6.1. Presentazione
Abbiamo conosciuto Mame Diara di sfuggita al ristorante Senegalese; le abbiamo accennato della nostra ricerca, ma senza avere occasione di fissare con lei un’intervista. Fortuitamente Chiara è capitata a casa sua pochi giorni dopo assieme a Margherita, la ragazza di Dibore. Qui ha incontrato anche Youssou, uno dei nostri più stretti contatti che subito si è prodigato per coinvolgere Mame Diara nella ricerca. Viene decisa un’intervista per il giorno seguente.
Mame Diara è una donna alta e formosa dalla carnagione particolarmente scura in cui risalta quel sorriso che così spesso caratterizza la sua espressione. E' un sorriso dolce, così come dolci sono la sua voce e le sue maniere. Con movimenti armoniosi ed eleganti si muove lentamente nello spazio che la circonda trasmettendo serenità a chi le sta accanto.
Queste donne sono portatrici di una femminilità ammaliante, completamente diversa dalla nostra, in cui la forza e la determinazione passano attraverso la dolcezza e l'apparente remissività.
E’ la prima volta a casa dell’intervistato. La casa molto piccola è ben tenuta, pulita, ma pervasa da un odore intenso; ci mettiamo qualche minuto ad abituarci. La televisione è accesa su “Uomini e Donne” di Maria de Filippi.
Lei è a piedi nudi e con i suoi modi gentili ci chiede di toglierci le scarpe prima di calpestare il tappeto che occupa gran parte della stanza.
Le pareti dell’ingresso-soggiorno sono ricche di foto di Cheikh Ahmadou Bamba e di altri personaggi importanti della confraternita Murid.
Già da questo particolare intuiamo la sua forte religiosità della quale troveremo conferma durante l'intervista. L’Islam sarà infatti uno dei nodi tematici della conversazione: ce ne parla anche come dell’elemento che imposta l’atteggiamento verso la donazione di sangue.
Indagando con lei quest’ultimo argomento, troviamo per la prima volta conferma del fatto che la diffusione dell’AIDS, in Senegal abbia frenato le donazioni di sangue, così come ci risultava da una ricerca in merito. Tutti i suoi connazionali, invece, sembrano avere scarsa percezione di questo problema.
Ci offre anche un punto di vista singolare riguardo alla questione dono. Sebbene come tutti ribadisca che il motore di tale gesto nella cultura senegalese è sempre un bisogno altrui, si distacca da quanto sostenuto da tutti gli altri riguardo alla natura necessariamente
materiale di quest’ultimo: il bisogno che spinge a donare, infatti, può essere anche di natura prettamente affettiva. Afferma inoltre, in maniera esplicita e spontanea il valore di legame di questa pratica.
Un particolare che ci colpisce e intriga è il racconto del mito del Caffè Touba che sembra presentare forti analogie con quanto Mauss183 racconta circa il dono avvelenato. Lo indagheremo infatti caparbiamente in tutte le successive interviste, ma non incontrando più nessuno così legato alla figura di Cheikh Ahmadou Bamba, non troveremo nessun altra informazione a riguardo.
6.2. Trascrizione
6.2.1. Caffè Touba
Ci presentiamo a casa sua con un piccolo vassoio di pasticcini e lei subito ricambia la cortesia offrendoci una tazza di “caffè Touba”, un normale caffè a cui si aggiunge un’altra miscela. Ci sediamo sul tappeto e rompiamo il ghiaccio parlando di sua figlia, del ristorante e del caffè. “La storia di questo caffè proviene da lui [Cheikh Ahmadou Bamba]. Tornando... dalla... quando l’hanno portato i colonialisti, quando è tornato ha portato il caffè come regalo... e questo qui... a regalo ai suoi discipli... perché era proprio... perché i senegalesi avevano... come si chiama... l’abitudine di usare il Nestcafè solubile. Questo si chiama caffè Touba perché ha questa provenienza”. Dopo poco si sveglierà la bambina convalescente di soli 11 mesi e lei più volte cercherà di dargliene un sorso in virtù dei poteri curativi che gli vengono attribuiti. “Come racconta la storia” il jarr, la miscela che aggiungono al nostro caffè e che gli conferisce un sapore piccante, era stato aggiunto al caffè di Ahmadou Bamba per avvelenarlo, ma miracolosamente si rivelò benefico. Da allora gli si riconoscono proprietà curative soprattutto per gli occhi (“è dimostrato scientificamente in Senegal”).184
6.2.2. Generalità, percorso migratorio e inserimento in Italia185
Mame Diara ha 27 anni, è nata a Dakar, tutti e due i genitori sono Wolof, anche se provenienti da regioni diverse (il padre viene da Touba, città santa del Muridismo) e sono entrambi Murid. Il padre ha sposato sua madre dopo aver divorziato dalla prima moglie. Inizialmente facevano entrambi gli insegnanti; la madre ha continuato a svolgere questa professione per tutta la vita, mentre il padre ha poi diretto un albergo e successivamente gestito un distributore di benzina. E’ morto recentemente di Alzheimer.
