• Non ci sono risultati.

Il mercato nautico italiano nell'attuale crisi economica: aziende che reagiscono e aziende che soccombono.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il mercato nautico italiano nell'attuale crisi economica: aziende che reagiscono e aziende che soccombono."

Copied!
302
0
0

Testo completo

(1)

Indice

Prefazione Pag. 2

1 Le origini della nautica italiana Pag. 3

2 Ascesa, caduta e reazione della nautica Pag 18

2.1 La Crisi Pag. 19

2.2 La reazione Pag. 21

3 Nautica e cantieristica: il contesto nazionale Pag. 52

3.1 Premessa: la struttura della filiera cantieristica Pag. 52 3.2 L’andamento della filiera, nei dati aggregati e nella percezione degli

operatori

Pag. 53

3.3 Strategie di reazione e di uscita dalla crisi Pag. 78 3.4 Italia al primo posto nella top 20 mondiale dei grandi yacht Pag. 81 4 Dinamiche di filiera, di struttura e di sviluppo delle aziende nautiche

del settore

Pag. 92

4.1 La crescita e la sua evoluzione Pag. 105

5 Aziende che reagiscono: Azimut-Benetti, Baglietto, Sangermani Pag. 119 5.1 Azienda Azimut-Benetti profilo del gruppo e tappe dello sviluppo Pag. 119

5.2 La storia aziendale Baglietto S.p.A. Pag. 207

5.3 Sangermani: breve storia aziendale Pag. 256

6 Conclusioni Pag. 288

Bibliografia Pag. 294

(2)

Prefazione

Lo studio della nostra ricerca verte sul settore nautico e il mercato italiano per quanto riguarda la produzione interna (yacht e mega yacht), volta alle richieste e al soddisfacimento di una domanda interna e internazionale. Il settore nautico si colloca tra i migliori nel sistema produttivo italiano, meglio conosciuto come il “made in Italy”. Nel decennio antecedente alla crisi mondiale esso ha registrato dei risultati significativi fino ad arrivare a conquistare la leadership mondiale della costruzione di yacht per il design, l’innovazione e l’alta qualità artigianale del prodotto.

La difficile congiuntura economica ha colpito e colpisce tuttora il mercato italiano e quello internazionale ed ha causato una crisi delle aziende, prevalentemente di piccola dimensione, ma caratterizzate da forti competenze tecniche e capacità progettuale sul piano dell’innovazione tecnologica. Una crisi che ha generato nel settore processi selettivi e di forte ridimensionamento dei volumi produttivi, della redditività, dell’occupazione complessiva, portando le imprese a riconsiderare le proprie strategie, avviare le ristrutturazioni aziendali e ridimensionare le prospettive di crescita, inducendo dei cambiamenti a volte radicali tanto da determinare in molti casi la chiusura o la trasformazione traumatica degli assetti societari in gruppi storici della cantieristica. Un crollo totale della domanda interna di nuove imbarcazioni ha colpito soprattutto gli yacht di piccola dimensione e tutta la rete di vendita: tutto ciò è stato influenzato ulteriormente da una legislazione negativa che ha penalizzato ancor di più l’andamento calante della domanda. Per quanto riguarda la produzione della nautica da diporto, a livello nazionale abbiamo nell’intervallo preso in esame, 2008-2014, una caduta vertiginosa di circa il 60% del fatturato, compensato in minima parte dai mercati internazionali, nei quali si detiene sempre il primato di leadership per quanto riguarda la produzione e la vendita dei mega yacht e servizi connessi. Con il crollo della domanda tutti i cantieri hanno dovuto affrontare un calo per il periodo che va dal 2008-2014. La diminuzione ha portato i cantieri ad una contrazione della liquidità. Un’altra causa di tale contrazione è dovuta al fatto che i clienti non riuscivano a far fronte al proprio debito. Il crack globale dell’economia, con la caduta delle borse e la stretta del credito e del leasing, ha influenzato in modo molto negativo il settore. La congiuntura economica negativa ha colpito in modo particolare la piccola nautica che in Italia, per anni, aveva beneficiato del credito al consumo. Il mercato interno ha avuto, nel periodo 2004-07, anni floridi anche grazie ad agevolazioni sul leasing, che hanno incrementato il numero delle immatricolazioni. Negli anni della crisi molte imprese hanno incontrato difficoltà di accesso ai canali di finanziamento bancario e gestione del proprio credito. Queste difficoltà portano tutto il settore ad un’attenta riflessione, necessaria per la crescita futura di una eccellenza del “made in Italy”. La nautica deve elaborare nuove strategie riorganizzatrici per fronteggiare gli effetti negativi della crisi, sia dal punto di vista commerciale, sia dal punto di vista economico-finanziario, facendo leva sui suoi punti di forza, quali la qualità del prodotto, il know-how, il design, la ricercatezza del prodotto, l’innovazione, lo sviluppo e la conquista di nuovi mercati. Le aziende nautiche devono razionalizzare e fare attenzione ai costi e agli investimenti. Tutto ciò deve essere accompagnato da uno snellimento della burocrazia. Le imprese possono puntare alla flessibilità, alla differenziazione del prodotto e a prodotti nautici eco-sostenibili: ciò innalzerebbe la qualità del prodotto e sarebbe una leva efficace perché esse siano competitive sul mercato. Da ultimo, ma non meno importante, esse devono poter fruire di una politica favorevole e non più penalizzante, come le attuali normative concernenti gli yacht e l’influenza del loro possesso nella valutazione del reddito. Devono poter beneficiare di norme che supportino e sostengano la nautica da diporto.

Un’analisi specifica è stata condotta per le aziende Azimut Benetti S.p.A., Baglietto e Sangermani nella loro struttura economico-finanziaria. Sono state esaminate le concause del declino e le cause della determinazione della crisi. È stato anche analizzato lo sviluppo dei flussi economico-finanziari per il risanamento dell’impresa, supportato da variabili esogene ed endogene, dal mercato e dalla legislazione.

(3)

1 LE ORIGINI DELLA NAUTICA ITALIANA

Le imbarcazioni da diporto non hanno una data precisa ufficiale di nascita, anche se si può contare su una documentazione secolare e su riferimenti millenari culturali relativi alle costruzioni navali.

Plutarco può essere considerato come il primo narratore nautico, quando nelle sue Storie descrive le imbarcazioni lusorie con una moltitudine di dettagli sulla nave della regina Cleopatra che discendeva dal Nilo incontro al conquistatore romano Caio Giulio Cesare (Regione Toscana, 1995)1. Fin dall’antichità la configurazione geografica dell’Italia, ricca di coste, è stata per gli abitanti un modo alternativo di cercare la via del mare: per la pesca, per la conquista dei territori, per ragioni militari, per gli spostamenti e in fine per il commercio. Non si hanno informazioni nella storia sui territori di mare, sulle prime imbarcazioni: se siano state inventate da gente del luogo oppure copiate dai viaggiatori giunti con questi mezzi da mari lontani. La navigazione da diporto forse appare per la prima volta con i romani nel Mar Mediterraneo. Le imbarcazioni dei romani erano costruite dai cantieri di Baia, Miseno e Ostia. Quando l’impero romano dominava il Mare Nostrum (mar Mediterraneo) le costruzioni navali degli Etruschi e dei Toschi avevano la loro rinomanza: non solo per la tecnica, ma anche perché le foreste toscane e delle isole fornivano un ottimo materiale di costruzione con alberi resinosi d’alto fusto adatti a ricavarne tavole lunghe, robuste e resistenti all’immersione prolungata in acqua salata.(…) Pisa era già villaggio marinaro tremila anni or sono, con scali di alaggio e cantierini per le riparazioni delle navi liguri ed etrusche.(…) Più tardi, a cavallo del medioevo, la Repubblica Marinara di Pisa, incentivò ancora le costruzioni navali e non solo in campo militare. (…) Tanto che secoli dopo i Medici crearono la celebre e potente marina dei Cavalieri di Santo Stefano, con cuore a Pisa ma i cantieri navali prima a Portoferraio e poi a Livorno; essi poterono così attingere maestri d’ascia e costruttori ancora fortemente specializzati (Regione Toscana, 1995). Dall’Impero Romano fino alle Repubbliche Marinare la nautica cresce, si consolida e si diffonde. Anche se la pratica del diporto, diffusa tra i patrizi romani, si arresta con la caduta dell’Impero Romano.

