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7.1. Presentazione

Abbiamo conosciuto Coumba al ristorante senegalese presso il quale lavora.

In occasione dell'inaugurazione non abbiamo stabilito con lei alcun contatto, ed anche successivamente è stata una delle persone con cui abbiamo impiegato più tempo per entrare in confidenza.

Con l'assidua frequentazione del ristorante si è pian piano instaurato un rapporto che però, al momento della prima intervista, non era passato ancora sul piano personale, anche perché quella sua aria aristocratica e un po' austera ci incuteva una certa soggezione. Quelle stesse caratteristiche che da subito ci hanno affascinato, l'eleganza del suo portamento, i suoi modi determinati, forti, dai quali traspare una persona così risoluta, ci facevano mancare il coraggio di farci avanti.

Non è una persona alla quale ci si possa avvicinare con leggerezza: è lei che gestisce la distanza e imposta il rapporto. Proprio per questo motivo, in seguito, quando ha deciso di aprirsi, la sua compagnia è diventata la più rilassante. Se con gli altri è stato spesso difficile dover giocare il ruolo di chi gestisce la situazione, con Coumba il problema non si è mai posto: è lei che, con mano sapiente, tiene le redini del gioco.

E' come se avesse imparato con gli anni a levigare i tratti più virili del proprio carattere, riuscendo a fare di sé una persona straordinaria, in cui la grazia, che si richiede alle donne senegalesi, convive armoniosamente con una forza dirompente.

E' una donna bellissima, con una corporatura piuttosto esile, la carnagione non particolarmente scura, dallo sguardo intenso e scaltro; è subito chiaro che ci si trova di fronte ad una donna che la sa lunga.

Certo, quella con lei non è stata la nostra intervista più facile, divenendo quasi una prova di forza in cui abbiamo dovuto tenerle testa per andare al di là delle sue risposte categoriche e giungere ad una discussione costruttiva. Questo sarà necessario soprattutto durante la seconda intervista, avvenuta fortunatamente quando avevamo già raggiunto un buon grado di confidenza.

Alcuni degli argomenti che le sottoponiamo, in particolare quello del dono, necessitano una riflessione su termini di uso comune, normalmente utilizzati in modo meccanico; spesso la necessità di mostrare la propria sicurezza di sé la porterà a rispondere recisamente senza concedersi un approccio critico.

Ne risulterà infatti una esposizione piuttosto contraddittoria, ma straordinariamente ricca di spunti di riflessione, alcuni dei quali sottovalutati al momento, come l’introduzione del termine ndokalé per indicare il dato tra geer e griot.

Molto più automatico è stato invece notare l’affinità tra il concetto, tanto decantato dalla Reveu du Mauss, di valore di legame e quanto da lei sostenuto in proposito.

L’analisi della donazione di sangue, avvenendo sulla scia di quella del dono, verterà in parte sul rapporto tra il dovere morale assoluto di un atto di fronte al quale non ci si può tirare indietro, e la gratitudine del ricevente. Conosce piuttosto bene le procedure che strutturano tale pratica nel suo paese poichè tutti gli uomini della sua famiglia, arruolati nelle forze dell’ordine, vi si sottopongono perodicamente. Lei, dal canto suo, confessa che, non essendosi mai trovata di fronte ad un’emergenza, non ne ha seguito l’esempio per una sorta di pigrizia accompagnata da diffidenza,.

L’appartenenza di casta rende la sua percezione della società senegalese simile a quella di Dibore e nettamente antitetica a quella di Rass213; infatti in un complicato discorso in cui si mescolano “caste” ed “etnie”214 sostiene che queste ultime mantengano tra loro dei rapporti di subordinazione o cuginaggio e siano strutturate secondo una decisa gerarchia interna. In una conversazione successiva in cui cercheremo di fare chiarezza in merito sosterrà che sia proprio quest’ultima caratteristica strutturale a permettere di distinguere le caste dalle etnie.

7.2. L’intervista

7.2.1. Generalità e percorso migratorio

Coumba è nata nella periferia di Dakar. E’ una donna di mezza età appartenente all'etnia Toucouleur, come entrambi i suoi genitori. Parla quindi la lingua del suo gruppo, ma anche il wolof, a cui lei si riferisce come alla lingua nazionale. Oltre a queste padorneggia ovviamente il francese essendo questo il veicolo dell’istruzione.

