Il raggiungimento, sia in fase di progettazione che di esercizio, di elevate efficienze idriche presenta interessanti risvolti sia tecnici che economici in merito alla riduzione degli sprechi d’acqua in agricoltura e acquista una rilevante importanza nella valutazione dei volumi d’acqua da captare e immettere nella rete irrigua.
La produttività dell'acqua può essere aumentata attraverso una gestione dell'irrigazione aziendale legata all'andamento della relazione resa-volume irriguo. La produttività dell'acqua può essere definita e valutata come rapporto tra il valore economico della produzione della coltura irrigua e il volume di acqua impiegato per l'irrigazione, dipendendo pertanto sia dalla coltura da irrigare, sia dai volumi e dai tempi di adacquamento (Indelicato, 1996). Le piante rispondono al regime idrico in campo secondo una funzione curvilinea con concavità rivolta verso il basso. In dette curve, considerando nelle ordinate la produzione lorda vendibile e i costi di irrigazione (Figura 3.5), si possono individuare tre livelli produttivi caratteristici: A) quello massimo, corrispondente a un volume d’irrigazione teoricamente ottimale; B) quello corrispondente alla massima efficienza; C) quello corrispondente alla massima convenienza economica.
In condizioni di carenza idrica si dovrebbe tendere al più alto valore di trasformazione dell’acqua (punto B della Figura 3.5). D’altra parte, a seguito delle limitate disponibilità idriche, l’acqua deve essere considerata alla stregua di tutti gli altri fattori limitanti della produzione e quindi, nelle spese irrigue, devono essere comprese non solo le spese di distribuzione, ma anche il prezzo dell’acqua. In altre parole, sia per la limitatezza della risorsa che per la concorrenza di altri usi, l’acqua è destinata ad avere un suo “prezzo di mercato” che tende ad aumentare la pendenza della retta relativa ai costi di distribuzione, ai quali si somma, spostando verso volumi più bassi il limite di convenienza economica. Nel caso di limitata disponibilità idrica il volume stagionale somministrato andrebbe ridotto al livello corrispondente al massimo valore di trasformazione dell’acqua, che dipende dalla relazione tra rese e volumi, dal valore unitario del prodotto, legato alla qualità dello stesso e dal costo dell’irrigazione. Anche in questo caso una capillare attività di informazione e di assistenza tecnica agli agricoltori può costituire una valida misura soprattutto nel caso di rilevanti modifiche di disponibilità idrica per l'agricoltura.
Il concetto che la massima convenienza economica possa essere raggiunta somministrando volumi irrigui inferiori a quelli di massima produzione, sta alla base dell’irrigazione deficitaria o sottoirrigazione (“deficit irrigation”). Questa è definita (English, 1990) come una <<strategia di ottimizzazione mediante la quale alle colture è inflitto di proposito un certo grado di carenza idrica e quindi di riduzione produttiva>>. La gestione dell’irrigazione deficitaria è fondamentalmente differente da quella convenzionale; infatti, invece che adottare misure idonee per minimizzare i deficit idrici colturali, occorre decidere quale livello di deficit assegnare a ciascuna coltura (specie e varietà) in relazione a ciascun ambiente agrario (clima, terreno, costi, ecc.). L’irrigazione deficitaria è ampiamente praticata nelle aree caratterizzate dalla disponibilità di risorse idriche di modesta entità. In India, ad esempio, nel canale Yamuna occidentale, la quantità di acqua erogata (con portate pari a 12,0 litri/min⋅ha) costituisce solo il 20-25% dell’evapotraspirazione corrispondente alla massima produzione. Le fluenze invernali sono invasate in piccoli serbatoi aziendali che forniscono una
capacità di riserva di circa il 20% della richiesta stagionale, sostenendo le colture nei periodi di maggiore criticità.
La programmazione dell’irrigazione deficitaria implica la scelta di colture e metodi irrigui idonei, oltre che del livello di deficit da assegnare. Relativamente alla scelta delle colture, dalle esperienze condotte si evince, in generale, che i requisiti fondamentali da ricercare nelle colture destinate a sostenere una irrigazione deficitaria, sono:
maturazione precoce;
riconosciuta resistenza alle condizioni di carenza idrica;
elevata capacità produttiva.