Tra il 1000 e il 1600 le Repubbliche Marinare possono contare su traffici marittimi nel mar Mediterraneo e con il vicino Oriente che consentono lo sviluppo della cantieristica navale. Ad Amalfi viene elaborato il primo codice della navigazione, la cosiddetta Tabula

1 Con l’annotazione Regione Toscana ci si intende riferire ad una pubblicazione, curata dalla stessa Regione , “Nautica da diporto in Toscana”, Pacini Editore, Pisa, 1995, dove vengono ricapitolati gli avvenimenti più significativi della sua storia.

(4)

Amalphitana2. L’arsenale di Venezia nel 1122 riesce ad allestire una flotta di più di cento galee, dando dimostrazione di capacità tecniche e organizzative. Queste due repubbliche marinare, a un certo punto, hanno un declino nella loro storia nautica, mentre la tradizione di Genova e di Pisa continua a prosperare nei secoli successivi.

La cantieristica italiana è all’avanguardia nella realizzazione di navi da guerra e piccole imbarcazioni, mercantili o da pesca, costruite prevalentemente in primordiali cantieri, localizzati vicino ad approdi protetti e accessibili ai trasporti di legname pesante proveniente dall’interno. In Toscana i territori più famosi sono Livorno, Portoferraio, Pisa e le sponde dell’Arno (Regione Toscana, 1995). L’attività artigianale di costruzione del cantiere Picchiotti (ai Navicelli) a Pisa risale al 1600. Le imbarcazioni fluviali che venivano prodotte si chiamavano becolino, dal soprannome toscano Beco di Domenico Picchiotti. Esse possono essere considerate una forma primitiva di scafo firmato. Il cantiere si occupava di attività di manutenzione. Le becolino erano delle barche a fasciame semplice e richiedevano un raddobbo annuale, fatto dal cantiere stesso. Si toglievano le stoppe e si sostituivano, si proteggeva di nuovo la barca verniciandola con catrame Arcangelo, proveniente dal Nord Europa. Il catrame residuo veniva diluito in acqua e riposto in bottiglioni per curare la tosse ai figli3.

Il termine yacht deriva dall’olandese yadgen, che significa correre, cacciare, inseguire. Gli yagt olandesi sono barche a vela veloci usate per divertimento e solo secondariamente come tender per raggiungere i vascelli in mare aperto. Il primo yacht da diporto a vela, di cui si ha notizia, è il Mary del 1660, costruito e donato dalla città di Amsterdam al principe Carlo Stuart in esilio a Breda al momento della proclamazione a re d’Inghilterra. E’ un tipico veliero olandese della forme piene, con derive laterali e basso pescaggio. Nello stesso periodo, i maestri d’ascia toscani varano le galere medicee e i galeoni di Robert Dudley nell’arsenale del Granducato di Livorno. L’eredità lasciata nel territorio è preziosa: la celebre galera Capitana Nuova, costruita a Livorno nel 1600 per portare a Marsiglia Maria dei Medici, sposa al re di Francia Enrico IV, fu descritta come la nave più bella al mondo e resa eterna in un dipinto di Rubens oggi nella collezione del Louvre a Parigi (Regione Toscana, 1995).

Nel XVIII secolo in Inghilterra nascono i primi Yacht Club. Il primo viene fondato in Irlanda, nel porto di Cork nel 1720, con il nome di Water Club of the Harbour of Cork. Nel 1749 si compie la prima regata competitiva. Sono i primi segnali della suddivisione delle imbarcazioni commerciali e da diporto. La vela diventa uno sport per regnanti, i lord inglesi, la nobiltà e la nuova classe degli industriali emergenti in America ed Europa. Le imbarcazioni

2 La Tabula Amalphitana, il cui titolo originario latino era Capitula et ordinationes Curiae Maritimae

nobilis civitatis Amalphe, era un codice marittimo, redatto ad Amalfi intorno all’ XI secolo. Si tratta del

più antico statuto marittimo italiano, usato in tutta l’area del Mar Mediterraneo.

(5)

sono di grande lunghezza e di bordo libero non elevato. Il periodo vittoriano fino alla seconda guerra mondiale rappresenta una vera e propria età dell’oro per lo yacht a vela, sia per lo svago, sia per la competizione.

Di navigazione da diporto in Italia si parlerà poco fino alla fine del settecento4. Le imbarcazioni più diffuse dell’epoca, sono di tipo inglese (strette e fonde) o americane (larghe e piatte). In concomitanza si sviluppa in Italia la nascente cantieristica, la quale si concentra sulla costruzione di velieri commerciali, robusti e solidi. Inizia a svilupparsi a Viareggio un’importante cantieristica mercantile prima intorno ad un canale poi nelle darsene scavate nella sabbia e difese dalle mareggiate. I Viareggini, grazie alla tradizione regionale, inventano tecniche costruttive originali con le quali riescono a varare velieri fino a 30 metri su scali appoggiati sulla sabbia. Nei decenni successivi lo yacht da regata diventa sempre più affiliato, piatto e leggero; cominciano a prendere servizio le navi da trasporto merci e passeggeri, la rotta passava per Genova, Livorno, Napoli e Marsiglia.

In Italia il diporto si sviluppa agli inizi dell’ottocento, quando cominciano la loro attività alcuni cantieri il cui nome passerà alla storia, come Codecasa, fondata nel 1825 a Viareggio, Cantieri Navali di Chiavari, fondata a Chiavari da Francesco Gotuzzo nel 1838, Riva, fondata a Laglio da Pietro Riva nel 1842, Aprea, fondata da Giovanni Aprea a Sorrento nel 1849 (gozzi da pesca, a remi e vela), Baglietto, fondata da Pietro Baglietto a Varazze nel 1854 (scafi per gozzi e barche da regata). Cranchi, fondata da Giovanni Cranchi a San Giovanni di Bellagio nel 1870 (imbarcazioni per pescatori, trasporto merci e passeggeri). Benetti, fondata da Lorenzo Benetti a Viareggio nel 1873. Questi cantieri nascono la per la produzione di scafi da lavoro, pesca, trasporto merci e passeggeri, barche da regata e per la riparazione. I fondatori dei cantieri sono i primi rinomati maestri d’ascia, con tanta sensibilità marinaresca e con molte intuizioni tecniche.

I primi club nautici italiani nascono nella mètà del secolo. Il Regio Yacht Club di Genova, ancora in attività, è stato fondato nel 1879 ed è stato il più rilevante per il respiro internazionale che ha saputo darsi (fonte UCINA)5.

Il cantiere Picchiotti fu fondato da Gaetano Picchiotti. La data non è certa ma, si suppone, verso la metà ottocento a Pisa. Esso ha fatto storia nella nautica da diporto non solo italiana. E’ documentato che il cantiere consegnò nel 1858 a Leopoldo di Toscana due golette che solcarono l’oceano e furono vendute nel Sud America. In questi anni, fino alla metà del Novecento, furono prodotti dal cantiere 900 velieri costieri e d’altura. Nel 1890 s’inizia la collaborazione tra il

4 Massimiliano Bruni, Luana Carcano, La nautica italiana, Egea, Milano, 2009. 5 UCINA è l’Unione Cantieristica Italiana Nautica e Affini.

(6)

cantiere Picchiotti e la Marina Militare Italiana, che porterà nel 1886-88 alla costruzione delle prime torpediniere realizzate in Italia, in legno di 17 metri6.

In Liguria, agli inizi del Novecento, Ettore Sangermano crea un piccolo cantiere a Recco, per costruire barche da regata per i figli Cesare e Piero. Inizia così la tradizione dei cantieri Sangermani7, conosciuti nel mondo per yacht da regata di altissime prestazioni. Il cantiere si caratterizza, fin dalla sua nascita, rispetto ai suoi concorrenti per la decisione strategica di privilegiare la costruzione di yacht da regata (tra cui il Samani I, ispiratore di molti motorsailer) rispetto a imbarcazioni commerciali.8

Nell’Ottocento l’evoluzione delle costruzioni navali e delle vele, allora motore principale, ha un duplice sviluppo: da un lato velieri d’altura mercantili veloci e solidi tali da reggere il mare grosso e gli eventuali attacchi dei pirati, dall’altro scafi piccoli e medi, con alberi e velatura poco sofisticata, per una navigazione costiera quotidiana. Le imbarcazioni costiere erano utilizzate per i commerci locali e per la pesca. Famosi sono i navicelli toscani, barche tozze, di robusta costruzione di legno non pregiato, progettate considerando una stiva che doveva essere la più grande possibile, compatibile con le linee di carena piatte per consentire di entrare nei ridossi senza fondali (Regione Toscana, 1995).