La mamma di Coumba è morta quando lei aveva tre anni, perciò è cresciuta con il padre che si è successivamente risposato. Costui lavorava come poliziotto, ma è andato in pensione nel 1978. Ha quattro fratelli e tre sorelle.

Ha terminato in Senegal il Liceo Scientifico con indirizzo economico.

E' partita dal Senegal diretta a Toulouse, dove risiede un suo parente. Lì è rimasta due settimane; si è poi spostata da un cugino a Milano, per soli due giorni ed è infine giunta a Pisa, nell'ottobre 2001, poiché qui vive sua sorella maggiore. E' stata proprio quest'ultima a spronarla a venire in Italia, dicendole che qui c'è una grande comunità senegalese e discrete possibilità lavorative.

Coumba stessa non si spiega come mai sua sorella abbia rinunciato ad un'occupazione sicura (faceva l'assistente sociale) in Senegal; lei, dal canto suo, non sarebbe mai partita se avesse avuto a casa propria una situazione altrettanto stabile, tanto più che il padre era contrario all'emigrazione delle figlie.

I suoi fratelli sono ancora in Senegal dove lavorano tutti nelle forze dell'ordine.

Ha divorziato prima di partire e ha lasciato a casa due figli, uno di dieci e uno di otto anni: attualmente la femmina vive con il nonno e il maschio con la zia. Sente molto la loro mancanza, ma non ha intenzione per ora di portarli qui; piuttosto vorrebbe che una volta terminati gli studi andassero in Francia per seguire dei corsi di perfezionamento. Prediligerebbe questo paese perché l'italiano in Senegal non gli sarebbe molto utile.

Dopo aver passato tre anni lontana dalla propria famiglia è riuscita a fargli visita nel 2004 e prevede di rientrare anche quest'anno.

Arrivata in Italia, dopo due settimane di riposo, la sua prima preoccupazione è stata quella della lingua, che temeva di non riuscire a imparare, perciò ha frequentato due corsi di italiano. Quanto al lavoro, per circa tre settimane ha fatto la venditrice ambulante. Ha trovato poi occupazione presso due famiglie, riuscendo così a regolarizzare la propria posizione con la sanatoria. Nel 2004, poi, una volta tornata dal Senegal, ha dovuto cercare una nuovo impiego, ed è finita così alla Piaggio, dove è rimasta impiegata fino al settembre del 2005. Infine, dopo un periodo di disoccupazione, ha fatto il concorso per entrare nella gestione della cooperativa che si occupa del ristorante senegalese.

Quando le chiediamo come si trovi qui, risponde, con quel suo tono così particolare: "Ogni uno si sente meglio a casa sua."

213 Cfr. gli elaborati 9 e 12 relativi a questi due intervistati.

214 Sull’inappropriatezza di queste categorie cfr. par. 7.2.15, pg.131-132 enote 109 e 111.

Trova molto più gratificante, comunque, lavorare in modo autonomo, per un progetto un po' più personale, strettamente legato alla cultura senegalese.

Tutti i membri di questa nuova cooperativa hanno già seguito alcuni corsi indispensabili per la gestione del ristorante riguardanti le norme igieniche, ma dovranno poi seguirne altri specifici per l'H.a.c.c.p. e il R.e.c.

7.2.2. Proteste studentesche e partecipazione alla vita sociale215

Chiara: "E in Senegal, a parte la scuola, partecipavi a delle attività o facevi parte di qualche gruppo?"

Coumba: "Sì, tante, tante... partecipavo a tante. Quando ero a le scuola dirigevo lo sciopero de scuola... ero molto turbolenta, sì, sì sì... ho fatto di tutto! Ero un omo che una donna. La gente mi vedevano di più un omo che una donna. Eh, però i genti cambiano, sono tempi passano, è la gioventù."

Ci racconta che era rappresentante degli studenti, e si occupava dell'orientamento dei ragazzi che devono passare dalle medie al Liceo.

Parla con orgoglio delle associazioni studentesche senegalesi "socio educative", che si occupano di vari eventi culturali e che sostiene essere molto più vive e ferventi delle nostre. A riguardo ci racconta "... nel '88 questa qua socio educative dei studenti del Senegal abbiamo fatto un anno bianco della scuola del Senegal [...] senza scuola un anno [...] per protesta."

Chiara: "E contro cosa protestavate?"

Coumba: "Tante cose: condizioni di studiare, di scegliere bene i professori, tanti cose, tanti cose, per uno meglio [? min. 21.40] delle scuole dell'educazione in Senegal!"