Spesso, le colture che presentano i suddetti requisiti sono, comunque, quelle meno esigenti, per le quali vengono effettuati adacquamenti frequenti solo in prossimità delle fasi fenologiche più sensibili agli stress idrici. L’adattamento della pianta a condizioni di deficit avviene attraverso processi fisiologici e morfologici che limitano la traspirazione. In uno studio condotto nel 1983 su frumento, Hang e Miller valutarono le rese del grano su suoli diversi; in particolare, su un suolo sabbioso si osservarono riduzioni di produzione già a partire da piccoli deficit, mentre su un terreno limoso la coltura si mostrava in grado di sostenere l’irrigazione deficitaria, con deficit equivalenti al 40-50% dell’evapotraspirazione, senza dar luogo a riduzioni della produzione. In altri studi è stato evidenziato che il beneficio economico indotto dall’irrigazione per la produzione di granella può venire incrementato imponendo un certo deficit idrico per il sorgo, mentre subisce delle diminuzioni per altre colture, come ad esempio il mais.
Negli anni, le ricerche nel campo dell’irrigazione deficitaria sono state numerose e diversificate negli obiettivi perseguiti. In particolare, oltre agli studi, prima citati, in cui l’obiettivo è la massimizzazione del beneficio economico legato all’adozione di tecniche di DI (secondo la metodologia proposta da English nel 1990), si sono affermate ricerche sperimentali che mirano alla massimizzazione dell’efficienza dell’uso dell’acqua (WUE), attraverso l’adozione di tecniche di RDI (Regulated DI) e di PRD (Partial Root Drying). Tali tecniche sono nel seguito, brevemente, esposte.
REGULATED DEFICIT IRRIGATION
L’irrigazione deficitaria regolata o controllata (RDI o CDI) è una tecnica che prevede la riduzione dei volumi idrici somministrati solamente in determinate fasi del ciclo colturale, nelle quali le piante risentano minimamente (o per nulla) dello stress idrico indotto, determinando poco significative riduzioni di produzione. Di fondamentale importanza risulta dunque la conoscenza del processo di crescita colturale e delle relative fasi fenologiche, ma anche il monitoraggio dell’umidità del suolo.
La RDI implica una gestione irrigua compatibile sia con tecniche irrigue a micro portata, sia con tecniche più tradizionali come quelle gravitazionali (scorrimento) o per aspersione.
La tecnica ha come principale vantaggio il controllo dello sviluppo vegetativo delle piante. Di contro, si può affermare che la gestione irrigua basata sulla RDI determina riduzioni di produzione e non sempre significativi risparmi idrici. Analizzando alcune risposte della RDI su diverse tipologie di colture, i più interessanti risultati sono stati ottenuti su colture il cui prodotto è rappresentato da sostanza secca. Per colture da biomassa è, infatti, difficile stabilire quali siano le fasi del ciclo colturali meno sensibili allo stress, dato che il prodotto finale è rappresentato dallo sviluppo dell’intera pianta.
Altri risultati interessanti sono stati evidenziati per colture arboree nelle quali si voglia gestire al meglio il rapporto vegetativo tra apparato radicale e parte epigea, sia quando bisogna bene valutare parametri agronomici quali pezzatura, colore, composizione e anche nella differenziazione delle gemme.
Per conoscere le fasi fenologiche meno sensibili allo stress-idrico imposto alla coltura è possibile consultare pubblicazioni scientifiche specializzate ed in continuo aggiornamento in rapporto alla coltura di riferimento. In linea generale ed intuitiva bisogna evitare di imporre gli stress-idrici nei periodi più sensibili delle colture quali sviluppo iniziale (semina, trapianto, primo accrescimento) e in quelle di produzione (nella maggior parte delle specie arboree dalla fecondazione fino all’allegagione).
PARTIAL ROOT DRYING
E’ una tecnica di irrigazione che prevede la somministrazione dei volumi idrici soltanto ad una parte dell’apparato radicale in maniera alternata, in modo da creare una zona umida (wet), contrapposta ad una zona asciutta (dry). La parte dell’apparato radicale non irrigata, induce ad una risposta di tipo ormonale che si manifesta con una limitazione dell’uso dell’acqua da parte dell’intera pianta (Figura 3.6).
Durante il periodo di irrigazione deficitaria, le piante mostrano una riduzione in accrescimento e anche un aumento della resistenza stomatica. Per mantenere delle risposte ormonali costanti nella pianta è necessario alternare le zone wet e dry. .
