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2. L A RIPARTIZIONE DEL PATRIMONIO

2.2. I L CRITERIO RESIDUALE

L’aspetto più interessante, tuttavia, è quello definito ai successivi commi secondo e terzo dell’art. 2506 bis, i quali individuano un criterio di attribuzione residuale delle attività e passività della società scindenda.

In questo caso, la disciplina varia a seconda che si tratti di una scissione totale o parziale.

Nel primo caso, la ripartizione delle poste dell’attivo tra le beneficiarie avviene “in proporzione alle quote del patrimonio netto assegnato a ciascuna di esse”, mentre per le passività rispondono in solido le destinatarie dei cespiti.

Nel secondo, invece, le attività rimangono in capo alla scissa e la responsabilità solidale sussiste tra tutte le società che partecipano all’operazione.

Un aspetto estremamente rilevante è che, anche in questo caso, opere la limitazione della responsabilità “al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria” o rimasto in capo alla scissa.

Secondo la Corte di Cassazione31 non è tanto rilevante il dato formale della esatta

indicazione nel progetto di scissione di una certa posta, bensì la possibilità che –                                                                                                                

31  Prima  della  Riforma  del  diritto  societario  la  Suprema  corte  ha  stabilito  che  l’omessa  o   insufficiente   descrizione   specifica,   da   parte   degli   amministratori,   degli   elementi   patrimoniali  da  trasferire  a  ciascuna  delle  società  beneficiarie  non  è  di  ostacolo  alla  ricerca   della  volontà  desumibile  dal  progetto  di  scissione;  ove,  pertanto,  dal  progetto  di  scissione   risulti  chiaramente  la  volontà  di  trasferire  alla  società  beneficiaria  un  ramo  d’azienda  nel   quale   sia   certamente   incluso   un   elemento   patrimoniale   del   passivo,   il   mero   fatto   che   quest’ultimo  elemento  non  sia  oggetto  di  un’analitica  indicazione  nella  allegata  situazione   patrimoniale  non  determina  l’applicazione  della  regola  suppletiva  di  responsabilità  per  il   passivo   (art.   2504   octies   cpv.),   la   quale   è   destinata   ad   entrare   in   gioco   allorché   la   destinazione  del  passivo  non  sia  desumibile  dal  progetto,  e  non  già,  semplicemente,  per  il   fatto  che  esso  non  figuri  tra  gli  elementi  esattamente  descritti  (cfr.  Cass,  sez.  I,  24  aprile   2003,  n.  6529).  

dall’analisi sistematica del progetto di scissione – si comprenda che un certo elemento venga ad essere trasferito o meno. Si pone l’accento sul dato sostanziale e non tanto su quello formale della precisa indicazione di un elemento nel progetto. Secondo quest’interpretazione, le norme suppletive di cui sopra si applicano soltanto per il caso in cui vi sia assoluta incertezza in relazione ad un determinato elemento patrimoniale.

L’interpretazione restrittiva, sempre secondo la Suprema Corte, sarebbe eccessivamente rigida e si discosterebbe dalla ratio della norma. Se, infatti, lo scopo della disciplina in esame è la tutela dei soci e dei terzi e dall’esame del progetto si comprende che una posta viene ad essere assegnata alla beneficiaria della scissione, il mero fatto che tale posta non sia espressamente indicata nella situazione patrimoniale allegata non è determinante.

Anche in dottrina si è sottolineata la medesima interpretazione32.

In dottrina si è posto anche il problema relativo all’esistenza di rapporti intrasmissibili e, in caso di risposta affermativa, ai criteri di individuazione degli stessi. Con riferimento alla scissione occorre in particolare verificare la compatibilità della prosecuzione del rapporto con il nuovo assetto organizzativo. Si pensi, tra gli altri, al caso della carenza in capo alle società risultanti dalla scissione dei requisiti professionali o tecnici necessari per la titolarità di un

determinato rapporto contrattuale33.

