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Oltre a ricostruire la storia del concetto di creatività, Kristeller, in questo saggio mira anche ad analizzare più a fondo che cosa si intenda con il termine “creatività”, a partire dalla generale convinzione che la creatività sia “the ability to produce something «novel»”208

. Quando Kristeller afferma che per Aristotele questa facoltà era spesso identificata con la capacità di generare un essere umano, è necessario tornare alla concezione di Aristotele per cui tutto ciò che è ha la propria origine da qualcos’altro e che questo processo di creazione obbedisce alla leggi della natura. Al contrario di Platone che nello Ione riconduce la creatività del poeta a qualcosa di esterno, di mistico, di superiore, che sfugge al controllo razionale e va al di là delle normali capacità umane, per Aristotele il continuo processo generativo che coinvolge il fare naturale, gli animali, le piante, va esteso anche al fare umano, all’arte, alle idee e agli altri prodotti umani che seguono il corso delle leggi razionali intrinseche che regolano il cosmo intero. Tuttavia, oggi, i vari studi condotti in materia di creatività spesso non chiariscono come vada attribuita all’uomo la creatività nel senso di capacità di produrre qualcosa di nuovo. Questo si spiega, secondo Kristeller, con il fatto che, nonostante oggi non si parli più tanto di “genio” secondo la concezione ottocentesca e la creatività sia stata estesa a tutti gli ambiti del fare umano, negli studi è ancora la creatività artistica a essere la più discussa. Da questo punto di vista, nonostante ci sia una certa differenza tra il fare artistico e quello legato ad altre attività, si è ormai d’accordo nel considerare la creatività come una caratteristica della psicologia della persona umana, più o meno sviluppata a seconda dei soggetti, una qualità mentale innata, quindi, che non può essere semplicemente insegnata, anche se una tendenza sempre più diffusa al giorno d’oggi è quella di condurre studi che cercano di individuare tecniche e metodi per accrescere o incoraggiare, anche nei bambini, lo sviluppo di questo attributo.

Un luogo comune che spesso emerge nella valutazione della creatività degli artisti è quello secondo cui a un artista non potrebbe essere negato il carattere di creativo nel momento in cui prova determinate sensazioni ed emozioni particolarmente intense che lo guidano nella realizzazione dell’opera oppure che ne precedono l’ideazione. Questa opinione non ha alcun fondamento: innanzitutto, come sottolinea Kristeller, ciò che l’artista prova e sente non può essere accertato e verificato in alcun modo da una persona esterna e questo renderebbe difficile lo stabilire e il

207 O. P. Kristeller, op. cit., p. 108. 208

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valutare la creatività di qualsivoglia artista; in secondo luogo, le emozioni dell’artista non sono una garanzia né della novità e originalità dell’opera né tanto meno della sua qualità artistica:

There are instances in which artists who spoke with great emphasis of their originality and vocation did not have much to show for their effort, and vice versa, many authors of widely admired works have been rather reticent or humble about their feelings and efforts. We might even say that in the detached judgment of posterity the periods in which critics spoke most loudly about the artist and his creativity were not always those that produced the greatest works of art, and vice versa.209

Piuttosto, quindi, che incentrare l’indagine sulla persona dell’artista, appare più opportuno, al fine di valutarne la creatività, basarsi sull’analisi delle opere d’arte, cioè dallo studio dei prodotti risalire alle caratteristiche mentali e psicologiche di chi li ha creati, “just as in the old days the perfection of the universe was used as one of the arguments to prove the existence and perfection of its divine creator”210

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Da questa indagine condotta sulle opere d’arte che ci sono state tramandate nel corso dei secoli, Kristeller arriva a una conclusione che, in realtà, scalza il mito della creazione del genio come libertà totale da ogni vincolo, come originalità assoluta figlia della creatio ex nihilo: egli afferma, infatti, che ciò che emerge con chiarezza è il fatto che nessuna opera d’arte appare del tutto originale o del tutto frutto di un’imitazione, ma in ognuna di esse entrambi gli aspetti sono allo stesso tempo presenti in gradi diversi. Ogni opera d’arte è il risultato di una combinazione di elementi che fanno parte della tradizione e altri che derivano dall’innovazione creativa peculiare di ogni artista. Questo è un discorso che, indipendentemente dal fatto che l’artista ne sia consapevole o meno, vale sia per quelle opere che sembrano a un primo sguardo del tutto originali, sia per quelle che sono dichiaratamente una copia, una riproposizione di qualche altra opera precedente:

a copy of an original work will always be distinct from the model and its other copies, intentionally or not, and if one master makes a copy of the work of another master, Rubens of Titian, Manet of Goya, Van Gogh of Hiroshige, the copy will have its own originality and value without ceasing to be a copy.211