Figura 3.6 Schematizzazione della tecnica PRD (da Kriedemann & Goodwin 2003)
La tecnica di PRD prevede la restituzione al terreno della Evapotraspirazione colturale (ETc) alternativamente ad una parte del terreno sulla quale insiste una parte dell’apparato radicale della coltura, mentre la restante parte rimane non irrigata. E’ consuetudine irrigare circa metà del terreno e quindi solo la metà dell’apparato radicale beneficerà dell’adacquamento.
Dal punto di vista impiantistico, è necessario che vengano previste (prima in fase progettuale e poi realizzativa) delle “ali eroganti” disposte ai due lati dell’apparato radicale; Queste ali dovranno erogare la stessa portata con un impiego alternato. Come in altre tecniche di irrigazione deficitaria, si rende necessario il monitoraggio dei principali parametri del suolo (contenuto idrico volumetrico, potenziale idrico, conducibilità idraulica e ritenzione idrica). Opportune
sensoristica (TDR, tensiometri, ecc…) dovrà, dunque essere impiegata per il buon esito dell’applicazione.
Fra i vari meccanismi che le piante mettono in atto per sopperire alla mancata disponibilità idrica vi è la riduzione dell’apertura stomatica. Tale fenomeno, durante il periodo di irrigazione deficitaria, è da attribuire a diversi fattori di natura sia idraulica, sia chimica;
Alcune ricerche scientifiche più approfondite sugli aspetti chimici hanno messo in luce che la riduzione dell’apertura stomatica della pianta è legata alla variazione di concentrazione dell’acido Abscissico (ABA) che transita dalle radici ai germogli. (McCarthy et al. 2001).
Appena il suolo tende verso una condizione di bassa umidità, le radici delle piante sintetizzano una quantità maggiore di acido Abscissico; successivamente l’ABA entra nello xilema della pianta e si sposta dalle radici salendo verso i germogli nella parte epigea della pianta.
L’incremento della concentrazione dell’ABA nello xilema fa si che aumenti anche la concentrazione di ABA nelle cellule di guardia delle foglie; questo determina una riduzione di turgore delle foglie e di conseguenza la pianta risponde cercando di mettere in atto meccanismi che le permettano di ridurre al minimo le perdite idriche.
In primo luogo, infatti, chiude la rima stomatica riducendo la traspirazione e di conseguenza la fotosintesi. Quindi, diminuiscono il flusso dell’acqua evapotraspirata e la concentrazione dell’anidride carbonica all’interno delle foglie. Mediante ricerche scientifiche si è potuto affermare che esistono, quindi, delle relazioni tra varie parti dell’intera “catena” suolo-pianta-atmosfera.
Sommariamente questi eventi trovano delle correlazioni tra il potenziale idrico del suolo, il contenuto dell’ABA nello xilema della pianta e l’apertura stomatica. Attraverso diversi esperimenti è stato trovato che l’apertura stomatica è correlata in maniera inversamente proporzionale al contenuto di ABA delle cellule di guardia delle foglie (Zhang et al. 2006).
Altre prove di irrigazione con tecnica PRD segnalano una riduzione di concentrazione delle citochinine nelle radici e nei germogli delle piante. Le citochinine sono considerate da molti ricercatori come uno degli ormoni
responsabili nell’attivazione di diverse funzioni vitali della pianta. Sono, in particolare, ormoni responsabili dello sviluppo della pianta, quindi rappresentano un gruppo antagonista all’ABA.
Inoltre, alcuni esperimenti hanno dimostrato che al diminuire del contenuto idrico nella zona radicale della pianta, aumenta il pH nei vasi xilematici che, a sua volta, ha un effetto sulla chiusura stomatica delle foglie.
Una riduzione dello sviluppo in eccesso in una pianta è un aspetto positivo, in quanto aumenta la disponibilità di zuccheri ed altre sostanze nutrienti per la pianta. Il minore sviluppo vegetativo provoca una minore richiesta di acqua che si ripercuote come effetto positivo sul benessere della pianta perché la espone in maniera minore a parassiti e malattie crittogame. Inoltre, sembra che si ottenga un anticipo nella maturazione di alcune colture quale vite e cotone, mantenendo buone caratteristiche qualitative.
Il tempo di “alternanza” tra le due irrigazioni sullo stesso lato dell’apparato radicale è una variabile che dipende dalle circostanze ambientali, tipo di terreno, specie della coltura ecc. Tutti questi meccanismi di azione della pianta, uniti al risparmio idrico ottenuto, permettono il continuo affermarsi della tecnica PRD su diverse colture sia erbacee che arboree.
3.5 RIDUZIONE DEI CONSUMI IDRICI ATTRAVERSO PRATICHE