2. Parte seconda Macroanalisi dei diritti umani: dinamiche e criticità
2.2 Criticità conclamate ed emergent
Alcuni aspetti critici della costruzione dei diritti umani - intesa sia come processo che come esito finale del processo stesso - meritano qualche considerazione.
a) Una prima criticità riguarda le difficoltà di armonizzazione fra ordinamenti giuridici di
livello internazionale e nazionale. Sebbene i diritti umani abbiano una portata universale, sono evidenti le differenze di attuazione connesse alla disomogenea cornice degli ordinamenti giuridici statali. A questo si aggiunge il fatto che in molti casi gli Stati stanno indebolendo i confini territoriali e gli ordinamenti giuridici interni, a favore di assetti istituzionali internazionali più allargati e complessi - come testimoniato dall'esempio dell'Unione Europea -, che portano alla ulteriore necessità di armonizzare i regolamenti, a condividere informazioni e rafforzare il sistema legislativo entro confini interstatali (cfr. Slaughter, 2004; Held, 1995), pur mantenendo in capo al singolo Stato il ruolo di garante del rispetto dei diritti. Secondo Bobbio (2014:35-36), le attività degli Organismi internazionali nel campo dei diritti umani sono articolate in tre aspetti: promozione, verso
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gli Stati che non hanno adottato le Convenzioni internazionali; controllo, verso gli Stati che tali Convenzioni hanno adottato e che devono applicarle attraverso adeguate misure, procedure, verifiche, e presentando periodici rapporti e comunicazioni agli Organismi internazionali; garanzia, tramite Organi di tutela giurisdizionale di livello internazionale, sostitutiva di quella nazionale laddove quest'ultima sia carente o mancante, come nel caso della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. In linea generale gli Organismi internazionali non dispongono di un potere coercitivo, una vis coactiva, ma solo di una vis directiva, il che limita notevolmente le possibilità di controllo e garanzia dei diritti umani. In altre parole gli Organismi internazionali nel campo dei diritti umani possono esercitare la propria influenza, ma sono privi di un potere di sanzione nei confronti degli stati non ottemperanti ai loro obblighi. Tutto ciò porta a concludere che la effettiva tutela internazionale dei diritti umani potrà essere realizzata solo quando la giurisdizione internazionale potrà imporsi a quelle nazionali, “passando dalla garanzia dentro lo Stato - che contrassegna prevalentemente la fase attuale - alla garanzia contro lo Stato” (Bobbio, 2014:37).
b) Altra criticità è data da quella proliferazione dei diritti che deriva dal processo di specificazione sopra illustrato consistente nella progressiva e “potenzialmente infinita”
(Cardia, 2005:180) individuazione di nuovi soggetti portatori di diritti. Il processo di specificazione - soprattutto se intersecato con quello della regionalizzazione - moltiplica diritti e relative proclamazioni17 complicando il quadro generale dei diritti umani e
rischiando così di generare effetti di “diseguagliamento” (Ferrari, 2002:315-317) ed “entropizzazione” (Ferrari, 2007), nonché di favorire alcuni gruppi sociali rispetto ad altri, di inficiare il carattere universalistico dei diritti umani portando ad una “babele di soggetti giuridici” (Pisanò, 2011:186).
17 Si pensi, ad esempio, alle varie Carte quali la Carta Africana dei diritti e del benessere del fanciullo (Organizzazione dell'Unità Africana, Addis Abeba, 1990), la Convenzione interamericana sulla prevenzione, punizione e sradicamento
della violenza contro le donne (Organizzazione degli Stati Americani, Belem do Para, 1994), la Convenzione interamericana sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le persone con disabilità (Organizzazione
degli Stati Americani, Città del Guatemala, 1999), la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei minori (Consiglio d'Europa, Strasburgo, 2000), la Convenzione sui diritti del fanciullo nell'Islam (Organizzazione della Conferenza Islamica, Sana'a, Yemen,2004), la Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne nella regione (Association of the South Est Asian Nations-ASEAN, Jakarta, 2004), la Dichiarazione contro la tratta delle persone e
particolarmente delle donne e dei bambini (ASEAN, Vientiane, 2004), il Protocollo aggiuntivo alla Carta Africana dei diritti umani e dei popoli sui diritti delle donne in Africa (Organizzazione dell'Unità Africana, Maputo, 2005), la Carta Africana della Gioventù (Organizzazione dell'Unità Africana, 2006)
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c) Ancora, emergono alcuni rilevanti limiti del modello istituzionale di attuazione dei diritti
umani adottato a seguito della promulgazione della Dichiarazione universale del 1948. Lo
Human Rights-based Approach promosso dalle Agenzie delle Nazioni Unite (UNDG,
2003) - che propone una metodologia per le attività di cooperazione internazionale e sviluppo sociale e culturale dei Paesi emergenti basata sui diritti umani - ha grandi meriti ma presenta anche alcuni aspetti che meritano di essere evidenziati in questa sede. La sua impronta verticale, che muove sostanzialmente dall'alto delle Organizzazioni internazionali verso società nazionali e comunità locali, percorre sentieri di omologazione culturale che - come si è già visto - destano un intenso dibattito globale connesso all'indiscutibile valore delle differenze culturali. Inoltre tale approccio implica un pesante fardello di burocratizzazione delle attività con sensibili ripercussioni sui costi ed i tempi di attuazione dei diritti umani.