Per quanto riguarda i velieri d’altura mondiale, le imbarcazioni liguri e toscane hanno un posto di grande rilievo, che le porterà a solcare i mari fino agli anni trenta del secolo scorso. Le imbarcazioni liguri si caratterizzano per le grandi dimensioni come il Cosmos, varato nel 1865, un bastimento di 70 metri lunghezza, mentre le toscane si distinguono per la facilità di manovra e per l’economicità di gestione. Le proporzioni di costruzione di una barca seguivano la semplice formula 30-6-4, che indicavano la lunghezza, la larghezza e l’altezza. La nautica era allora un affare tra gentiluomini e la qualità del manufatto decretava la fama e il prestigio del cantiere. “All’epoca la stipula di un contratto era molto semplice. Il potenziale cliente forniva le informazioni necessarie (lunghezza, larghezza, profondità) e una proposta della tipologia di barca desiderata. Si effettuava un veloce disegno e calcolo dei costi e tempi di ore/uomo e materiale da utilizzare. Si accordava sul margine per il costruttore e si siglava l’accordo con una stretta di mano e un buon bicchiere di vino locale. Un prodotto di qualità e il passaparola contribuivano a diffondere una buona reputazione del cantiere al di fuori dei confini locali”9 .

I cantieri svolgono al loro interno tutte le fasi di costruzione, allestimento e rifinitura con maestri d’ascia, carpentieri, falegnami, calafati. Il ferro sostituisce il legno nel corso

6 Nicodemo Picchiotti, op. cit.

7Il cantiere viene chiamato Sangermani per un mero errore nella trascrizione del nome del fondatore. 8 Mario Marzari, Le barche di Sangermani. Un secolo di storia, De Agostini, Novara, 1993.

9 Victoria Munsey , Carlo Pezzini, The Benetti Shipyard Story 1873 - 1992, Azimut Benetti Group,Torino, 1992.

(7)

dell’Ottocento, nelle grandi imbarcazioni, prima nella struttura poi nell’intero scafo. Anche la vela comincia ad essere sostituita dai motori a vapore (fonte UCINA).

Nella metà dell’Ottocento l’Italia, dopo la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, e la Norvegia è al quarto posto a livello mondiale per il numero di velieri d’altura impegnati su percorsi lunghi e medi10.

Fino al Novecento l’Inghilterra e gli Stati Uniti sono i rappresentanti mondiali della costruzione degli yacht da diporto. La crisi economica dei primi del Novecento e le Olimpiadi, che impongono di rivedere gli scafi partecipanti alla Coppa America, l’invenzione del motore a scoppio che dà vita alla motonautica, contribuiscono tutte a diffondere e a rendere popolare lo yachting. Lo yacht da crociera inizia a differire dell’imbarcazione da regata. La motonautica si sviluppa in Francia, Italia e Stati Uniti. Nel nostro paese ci saranno grandi piloti, progettisti, costruttori di imbarcazioni e motori . La prima società di motonautica italiana, l’Elice Club, viene fondata nel 1888. I piccoli motori entrobordo, vengono inventati in Europa alla fine dell’Ottocento, mentre i fuoribordo negli Stati Uniti d’America nei primi del Novecento trasformano il modo di costruire le barche11. In quel periodo si dà inizio alla costruzione anche di imbarcazioni di piccole dimensioni. Per esempio negli Stati Uniti il cantiere Chris Craf introduce nel 1890 la prima barca a motore, con una lunghezza che oscilla tra i 9 e 14 metri, una vera rivoluzione per quel tempo.

La nautica comincia a non essere più riservata ai grandi navigatori e alle famiglie nobili, ma si diffonde tra la popolazione al crescere della ricchezza nei paesi industrializzati. In questo periodo si vedono navigare nei mari italiani i primi cosiddetti canotti automobili: erano chiamate allora così le barche da diporto a motore.

Agli inizi del Novecento il Cantiere Picchiotti costruisce nel 1902 un motoscafo di 10 metri, forse la prima imbarcazione da turismo a motore realizzata in Italia12. Nel 1906 viene costruita dal cantiere Baglietto lo yacht Giuseppina, lungo 22,60 metri, di 33 tonnellate, il più grande motoryacht da crociera costruito in Italia, con motore a esplosione, ma ancora con la vela ausiliaria13. All’inizio del Novecento si introduce anche l’obbligo di costruire le grandi imbarcazioni sulla base di regolamenti studiati e dettati dal Registro Navale14 per garantire la sicurezza in mare. Nello stesso periodo si ha l’evoluzione tecnica degli scafi militari. Tra i cantieri abbiamo il Thorny Croft in Gran Bretagna, che adotta soluzioni progettuali con carene a spigolo. Invece in Italia abbiamo la nascita dei MAS (Motobarca Armata), motoscafi siluranti

10 Nicodemo Picchiotti, op.cit.

11 Massimiliano Bruni, Luana Carcano, op. cit.. 12 Nicodemo Picchiotti, op.cit.

13 Dal sito Baglietto www.baglietto.com.

(8)

impegnati nel primo conflitto mondiale, 1915-18, progettati da Attilio Bisio e realizzati dal cantiere SVAN (Società Veneziana Automobili navali). Anche altri cantieri dell’epoca vengono impiegati nella costruzione dei MAS. I cantieri Orlando di Livorno perfezionano i MAS con una carena a spigolo e motori Isotta Franchini15 che ne aumentano la velocità. Nello stesso periodo si dà inizio ad una produzione in serie visto il prodotto da realizzare.

Tra il 1920-30, i cantieri italiani in attività si distinguono per la produzione di barche che concorrono nelle competizioni sportive di motonautica, le quali accumulano molti successi. Nel 1923, Baglietto 1 è la prima imbarcazione italiana a vincere il record mondiale di velocità16. Negli stessi anni, i cantieri Benetti varano Carolina, in seguito denominata Emilia Madre, un veliero di 39,5 metri, e San Giorgio, rinominato EBE, di 35,5 metri, che oggi fa bella mostra di sé al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Nel 1928 ha luogo il primo Salone della Motonautica presso la Fiera di Milano ove sono presenti i nomi ormai storici della nautica italiana. Tra i primi espositori troviamo i cantieri Baglietto e Riva. Il Salone della motonautica italiana si affianca ad altre manifestazioni internazionali come Amburgo, Monaco e Parigi. Negli anni 30 si ha il miglioramento continuo delle prestazioni tecnologiche e la ricerca della velocità. Il cantiere Riva nel 1932 da inizio alla costruzione in mogano dei Runabout, un piccolo motoscafo che diventerà il più famoso al mondo.

Tra il 1930 e il 1940 nasce il concetto moderno di yacht. In questo periodo in Italia rinascono alcuni cantieri storici, per la spinta esercitata dalla richiesta di imbarcazioni militari, come la Cantieri Navali Arno, di Pisa, che inizia con la produzione di barche per la Capitaneria di porto e altri corpi militari.

Tra le due guerre mondiali si avvertono i primi segnali del fenomeno della nautica da diporto e delle costruzioni di serie leggere. In questo periodo si cerca di attirare gli italiani verso il mare promovendo il turismo nautico, si gettano le basi per una cantieristica nautica non più artigianale ma industriale. Prima del primo conflitto mondiale a possedere le imbarcazioni era soltanto qualche famiglia nobile che disponeva di una piccola barca da diporto. Si passa dai grandi velieri ottocenteschi, con lunghezza superiore ai 15 metri, a motoscafi di lunghezza ridotta. Le prime imbarcazioni prodotte tra gli anni 20-30 sono motobarche lacustri.

Nei primi anni della nautica da diporto, i cantieri di maggior dimensione e conosciuti continuano a produrre sempre velieri mercantili, però in misura ridotta rispetto a prima, oppure imbarcazioni militari che erano una fonte di guadagno sicuro. Gli imprenditori più lungimiranti

15 Trattasi della società Isotta Franchini Motori, fondata a Milano nel 1911. Oggi Isotta Motori Spa, con sede a Bari, è una società del gruppo Fincantieri, è produce motori diesel, per applicazioni sia marine, sia industriali.

