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IL MICROCREDITO E I TASSI D’INTERESSE

4.9 Critiche al microcredito

Non c’è dubbio che la microfinanza operi per il bene della persona, ma ha anche dei limiti concreti. I microprestiti danno un po’ di sollievo agli individui in difficoltà, ma spesso non bastano per rendere più ricco un paese povero.

E il loro limite è proprio nel modo in cui funzionano. La visione idealizzata del microcredito è che tanti piccoli imprenditori possono usarlo per avviare o far crescere un’attività commerciale anche non possedendo capacità imprenditoriali.

I costi del microcredito sono eccessivamente alti, e questo fa pensare al reale contributo alla riduzione della povertà da parte del microcredito.186 Gli alti costi non

185 Sono i detentori del capitale di rischio dell’azienda.

186 M. Suresh Sundaresan, 2008, “MICROFINANCE: EMERGING TRENDS AND CHALLENGES”, Edward

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solo non sono favorevoli per i clienti, ma anche per le MFI, e in particolare nel caso di prestiti di piccole dimensioni. Perciò costi elevati determinano la scelta d’applicare un elevato tasso d’interesse che porterebbe a far uscire dal mercato quei clienti con basso reddito e così la MFI rischierebbe di andar fuori dalla propria missione.

I microprestiti vengono spesso usati per spese di consumo, aiutando chi ha ricevuto il prestito a tirare avanti nei momenti di crisi. Spesso, sono anche utilizzati per coprire delle spese che non hanno niente a che fare con l’attività commerciale, come l’istruzione di un figlio. E spesso non sono usati per espandere un’attività o per assumere personale. Ma anche perché la maggior parte delle microimprese non prevede l’assunzione di personale. Hanno quasi tutte un unico dipendente: il loro proprietario. E questo è importante perché le imprese in grado di creare dei posti di lavoro sono l’unica speranza per un paese che cerca di lottare contro la povertà. Per far crescere l’economia servono grandi investimenti e capacità di sfruttare le economie di scala che rendono i lavoratori più produttivi e, quindi, più ricchi.

Le maggiori critiche sono fatte da Milford Bateman187 che nel suo libro

individua alcuni punti deboli sul microcredito, sostenendo che la microfinanza (pensata da Yunus) sta facendo più male che bene ai poveri.

Mentre le storie di successo di crescita delle economie dell'Asia orientale incentrate sulle politiche sostengono la crescita industriale e la creazione di occupazione, alcuni progetti di microfinanza incontrati nel suo lavoro, investono i propri fondi in imprese che non aiutano la crescita del paese perché governate da povera gente che non ha una visione di prospettiva e di crescita. Molto peggio, piccoli prestiti stanno andando verso il credito finalizzato al consumo, che ha offerto profitti elevati, ma nessuna promessa di riduzione della povertà.

Il contributo di Muhammad Yunus doveva essere visto come un concetto di un intervento per lo sviluppo di una società. Gli ideali di Yunus, per Bateman, erano saldamente basati sulla capacità imprenditoriale del singolo cliente e sul promuovere la responsabilità finanziaria dei poveri. Successivamente al periodo iniziale ove si riceve credito e formazione, i poveri potrebbero essere lasciati a se stessi per andare

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avanti con le proprie forze. Ma secondo Bateman, l'idea e gli ideali di Yunus non erano quelli di sfidare seriamente il capitalismo, ma essenzialmente di portare il capitalismo verso i poveri, al fine di legittimarlo e rafforzarlo.

Bateman procede a sfatare la gamma dei "miti" della microfinanza come arma contro la povertà, partendo dal presupposto che i prestiti alle imprese saranno utilizzati solo per produzione di reddito inerente alla propria attività, e non per migliorare la situazione della società stessa.

Egli analizza gli studi di valutazione di impatto della microfinanza e identifica due fattori importanti ignorati dai valutatori:

 effetti di spostamento (fornitura dei prodotti e dei servizi offerti da questa nuove microimprese che dovrebbe creare automaticamente la domanda locale per assicurare il loro acquisto);

 default dei clienti (fallimenti di attività originariamente finanziati dal microcredito).

Bateman dichiara che, poiché i valutatori della microfinanza non tengono conto di questi due fattori, la maggioranza delle valutazioni di impatto presentano delle gravi carenze.

Per Bateman188, la microfinanza costituisce una trappola della povertà, piuttosto

che una via di fuga. Questo perché la microfinanza porta a una sovrasaturazione dei mercati di fascia bassa, a basso valore aggiunto, dove le microimprese non riescono sistematicamente a raggiungere economie di scala. Il risultato netto è che il microcredito, in realtà, porta ad una deindustrializzazione e 'de-sviluppo'.

Inoltre, Bateman definisce la microfinanza come promotore di base del neoliberismo; la microfinanza è uno strumento per spingere indietro lo Stato e per la privatizzazione del benessere sociale. Bateman alza il sospetto circa la cospirazione dietro la propaganda del modello 'new wave' come 'politica di sviluppo' da parte delle comunità di donatori internazionali. Egli accusa i promotori di microfinanza di essere

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agenti del programma neoliberista, i quali stanno cercando di proteggere gli interessi dei paesi capitalisti. Infatti, secondo l’autore, a prescindere da quale categoria di povero si ha davanti, la MFI chiede il più possibile degli alti tassi di interesse al fine di corrispondere un rendimento ai donatori, investitori e gestori delle MFI.

Come mostrato nel suo lavoro189, Bateman individua le molte alternative alla

microfinanza, o almeno a come questa viene attualmente praticata. Il prestito ai poveri in sé per sé non è dannoso, ma deve essere incorporato all'interno di quadri politici di sviluppo o a sistemi di gestione della comunità, come ad esempio attuare una legislazione sulla sicurezza del lavoro, un servizio sanitario pubblico, salario minimo, pubblico impiego, pensioni statali, servizi di istruzione e formazione di stato, e così via.