Questa compresenza di elementi originali e tradizionali è inevitabile, basta pensare a un qualsiasi artista il quale, per quanto la sua intenzione sia di innovare e di rompere con la tradizione passata, realizzerà un’opera che si dovrà comunque inserire all’interno di una determinata categoria di prodotti d’arte –un dipinto, un romanzo, una poesia, un’opera teatrale, una canzone –aventi ognuna alcune caratteristiche che verranno mantenute e altre che verranno rivoluzionate e diversi

209 P. O. Kristeller, op. cit., p. 109. 210 Ivi.

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gradi di somiglianza e di diversità rispetto ad altre opere dello stesso genere. Più un’opera d’arte è originale maggiori saranno gli elementi di rottura rispetto a quelli di somiglianza e viceversa. Alla radicalità e all’enfasi con cui oggi spesso si fa riferimento alla creatività umana, messa in evidenza anche da Blumenberg, Kristeller contrappone una visione più misurata che porta alla luce una consapevolezza dell’opera d’arte e dell’artista come emergenti da un contesto culturale più ampio in cui si trovano inserite anche le istanze più innovatrici e in cui la creatività deve trovare riconoscimento, passando da una dimensione esclusivamente interiore a una dimensione fruibile anche a livello sociale: “solo il riconoscimento del valore creativo degli esiti cui si perviene ha la facoltà di attribuire analogo significato all’intero processo”212

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Addirittura, se un artista realizzasse più copie di una sua stessa opera, ognuna di esse conserverebbe dei tratti distintivi, seppur minimi, che la renderebbero unica e originale rispetto alle altre. Questo discorso vale per le opere che nascono da un’imitazione, ma ancor più vale per quelle opere che offrono riproposizioni o diverse interpretazioni e versioni di un’altra opera o di una stessa tematica. Questo è il caso frequente della pittura, dove nel corso dei secoli troviamo spesso gli stessi soggetti riproposti però da artisti diversi, ognuno con un proprio stile –annunciazioni, natività, crocifissioni sono soggetti che sono stati raffigurati per secoli –ma anche delle rappresentazioni teatrali, dove abbondano i rifacimenti di opere già messe in scena, addirittura fin dall’antichità, e non per questo vanno considerate meno originali: l’originalità non sta nella tematica, ma in come questa viene trattata, riletta, reinterpretata in momenti storici diversi, da artisti diversi e con nuovi accorgimenti, anche tecnici:

Variations on a theme are among the best compositions in music and also in other arts, whereas the invention of a new plot does not assure excellence or even originality because in many cases the plot is old and only the names of the characters have been altered.213

Kristeller arriva a estendere questo meccanismo a ogni interpretazione di un oggetto che non deve necessariamente produrre un’opera d’arte: questo appare chiaro, ad esempio, nel processo di ricezione di un testo, ossia nel momento in cui soggetti diversi, ognuno con una propria personalità e interiorità, si accostano a uno stesso contenuto, ne emergono riletture, interpretazioni e visioni sempre diverse una dall’altra; oppure nel lavoro svolto da tutti coloro che si pongono in una posizione intermedia tra la produzione e la ricezione dell’opera, come nel caso dei traduttori letterari, per cui un processo di traduzione, per quanto cerchi di rimanere fedele all’originale, non è mai del tutto neutro, ma porta con sé modifiche inevitabili e necessarie per assicurare

212 Alberto Melucci, op. cit., p. 205. 213

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un’appropriata ricezione linguistica e culturale dell’opera, ma anche sfumature e accenti che derivano dall’attività interpretativa del traduttore stesso che rimane del tutto personale, tant’è che possono esistere traduzioni di una stessa opera fatte da traduttori diversi, nessuna delle quali sarà mai identica a un’altra, ma sarà caratterizzata da un proprio stile espressivo e formale particolare, pur conservando il medesimo contenuto.

Riassumendo:

originality and novelty, if we take them as descriptive terms, are never completely present or absent in any work of art but are always mixed with different degrees of unoriginality and of imitation.214

Creatività e originalità non sono, però, solo termini descrittivi, ma sono diventate delle qualità considerate di grande valore e sempre più ricercate nelle persone, in tutti gli ambiti. Kristeller tuttavia ci ricorda che nel campo artistico esse non vanno confuse con la “artistic exellence”215, l’eccellenza, il valore artistico dell’opera e soprattutto non vanno confuse con la