Ha due sorelle che vivono in Senegal, un fratello che vive vicino a Pisa e un altro fratello, figlio della prima moglie di suo padre.
Sembra una famiglia in cui religione e istruzione rivestono ruoli importanti. Mame Diara ha preso la maturità scientifica e ha seguito un anno di informatica.
Successivamente186 ci dirà che la madre era contenta della sua decisione di andare all’estero: chi emigra facilmente diviene un sostegno economico per la famiglia. Al tempo in cui è partita il padre invece era malato, incapace di intendere la usa scelta
183 Cfr. M. Mauss (1953).
184 Ci colpisce il fatto che Mame Diara convalidi le proprietà del jarr utilizzando due registri, quello legato alla
religione e quello scientifico. Da parte sua c'è una particolare attenzione per l'approccio scientifico visto il suo interesse per la medicina occidentale.
Ci troviamo di fronte a persone che la post-colonizzazione ha posto in bilico tra due mondi: uno tradizionale e locale, l'altro moderno e globale. Il grado di attaccamento all'uno o all'altro varia da individuo a individuo influenzando il suo modo di conformare la realtà. Notiamo tuttavia una generale tendenza ad avvalorare elementi del primo attraverso i fondamenti del secondo in modo che ogni esperienza possa essere giustificata con entrambi i registri, acquisendo così uno status di realtà totale che rifondi lo scibile in un unicum.
185 Audio min. 13.14 (in cui vi è anche un taglio segnalato acusticamente).
E’ in Italia da tre anni e quattro mesi; è arrivata a Pontedera, passando per la Francia, con l’intenzione di appoggiarsi qui alla famiglia della zia per un breve periodo. Sua intenzione era quella di farsi riconoscere in Francia gli studi svolti in Senegal per poter accedere alla facoltà di Medicina, ma problemi con il visto hanno allungato la sua permanenza in Italia tanto da spingerla a fermarsi anche una volta ottenuto il permesso di soggiorno con la Sanatoria.
Inizialmente si occupava della neonata cugina, poi ha lavorato alla Piaggio, in una fabbrica e anche in una ditta di pulizie. Nel frattempo ha fatto il corso OSA, un corso per imparare l’italiano e alla fine, casualmente, si è imbattuta nel bando di concorso per il progetto del ristorante senegalese sostenuto dalla comunità europea.187
Più volte sottolinea di non voler rimanere all’estero accontentandosi di lavori che lei forse vive come squalificanti, come per esempio fare la donna delle pulizie; anche essere diventata socia della cooperativa che gestisce il ristorante è più un escamotage per non avere problemi con il permesso di soggiorno, che la realizzazione di un progetto personale.
Rimane fedele al sogno di potersi laureare in medicina, infatti si sta adoperando per farsi riconoscere la maturità qui in Italia. Confida in una borsa di studio dal Senegal ignorando che nell’università italiana esistano borse di studio per stranieri.
Quella per la Medicina è una passione che ha fin da quando era piccola. Martina : “E medicina è da sempre il tuo sogno, oppure...”
Mame Diara: “Sì, è da sempre. Ho seguito delle... dall’infanzia... poi al liceo come in Senegal dipende... lì in Italia quando sono andata ad iscrivermi mi hanno detto che non c’è bisogno di avere quel tipo di maturità per fare quello lì. In Senegal invece per orientarti nella medicina, fare fisica, ti devi orientare nel liceo scientifico per fare dopo l’istoria, seguire qualcosa con la literatura, storia, qualcosa così. E avevo seguito, ho fatto il liceo scientifico per poter andare a fare poi Medicina."
