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Una polis che scrive

Poste queste considerazioni al centro della riflessione, il docente deve affrontare il non semplice problema di far conoscere allo studente la polis arcaica, quella delle ori- gini, attraverso la documentazione antica in modo da evi- tare discorsi astratti che smentiscono, nei fatti, il metodo storico e il suo rapporto con le fonti. Propongo di seguire le prime attestazioni di scrittura greca come insieme di do- cumenti utili a dimostrare quanto enunciato sulla polis. Due interessanti progetti italiani stanno oggi mettendo a disposizione documenti e commenti utili per attività di- dattiche in questa direzione: Axon e Mnamon (link in bi- bliografia). In questa sede non è possibile sviluppare i contenuti nel dettaglio, ma penso sia sufficiente eviden- ziare alcuni punti nei quali è evidente la coincidenza con le considerazioni svolte sull’origine della polis:

●fin dall’VIII secolo, in coincidenza con la nostra pos- sibilità di osservare un’organizzazione sociale poleica, i Greci usano una nuova scrittura alfabetica, conosciuta attraverso i contatti commerciali fenici. L’adozione di questo uso è spontaneo, dal basso, non istituzional- mente organizzato (un po’ come oggi è avvenuto a par- tire dalla comunicazione per sms e la modificazione del- l’uso dei segni alfabetici);

●facile da imparare, la scrittura alfabetica è attestata ini- zialmente in usi esclusivamente privati (la proprietà di un vaso o l’indicazione di chi lo ha costruito, versi simposiali, dediche al dio): il suo uso è condiviso dalla comunità, favorisce la comunicazione fra pari e non di- venta uno strumento di potere (è utile notare le diffe- renze con la complicata scrittura sillabica e ideogram- matica, lineare b, usata nel palazzo miceneo);

le poleis greche usano l’alfabeto con grandi differenze e con continue trasformazioni. Anche in classi che non conoscono il greco antico, è utile far vedere la tabella degli alfabeti greci che sintetizza il diverso uso dei se- gni dell’alfabeto da parte delle poleis, prova evidente di scelte autonome e non coordinate. Il diversificato uso dei segni alfabetici “fenici” per le consonanti, l’indivi- duazione dei segni vocalici all’interno dell’alfabeto adottato, l’introduzione, anch’essa diversificata, di nuovi segni per i nessi consonantici (cs, ps) e le con- sonanti aspirate (ch, ph) sono la dimostrazione dello sguardo creativo con il quale i Greci apprendono un’esperienza esterna, la migliorano, ne fanno stru-

mento utile per lo svi- luppo della propria comu- nità (si pensi all’approdo alle leggi scritte, uguali per tutti).

Concluderei chiedendo agli studenti di riflettere se l’esperienza della polis antica coglie, nei fonda- menti, qualcosa di impor- tante anche in riferimento alla propria esperienza. Due proposte: 1) si invi- tano gli studenti a pensarsi quali protagonisti di un esperimento di auto-orga- nizzazione sociale che in- tenda evitare interventi monocratici e impositivi, interni o esterni alla co- munità stessa; 2) si invitano gli studenti a “fare a pezzi” l’esperienza della polis antica evidenziando tutti gli ele- menti negativi: a esempio, il controllo violento dei citta- dini maschi sul resto della società; gli sviluppi conflittuali ed egemonici verso l’esterno.

Gianluca Cuniberti Università di Torino

 BIBLIOGRAFIA 

Ampolo, C., Il sistema della polis. Elementi costitutivi e origini

della città greca, in I Greci, 2 Una storia greca, I. Formazione, a cura di S. Settis, Einaudi, Torino 1996, pp. 297-342 (vd. anche a pp. 1174-1175 la tavola degli alfabeti greci arcaici)