Inoltre si è posto il problema degli effetti di limitazioni legali o contrattuali della circolazione dei beni sulle vicende determinate dalla scissione. Secondo autorevole dottrina “ove la legge o la norma pattizia, che prevedono determinate limitazioni alla circolazione di beni, non dispongano espressamente in senso contrario, vanno interpretate […] nel senso che la limitazione prevista si applica alle fattispecie traslative pure e funzionali a se stesse, in quanto tali munite di rilevanza e di identità autonome, e non a quelle che costituiscono semplicemente un momento o un riflesso di una vicenda che interessa i soggetti e non                                                                                                                

32  SARALE,   Le   scissioni,   in   Le   operazioni   straordinarie   societarie,   in   Trattato   di   diritto  

commerciale,  COTTINO  (a  cura  di)  Cedam,  Padova  2011.   33  Cfr.  SCOGNAMIGLIO,  Le  scissioni  op.  cit.  

(direttamente) i beni”34.

Con riferimento alla trasformazione e alla fusione il legislatore espressamente prevede che l’ente risultante prosegua anche nei rapporti processuali, mentre invece tace in merito alla scissione. In realtà l’applicazione di tale regola generale appare scontata quantomeno con riferimento alle scissioni proprie. Nel caso in cui la scissione determini un trasferimento d’azienda occorre verificare se e in quali limiti vengano in considerazione le norme relative al secondo. Sotto alcuni profili si ha una “sostituzione” delle norme sulla scissione a quelle previste per il trasferimento d’azienda: si veda, ad esempio, la disciplina della responsabilità per i debiti.

Un discorso a parte merita l’applicazione del divieto di concorrenza di cui all’art.

255735. In una pronuncia abbastanza recente il Tribunale di Catania ha ritenuto

che “l’art. 2557 trova applicazione (trattandosi di norma non eccezionale) anche in ipotesi di scissione di società, laddove la scissione abbia prodotto un trasferimento globale d’azienda (o di un ramo) intesa nella sua interezza […], in favore di una sola delle società risultanti dalla scissione”36. Ovviamente ha

senso considerare il problema solo in relazione alle scissioni parziali, in quanto non sussiste laddove la scissa cessi di esistere.

Secondo un certo orientamento37 assumerebbe rilievo il divieto di concorrenza

nel solo caso di scissioni non proporzionali in quanto, in caso contrario, essendoci identità delle compagini sociali delle società partecipanti                                                                                                                

34  Cfr.  SCOGNAMIGLIO,  Le  scissioni  …op.  cit.  

35  Art.   2557:   “Chi   aliena   l'azienda   deve   astenersi,   per   il   periodo   di   cinque   anni   dal  

trasferimento,   dall'iniziare   una   nuova   impresa   che   per   l'oggetto,   l'ubicazione   o   altre   circostanze  sia  idonea  a  sviare  la  clientela  dell'azienda  ceduta.  

Il   patto   di   astenersi   dalla   concorrenza   in   limiti   più   ampi   di   quelli   previsti   dal   comma   precedente  è  valido,  purché  non  impedisca  ogni  attività  professionale  dell'alienante.  Esso  non   può  eccedere  la  durata  di  cinque  anni  dal  trasferimento.  

Se   nel   patto   è   indicata   una   durata   maggiore   o   la   durata   non   è   stabilita,   il   divieto   di   concorrenza  vale  per  il  periodo  di  cinque  anni  dal  trasferimento.  

Nel   caso   di   usufrutto   o   di   affitto   dell'azienda   il   divieto   di   concorrenza   disposto   dal   primo   comma   vale   nei   confronti   del   proprietario   o   del   locatore   per   la   durata   dell'usufrutto   o   dell'affitto.  

Le  disposizioni  di  questo  articolo  si  applicano  alle  aziende  agricole  solo  per  le  attività  ad  esse   connesse  ,  quando  rispetto  a  queste  sia  possibile  uno  sviamento  di  clientela”.  

36  Trib.  Catania,  15  giugno  2007.  

all’operazione, un eventuale pregiudizio arrecato ad una delle società sarebbe controbilanciato da un incremento di valore delle altre. La tesi non appare persuasiva per due ordini di motivi: non è detto che vantaggi e svantaggi si compensino esattamente e, soprattutto, “l’identità dei soci è un dato del tutto privo di stabilità”38.