Chiara: "E come mai questo interesse per la medicina?"
Mame Diara: "Mi ha sempre piaciuto e... anche da piccola giocavo a fare il dottore con i bambini... Poi ho avuto, era, sono, avevo la cardiopatia, era quando sono, quando ero piccola, sono nata così, si è scoperto dopo quando avevo nove anni, otto anni, si è scoperta questa malattia e sono andata a fare l’op... un intervento in Francia. Sapendo che sono salvata dai medici, anche questo mi ha fatto anche più amare questa cosa."
Proseguendo nell’intervista arriviamo a parlare della partecipazione alla vita sociale quando era ancora in Senegal.
Martina: "E quando eri in Senegal facevi parte di qualche associazione di volontariato?
Mame Diara: "Sì. Non volontariato però era un gruppo di ragazzi murid che facendo i
da’ira, a pregare insieme, a aiutarsi a studiare... di ragazzi murid che si aiutavano
per queste cose."
Chiara: "E non so, qua in Italia a parte frequentare questi corsi, non ti è mai venuta voglia di fare parte di un gruppo, in qualche maniera, come appunto poi dopo è questo del ristorante, non hai mai sentito questa necessità di fare parte di un gruppo?"
Mame Diara: "No. Avere amici sì, però parte di un gruppo come questo di studenti..."
186 Audio min. 36.43.
187 Sarà Yoro a fornirci i dettagli sul progetto del ristorante.
[...] 188
Veniamo a sapere poi con un certo disappunto dei problemi che lei e il marito “stranieri” hanno avuto a trovare casa. Fortunatamente gli hanno poi riferito di un’agenzia che non ha questo tipo di pregiudizi.
[...] 189
Si è sposata in Italia con un senegalese che, come ci racconterà più tardi, ha conosciuto al Magal di Fornacette, una delle poche feste musulmane praticate in grande anche in Italia, ma che, nel nostro contesto, è anche un’occasione di ritrovo per la comunità.
Il futuro marito, vedendola pregare, è rimasto colpito dalla sua devozione; infatti, ci spiega che “difficilmente che le donne pregano perché quando ci sono le feste loro chiacchierano... che come non si vedono lì... quelle che abitano a Santa Croce qui a Pisa, Poggibonsi, Firenze, quando si incontrano vogliono dirsi tutto, non hanno tempo per pregare, si raccontano le cose."
Martina: "Perché si vedono poco?"
Mame Diara: "Perché si vedono poco, sì! Ognuno lavoro, per vedersi ci sono solo queste feste."
Chiara: "Invece gli uomini si vedono di più delle donne? Gli uomini si frequentano di più tra amici?"
Mame Diara: "Può darsi... se non sono sposati... penso che... però quando si sposano stanno di più con la famiglia. E queste sono le occasioni che hanno per vedere gli altri."
Chiara: "E quindi a lui, lui è rimasto colpito da questo fatto..."
Mame Diara: "Da quello che pregavo... mi ha detto, mi ha chiamato senza che lo conoscevo e abbiamo fatto amicizia... - Ti ho visto pregare - [riporta le parole del marito]". Continua su questo tema della religione sostenendo che è stato un collante tra di loro soprattutto perché lei sentiva la mancanza del suo gruppo di preghiera.
Chiara: "Ma in generale è una cosa, anche se uno non è molto religioso, è una cosa che viene apprezzata in una donna che sia religiosa?"
Mame Diara: "Sì, sì, sì."
Chiara: "Anche da uomini che non sono particolarmente religiosi?"
Mame Diara: "Ti rispettano di più. C’è un rispetto di più che ti chiamano Signora... c’è un rispetto che ti danno di più che a li altri."
Chiara: "Questo non vale anche per gli uomini però?! Gli uomini più religiosi sono quelli più rispettati?"
Mame Diara: "Sì, sì, sì anche. C’è sempre uno più di rispetto per quello che vedono che prega di più."
Suo marito al tempo abitava a Roma, ma quando hanno deciso di sposarsi, viste le pessime condizioni socio-abitative nella capitale, hanno preferito vivere a Pisa dove gli affitti sono anche più accessibili. Il marito ora è occupato alla Piaggio e con due stipendi la loro situazione si è molto stabilizzata, ma ci racconta che hanno attraversato un periodo di difficoltà essendo stati tutti e due disoccupati per mesi con la bambina neonata.