(9)

diversificano il loro business. Per esempio la famiglia Picchiotti ancora una volta dimostra lungimiranza, producendo per uso sia militare e sia civile, qualunque imbarcazione in termini di lunghezza dello scafo e di motorizzazione. Alcuni storici cantieri iniziano la collaborazione fra di loro per far fronte alla crescita della domanda di barche, in modo particolare di quelle militari. Importante e significativa fu la collaborazione tra i cantieri Picchiotti e Baglietto. In questi anni si sperimentano nuovi materiali. Lorenzo Benetti II17 è uno dei primi ad adottare nel suo cantiere l’acciaio in sostituzione del legno nella produzione di barche da diporto. Nel 1941 il cantiere Benetti vara la prima imbarcazione “Maria” con scafo in acciaio e motore diesel. Alcuni cantieri durante il secondo conflitto mondiale si convertono alla produzione militare; per esempio Baglietto e Picchiotti; oppure riducono la produzione, Riva. Al termine della guerra alcuni cantieri, soprattutto quelli più coinvolti nelle operazioni militari, sono stati parzialmente o completamente distrutti. In molti casi sono stati ricostruiti dagli sforzi finanziari delle famiglie proprietarie.

Su queste ceneri nascono nuovi cantieri grazie agli operai specializzati che prima del conflitto lavoravano presso i più importanti. Il cantiere San Lorenzo, di Viareggio, sorge dall’unione di alcuni dipendenti della Picchiotti. Altri collaboratori del cantiere pisano fanno rinascere, nel 1945, i Cantieri di Pisa che si rifanno all’origine e alla tradizione dell’antica Repubblica Marinara. I cantieri con l’esperienza fatta durante la costruzione delle imbarcazioni militari acquisirono le tecniche e le sperimentarono sugli yacht da crociera. Si adattarono scafi militari, incompiuti o in giacenza alla nautica da diporto.

Nel 1948 Baglietto vara Caroly, un’imbarcazione ancora oggi in attività, che viene utilizzata come nave per gli allievi della Marina Militare Italiana.

Alla fine del conflitto mondiale la nautica cambia in modo radicale. I cantieri italiani colgono per primi i segnali del nuova nascente nautica da diporto. Anticipano e spingono lo sviluppo di un nuovo mercato con l’offerta di yacht equipaggiati a motore, eleganti e confortevoli. Sono imbarcazioni che uniscono il lusso e il prestigio che contraddistingueva i migliori vascelli a vela con il simbolo del XX secolo, cioè il motore a combustione interna.18

Con il miglioramento delle condizioni economiche e sociali della popolazione anche la nautica da diporto si sviluppa, sia quella a vela che quella a motore, per la borghesia, il ceto medio del momento. I cantieri iniziano la riconversione delle loro attività verso la produzione delle imbarcazioni da diporto e le barche sportive per le competizioni. La nautica da diporto si sviluppa sui laghi del Nord Italia, dove ci sono le condizioni economiche favorevoli per una crescente e florida domanda di questo tipo di imbarcazione. Si sviluppa anche nelle zone

17 Lorenzo Benetti II è l’erede del fondatore del cantieri Benetti. 18 Massimiliano Bruni, Luana Carcano, op. cit., pag. 12.

(10)

costiere dove c’è una forte tradizione marittima. Le barche sono tutte in legno e i cantieri realizzano le imbarcazioni al loro interno con l’aiuto dei grandi maestri d’ascia. In questo periodo, si diffonde nella costruzione il compensato di legno incollato. Nella metà degli anni cinquanta l’industria nautica italiana da inizio alla trasformazione e produzione delle prime serie, pur mantenendo sempre in parte una produzione artigianale. E’ proprio in questo periodo che alcuni cantieri producono motoscafi in serie, come Riva e Chris Craft, che oltre a produrre in serie modelli diversi li costruiscono utilizzando la vetroresina. Anche se la produzione richiama, nelle carene, linee di tipo militare, si trasformano gozzi commerciali o lance in barche da diporto per far fronte alla crescente domanda di imbarcazioni. Vicino a costruzioni di piccola serie, che permettono la programmazione e la produzione in stock, si iniziano a progettare prototipi di imbarcazioni di dimensioni importanti, con la una struttura artigianale basata sulla commessa.

Lo yachting italiano conquista il mondo negli anni cinquanta-sessanta, grazie ai cantieri Sangermani, con i suoi scafi a vela, essendo considerata la vela in quel periodo soltanto uno sport. In questo periodo alcuni cantieri italiani acquisiscono commesse internazionali.

La prima crisi del settore della nautica si ha negli anni sessanta. Anche se la crisi ha stimolato la creatività, l’innovazione, e ha creato nuove opportunità. Infatti il periodo più buio è stato il 1962-63. I cantieri Riva e Baglietto sono i più innovativi nel design. Il cantiere Baglietto si distingue in questi anni in tutta Europa per la produzione di barche da diporto di lusso in serie: gli scafi sono per la prima volta prodotti in una sorta di catena di montaggio. Nel 1962 ha inizio per la prima volta la grande manifestazione fieristica del salone di Genova. Nello stesso periodo nasce anche la rivista Nautica, specializzata nel promuovere i vari prodotti. Dal punto di vista innovativo e tecnologico abbiamo l’introduzione di un nuovo materiale, il compensato marino, e il superlamellare corazzato, si dà inizio a nuove tecniche di costruzione. Le innovazioni avvengono anche dal punto di vista del modello della carena: si introduce la carena a V. Ma la vera rivoluzione innovativa si ha con l’introduzione della vetroresina, la quale ha modificato il modo di costruire le imbarcazioni, sia per quanto riguarda le dimensioni, sempre più grandi, sia per il tempo di costruzione, ampliando la diffusione degli yacht tra gli appassionati e modificando in maniera sostanziale la filosofia, progettuale e costruttiva. Il legno e l’acciaio consentono la costruzione di pezzi unici, infatti anche se con le stesse dimensioni, ogni imbarcazione differisce l’una dall’altra nei legnami e nella costruzione, o per migliorie apportate dai maestri d’ascia, o per le personalizzazioni richieste dalla clientela. La costruzione di imbarcazioni in legno viene mantenuta e portata in grande risalto dai cantieri Sangermani. Con l’introduzione della vetroresina il sistema di costruzione, si basa su stampi che rendono le barche uguali nello scafo e differenziate nel loro interno. Il costo dello stampo viene ammortizzato dal numero di scafi prodotto. Gli accessori diventano standardizzabili e tutto

(11)

questo rende possibile esternalizzare la produzione o alcuni processi produttivi, cosi anche altre aziende si specializzano in questo settore. Con l’introduzione del nuovo materiale la nautica italiana di piccole e medie dimensioni, inizia a migliorarsi e riprendersi, avviando il processo d’industrializzazione, riducendo il numero delle ore necessarie per la realizzazione del prodotto, di conseguenza ore uomo, un costo molto importante, il quale porta alla riduzione del prezzo di vendita dell’imbarcazione. Questa nuova tipologia di costruzione, adottata con grande vantaggio da alcuni cantieri, ne ha portato altri a rimane indietro nel processo di sviluppo, e all’amara conseguenza della chiusura dell’azienda, perché essi non riuscivano a coprire i costi con le vendite delle barche. In questi anni la leadership internazionale nella produzione di yacht appartiene agli Stati Uniti d’America.

Negli anni sessanta-settanta, si evolve lo yachting a vela italiano, che porta alla costruzione di imbarcazioni di grandi dimensioni. I cantieri migliori acquistavano gli scafi dalle aziende americane, li studiavano, li ridisegnavano e li miglioravano per riprodurre quei modelli in vetroresina. La vetroresina è un materiale duttile, resistente, a lunga durata, a facile e semplice lavorazione, a manutenzione economica, che permette di evitare imprecisioni ed errori se confrontato con il legno. Tutto ciò, unito al benessere progressivo che si sviluppa in quegli anni, porta una forte crescita al settore della nautica e al moltiplicarsi di nuovi cantieri anche lontani dalla costa. Si crea, sempre in questo periodo, la prima segmentazione del mercato: da un lato le barche di piccole dimensioni, quindi la piccola nautica, dall’altro lato le imbarcazioni di grandi dimensioni e di prestigio. Gli yacht sono costruiti da cantieri storici come Codecasa, Benetti, Picchiotti, ed da alcuni nuovi: Perini, San Lorenzo, Cantieri uniti Viareggio, Cantieri Navali di Chiavari, etc. Sono questi gli anni in cui entrano nei cantieri nuove tecnologie produttive ed inoltre si installano nuovi equipaggiamenti sulle imbarcazioni.

