• Non ci sono risultati.

Italia al primo posto nella top 20 mondiale dei grandi yacht

Destinazione della fatturazione complessiva (prodotta ed importata) nell'anno

3.4 Italia al primo posto nella top 20 mondiale dei grandi yacht

L'Italia si conferma anche nel 2014 in testa alla classifica mondiale di produttori di grandi yacht. È quanto certifica la storica rivista americana Showboats International che, dal 1992, pubblica la classifica annuale dei maggiori costruttori internazionali di superyacht, le imbarcazioni a vela e a motore di dimensione superiore agli 80 piedi (24 metri), denominata Global Order Book. Una top 20 che raccoglie il portafoglio ordini di ciascun cantiere navale, calcolando il numero di barche in costruzione e la somma delle lunghezze complessive di questi yacht. Secondo la classifica, dunque, in testa ai produttori mondiali del settore resta, per il 14° anno consecutivo, Azimut-Benetti di Avigliana (Torino), con 79 progetti in fieri; al secondo posto, per la prima volta, il cantiere Sanlorenzo di Ameglia (La Spezia), con 39 progetti, che l'anno scorso era in terza posizione. Si attesta invece, con 32 progetti, al terzo posto il gruppo Ferretti di Cattolica (Rimini) che nella precedente top 20 era secondo. Altri produttori italiani in classifica sono Overmarine di Viareggio (Lucca), al 9° posto, con 14 progetti; Admiral Tecnomar di Marina di Carrara (Massa), in 14° posizione con 10 progetti; Fipa Group di

Viareggio (Lucca), al 16° posto, con 9 progetti e Cerri/Baglietto di Savona, al 17°posto, con 9 progetti, ma con un minor numero di metri in costruzione. La nostra analisi prende in considerazione le maggiori imprese italiane costruttrici di yacht di lusso custom e semicustom,cioè di prodotti appartenenti alla fascia alta di mercato, fortemente orientate all’innovazione, alla qualità, alla personalizzazione del prodotto, alla valorizzazione dell’immagine di marca e della connotazione made in Italy. Il modello produttivo è quello dell’internazionalizzazione: tutte le aziende producono in Italia e rivolgono la loro produzione al mercato internazionale vendendo buona parte del della loro produzione all’estero. Le imprese al vertice del mercato hanno saputo cogliere le opportunità offerte dai mercati esteri e soprattutto hanno saputo rivolgere la loro attenzione ai mercati più dinamici (Russia, Sud America). La sfida per il futuro sarà rappresentata dalla capacità di penetrare nuovi mercati, come la Cina e l’India, non appena sussistano le condizioni di mercato (infrastrutture marittime in particolare). L’analisi si concentra sui soli yacht a motore, ritenendo che il mercato dei grandi yacht a vela si qualifichi per caratteristiche specifiche molto diverse. Le imprese identificate e presenti nella classifica mondiale si considerano in rapporto di concorrenza tra i prodotti offerti e i mercati serviti. Le variabili vengono per quanto possibile ricondotte al modello di analisi dei fattori di successo della media impresa italiana93negli ambiti relativi all’imprenditorialità, alla competitività, all’organizzazione e all’internazionalizzazione.

La media impresa rappresenta una dimensione adeguata non solo a competere con successo nell’ambito di settori o comparti caratterizzati da una domanda principalmente rivolta a prodotti di elevato valore, basati su una personalizzazione estrema e sulla ricerca dell’eccellenza come fattore distintivo, ma anche a fronteggiare con buone capacità di successo eventi di segno negativo come la crisi economica e finanziaria innescatasi nel 2008 e non ancora conclusa. In effetti le imprese italiane della nautica di lusso, hanno continuato ad operare in un contesto di mercato che non ha subito un arresto totale.

