• Non ci sono risultati.

Destinazione della fatturazione complessiva (prodotta ed importata) nell'anno

4 DINAMICHE DI FILIERA, DI STRUTTURA E DI SVILUPPO DELLE AZIENDE NAUTICHE ITALIANE

4.1 La crescita e la sua evoluzione

La crescita dimensionale di un’impresa comporta cambiamenti nell’organizzazione e nella sua gestione. L’imprenditore deve modificare il suo ruolo passando a volte da leader, di una struttura complessa che cambia il suo modo di operare, a super eroe, di una struttura più formale e più burocratica. Le complessità e le problematiche da affrontare tendono a essere in diretta relazione con la rapidità della crescita stessa. Marchi storici come Chris Craft e Riva possono insegnare molto in questo senso. Entrambi, arrivati a un certo punto della loro crescita, hanno vissuto decenni di appannamento, con continui passaggi di proprietà a partner dapprima industriali, (alla ricerca di opportunità in termini di complementarietà di business) e poi finanziari, e solo dopo un’opportuna ristrutturazione proprietaria hanno saputo riconquistare un posto di tutto rispetto, adeguato alla loro reputazione. Ciascuna fase di crescita infatti è seguita da una successiva di crisi che implica la necessità di modificare la modalità di gestione e di approccio al business da parte dell’imprenditore leader per poter consentire una ripartenza verso

108 M. Castelli, La grande sfida. Noberto Ferretti. Il numero uno dei sogni in mare. Il Sole 24 Ore, 2008 Milano.

la successiva fase di crescita. Esemplificativo è il seguente passaggio della storia di Azimut Benetti S.p.A.. Quando l’Azimut acquisì la Benetti negli anni 80, con la trasformazione dell’azienda artigianale in una realtà industriale, e si passò da 20 dipendenti a 150, nel corso di questa trasformazione emersero diverse problematiche. L’azienda non era più organizzata, né per funzioni, né per divisioni. Non erano chiare le responsabilità di chi gestiva il personale, di chi sviluppava il prodotto, di chi gestiva i costi, di chi i ricavi. Tutto ciò si rifletteva sui nuovi prodotti e sulla clientela, la cui fiducia nel brand e nel prodotto diminuiva.109 Ciascuna fase evolutiva richiede enfasi in particolare nello stile di management oltre ad una caratteristica complessità gestionale da superare. L’imprenditore si trova, ogni volta, a dover apprendere di nuovo il proprio ruolo e non tutti sono in grado di superare con successo questo passaggio. L’imprenditore si trova ad affrontare quattro sfide: la leadership, il lavoro in team, la strutturazione dell’organizzazione e la creazione di una forte cultura aziendale. Per riuscire ad affrontare ciascuna di queste fasi, deve cambiare e adattarsi, passando da un uomo solo al comando a membro del team manageriale; questo può non essere semplice data la personalità di alcuni imprenditori. Al crescere del business e delle dimensioni delle attività aziendali, l’imprenditore deve imparare in primis a delegare. L’azienda assumerà una struttura più formale e gerarchia. L’imprenditore, inoltre, passerà a controllare il business attraverso l’analisi delle informazioni e non più con un intervento diretto, che spesso rappresenta l’approccio prediletto. Le competenze del proprietario devono evolversi da tecniche, artigianali e operative a strategiche e manageriali.

Le complessità gestionali possono essere messe in relazione con l’evoluzione dell’azienda, della sua organizzazione e del leader. Anche l’organizzazione è spinta dal cambiamento verso una maggiore strutturazione e la creazione di un’appropriata cultura aziendale.

Nelle fasi iniziali di sviluppo la sfida è entrare con successo nel mercato, trovando acquirenti, consegnando le barche ordinate e cominciando a creare il proprio network di relazioni. Ogni decisione tende ad avere un orizzonte di breve termine. L’organizzazione aziendale è semplice, con relazioni dirette e con l’imprenditore che è coinvolto in ogni attività anche dal punto di vista operativo. Si parla in questo caso di struttura a rete con l’imprenditore al centro.

La crescita è spesso il frutto di un processo di creatività imprenditoriale, che va alla ricerca di sempre nuove opportunità e di innovative modalità di operare. Talvolta questo modo di procedere un po’ disordinato, può portare a un disorientamento della clientela oltre che dei dipendenti che faticano a comprendere il focus del business. Spesso ci può essere dispersione

delle risorse all’inseguimento di ogni possibile opportunità commerciale. L’attività è in genere finanziata con fondi propri o attraverso prestiti bancari.