E’ in questi anni che l’Italia poggia le basi della propria leadership mondiale nei motoryacht, infatti anche il numero degli ordinativi di yacht è aumentato. La tecnologia muta, cresce e con essa cresce anche la domanda di mercato che diventa più sofisticata. La clientela che si avvicina alla nautica è più raffinata, esigente e ricerca imbarcazioni con interni eleganti. Il cantiere Benetti è tra i primi a cogliere le potenzialità di una produzione semi-custom, cioè delle costruzioni in serie che si possono personalizzare in base alle richieste e ai gusti del cliente. Lorenzo Benetti II è considerato, a pieno titolo, il padre della produzione semi-custom. Noti esempi di tale produzione sono le serie Tirreno (1962), Mediterraneo (1966), Delfino (1969). La nautica italiana è però ancora agli esordi, pur potendo contare su grandi professionalità e cantieri in termini di artigianato, le manca l’esperienza dei cantieri olandesi e scandinavi19.

(12)

La clientela dei cantieri italiani produttori di yacht fino alla metà degli anni settanta è costituita prevalentemente dall’élite europea: industriali, finanzieri, qualche artista e qualche attore. Costruire e possedere uno yacht era un business da gentiluomini20. La barca cresceva ed era prodotta senza disegni e bisognava prendere le decisioni lì al momento21. In Italia esisteva perciò un artigianato nautico molto qualificato, ma poco organizzato commercialmente e sprovvisto dei capitali necessari per investire nella vetroresina22 .

Alla fine degli anni sessanta succedono due eventi che passeranno alla storia: Carlo Riva cede la sua azienda, nascono inoltre due cantieri che saranno i due grandi gruppi della nautica italiana: Ferretti Nautica, a Bologna (1968), e Azimut, a Torino (1969). Ambedue iniziano la loro attività come importatori e distributori di marchi internazionali. La Ferretti Nautica nasce nel 1968, anno in cui i Fratelli Alessandro e Norberto creano la prima divisione nautica nell’azienda di famiglia, la concessionaria Lancia, Autobianchi, Maserati, Lamborghini a Bologna. I fratelli Ferretti importavano ed erano concessionari per l’Emilia Romagna delle Chris Craft (imbarcazioni americane a motore). “Andavo a pescare i clienti nel business di famiglia” dice Norberto Ferretti23. Azimut, fondata da Paolo Vitelli nel 1969 a Torino, nasce inizialmente offrendo un servizio di charter e poi assumendo la concessione dei marchi Amerglass, Powless, Westerly, Draco, etc24. L’attività di Norberto Ferretti e Paolo Vitelli dà un forte input allo sviluppo del mercato nautico italiano e crea le basi per i futuri successi delle loro aziende. Entrambi i gruppi fin dagli inizi seguono la costruzione delle barche che vendono, in parte adattate per il mercato italiano, e poi forniscono assistenza tecnica. E’ in quei anni che alcuni italiani cominciano a scoprire la gioia e il piacere della navigazione e il gusto dell’avventura. Azimut e Ferretti cominciano ad avviare la propria produzione a marchio proprio negli anni settanta. Le prime imbarcazioni sono adattamenti di barche straniere, in termine di comfort e di funzionalità, alla navigazione nel Mediterraneo. La produzione viene affidata ad aziende esterne specializzate su progetto dei committenti, i quali poi ne curano la commercializzazione. Gli investimenti iniziali in strutture e macchinari sono molto ridotti, perché i profitti vengono investiti per migliorare la competenza tecnica, la ricerca e lo sviluppo di nuovi modelli.

A metà degli anni settanta si comincia ad utilizzare l’alluminio nella costruzione e a utilizzare la propulsione ad idrogetto per garantire una maggiore stabilità e elevata velocità degli

20 Victoria Munsey, Carlo Pezzini, op.cit..

21 Mauro Castelli, La grande sfida. Norberto Ferretti. Il numero uno dei sogni in mare, Il Sole 24 Ore, Milano, 2008.

22 Paola Tosi, Challenging Forever , Azimut Benetti S.p.A., Group Editori, Torino, 2004.

23 Mauro Castelli, La grande sfida. Norberto Ferretti. Il numero uno dei sogni in mare, Il Sole 24 Ore, Milano, 2008.

(13)

yacht. I cantieri storici cominciano a sentire la necessità di esternalizzare alcune fasi di lavorazione o la produzione di parte di alcuni componenti. Alla fine degli anni settanta e agli inizi degli anni ottanta nascono le prime aziende specializzate per la costruzione degli accessori della nautica, come la storica Besenzoni25, anche se il comparto degli accessori è agli inizi ed è impostato in modo artigianale.

Due erano i modelli di business prevalenti: uno era quello dei cantieri storici, con grande competenza artigianale nel legno o nell’acciaio, perché la produzione del prodotto era nata dalla passione e dalle capacità di grandi maestri d’ascia, l’altro era costituito dalla realtà emergente che era rivolta al mercato e alla commercializzazione. In questo periodo nascono nuove aziende nel settore della nautica, perché si richiedono più capitali che manodopera specializzata grazie, all’avvento della vetroresina, e molte di esse sorgono dalla passione per la barca e per il mare, che porta alcuni imprenditori a fondare nuovi cantieri, che sono per essi l’attività del week-end del proprietario.

Dal 1970 iniziano i grandi numeri nella produzione della nautica italiana in quegli anni nasce anche il mercato dell’usato e si cominciano a sviluppare i primi cantieri che si occupano della manutenzione. L’Italia comincia a valorizzare la sua tradizione nautica, con i progetti delle carene, degli interni, degli accessori e dello stile dei motoryacht italiani, risentendo in minima misura delle influenze internazionali, come invece accadeva per la vela e, negli anni passati, anche per i motoryacht. E’ proprio in questi anni che si decide di innovare il modello di business e di ridurre la produzione come conseguenza della crisi petrolifera che si abbatte sul settore.

Negli anni ottanta il mercato si sviluppa sempre di più, la barca non è più un oggetto che si possono permettere poche persone. In Italia si comincia a produrre anche per altri paesi e questo spinge i cantieri a investire nella struttura, mettendo cosi alcuni cantieri storici in crisi perché ancora legati alla produzione in legno e privi delle potenzialità economiche necessarie alla modernizzazione del cantiere. In questi anni si mette la parola fine al modo di lavorare e di approcciarsi degli anni passati. Inizia per la nautica una nuova fase di progettazione e commercializzazione del prodotto; un esempio è lo yacht Nabila costruito da Benetti. I cantieri e le aziende che producono accessori avviano le loro prime linee di prodotti standard. Si sviluppano le prime strutture commerciali organizzate con reti di venditori. In quegli anni la moltitudine di yacht prodotti spinge i cantieri ad aprire una sezione distinta per la commercializzazione, in genere formata da venditori esperti, ma nuovi nel settore della nautica. Nello stesso tempo continua la partecipazione delle imbarcazioni prodotte in Italia alle competizioni veliche o di motonautica che consente ai cantieri la continua sperimentazione

(14)

tecnologica, l’innovazione, l’impiego di materiali, la scelta di un nuovo modello di carena. La costruzione e il collaudo vanno a beneficio delle imbarcazioni da diporto che verranno realizzate. Le dimensioni delle imbarcazioni aumentano, offrendo sia spazi maggiori, sia nuovo design e creatività ai progettisti e ai produttori di accessori. Nel 1979 il cantiere Benetti vara il Nabila, disegnato da Jon Bannemberg, uno yacht che è una vera e propria nave di 86 metri, dotato di piscina, sauna, cinema, ascensori, aria condizionata, maniglie d’oro e di ogni genere di comfort per gli ospiti. La nave richiede un equipaggio di 25 persone e 16 chef francesi.

Nel 1980 il cantiere Sangermani, uno tra i primi in Europa ad utilizzare nuove forme di costruzione per gli scafi a vela, costruisce con la tecnica del sottovuoto e con materiali compositi avanzati, come il nido d’ape d’alluminio, il kevlar, il carbonio, che riducono il peso dell’imbarcazione e consentono di aumentare la lunghezza dello scafo oltre i 20 metri. Negli anni passati lo yachting a vela si distingueva in racer e cruiser e ne era enfatizzata la differenza

Negli ottanta la cantieristica italiana crea un nuovo modello: il racer-cruiser, un imbarcazione classica, con linee di carena tirate, piano velico spinto, in grado di fornire ottime prestazioni da regata anche se concepita per crociera. Il cantiere Sangermani si dimostra ancora una volta innovativo, introducendo nel mercato una nuova linea: gli Ims, maxi racer-cruiser, yacht realizzati con la tecnologia lamellare West System26. In questi anni si consolida l’utilizzo della vetroresina come materiale per la costruzione di yacht, si inizia ad avere l’idea della comodità abbinata alla vacanza in mare e al lusso. E’ del 1985 la prima passerella idraulica di Besenzoni ed in seguito la plancetta. Nel 1987 Baglietto produce il primo mega yacht di concezione moderna. In quel periodo puntavamo a valorizzare più l’immagine del prodotto, sottolinea Noberto Ferretti. Ritenevamo bastasse portare il cliente a vedere la nostra barca per convincerlo della differenza. Il nome Ferretti era supportato da una serie di campagne pubblicitarie volte a dare autorevolezza al marchio27. Il mercato della nautica comincia a estendersi dal punto di vista geografico. I cantieri, i produttori di accessori e motori perdono il rapporto diretto con il cliente, perché si sviluppano le prime reti di assistenza tecnica e di servizio. L’assistenza tecnica non bastava più. Bisognava offrire ai possessori di barche la possibilità di trovare un’auto, un ristorante. Creammo cosi un certo numero di service point specializzati nell’offerta di un servizio specifico.28

In questo periodo alcune aziende che producevano componenti per la nautica e anche per altri settori, si specializzano soltanto per la produzione di prodotti nautici per soddisfare e far

26 Il nuovo metodo prevede l’utilizzo di laminato di cedro rosso dell’Ovest, del kevlar, del carbonio unidirezionale, incollati sottovuoto in epossidica.

