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Cristiano Martorella

metterà più quelle facili costruzioni intellettuali che servi- vano a sostenere modelli di critica letteraria ormai inade- guati per capire una letteratura straniera come quella giap- ponese. Nella cultura nipponica gli ideali del letterato hanno sempre rappresentato uno stimolo per i cambia- menti sociali, considerando il valore della letteratura come qualcosa di assoluto. La letteratura opera su ciò che costi- tuisce la base dei rapporti sociali: l’animo umano. Dunque la sua importanza non è solo formale, oppure un ridursi al mero intrattenimento. Soltanto così si può capire l’impegno sociale degli scrittori giapponesi come Natsume Soseki, Fu- miko Hayashi, Saneatsu Mushanokoji e Osamu Dazai.

Generi e autori

Per aiutare la comprensione di questo mondo, possiamo individuare alcune forme letterarie: mukashibanashi, mo- nogatari, hanashi e dowa.

La traduzione di mukashibanashi è “fiaba” nel significato di narrazione fantastica basata su personaggi immagi- nari, con un forte impiego di elementi magici e un intento formativo e morale. Piuttosto interessante è notare l’ori- gine di questa parola composta da mukashi (antichi tempi) e hanashi (racconto). Le fiabe giapponesi cominciano spesso con l’espressione mukashimukashi (c’era una volta). Si tratta di una sospensione temporale in un’epoca indefinita, un estraniamento, talmente importante che de- finisce anche il tipo di racconto. Un racconto, appunto, di “un tempo che fu”.

La fiaba non dovrebbe essere confusa con lo shinwa (mi- tologia) che è alla base della tradizione religiosa shintoi- sta, anche se è vero che leggende e miti forniscono molti elementi alla narrativa per l’infanzia. Tuttavia, anche se i due generi si sovrappongono e contaminano ampia- mente, si dovrebbe ancora distinguere il testo religioso per le sue diverse finalità.

Monogatari è un termine che troviamo frequentemente nella letteratura, e può capitare anche nella letteratura per l’infanzia. Ma il monogatari, letteralmente “racconto di cose” non era in origine un genere per bambini. Si tratta piuttosto di qualcosa di aulico e scritto in tempi antichi. Nell’antichità questa parola indicava un rapporto con le divinità, poiché mono era una parola che non indicava sol- tanto le “cose”, ma era equivalente a uno spirito. Quindi, l’uso del termine monogatari nella letteratura per l’in- fanzia può indicare una riduzione e adattamento per i bambini di un testo più difficile (fenomeno molto fre- quente) oppure l’intenzione dell’autore di dare al rac- conto un gusto antico ed elegiaco, molto poetico. Hanashi è semplicemente il “racconto”, e sotto questo nome possiamo trovare storie che non seguono un genere letterario specifico.

Dowa è il genere per l’infanzia in assoluto. La parola si- gnifica letteralmente “racconto per bambini”. Ma la de- stinazione a un pubblico infantile non significa uno stile più semplice, una narrazione elementare e una perdita di ricchezza. Al contrario, per gli scrittori giapponesi il dowa è il racconto per eccellenza. Per capire questo tema dobbiamo accennare a una diatriba fra i critici letterari che riguarda la divisione fra letteratura per l’infanzia e lette- ratura fantastica. Molti studiosi contemporanei ritengono che tale distinzione sia dettata da una semplice esigenza commerciale che non tiene in considerazione l’autentico valore della produzione letteraria.

Passiamo adesso ad analizzare alcuni dei tantissimi autori, senza però pretendere di fornire un quadro esaustivo. Il più importante autore per bambini è senza dubbio Kenji Miyazawa (1896-1933). La fama di Miyazawa è molto diffusa in Giappone, e in quei paesi stranieri dove la let- teratura per l’infanzia è affrontata in modo più interna- zionale. Ad Hanamaki, il paese natio, gli è stato dedicato un intero museo, e i saggi critici dedicati alle sue opere sono centinaia. Fra i suoi dowa ricordiamo Sero hiki no Goshu (Il violoncellista Goshu), fiaba sulle potenzialità umane, Gingatetsudo no yoru (Una notte sul treno della Via Lattea), un racconto surreale, Obber to zo (Obber e l’elefante), parabola contro lo sfruttamento del lavoro, e Chumon no oi ryoriten (Un ristorante pieno di richieste), aneddoto animalista carico di ironia.