Superata questa fase si passa alla successiva, definibile come sopravvivenza. In questo caso l’imperativo è quello di consolidare la propria base di clientela e il proprio portafoglio modelli. L’organizzazione continua a essere semplice, anche se cominciano a essere introdotti strumenti di pianificazione e di controllo finanziario. C’è ancora una forte identificazione tra proprietario e attività aziendale, anche se l’imprenditore comincia a evolversi verso la figura di learder, iniziando il processo di delega e supervisione. Il rischio insito in questa fase è spesso associato all’incapacità di delega delle responsabilità a terzi. Il finanziamento è con fondi propri, prestiti bancari ma anche leasing e factoring.

Nella terza fase, definita come successo, la strategia di crescita comincia a concretizzarsi. A questo punto della sua vita il cantiere ha una base sufficientemente stabile di clientela e di vendite ed è considerato un operatore consolidato del mercato. Il network di relazioni, sviluppato in precedenza, comincia a dare i suoi frutti . L’azienda inizia a strutturarsi per funzioni e a coinvolgere manager esterni anche in posizioni decisionali chiave. Il cantiere non è più guidato da uno solo al comando. Le responsabilità gestionali sono delegate a un team di manager che cominciano a entrare in azienda. Spiega un operatore: c’è molta difficoltà dei cantieri a crescere dotandosi di struttura, professionalità e capacità di gestione adeguate al tipo di lavoro che si va a svolgere. Tipicamente i cantieri che provano a crescere si affidano comunque a una terziarizzazione molto spinta di quasi tutte le attività, non puntano come scelta strategica, alla creazione di reparti specializzati interni. Inoltre, hanno spesso una dotazione di risorse di gestione mediamente insufficiente rispetto alle esigenze. Il rischio maggiore in questa fase è che l’imprenditore non abbia interesse a mantenere un puro controllo di business. Il disinvestimento può quindi rappresentare un’opzione strategica tipica di questa fase. L’imperativo in questo momento evolutivo diventa il reperimento delle risorse necessarie per sostenere la crescita. La non accurata gestione finanziaria della crescita può creare problemi. Le aziende lifestyle (cioè le aziende-simbolo) rimangono per lungo tempo in questa fase con successo, soprattutto quelle che riescono a ritagliarsi una nicchia di mercato ben definita o che sanno adattarsi rapidamente al mutevole ambiente competitivo.

Infine, nella quarta fase, l’azienda è ormai pronta a spiccare il volo. La crescita è frutto di un processo decisionale di tipo strategico ed imperativo. L’imprenditore deve assicurare un livello soddisfacente di risorse umane e finanziarie, che possono traghettare l’azienda verso nuovi traguardi. Le risorse umane e anche di sistema assumono un’importanza cruciale. Il rischio maggiore, in questo caso, è che l’azienda perda lo spirito e la cultura imprenditoriale che ha caratterizzato le sue fasi iniziali, finendo per diventare un oggetto burocratizzato.

L’ultimo passo, in cui si conclude questo ciclo di vita, è quello della maturità. L’azienda, a questo punto, ha raggiunto le dimensioni tipiche della medio-grande impresa, guidata da un management professionale. L’imperativo strategico principale è rappresentato dal ritorno degli investimenti.

La sequenza sopra presentata non deve essere considerata in modo meccanicistico, perché le combinazioni possono essere tali e tante, cosi come l’impatto degli avvenimenti esterni, da renderne difficile l’utilizzo. Il modello è comunque utile per enfatizzare alcune problematicità e complessità che i cantieri possono trovarsi ad affrontare nelle diverse fasi della propria strategia di sviluppo. Certo è il susseguirsi di fasi di crescita, crisi e consolidamento. Non tutti i cantieri però si avviano verso un percorso di crescita. Alcune aziende arrivano fino ad una certa dimensione operativa e poi si fermano, non proseguono nello sviluppo, sono le imprese definite lifestyle. Esse possono sopravvivere con successo, guidate da un leader imprenditore con grandissime capacità operative e minori competenze manageriali e strategiche, fino alla terza fase. La strutturazione di sistemi manageriali in questo caso ha una minore rilevanza. Sono aziende dotate di grande flessibilità che hanno, tra di loro punti di forza, la capacità di adattarsi velocemente alle richieste del mercato. Operano in modo informale, poco strutturato, con un approccio tattico e quotidiano. Alla quarta fase del processo di sviluppo arrivano solo le imprese orientate alla crescita, che è frutto di un processo decisionale di tipo strategico. Ultima fase è quella della maturità: l’impresa è arrivata alle dimensioni medio-grandi, è guidata da un managment professionale, la sua strategia è basata sul ritorno dell’investimento. Altre aziende ancora nello svilupparsi incontrano delle difficoltà operative, finanziarie, economiche, le quali ne pregiudicano l’andamento aziendale. Tutto ciò sta capitando, in questo ultimo quinquennio 2008-2014, anche come conseguenza della congiuntura economica mondiale, in cui alcune aziende si sono trovate di fronte gravi difficoltà, che le hanno portate al fallimento.