6.2.3. Le rimesse.
Chiara: "Che poi contemporaneamente in Senegal loro si aspettano, le vostre famiglie, penso che si aspettino che voi mandiate dei soldi."
Mame Diara: "Mia mamma no perché lei è venuta qua è venuta a vedere la bimba, é venuta prima per vacanza a vedere sua sorella. Conosce, sa come si vive qua che non ci sono soldi. Lei non chiede mai. Però uno che non è mai venuto qua non può pensare che... Mie sorelle lei le ragiona: - Non è che dovete chiedere...-
188Audio min. 32.15.
189 Audio min. 37.50.
Loro dicono: - Ma cosa fate qua se non avete soldi, tornate qua! -
Non possono capire che stai lì e non hai soldi... non lo possono no, no, no. Non lo possono capire, questo è... non gli puoi spiegare, ti dicono che parli così per non dare."
Martina: "Cioè, si aspettano, pensano che qui ci sia proprio uno stato di benessere?"
Mame Diara: "Sì... sì, sì."
Chiara: "Ma ti dicono che parli per non dare, quindi loro, diciamo potrebbe anche succeder questa cosa, che uno semplicemente si vuole tenere i soldi per sé e dice alla famiglia che non ce li ha? E’ una cosa che può succedere?"
Mame Diara: "Può darsi, però io non ho mai visto un ragazzo che non vuole mandare. Perché ognuno quando viene qua è per fare... trovare un altro benessere, una più alla tua famiglia. Perché ci sono che il babbo vendono la casa per farli venire in Italia pensando..."
Martina: "Ah sì? Cioè per pagargli il viaggio, per dargli una mano all’inizio?"
Mame Diara: "Sì, sì. Vendono la casa, danno al bancario un caso per avere soldi, a una persona per farsi prestare... bene, la mamma vende i suoi gioielli..."
Martina: "Quindi è proprio come un investimento?" Mame Diara: "Sì, dunque..."
Chiara: "E tu come hai fatto a venire qua? Tua mamma ti ha finanziato il viaggio?" Mame Diara: "Sì, sì. Io, mia mamma essendo insegnante non è che viviamo nel... però abbiamo una vita regolarissima!"
Ci dice comunque che il suo obiettivo è lavorare in Senegal con la laurea in medicina che vorrebbe conseguire qui.
6.2.4. Religione e tradizione: fondamenti della vita in comune190
Dal momento che più volte ha ribadito il suo attaccamento alla religione e al suo gruppo di preghiera, le chiediamo: "E dunque in generale la cosa che ti manca di più del Senegal è questa cosa qui della religione?"
Mame Diara: "I miei amici... sì, sì, sì i miei amici... Touba... come vissuto..." Chiara: "La religione come mezzo di socialità?"
Mame Diara: "Sì, sì, sì, mi manca tantissimo questa cosa."
Chiara: "E qual è secondo te la cosa più bella della cultura senegalese?"
Mame Diara: "Il gruppo, il fatto di vivere in gruppo. Ogni volta delle... trovo è la cosa che... penso che più è più bello di essere là. Il fatto di vivere sempre in gruppo, che non è moglie, marito, figlia... la famiglia è più larga di questo. Ci sono cugini, amici, tutti questi fanno parte della famiglia."
Chiara: "Ma le donne hanno la stessa libertà che gli uomini di mantenere rapporti fuori dalla famiglia?"
Mame Diara: "Sì, però c’è una cosa: le donne quando si sposano si dedicano di più alla famiglia. Gli uomini..." Risatina.
[...]
Martina: "E invece qual è la cosa che ti piace di più della religione musulmana?" Mame Diara: "Questo: il fatto di vivere in gruppo"
Martina: "Quindi è un po’ la stessa cosa?!"
Mame Diara: "Mhh, perché la religione quando è venuta in Senegal è già... viviamo già in gruppo, quando è venuto li ha... come si dice [...] quando è venuta la religione l’ha più fatto [non si capisce cosa dice, ma la sua gestualità indica un amalgamarsi]. Era
190 Audio min. 44.30.
una cosa che conosciamo già, quando è arrivata la religione ci ha fatto... unito ancora di più."