Chiara: "Perché i professori non sono bravi?"

Coumba: "Sì, sono bravi, ma ad un certo punto il controllo che dovevi avere l'hanno delassato un po' e non piaceva agli studenti." Facciamo una serie di battute sul rapporto studenti-forze dell'ordine in Italia durante i periodi di protesta e lei commenta: "Da noi gli estudenti non hanno paura dei carabinieri e queste cose lì..."

Martina: "E facevi anche però... diciamo a parte questo ruolo di rappresentante degli studenti, partecipavi anche ad attività di volontariato?"

Coumba: "Volontariato no, ma però noi in Senegal piacevamo vivere tra di noi di quartiere. Le donne si raggruppano, fanno associazione, si aiutiamo tra noi, ogni mese diciamo, ogni mese ognuno deve dare quindici euro appena. Lo mettiamo insieme, lo doniamo ad uno [...] facciamo così fino che prendono tutti. Ognuno a suo turno!"

7.2.3. Modernità, femminismo e diritti degli omosessuali216

Ci informiamo circa la forza di movimenti femministi e lei ci racconta di molte donne che si impegnano in tal senso, conosciute anche sul piano internazionale, e che compaiono spesso in televisione. Coumba non è mai stata particolarmente attratta da tali questioni anche se ha frequentato dei seminari a riguardo. Ci dice che anche nei paesi vicini c'è un simile fermento e cita a riguardo una donna, figura carismatica del Mali. Precisa però che in Senegal le cose vanno bene poiché questo è un paese "moderno".

Chiara: "E secondo te la modernità è soltanto un bene, oppure c'ha anche un aspetto negativo?"

Coumba: "Negativo... in parte io lo vedo... Dipende anche da gente che lo usano la modernità. Essere moderno non vuoi dire essere un gay o qualco... no, no, la

215 Cfr.parte audio a partire dal min. 16.53. 216 Audio min. 20.58.

modernità dipende dall'economia, dal cervello dei gente, dai memorie, come pensare per andare avanti; come vivere, sapere vivere bene tra i relazioni tra i genti. E' così io la modernità, la vedo così!"

Martina: "Ma non ci sono gay in Senegal?" Coumba: "Sì, tanti!"

Martina: "E riescono a far valere i propri diritti oppure sono emarginati?" Coumba: "Emarginati, sono messi da parte!"

Martina: "Ma anche donne?"

Coumba: "Anche donne. Senti, noi siamo musulmani, come questi le ripudia la religione musulmani questo tipo di genti. E c'è in Senegal, tanti!"

Martina: "Però non ci sono ancora movimenti per i loro diritti?"

Coumba: "No, e penso che non sarebbe mai. E' un paese musulmano. Siamo laico, ma però più numerosi i musulmani!"

7.2.4. Vita sociale in Italia e problemi di integrazione217

Martina: "E qua in Italia invece sei in contatto con la comunità senegalese [...]?" Coumba: "Sì, mi sento dentro. Sono senegalese. Quando chiamano qualche volta riunione al CGIL, vado. [...] Quando ce l'ho tempo e che lo sa... che lo so, vado. Dopo anche, dopo le riunioni quando non sono andata chiedo informazione agli altri."

Martina: "E invece l'inserimento diciamo nella comunità italiana? Ormai sono parecchi anni che vivi qua in Italia, però ti senti parte della..."

Coumba: "Sì, mi sento parte... un pochino, ma però... Senti in Italia loro mettono sempre da parte quelli dell'esterno, immigrati diciamo in genere, non solo i senegalesi. Noi tutti immigrati."

Chiara: "Ad esempio ci puoi fare qualche esempio pratico di situazioni in cui si vede bene questa discriminazione?"

Coumba: "Sì, sì, si vede bene, senti... Già italiani pensano sempre che loro... quando parli con un italiano218... quando vedi... loro, quando vedono qualcuno un immigrato, pensano che non sa niente! Però non è così! Abbiamo cervello come loro, siamo animali umani come loro. La sola differenza è la colore e quello l'ha fatto Dio e dipende dai zone dove noi viviamo. Si voi dovete vivere... se l'Italia era posizionata dove il Senegal voi siete neri [...] C'è da capire quello."

Chiara: "Bhè, c'è anche una differenza, oltre che una differenza di colore c'è anche una differenza culturale!"