Se manca la qualità nel prodotto, è difficile portare avanti in modo sostenibile una crescita. Una piccola impresa con limitate risorse a disposizione se decide di avviare un processo di sviluppo non dovrebbe perseguire una strategia di crescita di lungo periodo, in più direzioni contemporaneamente, ma concentrarsi su una sola alla volta. La scelta dovrebbe essere il frutto di un processo decisionale consapevole, non forzato, guidato dalle circostanze. Una delle caratteristiche che distingue un vero imprenditore è la capacità di riconoscere le richieste del mercato in un dato momento, per poi trasformarle il più veloce possibile in offerte di prodotti o servizi, precedendo la reazione dei concorrenti. Il managment inoltre deve concretizzare queste visioni in una politica coerente. Si può sintetizzare un percorso tipico di crescita dei cantieri italiani. La prima tappa di sviluppo riguarda l’ampliamento della capacità produttiva, in modo organico, molto spesso attraverso l’acquisizione dei cantieri, con sbocco a mare. L’intento è quello di riuscire a garantire la possibilità di soddisfare sempre nuovi e

crescenti ordinativi. Il passaggio successivo, dopo qualche anno, è l’ampliamento di ambito, con ingresso nei servizi, con la manutenzione ordinaria e straordinaria e il refitting, per poter mantenere e fidelizzare la clientela. In questa fase avranno inizio i primi contatti con il mercato internazionale. Prima lo sviluppo dell’estensione geografica passa attraverso accordi con leader locali, non sempre specializzati nel comparto, che garantiscono un’adeguata assistenza in loco, per poi proseguire con filiali, di rappresentanza o commerciali, che hanno l’obiettivo di far conoscere il cantiere sul mercato e di sviluppare la rete di relazioni necessaria per acquisire nuova clientela. Insoliti gli accordi produttivi o di delocalizzazione, che sono dettati, come visto, in prevalenza dalle distanze geografiche. Sui mercati esteri il vantaggio di essere i primi a stringere determinati accordi di dealership è rilevante, come testimoniano i casi di successo.

A questa estensione del sistema d’offerta può far seguito un ulteriore ampliamento della gamma, di solito attraverso l’acquisizione di cantieri che producono barche complementari di materiali o di tipologia (dislocante verso planante o viceversa). I cantieri a loro volta richiedono competenze specifiche.

Il cantiere ha assunto in questa fase dimensioni di rilievo. E’ importante un momento di consolidamento per consentire un adeguamento della struttura aziendale e una organizzazione interna necessaria per far ripartire la crescita. Possiamo avere altri modi di crescita nel mondo dei servizi (dal chartering ai servizi finanziari, fino a quelli di gestione dello yacht e dell’equipaggio), negli investimenti immobiliari nelle marine, in alcuni primi tentativi di brand extension su alcune categorie di prodotto come abbigliamento e accessori. Le fondamenta su cui costruire una strategia di crescita strutturata sono delineate da una netta comprensione dei fattori di successo e degli elementi distintivi e caratteristici del cantiere. Bisogna costruire su questi punti di forza e sulle competenze chiave non tralasciando di lavorare sui punti debolezza. In questi ultimi anni molti cantieri sono nati dal nulla, alcuni senza esperienza hanno prodotto barche di grandi dimensioni rappresentando un fattore ulteriore di instabilità del mercato. Soltanto chi cresce in modo graduale, adeguando le competenze, la struttura e gli investimenti alle maggiori dimensioni delle barche, può ambire ad avere successo. Oltre ad una visione strategica, netta e definita del mercato e dei processi offerti, è importante nella fase di sviluppo dotarsi di professionalità adeguate che supportano l’intero processo e di una struttura solida. Nel settore della nautica da diporto alcune aziende si sono concentrate molto sul marchio, sul marketing, sull’aggressività commerciale; queste politiche devono essere supportate, da politiche di struttura gestionale e professionale, le quali hanno una visione a lungo termine. Queste strategie devono trovare un riscontro sui risultati economici e finanziari del cantiere.