27 Mauro Castelli, La grande sfida. Norberto Ferretti. Il numero uno dei sogni in mare, Il Sole 24 Ore, Milano, 2008.

(15)

fronte alla continua e crescente domanda da parte dei cantieri. In questi anni continua la crescita per il settore della nautica. Le due aziende Azimut e Benetti, oggi due grandi gruppi, danno vita al processo di integrazione verticale, mentre i cantieri tradizionali per far fronte alla domanda esternalizzano parte della produzione. Nasce il modello di business basato sul coordinamento di fornitori specializzati e di manodopera. In quegli anni la produzione italiana comincia competere con quella americana, per il sorpasso però bisogna aspettare qualche decennio. A metà degli anni ottanta il settore in Italia si trova ad affrontare un periodo di sofferenza dettato anche dagli aumenti fiscali e dalla carenza di supporto e di approdi economici. Infatti alcuni cantieri storici si trovano in difficoltà; per esempio il cantiere Benetti viene acquisito dall’Azimut nel 1985. Alla fine degli anni ottanta i due grandi gruppi Azimut e Ferretti producono imbarcazioni della tradizione italiana, ma si cimentano nella produzione di yacht per competizioni sportive ed è proprio cosi che fanno conoscere al mondo i loro prodotti .

Gli anni novanta portano un’apertura internazionale dei cantieri italiani, che iniziano a produrre per il mercato americano attraverso accordi di collaborazione con dealer o importatori locali. Ma il 1993 è l’anno della terza crisi, anche se la ripresa è rapida e già nell’anno successivo si respira un’aria di cambiamento, anzi di trampolino per i decenni successivi. Migliora la qualità degli yacht prodotti in Italia, che diventano ambiti nel mondo, sintesi di una tradizione artigianale e di una progettualità e di un design made in Italy, distintivo in tutto il mondo.

Nel decennio diminuisce il ciclo di vita dei modelli prodotti, che sono rinnovati in genere ogni 5 anni per stimolare la domanda del mercato. Si introducono o si rinforzano reti, strutture commerciali e assistenza attraverso concessionari in giro per tutto il mondo. A metà degli anni novanta Azimut, introduce nella produzione degli yacht una tecnica utilizzata nell’industria dell’automobilismo, per esempio i vetri incollati direttamente sulla vetroresina o i controstampi interni. In questo periodo il gruppo Azimut Benetti conquista la posizione da leader per la produzione europea di barche a motore e consolida quella a livello mondiale di primo produttore di mega yacht. In Italia crescono i grandi gruppi, accanto a loro crescono anche le piccole, piccolissime aziende produttive, di tipo artigianale, a conduzione familiare, sempre per le intuizioni e le conoscenze dei fondatori o proprietari, i quali riescono a far apprezzare i loro prodotti a livello internazionale. Negli novanta cresce anche la domanda delle imbarcazioni a vela, crescono anche le sue dimensioni. Si richiedono sempre di più, barche veloci, leggere, comode e facili da manovrare con un equipaggio ridotto.

Negli anni duemila si ha una espansione della capacità produttiva, di alcuni cantieri attraverso l’acquisizione di cantieri con produzione complementari e l’ampliamento della gamma prodotto. Tutto ciò per far fronte alla domanda maggiore dell’offerta. I cantieri

(16)

acquistano spazi sul mare e ampliano sia la loro struttura sia la loro gamma servizi, manutenzione, etc., e aumentano le dimensioni delle imbarcazioni. Si ha sempre un livello di industrializzazione e in parallelo di artigianato. L’Italia ha affermato la propria leadership mondiale per il numero di yacht prodotti-venduti dal 2000, anno in cui è avvenuto il sorpasso degli USA, fino ad allora leader internazionale, ed ha saputo superare lo storico pregiudizio sulla debolezza tecnica dei prodotti dei superyacht italiani.29 Le imbarcazioni prodotte nei cantieri italiani sono sia belle sia performanti, sicure e tecnologicamente innovative. La conquista del mercato internazionale dei super yacht e degli yacht è stata attribuita a tre fattori:

- la crescita dei due gruppi italiani principali, Azimut Benetti S.p.A. e Ferretti S.p.A., - la loro capacità di essere attenti alle esigenze del mercato cogliendo il momento opportuno per entrare in questi segmenti,

- la loro capacità di offrire uno stile elegante nuovo, “italian style”, che si è imposto nel mondo.30

La barca può essere considerata a tutti gli effetti un bene simbolico distintivo, cioè un oggetto che assume un valore che va oltre la propria funzione, infatti identifica ed assume diversi e variegati significati, in funzione del contesto delle culture. E’ un prodotto complesso, composto da una moltitudine di componenti, nei quali c’è bisogno dell’intervento di un grande numero di soggetti. Nella costruzione degli yacht si concentrano una serie elevata di attività, dalla creazione alla costruzione, alla vendita, al restyling. Lo yacht è un prodotto sottoposto a diversi costi con diversa incidenza: i motori costituiscono la componente con la maggior incidenza percentuale rispetto al complessivo costo di realizzazione. A loro volta anche i gruppi elettrogeni stanno diventando un elemento importante per supportare la tecnologia e le applicazioni presenti sugli yacht a supporto della domotica. Spesso le innovazioni sono spinte da fattori esterni, legati alle regolamentazioni sulle emissioni e agli standard imposti dalle certificazioni RINA, oppure derivano da cross fertilization con gli altri business o in cui è attiva la multinazionale, per esempio quella automobilistica, quella dell’arredamento interno.

La tendenza negli ultimi anni di realizzare un’imbarcazione “sempre più casa” ha fortemente contribuito all’ingresso, nel settore, delle marche di maggiore risonanza dell’arredamento e della decorazione degli interni; questo sia per quanto riguarda l’arredamento che l’elettronica di consumo. Alcuni dei marchi più noti, per esempio Versace, Poltrona Frau, Giorgio Armani, B&B italia, hanno creato delle strutture dedicate completamente al comparto

29 Massimiliano Bruni, Luana Carcano, op.cit., pag. 59.

30 Cazzaniga Francesetti, Struttura e problemi dei cantieri commerciali e da diporto, Franco Angeli, Milano, 2005.

(17)

nautico, riferito alla progettazione e realizzazione degli interni. Tra fornitori e cantieri si crea spesso, un rapporto di collaborazione di lungo periodo, che va oltre la semplice fornitura.

Si instaura una relazione privilegiata, attraverso lo scambio continuo di informazioni e di visioni, che portano a innovazioni incrementali di prodotto e processo. I fornitori possono produrre sia linee a marchio proprio in serie stock o sulla base di programmi condivisi con i cantieri, sia prodotti unici o serie limitate e personalizzate.

Negli ultimi anni, le innovazioni tecnologiche dei cantieri per il mercato sono da collegarsi, in prevalenza agli investimenti in ricerca e sviluppo. Tali investimenti oltre al fine di offrire un prodotto diverso da quello dei concorrenti, si sono concentrati anche nello sviluppo di nuove soluzioni per risolvere degli specifici problemi.

La produzione nazionale ha registrato un incremento notevole rispetto all’importazione, interessante è anche la progressiva esportazione.31

Negli anni 2008 la nautica si trova ad affrontare la quarta crisi, dovuta alla crisi mondiale finanziaria, la quale porta ad una contrazione quasi totale della domanda interna delle imbarcazioni di piccole-medie dimensioni e una totale parziale contrazione della domanda esterna.