L’imprenditorialità e la governance sono diverse nelle imprese della nautica: si passa da aziende appartenenti a gruppi, a società con un unico socio di maggioranza che svolge anche a volte la funzione di imprenditore, o a imprese familiari. La forma gruppo costituisce un’importante condizione per la competitività e lo sviluppo dell’impresa, specie di quella operante nei comparti del lusso in quanto consente di sfruttare i vantaggi della piccola dimensione (in termini di maggiore flessibilità di risposta alle sfide di un ambiente complesso e dinamico e di focalizzare le strategie sul brand e sul segmento). Si può attraverso il gruppo, conseguire, le economie di condivisione nelle attività di carattere trasversale che svolgono un ruolo chiave per il vantaggio competitivo. La presenza all’interno del gruppo di società specializzate su specifici segmenti di mercato non strettamente legati al ciclo economico (per

esempio le produzioni custom) può rappresentare un fattore di equilibrio e di traino per l’intero business. Nella gestione del gruppo e del business non devono prevalere gli obiettivi finanziari su quelli industriali, che oltre a non essere una garanzia a superare la crisi porterebbero effetti negativi e la conseguenza che pezzi del sistema produttivo nazionale passerebbero in mano alla concorrenza estera emergente. Tuttociò porta le aziende italiane della nautica del lusso nel periodo della crisi a riflettere maggiormente su questo aspetto, anche nell’ottica di iniziative di sostegno compatibili con l’obiettivo del mantenimento di elevati livelli di controllo sugli esiti di manovre intraprese.

Sotto il profilo della competitività le strategie delle imprese sono in grado di realizzare un efficace trade-off tra innovazione e tradizione nella realizzazione del prodotto e contemporaneamente gestire il brand in modo dinamico. Le imprese in grado di fronteggiare le turbolenze del mercato e mantenere o addirittura guadagnare importanti posizioni sono quelle per le quali l’innovazione è intesa in senso ampio ed estesa a tutti gli elementi accessori del prodotto. Si combina il mantenimento di una eccellenza e la tradizione artigiana del più classico made Italy. Anche il brand viene considerato un attributo chiave del prodotto, in grado di trasferire valore alla clientela nella misura in cui si comunica un’immagine in sintonia con il trend emergente nel mercato e con il sistema di valori dei clienti fidelizzati. Un brand che non è semplicemente uno strumento di barriera all’entrata nei confronti di new comer, ma diventa un mezzo per costruire relazioni stabili e durature con i clienti più profittevoli, rafforzando la rete brand representative sui mercati esteri maggiormente significativi e promettenti. Un esempio negativo: nonostante la forza di un marchio storico, universalmente riconosciuto come imbarcazione di lusso (caratterizzato da elevate prestazioni e linee aggressive) il management di Baglietto ha subito l’impatto negativo della crisi, magari anche a causa di un approccio centrato su politiche commerciali aggressive fortemente improntate alla sopravvalutazione dell’usato e poca gestione del rapporto con il mercato. Se magari questa strategia negli anni precedenti alla crisi ha sostenuto lo sviluppo esponenziale del portafoglio ordini, in seguito a questa criticità ha determinato pesanti ripercussioni sulla gestione finanziaria.

Le aziende basano la loro competitività sulla qualità del prodotto, che richiede un approccio gestionale alla progettazione e sviluppo in grado di bilanciare eccellenza e efficienza. Le imprese dispongono di moderni sistemi di pianificazione delle attività, avvalendosi anche di supporti ICT (information and communications technology) based. La gestione della rete di fornitura e dei rapporti con il territorio di appartenenza è molto importante. Le imprese nautiche ricorrono a strategie di multiple sourcing (per lavorazioni non particolarmente sofisticate e labour intensive per la fornitura di parti e componenti a basso valore aggiunto) secondo una logica puramente transazionale e sostanzialmente di breve termine. In altri casi la logica utilizzata, e di notevole risultato positivo, è una logica evoluta di gestione delle relazioni di fornitura e subfornitura, nelle quali l’azienda svolge un ruolo di value net integrator, secondo

un orientamento alla cooperazione e al reciproco vantaggio, mantenendo al contempo un forte presidio delle fasi più critiche dello sviluppo del prodotto. Le aziende leader sembrano aver mantenuto, anche nella crisi, questo approccio.

In questo tipo di business il territorio gioca un ruolo fondamentale non solo nella costruzione dell’immagine del brand, ma anche per competenze e servizi chiave connessi.

Le aziende hanno subito gravi danni, per causa della crisi economica, anche determinati a causa di precedenti errori di gestione o di debolezze nella struttura finanziaria e di governace. La crisi sembra aver innescato un processo di selezione, premiando di fatto alcune medie aziende a scapito di altre.