qualità dell’opera: ci sono opere caratterizzate da un basso livello di qualità artistica, ma da grande originalità e opere di minor originalità, ma caratterizzate da un alto livello di qualità. Allo stesso tempo l’originalità non assicura né la qualità “formale” dell’opera né la sua significatività da un punto di vista artistico. Kristeller ricorda il successo ottenuto, ad esempio, dall’espressionismo astratto, pensando al quale vengono innanzitutto in mente le grandi tele di Jackson Pollock interamente coperte di schizzi e gocce di colore, che l’artista realizzava semplicemente ponendo la tela a terra e, camminandoci attorno come in una sorta di rito sciamano spesso in preda all’ebrezza dell’alcol, lasciando gocciolare il colore dal pennello o anche gettandolo direttamente dal barattolo, seguendo l’ispirazione e l’estasi del momento. Queste tele, seppur non caratterizzate da un livello di “tecnica” artistica elevata (l’artista rinuncia persino a utilizzare gli strumenti tradizionali, per secoli considerati imprescindibili dall’arte pittorica), sono di certo di grande originalità e rilevanza artistica. In questo modo infatti l’artista cercava di lasciare una traccia della propria esistenza, del proprio passaggio sulla terra, attraverso la carica impressa al colore tramite il gesto di un momento che si fissa nella tela per l’eternità. Non va dimenticato, inoltre, che tanto Pollock quanto gli altri rappresentanti delle avanguardie, pur realizzando opere che spesso appaiono “semplici” a un pubblico inesperto, erano tutti artisti aventi alle spalle anni di studio, in grado di realizzare opere ben più raffinate ed elaborate da un punto di vista formale. L’obiettivo era quindi un altro, ossia, utilizzando un linguaggio non figurativo (e qui sta probabilmente la difficoltà nel valutarne la qualità artistica), dare espressione alla ricerca interiore dell’artista che voleva ribadire la propria

214 P. O. Kristeller, op. cit., p. 110. 215

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esistenza e dignità umana in un mondo ormai privo di valori, in cui forse l’unico valore rimasto consisteva proprio nell’essere vivi. C’è da dire, anche in questo caso, che oltre a elementi originali persistono elementi tratti dalla tradizione e anche dallo studio dell’arte europea, grazie all’influsso degli artisti del vecchio continente che negli anni della guerra emigrarono in America, permettendo così alle istanze avanguardiste di mescolarsi con le radici e le tradizioni della cultura americana.

Allo stesso modo, si spiega la riscoperta e l’utilizzo da parte degli artisti, soprattutto negli anni Novanta, dei disegni dei bambini o dell’arte dei pazzi, recuperate come forme di ispirazione in quanto considerate espressioni autentiche, libere, prive di filtri, di vincoli imposti dalla società e dall’istruzione. Anche queste opere, seppur non caratterizzate da un elevato livello di qualità tecnica, sono considerate espressioni di grande originalità.

Conclude quindi Kristeller, “originality is not the only or even the main factor in determining artistic quality”216. La cosa non cambia nel momento in cui dal campo artistico ci si sposta ad altre aree di attività, in cui le idee, per quanto siano creative e originali, devono necessariamente trovare conferma in apposite dimostrazioni empiriche, come nel caso di teorie scientifiche, oppure sottostare a determinati principi morali, civili e legali, nel caso ad esempio di disegni politici e sociali. Una visione questa che individua un elemento di continuità tra la creatività artistica e scientifica che si discosta, ad esempio, da quella concezione kantiana che distingueva l’operare artistico del genio, impossibile da spiegare e imitare in quanto frutto di un talento innato, da quello dello scienziato, i cui risultati possono invece essere appresi e trasmessi alle generazioni future offrendo i mezzi per un progresso continuo delle conoscenze.

Al discorso sulla persistenza degli elementi tradizionali si collega un’altra questione toccata da Kristeller, relativa alla formazione degli artisti, di cui riporta un esempio relativo agli scrittori:

A writer has to know his language and its literature, if not other languages and literatures, before he can adequately begin to write; he must be familiar with the patterns and rules of the genres he wishes to employ […]; and he must know some of the best specimens of previous literature in order to emulate their quality if not to imitate their external features.217

Kristeller afferma che un artista per diventare tale, ancor prima di essere considerato creativo, deve innanzitutto avere del talento. Con questo termine, non ulteriormente approfondito, a mio avviso, Kristeller vuole indicare una naturale predisposizione, un’abilità innata all’attività artistica, ma questa inclinazione resterebbe inespressa se l’artista non venisse formato, non solo nella tecnica, che costituisce lo strumento, il mezzo attraverso cui poter dare espressione alla propria arte, ma anche nella storia dell’arte, per conoscere ciò che è stato fatto dagli altri grandi

216 P. O. Kristeller, op. cit., p. 110. 217

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maestri, ognuno nella propria epoca, senza doverli necessariamente imitare ciecamente, ma per analizzarli con spirito critico, per trarre da essi un certo standard qualitativo, oppure spunti e idee che potrebbero essere rielaborati e adattati all’epoca presente o all’animo dell’artista dando vita a qualcosa di innovativo. A questo proposito Kristeller aggiunge:

He will draw on his memory and on the store of his knowledge, and must make an effort and take a risk that cannot be anticipated by planning. Mere intentions are not enough if the completed work does not embody them, and no artist should be judged by his intentions rather than by his actual work.218

In altre parole, l’obiettivo di un artista non è quello di essere creativo, di realizzare un’opera originale, ma deve essere innanzitutto quello di fare un buon lavoro, di realizzare un’opera di qualità che esprima appieno la sua personalità e la sua visione delle cose, “and if he succeeds, he will also turn out to be original”219

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