Questa crisi è tutto ora in atto, la quale ha portato, alla chiusura di molte aziende anche storiche della nautica. Al cambiamento dell’assetto societario di alcune società, ed anche per esempio al passaggio di proprietà del gruppo societario Ferretti S.p.A. (gruppo fondato nel 1968 da

Noberto e Alessandro Ferretti) che passa dalla famiglia Ferretti ad un imprenditore Cinese (il quale socio detiene la maggioranza).

(18)

2 ASCESA, CADUTA E REAZIONE DELLA NAUTICA

L’espressione “made in Italy” si è affermata negli anni ben oltre il suo originario perimetro produttivo. E’ diventata sinonimo delle qualità italiane, un marchio riconoscibile che si nutre di tutto ciò che rende il nostro Paese unico e apprezzato nel mondo. In questo contesto si colloca il settore nautico, uno dei fiori all’occhiello del sistema produttivo italiano che, nel decennio antecedente la crisi (iniziata nel 2008), ha fatto registrare significativi risultati. Il comparto è riuscito inoltre a creare un forte radicamento nel territorio anche grazie ad un alto grado di interrelazione con altri settori di punta del made in Italy: dal tessile all’arredamento, dalla domotica al nanotech, dall’aerospaziale all’elettromeccanica. Il 2008, però, ha chiuso questa fase di crescita che ha visto la nautica italiana affermarsi come uno dei principali motori dell'innovazione e della ricerca, portando il prodotto italiano a livelli di qualità assoluta nel panorama internazionale. La difficile congiuntura economica ha imposto alle imprese di riconsiderare le proprie strategie, di avviare ristrutturazioni aziendali e ridimensionare le proprie prospettive di crescita, ma allo stesso tempo ha indotto anche dei cambiamenti positivi, accelerando un processo che prima o poi andava affrontato. Come si è visto, chi disponeva di risorse finanziarie e capacità ha colto nuove opportunità per aumentare la propria quota di mercato, per progettare o introdurre nuovi prodotti o servizi, per migliorare l'immagine aziendale, per cercare nuove alleanze, per entrare in nuovi mercati esteri. Le imprese del settore stanno dimostrando di aver “imparato la lezione”: il mercato dovrà essere composto da aziende, pronte ad affrontare la competizione internazionale in modo professionale e coerente, costruite attorno alla realtà tecnica e stilistica che già esiste ed è il patrimonio di questo comparto. La strada da seguire non può venire solo dalla promozione della qualità: ma a vincere saranno quelle imprese in grado di innovare il prodotto, curandone tutti i dettagli in fase di produzione e di assistenza post vendita, di tutelare la qualità e la sicurezza del lavoro. Ma non solo: nel futuro bisognerà puntare a produrre imbarcazioni meno inquinanti, sviluppando la ricerca nei campi dei materiali, dei sistemi di propulsione, delle fonti energetiche. Solo in questo modo la nautica potrà riaffermare un modello di specializzazione produttiva che riesca a coniugare eccellenza organizzativa, strategie di differenziazione, sostenibilità e valorizzazione delle specificità. Ma la crisi sembra aver prodotto anche un cambiamento “culturale”: dopo l’euforia dei grandi numeri si ritorna alle origini, ossia al diportismo puro, animato dagli amanti veri del mare, che si riavvicinano al settore, mentre si registra la concomitante “fuga” di coloro che della nautica facevano solo uno status symbol. Si impone la necessità che il Paese abbia una maggiore consapevolezza del ruolo strategico che la nautica può giocare nel rilancio dell’economia italiana.

Dopo una crescita inarrestabile, durata più di un decennio (1995-2008), anche per il settore nautico italiano è arrivato un momento di stasi. La crisi economica che ha sconvolto i

(19)

mercati globali non ha mancato di far sentire i suoi effetti anche su un comparto che fino a qualche anno fa macinava grandi numeri. La nautica, uno dei fiori all'occhiello del “made in Italy”, da affare per pochi privilegiati, si è aperta, negli ultimi anni, a spazi di consumo e di clientela sempre più ampi. Il comparto ha fatto segnare una crescita esponenziale della domanda, specialmente all'estero, a cui ha corrisposto, specularmente, un’espansione dell’offerta. Proprio per questo come emerge dalle interviste effettuate i produttori di imbarcazioni, all’alba del 2008, si sono trovati davanti a uno scenario a cui non erano preparati, caratterizzato dal mutamento improvviso di un trend positivo ritenuto ormai consolidato. Il circuito virtuoso fatto di continue crescite di fatturato, di cui l'industria nautica mondiale aveva beneficiato per un triennio (2005-2008), si era infatti interrotto. Dal pienone del salone di Cannes 2008 al vuoto di quello di Montecarlo dello stesso anno, il passaggio è stato breve.

La brusca frenata ha messo subito in evidenza i limiti di uno sviluppo supportato eccessivamente da forti investimenti nell’aumento della produzione, senza un’adeguata attenzione alla produttività e alla redditività. Il problema del contenimento dei costi e della scarsa efficienza delle strutture produttive e organizzative è emerso con prepotenza all’indomani della crisi, spingendo gli imprenditori a fare autocritica. Sull’onda euforica della domanda crescente – hanno notato in molti - “si è pensato esclusivamente al riempimento dei magazzini”, dimenticando che, in ogni mercato, al momento di espansione segue sempre una fase di decrescita. Le aziende si sono così scoperte inadeguate a rispondere alle esigenze di un mercato più volatile, che richiedeva invece maggiore flessibilità e rapidità, sia a livello produttivo che decisionale.

2.1 La crisi

Fra gli effetti più imponenti della crisi viene segnalato il repentino crollo della domanda. Tutti i cantieri hanno visto precipitare il livello di ordini: in media si è registrata una flessione di circa il 20%32, ma in alcuni casi questa percentuale ha raggiunto il 50%. La riduzione delle commesse ha determinato un calo del fatturato di circa il 35%33 -con decine di milioni di euro in meno nei bilanci dei cantieri navali - che si è tradotto in una vistosa contrazione della liquidità, acuita anche dall’allungamento dei tempi di pagamento di imbarcazioni già completate. La dilazione dei pagamenti è un problema che ha interessato molti degli imprenditori. Da più parti si è fatto presente come alcuni clienti abbiano fatto fatica a saldare: tra i committenti in fuga c’è stato anche chi, versata la caparra prima dell’emergenza, ha accettato di perderla pur di non dover portare avanti un impegno che la crisi aveva reso ormai insostenibile. Il crack globale

1 Stime UCINA (Unione cantieristica italiana nautica e affini). 33 Ibidem.

(20)

dell'economia, con la caduta delle Borse e la stretta del credito e del leasing, ha mostrato di incidere sugli acquirenti del settore. Se qualche ombra si è addensata persino sui grandi yacht, la difficile congiuntura negativa ha messo in difficoltà soprattutto la piccola nautica che in Italia, per anni, era stata sostenuta dal credito al consumo. Bisogna ricordare, infatti, che un forte impulso al mercato interno è venuto dalle agevolazioni sul leasing, che hanno anche consentito di incrementare le immatricolazioni. Grazie agli effetti del leasing nautico, dal 2005 al 2007 la tendenza di crescita in Italia è stata del 13,1% (valore) e del 13,8% (unità)34 mentre in Europa l’aumento è stato rispettivamente dell’8,2% e del 2,2%. Il cedimento alle lusinghe della finanza e la stretta creditizia non hanno portato alcun vantaggio nel lungo periodo. Non stupisce quindi che sul versante finanziario venga segnalato lo stato di paralisi in cui versa, da alcuni mesi, il leasing nautico italiano. Chi ha lavorato sull’onda di questi finanziamenti naviga oggi in acque più agitate di chi ha attinto ai denari risparmiati. Secondo alcuni imprenditori intervistati il calo della domanda sarebbe stato acuito anche da un sistema finanziario che non avrebbe funzionato adeguatamente, bloccando tutte le modalità di credito al consumo. Il sistema creditizio, si è fatto presente, non avrebbe sostenuto un “residuo”di domanda da parte della fascia alta di consumatori che persisteva nonostante la crisi. L’allungamento dei tempi di incasso, che si è tradotto in una riduzione vistosa della liquidità, ha avuto ripercussioni negative sulla gestione della contabilità aziendale, imponendo, in alcuni casi, una riduzione dei tempi di dilazione del credito abitualmente pattuiti. Un posto di rilievo, fra le problematiche annoverate dagli intervistati, è occupato anche dal tema dell’accesso al credito. Si tratta di una questione annosa, ma che è tornata prepotentemente alla ribalta a causa della crisi che ha colpito il sistema finanziario. Molte aziende del comparto, in questo frangente, hanno incontrato notevoli difficoltà ad accedere ai canali di finanziamento bancario e a gestire il proprio credito. Un aspetto, questo, considerato fra le principali cause del rallentamento della nautica, proprio per la struttura che caratterizza il comparto stesso, costituito, per il 70%, da aziende medio piccole. Per quanto riguarda i gruppi di dimensioni maggiori, fino a oggi l’accesso al credito è stato garantito, anche se con esiti non sempre facili, dai fondi di private equity, ma la difficile congiuntura economica ha segnato un brusco rallentamento in questo senso. La valorizzazione dei cantieri italiani è cresciuta impetuosamente negli ultimi cinque anni, in parte alimentata dall'attenzione del mondo della finanza per questa branca del lusso ancora inesplorata. Le banche, sottolineano in molti, hanno prima assecondato la fase di euforia, di “crescita frenetica”, per poi “chiudere i rubinetti” nel momento di difficoltà, tanto che alcuni addetti ai lavori hanno sottolineato i rischi di una “bolla finanziaria”. Da più parti inoltre si è sottolineata la necessità di modalità di accesso al credito che siano agevoli e fruibili da tutti gli attori della filiera della nautica: dai cantieri ai fornitori di componentistica e servizi, sino ai distributori.