Bearzot, C., La polis greca, Il Mulino, Bologna 2009 Lombardo, M., La polis: società e istituzioni, in La città greca

antica. Istituzioni, società e forme urbane, Donzelli, Roma 1999, pp. 5-36

 SITOGRAFIA 

Axon (Università degli Studi di Venezia):

http://virgo.unive.it/venicepigraphy/axon/public/index/index

Mnamon (Scuola Normale di Pisa):

http://lila.sns.it/mnamon/index.php?page=Scrittura&id=12#indic e_dei_contenuti

P

er comprendere esattamente di che cosa parliamo quando intendiamo definire i “fondamenti del po- tere imperiale” è opportuno chiarire che Roma non ebbe mai una costituzione scritta né sotto la repubblica né sotto il principato, ritenendo i Romani più che sufficiente quel deposito di tradizioni e di pratiche condivise che va sotto il nome di mos maiorum; pertanto per spiegare i fon- damenti del potere imperiale è necessario comporre un quadro che è di per sé storicamente molto stratificato e presuppone una serie di conoscenze che sarà bene (ri)de- finire via via che si procede nell’esposizione.

Questa mia proposta didattica intende tuttavia illustrare l’uso di un documento epigrafico come mezzo per con- durre una lezione di storia al primo biennio della scuola Secondaria di II grado.

Dopo aver presentato il testo della lex e il suo contenuto suddividiamo la lezione di due ore in tre parti finalizzate a inquadrare il documento sotto il profilo storico, sotto il profilo giuridico e nel suo significato complessivo.

Presentazione del documento

È bene che il docente condivida con gli studenti attraverso classroom o un’altra piattaforma didattica un’immagine del documento epigrafico (ILS 244, si può fare riferi- mento a es. a I. Calabi Limentani, Epigrafia Latina, Mi- lano 1991 oppure ricavandolo da Google-immagini) e proceda a una breve descrizione che potremmo riassumere nei seguenti passaggi:

●Descrizione fisica del documento e sintetica presenta- zione

Si tratta di una tavola di bronzo di 164 cm. per 113 e spessa 4,5, conosciuta sin dal quattordicesimo secolo, collocata da Cola di Rienzo in Laterano nel 1347 e poi fatta trasferire da Gregorio XII nel 1576 in Campidoglio dove si trova ancora oggi presso la Sala del Fauno dei Mu- sei Capitolini.

●Descrizione dei contenuti

Il docente chiede ai discenti di formulare delle ipotesi per spiegare le due diciture che definiscono il documento: lex de imperio Vespasiani o lex regia. Dopo un breve brain- storming il docente provvederà a chiarire che sono en- trambe diciture moderne: la prima intende sottolineare che l’esemplare che ci è pervenuto riguarda il solo Vespa- siano; la seconda il fatto che si trattava di una legge d’in- vestitura che veniva ripetuta per ogni nuovo imperatore. Il documento epigrafico restituisce la legge attraverso cui venivano ufficialmente conferite a Vespasiano una se- rie di prerogative proprie del potere imperiale. La tavola è pertanto un documento di grande valore sulla natura, i fondamenti giuridici e l’evoluzione del potere imperiale. Previa un’adeguata traduzione italiana che sarà opportuno condividere nell’aula virtuale, si preciserà che il testo è composto da otto clausole e da una sanctio finale così composte:

- prima clausola: di cui si leggono soltanto le righe finali, in cui si concede all’imperatore il potere di concludere trattati (foedera);

- seconda clausola: potere di riunire il senato e di mettere ai voti i senatus consulta (sia sentendo prima il parere dei senatori sia senza sentirlo);

- terza clausola: potere di convocare il senato e di parte- cipare alle sue sedute;

- quarta clausola: potere di commendatio e di suffragatio, vale a dire di poter ammettere a una magistratura i can- didati che Vespasiano raccomandasse al senato o al po- polo, oppure ai quali avesse dato o promesso la propria preferenza;

- quinta clausola: potere di estendere il pomerium; - sesta clausola (la cosiddetta clausola discrezionale): il di-

ritto e il potere di compiere tutto ciò che l’imperatore «ri- tenesse utile alla res publica e consono alla maestà delle cose divine e umane»;

- settima clausola: la possibilità di essere esonerato dalle