La costruzione dei diritti non può essere ridotta, né concepita come un processo lineare
top-down condotto ‘dall’alto’ delle istituzioni internazionali verso le comunità nazionali e
locali, quanto piuttosto, come già sottolineato, l'elemento propulsore del progresso dell'umanità, che trova infinite possibilità e modalità di espressione nelle culture dei popoli. Oltre all'approccio istituzionale internazionale stanno non a caso emergendo nuovi modelli di interazione sociale orizzontale, che tendono a privilegiare la sopramenzionata conflittualità sociale come forma dialettica di affermazione dei diritti umani e modelli di tipo bottom-up, che procedono dalle comunità e culture locali verso quelle internazionali18.
Particolare risalto assume in questo contesto il modello di 'costruzionismo dal basso', per il quale i diritti umani - per essere effettivi - vengono prima realizzati (‘achieved’) a livello locale per poi superare, in un secondo momento, i confini geografici di un Paese ed assumere un significato globale. I diritti umani contengono al loro interno un linguaggio
morale che attraverso una assertive selfhood (un concetto di assertività contrassegnato da
consapevolezza e determinazione) viene autonomamente tradotto in un linguaggio
indigeno ed assimilato dalla comunità, trasformato in norme che rendono i diritti umani enforceable, varcando infine i confini nazionali attraverso il comune sentire di popoli (cfr.
Gregg, 2012).
18 A questi nuovi modelli, ad esempio, si ispirano tutte quelle iniziative che guardano alla costruzione dei diritti come processo articolato in tre stadi: esteriorizzazione (durante la quale gli individui di una comunità, attraverso le loro interazione, creano prodotti culturali), oggettivazione, (durante la quale i prodotti esteriorizzati diventano autonomi da chi li ha creati ed assumono un’esistenza oggettiva), interiorizzazione (durante la quale, attraverso la socializzazione, gli individui introiettano nella propria coscienza gli aspetti oggettivi della realtà),(cfr. Berger e Luckmann,1969).
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Va rilevato che i diritti umani possono essere costruiti socialmente non soltanto all’interno di regimi democratici ma anche e soprattutto in regimi autoritari, che registrano condizioni di oppressione tali da giustificare il bisogno di innescare un cambiamento sociale (cfr. Gregg, 2012): infatti, i diritti umani per esistere non hanno bisogno di una organizzazione liberale della società (cfr. Rawls, 2001b).
d) come riportato fra le dinamiche sociali di costruzione dei diritti umani sopra illustrate, il
ruolo del movimentismo sociale è fondamentale19. L'assenza di un soggetto movimentista
unitario nella società contemporanea si ripercuote nello scenario dei diritti umani, che, investito dal processo di specificazione sopra illustrato, si disperde, depotenziandosi, in numerosissimi movimenti sociali, che inseguono problematiche ed interessi particolaristici. Questo fenomeno costituisce una criticità rilevante che merita qui una sottolineatura: l'assenza dell'attore sociale protagonista del cambiamento impedisce di fatto lo svolgimento di un conflitto sociale centrale nella storicità post-industriale, quale potrebbe essere proprio quello centrato sui diritti umani. Si assiste così alle tante lotte isolate per l'affermazione o la concretizzazione di specifici diritti umani e mancano le condizioni necessarie per aprire un fronte comune per i diritti umani. Senza l'attore sociale, senza un coordinamento unitario dei tanti movimenti sociali per i diritti umani, senza una consapevolezza della propria forza di cambiamento sociale e della importanza della posta in gioco non si può realizzare una concreta transizione evolutiva verso un nuovo paradigma in grado di sostituire quelli attualmente dominanti, spesso incuranti della dignità umana.
Tutte le soprariportate criticità contribuiscono a determinare il divario esistente fra le dichiarazioni formali dei diritti umani e la loro attuazione concreta, fra diritti sanciti sulla carta e diritti applicati nella realtà sociale. È di comune opinione ed evidenza il fatto che i diritti umani proclamati non corrispondano a quelli praticati e che l'affermazione del paradigma dei diritti umani sul piano teorico sia ben lontana dalla sua traduzione in quotidiane pratiche sociali, culturali, giuridiche e politiche. Di fatto, le proclamazioni internazionali non trovano piena attuazione nei contesti sociali nazionali, ponendo problemi di credibilità delle istituzioni internazionali, né esiste a livello mondiale una piena condivisione del significato e delle implicazioni della Dichiarazione universale dei
19 Nella società industriale esso trova nel movimento operaio una espressione unitaria di rivendicazione e lotta che tuttavia viene gradualmente a scemare con il declino del proletariato e la conseguente ascesa del ceto interclassista nella società post-industriale (cfr. Ardigò, 1975).
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diritti umani. Se ciò non fosse, i conflitti derivanti da ideologie, etnie e religione sarebbero cessati in nome di una comune visione di umanità (cfr. Douzinas, 2013). A distanza di oltre mezzo secolo dalla Dichiarazione universale i diritti umani continuano ad essere violati palesemente da Stati, da istituzioni di varia natura, da soggetti economici pubblici e privati, da persone verso altre persone, da generazioni verso altre generazioni.