’in- tervallo? La teoria di Einstein (sulla velocit`a della luce) e la meccanica di Newton risultano incompatibili. Einstein risolve tutto con l’introdu- zione di una teoria della relativit`a e, per il caso del sistema solare, della curvatura spazio-temporale. `E solo con l’introduzione delle teorie del- la relativit`a di Einstein che finalmente si comprende come lo spazio e il tempo possano subire, sotto certe condizioni, delle anomalie e delle distorsioni15. Eventualit`a plausibili nelle immediate vicinanze del Sole, data la sua massa. L’imprecisione nel calcolo su Mercurio dipende solo dalla distorsione provocata dal Sole stesso.

• Oggi, grazie alla meccanica quantistica, si possiede una visione comple- tamente distinta dell’universo. Le certezze sulla natura del sistema solare e dell’universo appaiono ora pi`u che mai lontane.

Da questo breve excursus possono essere tratti almeno due insegnamenti fondamentali. Il primo `e che, grazie all’osservazione della realt`a, i modelli co- stituiscono un modo concreto di accrescere il sapere attraverso la definizione di una sua rappresentazione pi`u plausibile (nel senso di probabile). Nonostan- te la loro semplicit`a implicita, i modelli costituiscono l’unico mezzo capace di descrivere e aiutare a capire e decifrare la complessit`a del mondo. Nella

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maggior parte dei casi, nell’ambito dell’indagine scientifica moderna, essi rap- presentano l’unico strumento a disposizione per avvicinarsi alla comprensione della realt`a. Senza di essi, l’efficacia della ricerca sarebbe molto limitata.

La seconda considerazione costituisce un punto ancora pi`u importante. Nella ricerca scientifica non si giunge mai a valutazioni del tipo: questo modello `

e corretto o questo modello `e esatto o vero. Proprio per essere uno stadio intermedio del processo d’indagine, `e giusto invece affermare questo modello `e accettabile o questo modello `e efficace16.

La plausibilit`a del modello `e legata a tre elementi fondamentali. In primo luogo un modello deve essere capace di dare una spiegazione ai fenomeni o agli oggetti studiati. Non solo, il modello deve anche essere in grado di fare del- le previsioni sugli eventi contemplati o sull’evoluzione dei fenomeni studiati. Infine, il modello deve essere compatibile con l’intero quadro della conoscen- za prodotta17. Se questi tre aspetti vengono rispettati, si pu`o giungere ad affermare che esso sia accettabile.

`

E importante ricordare come il motivo per il quale la ricerca astronomica si sia evoluta precocemente nello sviluppo di modelli sia dipeso del fatto che lo studio o l’osservazione della volta celeste ha a che fare con fenomeni che si ripetono periodicamente: il giorno e la notte, il movimento delle stelle o i solstizi sono solo alcuni esempi. Per comprendere i movimenti ed il susseguirsi degli eventi nel cielo, ma soprattutto per giungere a predizioni sufficientemente valide e rigorose sul futuro, si rendeva necessario plasmare uno schema sulla meccanica celeste.

Un fattore importante `e appunto che tutti i modelli sopra descritti era- no ampiamente diffusi e accettati fino alla nascita di un nuovo modello che, secondo la logica dei paradigmi di Kuhn, doveva spiegare, oltre agli errori e ai vuoti del modello precedente, anche per quale motivo questo sembrasse funzionare. In questo senso i modelli tendono a sviluppare una tradizione di parentela dove un modello pu`o dare vita a uno o pi`u successori18. Sar`a poi un meccanismo basato su una logica di selezione naturale a stabilire quale sar`a il successore pi`u valido. La storia del modello di Tyco Brahe dimostra inoltre come i paradigmi non progrediscano linearmente ma possano compiere passi indietro qualora in quel momento essi vengano considerati come la spiegazione pi`u conforme o plausibile. In definitiva si tratta sempre di una scelta arbitraria compiuta da un gruppo sociale.

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Popper 1995b. 17

Vedi la «priorit`a dei paradigmi» in Kuhn 1969. 18

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Fig. 2.1. Rappresentazione della sfera armillare di Keplero (Mysterium Cosmographi- cum 1596). Keplero `e stato indubbiamente una delle figure chiave nell’evoluzione del modello del sistema solare. `E infatti grazie alle sue osservazioni che questo modello, bench`e ancora lontano dal fornire previsioni precise sul moto dei pianeti, ha portato alla definizione della struttura generale del sistema solare.