Chiara: "Quindi per te la cosa più bella della cultura senegalese e della religione musulmana è la stessa?"
Mame Diara: "Sì."
Chiara: "E allora invece per i cristiani senegalesi c’è di meno questa cosa del gruppo? La sentono di meno?"
Mame Diara: "No, anche loro hanno una, come si chiama, vivono in gruppo, ti ho detto prima che è una cultura..." Interrompe la frase per prestare attenzione alla bambina.
Martina: "Perché comunque tu mi dicevi, è caratteristico della cultura senegalese?" Mame Diara: "Sì della religione senegalese, vivono in gruppo e i festi musulmani come cattoli sono vissuti da tutti e due i gruppi. A Natale, vedi come se i musulmani sono cristiani, quando è la Tabaski, una festa musulmana, vedi che i cristiani si vestono come noi, fanno... Io a scuola avevo due amici di religione cattolica, perché in Senegal novanta percento [...] della popolazione è musulmana, il cinque percento è cattolici."
Chiara: "E l’altro cinque percento?"
Mame Diara: "Sono diversi tra altre credenze."
Ci racconta aneddoti per farci capire come tra cristiani e musulmani non ci siano problemi e come tendano a mescolarsi. Discutendo a proposito del fatto che Senghor, cattolico, abbia governato il paese per vent’anni, ci dice che uno dei suoi sostenitori (“per farli votare”) era un capo Murid.
Mame Diara: "Andando via lui [sottintende Senghor] ha detto che... ha insegnato ai musulmani almeno che c’è un’equivalanza, che: - Mi avete fatto un regalo e io ve lo regalo che lui finisce il mandato. -
Perché Senghor non è andato al fine del suo mandato; si è lasciato un anno, due anni prima, che al Primo Ministro ha detto: - Vieni al posto mio, io me ne vado. -"
6.2.5. Regali: importazione francese.191
Chiara: "Dicevi di questa cosa dei regali: secondo te i regali sono importanti per mantenere questa cosa del gruppo, cioè per rimanere all’interno di questa mentalità di gruppo, no? Dello stare tutti insieme, c’è questa cosa di farsi i regali a vicenda oppure no?"
Mame Diara: "I regali è più una qualcosa che abbiamo preso dei francesi, per esempio a Natale o nel compleanno che ti danno qualcosa..."
Chiara: "Perché nella cultura senegalese non c’è?"
Mame Diara: "Noi abbiamo un aiuto più materiale, per esempio più... ti aiutano a costruire la casa... tu ti metti con la casa e tutto il villaggio è con te per aiutarti a farlo per una settimana. Quando perdi un parente sono loro che si occupano dei festi. I bambini sono bambini di tutti, lo tengono tutti. Non è che per esempio: - Devo andare al lavoro, come faccio mia bimba si è ammalata, non posso andare al lavoro. - Questi cose lì non esistono in Senegal, i bambini non sono mai da soli... c’è tutta la comunità dietro. [Aggiunge che in Senegal non ci si preoccupa di quanti figli si possano fare perché i bambini sono di tutti e i vicini si prendono cura dei figli gli uni degli altri.] Non lo so, sono gesti come [? min. 53.55] più concreta perché legata alla vita."
191 Audio min. 51.24.
6.2.6. Islam, preghiere e salute192
Quando le chiediamo se la religione affronti in qualche modo il problema della salute ci parla di un libro scritto da un discendente di Cheikh Ahmadou Bamba: è in arabo con traduzione in francese (perché il Wolof è una lingua solo orale).
Mame Diara: "Consigli per una vita più lunga e una salute migliore [ci legge il titolo del libro] pregare sempre Dio di darti la salute, non mangiare prima di aver digerito quello che avevi prima, non camminare finché stai stanca stanca, ci sono... non avere troppo fame, non mangiare più di quello che hai bisogno, non bere di notte, quando vai a letto bere così non va bene [...] non bere acqua fredda, non mangiare li ultimi frutti dell’albero, li ultimi ultimi frutti dell’albero non è consigliato. Come si chiama? ci sono tanti consigli per... per una, per una salute, un modo di vivere." Chiara: "Mi chiedevo se tra tutte le regole per stare bene, per quanto siano diverse una dall’altra, se avessero qualcosa in comune."