Molti celebri scrittori, noti per opere decisamente impe- gnative, si sono cimentati nella letteratura per l’infanzia, che in Giappone non è affatto considerata come un genere inferiore o di nicchia, ma ottiene grande rispetto e consi- derazione da tutti gli intellettuali. Ryunosuke Akutagawa (1892-1927), famoso scrittore che gli italiani dovrebbero ricordare come l’autore di Rashomon, il racconto che ispirò l’omonimo film di Akira Kurosawa vincitore del Leone d’Oro a Venezia nel 1951. Egli scrisse numerosi dowa fra cui ricordiamo Kappa (Il Kappa), Kumo no ito (Il filo del ragno), e Inu to fue (I cani e il flauto). Pubblicò

molti racconti su «Akai tori» (L’uccello rosso), una rivi- sta specializzata in letteratura per ragazzi che ha segnato un’epoca e ha contribuito in modo sostanziale allo svi- luppo della moderna letteratura giapponese per l’infanzia. Il racconto Kumo no ito è una breve storia intrisa di ras- segnato pessimismo nei confronti della natura umana. Buddha decide di concedere la libertà a un dannato del- l’inferno, permettendo a un ragno di tessere un lungo filo che porta fuori dal luogo di punizione. Ma quando il dan- nato si accorge che altri lo stanno seguendo sul filo, il suo egoismo provoca la rottura dell’unico mezzo con cui po- teva salvarsi. Il filo si spezza e tutti ricadono nell’inferno. Sakae Tsuboi (1900-1967) è un’altra importante autrice per l’infanzia. Fra le sue opere Okashina hanashi (Storia buffa), Eki no chikaku (Vicino alla stazione), Chisana Da- rumasan (Il piccolo Daruma), e Nijushi no hitomi (Ven- tiquattro occhi).

Osamu Dazai (1909-1948), considerato scrittore pessi- mista e di difficile lettura, ci sorprende con un suo mera- viglioso dowa intitolato Hashire Melos (Corri Melos). La

storia narra la vicenda di un pastore siracusano, nell’an- tica Magna Grecia, che crede nella fiducia nell’amicizia e propugna la condanna del cinismo che attanaglia il cuore degli uomini di tutte le epoche. Il protagonista si im- pegna in una estenuante corsa per salvare il suo amico. Da segnalare che il nucleo centrale della storia fu sviluppato a partire da una poesia di Friedrich Schiller, come ci ri- corda lo stesso autore.

Eiko Kadono (1935-), autrice contemporanea, si è gua- dagnata un posto nella nostra carrellata degli autori fon- damentali per l’impegno che ha profuso con grazia. Si- curamente sconosciuta ai rodarologi nostrani, Kadono è anche l’autrice del saggio Prosciutto crudo e melone pub- blicato nell’edizione giapponese della Grammatica della fantasia. Fra le sue moderne fiabe ricordiamo Majo no takkyubin divenuta celebre per la versione in cartoni ani- mati realizzata dal regista Hayao Miyazaki nel 1989. La storia della strega adolescente Kiki impegnata nel suo ap- prendistato, insieme al gatto parlante, sfrutta bene l’em- patia per l’impacciata protagonista. Non sorprende perciò il meritato successo a livello internazionale.

Questi sono soltanto alcuni delle migliaia di autori che hanno contribuito alla sviluppo della letteratura giappo- nese per l’infanzia.

Akai Tori, 1918. Le traduzioni in inglese di Nijushi no hitomi e di Hashire Melos.