7.2.5. Peculiarità della cultura senegalese219

Coumba: "Sì. Culturale, culturale, culturale sì. Noi abbiamo, anche in Senegal noi senegalesi abbiamo un cultura molto, molto differente dei altri anche dell'Africa; noi abbiamo nostre cose proprie del Senegal. Exempio, ti fa un exempio. Senti, da noi la sorella di tuo babbo ha un importanza molto molto grande della famiglia senegalese, sì. Dobbiamo rispettare come rispettiamo il babbo..."

Chiara: "Anche più della mamma?"

Coumba: "Sì, anche la mamma vuole questo, che noi dobbiamo rispettare la sorella del babbo!"

217 Audio min. 25.25.

218 Nonostante Coumba stia parlando con due ragazze italiane, continua a riferirsi agli italiani in terza

persona. Non dice "voi italiani pensate...", ma "gli italiani pensano". Come nel tentativo di non ascrivere tale mediocrità di pensiero alle sue interlocutrici. Questa è un’accortezza preziosa da parte sua che permette di portare avanti una conversazione distesa.

219 Audio min. 27.01.

Martina: "Ma questo per tutte le etnie?"

Coumba: "Sì, questo per tutti noi del Senegal. Noi viviamo così in Senegal, non siamo uguali con altri. Come viviamo anche. Vedi, in Senegal quando vai, siamo così accanto, faccia a faccia, queste due case, io entro, loro entrano, escono, anche noi entriamo, escono..."

Martina: "Non c'è la serratura?"

Coumba: "No. Quando rimani la giornata e non vedi l'altro tutta la giornata vai da la sua casa: - Perché, non ti ho visto oggi tutta la giornata, che c'è? Non ti senti bene? - Noi ci sentiamo, noi siamo così, in Senegal!"

Chiara: "Ma la notte si chiude a chiave la porta o no?"

Coumba: "Dipende. C'è chi hanno paura la porta aperta e altri no! 7.2.6. Immigrazione220

A questo punto Coumba si alza per andare a fare un conto alla cassa e c'è una breve interruzione della registrazione.

Riprendiamo la conversazione chiedendole dei suoi progetti per il futuro e lei ci dice che ha intenzione di tornare in Senegal perché "... ogni uno si sente meglio a casa sua, eh sì. Quello l'immigrazione è a la moda. Vedi, come l'Italia cinquanta anni fa, andavano in Svizzera, in America, in Germania. Quella è l'immigrazione e sono tornati con le loro cose, hanno sostenuto il loro paese. Su questa base è andata proprio l'Italia." Martina: "Però forse io credo che siete la comunità più propensa a tornare a casa!" Coumba: "Sì! Noi emigriamo e però torniamo. Senti, ognuno cerca di tornare ogni anno, ogni due anni in Senegal e c'è chi ogni sei mesi vanno in Senegal, si trova qui, ogni sei mesi vanno in Senegal. Vivono sei mesi in Italia, sei mesi in Senegal." Martina: "Quindi, in realtà, per esempio, anche della faccenda della cittadinanza italiana, del diritto di voto in Italia..."

Coumba: "Senti, me l'hai chiesto uno giorno uno del Centro Nord-Sud per la cittadinanza. L'ho detto: - Io non è per cattiveria, però io mi basta la mia, quella senegalese e altri no."

Martina: "E vorresti avere il diritto di voto qua in Italia?"

Coumba: "Senti, l'hanno chiesto quando si faceva a la Comune io sono andata, facevo parte di quella... anche ho preso la parola per parlare. Ma per noi immigrati abbiamo altre cose più importanti che votare. Abbiamo bisogno dell'integrazione [...] Senti, per me, quando qualcuno vive in una paese ad un certo punto, fai quasi tutta la sua vita deve partecipare alla vita politica di questo paese. E' una cosa normale che io vedo. Senti, tra noi senegalesi c'è alcuno che hanno fatto quasi quindici, dieci, venti anni qui in Italia, su questi venti anni quando fai i conti sono rimasti in Senegal solo un anno o due, tutto il resto l'hanno fatto qui in Italia. Loro conoscono bene l'Italia, fanno parte dell'Italia, devono fare parte di quelli che scelgono la gente politica di questo paese. Quello è per tutto il mondo, è una cosa che deve essere eguale per tutto il mondo. Qualcuno che vive da uno paese da dieci, quindici, venti anni, fa parte di questo paese. Io ho pensato: - Il diritto di voto è una cosa, ma però dobbiamo prima avere l'integrazione. – Vedi, il permesso di soggiorno degli immigrati, quando tu non lavori non puoi rinnovelare [intende rinnovare] il tuo permesso; hai la licenza paghi tante tasse e sei venuto qui. Senti, noi qui immigrati, senti, noi senegalesi le cose che abbiamo le dividiamo da tre parti: dobbiamo vivere qui in Italia e la vita qui costa molto, è proprio dura, è cara; ogni tanto, ogni mese o qualche volta deve dare la mano laggiù; e pensare al ritorno... Vedi come è duro per noi."