34 Dati Bain & Company, società di consulenza aziendale, leader italiana nella consulenza strategica e organizzativa ha sede a Milano e Roma.

(21)

Al crollo della domanda è seguito l’eccesso di offerta: nell’illusione di un mercato sempre crescente si sono prodotte troppe barche rispetto a quello che poteva essere il fisiologico assorbimento stagionale. La produzione italiana delle imbarcazioni destinate al diporto è ancora fortemente artigianale, nonostante ciò l'industria nautica si è trovata di fronte a un problema di eccesso di capacità produttiva, che ha fermato la maggior parte degli stabilimenti per far in modo che venisse smaltito l'invenduto. Questo surplus di produzione ha prodotto un effetto saturazione sui mercati e una conseguente concorrenza ferocissima sui prezzi, rendendo particolarmente difficile per le aziende mantenere le quote di mercato conquistate. Molti cantieri si sono ritrovati con grossi stock di prodotti invenduti che hanno immesso sul mercato a prezzi bassissimi nel tentativo di disfarsene. Ad alimentare quello che da molti è stato definito il “tossico delle barche in offerta” ha contribuito anche il mercato del leasing. Molte barche acquistate attraverso questa forma di finanziamento, a causa dell’impossibilità degli acquirenti di saldare i pagamenti, sono state riscattate dalle società di leasing, accumulandosi nelle concessionarie dei cantieri nautici. Nei mesi più negativi, i magazzini sono rimasti pieni di barche nuove, costruite in eccesso, o usate e di merci in attesa di lavorazione.

Generale è poi la preoccupazione per la perdita di alcuni importanti pezzi della filiera, in particolare per quelle piccole e piccolissime aziende che da sempre assicurano manodopera e prodotti di qualità ai grandi cantieri navali. Il periodo precedente la crisi economica, caratterizzato, come detto, da una forte espansione della domanda, aveva favorito la nascita di innumerevoli piccole imprese artigiane, per lo più prive di una solida struttura aziendale e di mezzi finanziari adeguati: esse sono state le prime a pagare il prezzo della nuova congiuntura economica. Numerose aziende dell’indotto sono state costrette a chiudere i battenti o a ridimensionare notevolmente la propria attività, con ricadute negative su tutta la produzione, specie nel momento in cui, dopo l’improvvisa frenata dei mesi peggiori, si è tornati lentamente a regime. Da qui l’esigenza, fatta presente da molti, di adeguate politiche di aggregazione che sopperiscano all’eccessiva polverizzazione e fragilità degli attori della filiera, contribuendo a salvaguardare un patrimonio di conoscenze imprescindibile per il settore.

2.2 La reazione

Come visto, la crisi economica mondiale ha determinato nel settore nautico una sensibile flessione delle lavorazioni e delle commesse che, accompagnata da una difficoltà nel reperimento del credito a causa della debolezza del circuito bancario, ha messo in grosse difficoltà gli operatori. Questo scenario ha reso necessaria una riflessione più profonda sulle possibilità di ripresa e di crescita futura di uno dei comparti fiore all’occhiello del made in Italy, chiamato ora, però, ad affrontare un contesto profondamente mutato. Per la nautica si è trattato

(22)

quindi di elaborare delle nuove strategie che mettessero insieme misure congiunturali indispensabili per contenere gli effetti negativi immediati della crisi e provvedimenti in grado di accompagnarne il riposizionamento strategico dal punto di vista commerciale, finanziario e produttivo. Razionalizzazione ed attenzione ai costi, investimenti in innovazione e sviluppo, conquista di nuovi mercati sembrano essere le nuove leve strategiche che consentiranno il riassetto del comparto. Si crescerà di meno ma in modo più organico e strutturato. Non a caso, dalle interviste effettuate, emerge come la congiuntura negativa abbia innescato due particolari dinamiche: ristrutturazione e riqualificazione. Meno complessità, più velocità.

Tutte le aziende hanno avviato un generale piano di razionalizzazione che ha toccato diversi aspetti: organizzativi, produttivi e finanziari, con l’obiettivo di ridurre gli sprechi e di aumentare il livello complessivo di efficienza delle strutture. Si è quindi attuata una politica di riduzione generale dei costi, agendo su molti fronti per rendere le imprese più virtuose e flessibili e, quindi, più capaci di rispondere in maniera rapida alle esigenze di un mercato in continua evoluzione. “Meno complessità e più velocità” è stato il principio che ha ispirato questa fase di ristrutturazione. Dal punto di vista produttivo, la riduzione dei lotti e dei volumi ha reso particolarmente complesse le attività di programmazione, imponendo al comparto una riorganizzazione del processo produttivo in funzione di un mercato ridimensionato.

La contrazione quindi ha condotto ad una revisione dei programmi di crescita e degli obiettivi a breve termine. In alcuni casi la razionalizzazione ha imposto la concentrazione delle attività produttive in numero limitato di siti. Allo stesso tempo si è proceduto ad un’analisi dei processi produttivi al fine di eliminare le inefficienze e ottimizzare l’utilizzo degli impianti disponibili. Per quanto concerne il rapporto con i terzisti, l’esigenza di ridurre i costi ha portato: a maggiori trattative con i fornitori (sia di componenti che di servizi), per ottenere la rinegoziazione di alcuni contratti, e alla decisione di riportare all’interno alcune lavorazioni. Per quanto riguarda la delocalizzazione, la possibilità di spostare all’estero le proprie produzioni non è stata colta da nessuno degli imprenditori. Chi ha delocalizzato lo ha fatto in una fase precedente all’attuale congiuntura negativa. In generale il territorio, inteso come il tessuto delle piccole imprese che sostengono i grandi cantieri e come sistema diffuso di competenze, viene considerato ancora un fattore strategico insostituibile e non replicabile altrove, perché da esso le aziende traggono risorse fondamentali per la loro crescita. Dal punto di vista organizzativo, l’intervento si è tradotto, nella maggior parte dei casi, in una razionalizzazione dei diversi settori, che ha imposto un ridimensionamento delle risorse umane attraverso il taglio dei contratti di collaborazione e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. I licenziamenti determinati dalla crisi tuttavia non hanno raggiunto, specie se confrontati con altri comparti, numeri

Riferimenti

Documenti correlati

This paper deals with an investment-consumption portfolio problem when the cur- rent utility depends also on the wealth process. Such kind of problems arise, e.g., in

Entro e non oltre il 26 novembre 2013, il ministero della salute, d’intesa con il Min- istero delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministero dell’ambiente e

Questo convegno ha lo scopo di illustrare le modalità e i termini anche per la predisposizione di accordi di ristrutturazione dei debiti, sulla base di un piano. in grado di

Poiché tutti i tassi così determinati sono da considerare ad incidenza, alla fine di ciascun periodo assicurativo (che, in sede di prima attuazione della nuova

[r]

c) la coltivazione consociata più importante dal punto di vista economico (valore della produzione annuale) nel caso in cui vi era consociazione tra piante

The 4 th edition of the leading and largest international exhibition for medical products, equipment, technologies and services in the MAGHREB region, will be held on 5 - 7

La definizione richiede il pagamento delle somme dovute per le sole imposte, senza sanzioni / interessi / eventuali accessori, entro 30 giorni dalla predetta data, ovvero, se