Le aziende maggiormente in grado di fronteggiare la crisi sembrano quelle guidate da leader carismatici, che in alcuni casi sono anche i fondatori della società di cui detengono il controllo, personalmente o tramite partecipazioni familiari. La visione e l’esperienza di questi leader ha permesso a queste imprese di proseguire il loro intento strategico in maniera coerente, in un arco di tempo prolungato, garantendo la stabilità e la direzione in tempi di turbolenza economica.

La capacità di visione imprenditoriale si manifesta attraverso scelte ambiziose di sviluppo e di innovazione anche nel periodo della crisi, bilanciate dalla costante preoccupazione di mantenere una elevata solidità economica e finanziaria.

Gli imprenditori alla guida delle aziende migliori sembrano avere affrontato la crisi come un’occasione per focalizzare l’attenzione sui fattori competitivi chiave, rafforzandoli, e per individuare nuove opportunità su mercati emergenti, anche attraverso impegnativi investimenti. Inoltre i manager sono stati in grado di sfruttare la crisi come opportunità per consolidare il posizionamento raggiunto e costruire le basi per la crescita futura.

Naturalmente la solidità dei bilanci ha fornito una base fondamentale per resistere alla turbolenza economica.

Le aziende che si sono focalizzate in passato in percorsi di crescita organica hanno resistito meglio alla crisi economica e finanziaria. Per alimentare la crescita sembrano avere puntato maggiormente su tecnologia, innovazione e conoscenza dei clienti. Il loro modello di business è basato sulla proposta continua di soluzioni di livello superiore, ha di fatto alimentato la costruzione di un marchio forte e di stabili relazioni con i clienti, conquistando posizioni di mercato inattaccabili dalla concorrenza, mentre sotto i profilo organizzativo la tensione alla crescita si rivela attraverso una catena del valore estesa, nella quale le attività di ricerca e sviluppo, progettazione, marketing svolgono un ruolo chiave.

L’accentramento delle principali funzioni nelle mani del proprietario imprenditore, rappresenta un indubbio punto di forza; tuttavia, potrebbe trasformarsi in fattore di freno, se e nella misura in cui venga lasciato poco spazio ad investimenti in figure professionali nuove e al rafforzamento di funzioni strategiche (manageriali, di branding e marketing, ecc.) che

potrebbero rappresentare una delle leve della competitività futura. L’impressione è che, in alcuni casi, soprattutto in quelli di più recente ascesa all’interno della classifica mondiale, la modernizzazione delle strategie aziendali non sia esente da una certa ritrosia a trasformare la struttura aziendale in sistema aperto di competenze, attraverso capitale umano con know - how nuovo e quindi capace di incentivare il miglioramento delle funzioni aziendali strategiche. Il rapporto con il territorio si rivela ambivalente:per un verso costituisce un valore come luogo di coesione in grado di alimentare reti collaborative e fiduciarie che hanno permesso alle imprese di crescere ed affermarsi, per altro verso il territorio è sottoposto ad una serie di mutamenti, determinati in parte da fattori esogeni (crisi finanziaria in primis) ma anche da fattori endogeni, fra i quali vanno annoverati il deterioramento dei rapporti con il sistema bancario e con gli enti locali. Tutto ciò induce ad un ripensamento del ruolo del territorio come fattore di competitività del sistema della medie imprese, attraverso forme di intervento basate sull’incentivazione dell’innovazione, della formazione e delle infrastrutture materiali ed immateriali. Occorre ripartire per rafforzare la competitività delle imprese della nautica di lusso, per consentire loro di continuare a svolgere un ruolo sempre più incisivo nel sistema produttivo italiano, sia sotto il profilo della generazione di valore sia sotto il profilo qualitativo e di immagine.