220 Audio min. 29.00.

7.2.7. La nostalgia221

Chiara: "E che cos'è che ti manca di più del Senegal?" Coumba: "La mia famiglia... di più di più mio padre!" Chiara: "Sì? Più dei figli?"

Coumba: "Sì"

Chiara: "Strana questa cosa! Per una... una donna italiana sentirebbe più la mancanza dei figli!"

Coumba: "Io mio padre. Mi mancano le miei figli, però di più mio padre!"

Chiara: "E che cos'è secondo te la cosa più bella del Senegal, della cultura senegalese?"

Coumba: "Della cultura senegalese... Il rispetto che... i più giovani devono dare a qualcuno più grande di te! Ci rispettiamo noi in Senegal. Quello quando qualcuno è più grande deve dare sempre... portare sempre attento ai più giovani, dare sempre consigli... quello mi piace di più!"

7.2.8. Religioni222

Martina: "Tu sei musulmana?" Coumba: "Sì."

Martina: "Anche la tua famiglia?" Coumba: "Sì."

Chiara: "A che gruppo appartenete, che confraternita..."

Coumba: "Io sono Tidjan, facciamo parte di Tidjân, non sono Murid." Martina: "E invece la cosa che ti piace di più della religione musulmana?"

Coumba: "Tutto! [...] Come noi crediamo a quello che hai detto il Dio Allah, e noi crediamo a Allah, tutto va bene della religione musulmana per noi musulmani." Chiara: "E qui in Italia, da quando sei arrivata in Italia è cambiato un pochino nella vita quotidiana il rapporto con la religione, non so, riesci a fare tutte le preghiere... ?"

Coumba: "Eh sì, questo è un problema quando siamo qui. Quando si lavora, in momenti di lavoro, entrano i bei momenti di preghiera e non si può fare. Quando si va a casa le paghiamo tutte insieme."

Chiara: "Ma te in Senegal, nell'ambito... in confronto alle altre persone senegalesi sei una persona particolarmente religiosa, cioè ha un importanza particolarmente grande la religione oppure...?"

Coumba: "No, no. Sono un come ognuno. Da noi c'è gente che con chi loro devono guidare la religione, i capi religiosi, questi... Io no, ma però sono una musulmana." Martina: "E ci sono... diciamo non hai problemi con le persone che professano la religione cristiana?"

Coumba: "No, coabitiamo in Senegal. Vedi, quando c'è i festa cristiani in Senegal noi tutti lo festeggiamo, anche quando viene quello dei musulmani tutti festeggiamo insieme, cristiani musulmani, musulmani cristiani. Non si vede anche. Noi no abbiamo questo problemi di religione in Senegal tra cristiani e musulmani, no."

Martina: "E però ci hanno detto che molte persone sono ancora legate ai culti tradizionali, diciamo i culti animisti."

Coumba: "Sì, quelli sono quelli del Sud del Senegal, la Casamance, quelli del Sud. Loro hanno i loro misteri [...]"

Martina: "E comunque sono sempre ben integrate, cioè non ci sono problemi neanche con loro?"

221 Audio min. 33.08.

222 Audio min. 34.14.

Coumba: "Di nessuno, non vuoi dire niente dei tra loro e altri gente. E' loro cose." [...]

Chiara: "... Mi chiedevo se forse nelle città le religioni monoteistiche in generale, sia quella musulmana che quella cristiana, se sono più forti che non magari nei villaggi dove..."

Coumba: "Dipende, qualche volta vai da un villaggio e sono quasi tutti musulmani, vai di un altro e quasi tutti sono cristiani."

7.2.9. Circoncisione ed escissione223

Chiara: "Ci sono alcuni riti, diciamo tipici del Senegal, antichi che precedono la

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