P ARTE SECONDA – I PROFILI FISCALI DELL ’ OPERAZIONE
12. I L RIPORTO DELLE PERDITE FISCAL
L’ordinamento italiano riconosce, a ciascun imprenditore, il diritto di portare le perdite fiscali sofferte in abbattimento dei redditi conseguiti nei periodi
d’imposta successivi in base al disposto dell’art. 84 T.u.i.r.276
Il suddetto diritto è strettamente legato al soggetto che le ha sofferte e da tale natura soggettiva discende che, in occasione di operazioni sui soggetti, quale, appunto, la scissione, si assiste ad una successione da parte delle società risultanti dall’operazione di riorganizzazione societaria.
D’altro canto le stesse operazioni si prestano ad essere impiegate per realizzare il commercio delle perdite.
12.1.LA NORMATIVA ANTE RIFORMA
La disciplina previgente dettava la regola di ripartizione delle perdite fiscali riportate dalla scissa alla data di efficacia della scissione.
Posto che il riporto delle perdite non poteva essere considerato una posizione soggettiva connessa a specifici elementi del patrimonio – o insiemi di essi – della scissa, la ripartizione avveniva secondo il criterio proporzionale.
Le eventuali eccedenze, ovviamente, non erano fiscalmente rilevanti.
Secondariamente, l’art. 123 bis cpv. prescriveva la disciplina di contrasto al fenomeno del commercio delle cc.dd. “bare fiscali”.
La soluzione prevista era quella di rinviare in modo generalizzato alla disciplina delle fusioni in tema di limitazioni al riporto delle perdite senza che fosse operato
276 Art. 84, c. 1 T.u.i.r.: “La perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme
valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare. Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall'imposta diversi da quelli di cui all' articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi dell' articolo 109, comma 5. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l'imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all'articolo 80”.
alcun tipo di adattamento sostanziale o sistematico.
A tal proposito, le disposizioni vigenti in materia di perdite pregresse sono contenute nell’art. 172, c. 7 T.u.i.r. dettato dal legislatore in materia di fusione. In base al citato articolo “le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa società incorporante, possono essere portate in diminuzione dal reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte che non eccede l’ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore dalla situazione patrimoniale di cui all’art. 2501 quater del Codice civile, senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi 24 mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, e sempre che dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi […] superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori”.
Dal tenore letterale della norma si evince che, in primis, devono essere verificate le “condizioni di vitalità” delle società le cui perdite si intende riportare e, solo in un secondo momento, verificare il rispetto del limite quantitativo.
Il mancato adeguamento della normativa, a detta della prevalente dottrina277, si è
tradotto in una disciplina non solo insufficiente a contrastare il fenomeno, ma addirittura eccessiva.
La normativa, infatti, in tema di limiti al riporto delle perdite, si riferiva unicamente alla scissa e non poteva essere estesa alla beneficiaria.
A tal proposito, l’Amministrazione aveva espresso l’opinione che, nel caso in cui fosse stata la beneficiaria a rivestire il ruolo di rappresentante fiscale, l’eventuale indebito vantaggio tributario conseguito al termine dell’operazione poteva essere disconosciuto ricorrendo alla norma generale antielusiva, vale dire l’art. 37 bis
del d.p.r. 600/1973.278
Le modalità di contrasto del suddetto fenomeno si erano rivelate eccessive
277 LUPI, La scissione di società, Enciclopedia giuridica Treccani, 2010. 278 C.M. 30 novembre 2000, n. 220/E.
nell’ipotesi in cui la scissa avesse sofferto le perdite riportabili e la scissione
fosse avvenuta a favore di due new-co.279 È evidente che, in questo caso, il
disegno elusivo non si possa compiere, in quanto la società neocostituita non dispone, al momento di efficacia della scissione, di redditi imponibili da compensare con le perdite ricevute.
In considerazione della rigidità della norma antielusiva in esame, l’unica via percorribile dai contribuenti era quella di ricorrere all’interpello – cosiddetto, appunto, “antielusivo” – ex articolo 37 bis.
Era stato poi sottolineato che, in capo alla scissa, il riporto delle perdite rimaste non dovrebbe essere sottoposto ad alcuna limitazione, in quanto non sussiste alcun pericolo che si manifesti il fenomeno elusivo contrastato, dato che le perdite erano state realizzate dalla scissa stessa.
12.2.LE NOVITÀ DELLA RIFORMA TREMONTI
Con la riforma, è stato introdotto nel nostro ordinamento il decimo comma dell’art. 173 T.u.i.r.
In primo luogo è immediato rilevare come, purtroppo, resti confermata l’applicazione della tecnica legislativa delle rinvio alla fusione.
Rispetto all’art. 123 bis cpv. è stato, inoltre, espunto dalla nuova formulazione il primo capoverso, il cui compito era quello di dettare le regole di ripartizione delle perdite fiscali riportate dalla scissa alla data di efficacia della scissione attraverso un rinvio esplicito al quarto comma della citata norma.
Si ritiene che, nonostante manchi il richiamo specifico all’art. 173, c. 4, continui ad applicarsi la regola generale della proporzionalità.
12.2.1.IL RIPORTO DELLE PERDITE DELLA SCISSA
Il legislatore della riforma ha rimosso il riferimento ai limiti della deducibilità.
Al riguardo l’Amministrazione Finanziaria280 ha chiarito che le limitazioni al
riporto delle perdite pregresse si applicano soltanto alla beneficiaria e non anche
279 ZIZZO, Le riorganizzazioni… op. cit., pag. 272.
alla scissa dal momento che, non realizzandosi in capo quest’ultima alcuna concentrazione soggettiva, tali perdite non possono essere compensate con risultati positivi realizzati da altri soggetti.
12.2.2.IL RIPORTO DELLE PERDITE DELLA BENEFICIARIA
Il nuovo art. 173 T.u.i.r. supera la distorsione del sistema previgente prevedendo l’applicazione della disciplina “alle perdite fiscali delle società che partecipano alla scissione”, ivi comprese, quindi, le beneficiarie.
Nell’attuale formulazione non si rinviene, tuttavia, alcuna differenziazione tra l’ipotesi di società beneficiaria preesistente e società beneficiaria costituita con l’operazione.
Tale differenziazione sarebbe auspicabile, poiché nel secondo caso il rischio che si verifichi quella compensazione intersoggettiva delle perdite invisa al legislatore è sostanzialmente inesistente.
In proposito, l’Amministrazione Finanziaria, comunque, “ha tuttavia formalmente riconosciuto che in caso di scissione parziale o totale nessun limite posta al riporto delle perdite fiscali in capo alle beneficiarie di nuova costituzione”.