La crisi internazionale economico-finanziaria ha portato dei fattori di cambiamento che hanno modificato le regole del gioco in maniera sostanziale rispetto al passato. Questi momenti

difficili possono diventare un’opportunità a condizione che ci siano nuove idee, volontà di superarli e si facciano dei sacrifici in uno spirito di squadra.

La grande recessione110 ha accelerato un processo di cambiamento ineludibile, cioè il consolidamento di un settore dopo un periodo di lunga crescita importate. Dopo 25 anni di crescita, più o meno, a tassi a doppia cifra con elevati margini operativi, ingresso di nuovi operatori, lancio di nuovi modelli, dove però veniva messo in risalto l’incremento di fatturato e non lo sviluppo aziendale, senza nessun ripensamento, il comparto nel 2009 si è trovato di fronte ad una situazione del tutto nuova, ma soprattutto negativa, dettata dalla crisi finanziaria globale. In qualche modo la crescita del passato ha ritardato il rilancio e il superamento alla situazione negativa.

I cantieri nautici sono chiamati ad affrontare una serie di sfide interne all’aziende ed esterne rivolte al mercato. Crescere comporta maggiori dimensioni operative, ma anche maggiore complessità gestionale e organizzativa. Perché una simile strategia abbia successo, è necessario adeguare l’organizzazione e la struttura aziendale a nuove sfide. La struttura d’offerta si amplia e i modelli proposti si semplificano, si standardizzano, s’industrializzano alla ricerca di economie di scala e di sinergie. La struttura s’irrigidisce perdendo parte della flessibilità tipica della realtà imprenditoriale artigianale. La competizione anche in un mercato in crescita, segue le più tipiche regole, l’attacco è la miglior difesa. Tutto ciò può funzionare se si decide di allargare il proprio ambito di riferimento, perdendo in parte il focus rispetto al core business, e si è in grado di implementare la scelta in maniera efficace. Chi invece, sceglie di continuare, con coraggio a perseguire una strategia di focalizzazione, forse la più difficile in questo periodo di crisi, non può pensare ad una politica di crescita dimensionale. La forte attenzione alla qualità, al prodotto, al servizio, al mercato, al cliente perde il suo valore quando le aziende si allargano in modo eccessivo, ecco allora che la strada deve passare per uno sviluppo moderato e ponderato. Un bene simbolico di pregio, come uno yacht, spinge le imprese, salvo poche eccezioni, a cercarsi una propria nicchia di mercato in cui specializzarsi, siano esse navi open o flybridge, a motore o a vela, su cui costruire la propria reputazione. Non ci può essere spazio, in qualsiasi mercato, per una crescita esasperata di prodotti e di aziende. L’attuale periodo storico ci mostra come la sovrapproduzione e l’eccessiva massificazione di taluni prodotti possano rappresentare elementi di instabilità per un intero comparto. La crescita dimensionale, spesso registrata in termini di incremento di fatturato o del valore della produzione a tutti costi, è stata deleteria.

110La grande recessione è stata definita da Federico Rampini “ Le dieci cose che non saranno più le stesse. Tutto quello che la crisi sta cambiando”, L’Espresso, Roma, 2009

Le imprese orientate verso tale percorso devono imparare a gestire lo sviluppo da un punto di vista culturale, organizzativo e anche finanziario. La crescita autofinanziata ha dimostrato maggiori possibilità di successi e duratura negli anni seguenti. La nautica da diporto italiana, escluse alcune aziende, è un settore relativamente giovane confrontato con altri settori, sia dal punto di vista industriale, sia da quello finanziario. Dal 2003 uno strumento finanziario, il leasing, ne ha supportato lo sviluppo, accompagnando la crescita delle aziende e contribuendo all’ingresso di un target clientela nuova. Un cantiere artigianale, che produce in modo custom, deve mantenere la sua identità, evitando di perseguire strade diverse che sono a fondo chiuso.