“Il Salone di Genova va ripensato”. A sostenerlo è Beniamino Gavio che, nonostante sia il proprietario di Baglietto, un cantiere storico della nautica italiana, per fare un giro all'interno dell'esposizione ha pagato il biglietto come un visitatore qualsiasi. A maggio di quest'anno, l'imprenditore, che oltre ad aver acquisito lo stabilimento Baglietto della Spezia ha rilevato anche il marchio Cerri, è stato protagonista di uno scontro con UCINA, la Confindustria nautica, al termine del quale ha deciso di uscire dall'associazione, che aveva risposto no alla sua richiesta di ingresso nel consiglio direttivo. Anche per questo, Gavio, mentre si accingeva a uscire dal Salone nautico, dopo la visita all'esposizione, non ha ritenuto di fare commenti sulla 54° edizione della kermesse genovese, alla quale non ha partecipato. Non ha mancato però di fare una riflessione generale sulla manifestazione. “Nel mercato – ha affermato – si percepisce un po' di ripresa. E perciò è giusto chiedersi perché alcuni brand importanti hanno deciso di non essere presenti al Salone di Genova. Lasciando da parte noi, che non possiamo partecipare perché siamo fuori da UCINA, mancano Azimut Benetti, Admiral-Tecnomar e poi gli inglesi: Sunseeker, Princess, Fairline. Tutti marchi che l'anno scorso, nonostante la crisi del settore fosse molto più profonda, erano presenti nel capoluogo ligure. La verità è che oggi i saloni europei importanti sono Cannes, Montecarlo per i megayacht e poi Dusseldorf. Quello di Genova è troppo ravvicinato ai primi due. Per questo motivo - sostiene l'imprenditore – il Nautico va ripensato. Una volta Cannes era piccolo e riservato a pochi, Monaco era, ed è tuttora, dedicato a una nicchia di mercato e Genova era per il grande pubblico. Ora è tutto diverso e il salone ligure è stretto fra quelli francesi (a settembre) e il boat show di Fort Lauderdale (che parte il 30 ottobre, )”.Poi, riflettendo sul tentativo di UCINA di spostare

l'evento genovese a maggio (progetto che ora ha subito una battuta d'arresto per l'opposizione dei piccoli cantieri), Gavio prosegue: “Non so se spostare la data del salone sia la soluzione giusta. Ma è certo che l'esposizione vada ripensata: come e quando farla sono decisioni che devono essere frutto di un ragionamento condiviso, che va fatto nel tempo”. Riguardo alla possibilità di realizzare comunque una grande manifestazione della nautica a maggio del 2015, in concomitanza con l'inaugurazione dell'Expo, Gavio è secco: “Per fare un'esposizione così non abbiamo bisogno del Salone di Genova. Si può fare ovunque”. E poi aggiunge, riferendosi alla Saloni Nautici spa, società ideata per gestire eventi del settore e creata da UCINA in accordo con Fiera di Genova, “credo che UCINA dovrebbe limitarsi a fare l'associazione e l'ente genovese la fiera”.

Tornando a parlare del mercato, Gavio spiega che“i saloni di Cannes e Montecarlo sono andati bene. Non abbiamo chiuso vendite ma abbiamo molte richieste per il 46 metri dislocante(tipo di imbarcazione ndr).Inoltre abbiamo iniziato la costruzione di un 55 metri, disegnato dall'architetto Francesco Paszkowski, e abbiamo pronto il 19 metri della linea Vm (che si ispira ai Mas, motoscafi armati siluranti, ndr)”.

“Politica e banche aiutateci: ecco che cosa ci serve per riprendere il mare94

.Ci aspettiamo che la politica continui ad aiutare questo settore industriale Importante per il Made in Italy. Ci serve il nuovo codice nautico con il suo regolamento di applicazione e ci serve che venga confermata l’IVA ridotta al 10% per i Marina Resort. Alle banche chiediamo una rinnovata fiducia nell’applicazione del leasing nautico che si è sempre rivelato un potente strumento di spinta per il mercato”. Ha aperto così, Massimo Perotti, l’ex presidente dell’UCINA, al 54° Salone Nautico di Genova, vetrina del made in Italy sul mare.

“Se si può lavorare a Genova, bene - ha detto Perotti -altrimenti faremo le nostre considerazioni”. Leggi: portiamo il Salone Nautico via da Genova. Milano, ad esempio. Dove, per altro, la rassegna è nata più di mezzo secolo fa. Saranno fischiate le orecchie a Paolo Vitelli, il patron di Azimut-Benetti, e a Beniamino Gavio, patron di Baglietto, grandi assenti e fautori di un «voltare pagina» che potrebbe essere anche l’addio a Genova. Ipotesi che, naturalmente, la città non può permettersi.

“Il supporto della politica è fondamentale per la ripresa del nostro settore” – ha affermato Massimo Perotti. Ecco, allora, alcuni punti chiave per il rilancio del settore.

- Il rientro della flotta nei mari italiani: la tassa Monti ha causato la fuga di ben 40.000 imbarcazioni, con un mancato gettito per l’erario di circa 8-900 milioni di euro (mancato indotto per servizi nautici, manutenzione, porti, carburanti, commercio, ecc.). La recente norma che riconosce i servizi di accoglienza dei posti-

barca in transito come attività ricettive, consentendo l’applicazione dell’IVA al 10% ai marina resort, va proprio in questa direzione.