L’esperienza, le competenze, la creatività rappresentano le ricchezze da tutelare. La diminuzione della produzione è reale, essa non viene gestita come spesso avviene all’interno di strutture più industriali. La massima personalizzazione rende il bene veramente esclusivo, essa non è frutto di un’elevata politica di marketing. Questi cantieri possono diventare eccellenze italiane se sapranno conservare la loro caratteristica e unicità, senza troppi sviluppi e crescite dimensionali. Insieme ai grandi gruppi, che sono la forza motrice del made in Italy nel mondo, essi rappresentano il modello di business di lusso di eccellenza. E’ un’industria frammentata quella della nautica italiana, con molti comparti di élite. Gli operatori di nicchia, continuano e continueranno a coprire un ruolo di primo piano. Vicino a player globali, con marche forti e riconosciute, ci sarà spazio nel mercato nel futuro anche per i cantieri dalla grande reputazione, che rimarranno focalizzati a queste caratteristiche, e non si faranno tentare dalla crescita a tutti i costi.

Analisi swot della nautica111: Punti di forza

 Vitale è il sistema di imprese artigiane.

 Buon sistema di infrastrutture per la nautica da diporto.

 Esistenza di elevate competenze specialistiche nelle lavorazioni nautiche. Punti di debolezza

 Scarso sviluppo di attività cantieristiche di dimensioni maggiori e conseguentemente scarso sviluppo dell’indotto.

 Limitata dimensione delle medie imprese.  Modelli di business poco focalizzato.

 Difficoltà nel reperire manodopera qualificata.

111Andrea Tracogna , I cluster del Mare: Nautica da diporto e cantieristica navale in Friuli Venezia Giulia, Franco Angeli, 2007

 Scarsa integrazione del sistema nelle sue componenti territoriali e imprenditoriali (scarso associazionismo).

Opportunità

 Possibilità di ulteriore sviluppo delle infrastrutture, specialmente per le imbarcazioni maggiori e di un correlato indotto dei servizi.

 Disponibilità di spazi per ulteriori insediamenti produttivi e infrastrutturali, anche con accessi al mare.

 Possibilità di investimenti in attrezzature dall’esterno del cluster (distretto), sia nel comparto delle marine che dei cantieri.

 La crescita del comparto può essere ulteriormente stimolata dallo sviluppo del più ampio cluster marittimo.

Minacce

 Il calo della domanda, dovuto alla congiuntura economica negativa internazionale.  La specializzazione più marcata è quella sulle imbarcazioni minori, più soggette di

quelle maggiori ai cicli del mercato.

 Crescente concorrenza dell’est Europa (che ha costi di manodopera inferiori).  Crescente concorrenza di altri paesi emergenti.

 Massificazione del mercato delle imbarcazioni di piccole dimensioni, con lo sviluppo delle produzioni di serie, realizzate secondo logiche industriali con conseguenti svantaggi operativi per le imprese artigiane.

 Possibile, progressivo impoverimento del patrimonio di competenze e professionalità del comparto a causa del mancato trasferimento del mestiere della nautica.

Il settore della nautica non ha raggiunto, ad eccezione di alcuni casi di imprese leader e di sistemi eccellenti, una vera e propria struttura industriale centrata sui principi strategici gestionali ed organizzativi della produzione. La nautica da diporto è un settore costituito da un numero elevato di PMI, ma soprattutto di imprese artigiane, da tempo presenti nel sistema produttivo e con forte radicamento territoriale, che riescono a realizzare prodotti di elevata qualità insieme ad un lavoro di tipo artigianale che esprime il valore di una tradizione, intesa come la ricerca della qualità e dell’equilibrio delle forme, caratteristiche che distinguono il made in Italy nel mondo. Esse hanno fatto diventare questo settore uno tra i più dinamici e competitivi nell’attuale contesto economico del paese. Sono le imprese artigiane, o meglio le piccole aziende, ad avere un ruolo centrale nella costruzione di imbarcazioni da diporto, anche se la crisi ha portato come conseguenza la chiusura di alcune di queste aziende. Le piccole

imprese si differenziano per la presenza di personale specializzato e di alta professionalità nelle diverse fasi del processo produttivo.

La caratteristica distintiva del modello produttivo prevalente nella nautica italiana sta dunque nell’integrare e valorizzare a livelli di eccellenza l’insieme delle specializzazioni offerte da un tessuto di piccole imprese artigiane: un insieme di aziende la cui attività è sempre più legata in termini di produzione, una vera e propria filiera, concentrata territorialmente,