- Controlli in mare: grazie alla collaborazione con il Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera, all’istituzione del bollino blu e, soprattutto, all’introduzione del “Registro telematico della nautica da diporto”, quest’estate è stata ridotta la duplicazione dei controlli ed è stata favorita la trasparenza.

- Occupazione: dal 2008 ad oggi si sono persi 18.000 posti di lavoro, che diventano 40.000 se si considera la filiera della nautica, il tutto aggravato da una caratteristica peculiare del settore che è la stagionalità del business nautico. Sarebbe necessaria una legge che desse più flessibilità al lavoro nel settore.

- Riforma del Codice, che la nautica attende da anni e che, finalmente, entro la fine dell’anno dovrebbe essere approvata.

- Rilancio del leasing nautico, che è passato da un totale di oltre 2 miliardi di euro a quasi 100 milioni, una cifra che da sola è la misura della crisi. “Il decreto Sblocca Italia conterrà una norma sul dimezzamento dell’Iva dal 22 all’11 per cento per i Marina resort, equiparando queste strutture ricettive, allestite nei porticcioli turistici, agli hotel o ai camping, per fornire ai passeggeri delle imbarcazioni servizi di tipo alberghiero”. È quanto ha annunciato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, durante l’inaugurazione del Salone di Genova 2014. “Bisogna favorire chi decide di venire a trascorrere una notte nei Marina resort - ha spiegato Lupi - che devono essere trattati alla stregua di altre strutture ricettive come i camping. Va detto che il governo ha già avallato questa scelta, a fine estate, e valevole solo fino alla fine di quest’anno, cioè pieno inverno... Magari vale la pena di riprovarci”. “Questo é un settore di cui dobbiamo andare orgogliosi, il mare è una risorsa, non può essere una negatività. Chi possiede una barca non può essere considerato un evasore- ha aggiunto Lupi - spazzando via così i fantasmi dell’era Monti e della sua “caccia alle streghe”.

“Governo e istituzioni sono al vostro fianco, siamo qui per vincere tutti insieme”ha aggiunto, rivolto agli industriali nautici. “In questi mesi -ha affermato il ministro- abbiamo cercato di dare dei segnali di aiuto alla nautica con il registro telematico e l’abbassamento dell’Iva sul transito delle barche nei porticcioli. La nautica ha sofferto al di là della crisi anche per i nostri errori, ma è inutile - ha sottolineato- andare a cercare chi ha sbagliato, dobbiamo ripartire tutti insieme”.

Paola De Micheli, vice capogruppo del PD alla Camera, ha ricordato come la nautica non debba essere considerata un settore del lusso bensì un’industria produttrice di ricchezza, ma, soprattutto, di lavoro. “Ci impegniamo a sostenere la misura “Sblocca Italia” e avere il decreto attuativo entro tre anni”

Il sostegno all’industria nautica e al suo posizionamento all’estero è stato ribadito anche dal vice ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, che ha ricordato come, a partire da quest’anno e contrariamente a come era sempre avvenuto, la destinazione delle risorse destinate dal MISE alla nautica verrà stabilita dall’Associazione di Categoria e, non più, dagli uffici centrali. Ciò consentirà in maniera ancora maggiore di finanziare le attività volte all’internazionalizzazione che UCINA da sempre promuove a favore soprattutto delle piccole- medie imprese che altrimenti, con le sole proprie forze, non riuscirebbero ad affacciarsi ai mercati esteri. Calenda è ritornato anche sul concetto di lusso,che “va inquadrato nella sua giusta dimensione: se ci sono barche costose questo significa che esiste chi può acquistarle, ma soprattutto chi le costruisce. Il nostro ministero inoltre sta aiutando quei settori in cui l’Italia è leader e che sono aggrediti dalla concorrenza straniera. E’ il caso della moda, come quello della nautica. Dobbiamo conservare i nostri primati nazionali”. E i soldi? “Alla nautica quest’anno tra supporto al salone e alla fiera siamo riusciti a portare 1,7-1,8 milioni di euro e l’anno prossimo non avremmo nessun problema ad arrivare a 3 milioni. Ma ci vuole un piano