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Evidenze del divario tra principi e prass

2. Parte seconda Macroanalisi dei diritti umani: dinamiche e criticità

2.3 Evidenze del divario tra principi e prass

Con il sopracitato processo di internazionalizzazione dei diritti umani, ed in particolare con la fondazione dell'ONU (1945) e delle sue Agenzie internazionali si apre una intensa fase di promozione e diffusione dei diritti umani attraverso convenzioni e trattati internazionali che sanciscono le responsabilità dei singoli Stati, che vengono chiamati dalla Dichiarazione universale del 1948 a “garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione”.

La mappa dell'Ufficio OHCHR delle Nazioni Unite20 mostra la distribuzione mondiale

degli Stati per numero di Trattati ratificati in tema di rispetto dei Diritti umani ratificati (Figura 1).

20 Cfr. http://indicators.ohchr.org/

44 Figura 1: Ratificazione Trattati sui Diritti Umani a livello mondiale

Come si può notare la distribuzione è alquanto eterogenea e lacunosa. Se poi compariamo questa mappa con quella che riporta i dati relativi alle Standing Procedures, ovvero le procedure aperte per casi di sospetta o potenziale violazione dei diritti umani, emerge come siano ancora molti gli Stati (in arancione) che non hanno collaborato alla effettuazione delle visite di controllo da parte dell'OHCHR previste in casi di sospetta o reale violazione dei Diritti umani (Figura 2).

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Figura 2. Standing Invitations: procedure aperte per casi di sospetta o potenziale violazione dei diritti umani

Inoltre è interessante osservare l’eterogeneità mondiale nella attuazione del processo di accreditamento ai Principi di Parigi relativi allo status delle istituzioni nazionali per i diritti umani21, nell'ambito del quale si nota che l’Italia, ad esempio, non ha avviato alcun tipo di

21 1. All'istituzione nazionale è attribuita la funzione di promuovere e proteggere i diritti umani; 2. All'istituzione nazionale è affidato un mandato il più ampio possibile, chiaramente esposto in un testo legislativo o costituzionale, che ne specifichi la composizione e la sfera di competenza; 3. L'istituzione nazionale avrà, inter alia, i seguenti compiti: a) sottoporre al governo, al Parlamento o ad ogni altro organo competente, a titolo consultivo o su richiesta delle autorità interessate o attraverso l'esercizio del suo potere di svolgere attività conoscitive indipendenti, opinioni, raccomandazioni, proposte e rapporti su qualsiasi materia concernente la promozione e la protezione dei diritti umani; l'istituzione nazionale può decidere di renderle pubbliche; tali opinioni, raccomandazioni, proposte e rapporti, come pure ogni prerogativa delle istituzioni nazionali, si riferiscono alle seguenti aree: i) qualsiasi disposizione legislativa o amministrativa, come pure atti delle autorità giudiziarie, intese a preservare ed estendere la protezione dei diritti umani; in questo caso, l'istituzione nazionale esaminerà le disposizioni legislative e amministrative in vigore, come pure leggi e proposte di legge, e farà le raccomandazioni che riterrà appropriate per garantire che tali disposizioni si conformino ai

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richiesta o procedura (Figura 3). Tali Principi sono contenuti nella Risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che recepisce anche le conclusioni della Conferenza di Vienna sui diritti umani del luglio 1993 e recitano come segue: ‘La Conferenza mondiale sui diritti umani ribadisce il ruolo importante e costruttivo giocato dalle istituzioni nazionali per la promozione e la tutela dei diritti umani, particolarmente attraverso la loro capacità di fornire consulenza alle autorità competenti, il loro ruolo nella riparazione delle violazioni dei diritti umani, nella diffusione dell’informazione sui diritti umani e nell’educazione ai diritti umani. La Conferenza [...] incoraggia la costituzione e il rafforzamento di tali istituzioni nazionali, nel rispetto dei Principi concernenti lo status di tali istituzioni nazionali e del diritto di ogni Stato di scegliere la struttura politica che meglio risponde ai suoi particolari bisogni’ (Dichiarazione e Programma d’azione della Conferenza di Vienna, punto 36, Parte I). Tali istituzioni sono state successivamente individuate nella Commissione nazionale per i diritti umani e nel Difensore Civico Nazionale.

principi fondamentali sui diritti umani; essa dovrà, se necessario, raccomandare l'adozione di una nuova legislazione, di emendamenti a quella in vigore e di emendamenti alle misure amministrative; ii) ogni caso di violazione dei diritti umani di cui essa decida di occuparsi; iii) la preparazione di rapporti sulla situazione nazionale in riferimento ai diritti umani in generale e su specifiche materie; iv) attirare l'attenzione del Governo su situazioni interne al paese in cui i diritti umani siano violati e presentare delle proposte per mettere fine a tali situazioni e, quando necessario, esprimere un'opinione sulle posizioni e le reazioni del Governo; b) promuovere e assicurare l'armonizzazione e l'implementazione della legislazione nazionale, delle pratiche e dei meccanismi regolativi in conformità con gli strumenti internazionali dei diritti umani dei quali lo Stato è parte; c) incoraggiare la ratifica degli strumenti sopra menzionati o l'adesione a quegli strumenti, e assicurare la loro implementazione; d) contribuire ai rapporti che lo Stato deve sottoporre agli organi e ai comitati delle Nazioni Unite e alle istituzioni regionali, secondo quanto disposto dai trattati e, quando necessario, esprimere un'opinione in materia, con il dovuto rispetto per la propria indipendenza; e) cooperare con le Nazioni Unite e le altre organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite, con le istituzioni regionali e quelle nazionali di altri paesi, competenti nell'area della promozione e della protezione dei diritti umani; f) fornire assistenza per la formulazione di programmi di insegnamento e di ricerca sui diritti umani e prendere parte alla loro attuazione nelle scuole, università e circoli professionali; g) diffondere l'informazione sui diritti umani e sugli sforzi per combattere tutte le forme di discriminazione, in particolare la discriminazione razziale, incrementando la consapevolezza collettiva, specialmente attraverso l'informazione e l'educazione e facendo uso degli organi di stampa.

47 Figura 3: Accreditamento degli Stati ai principi di Parigi

Dalle mappe soprariportate risulta evidente la distanza dell'impegno istituzionale tra dichiarazioni e attuazione dei diritti umani. Possono essere citati altri dati ed esempi che la confermano anche sul piano sociale: Amnesty International (Rapporto 2014-2015) ha registrato nel 2014 violazioni dei diritti umani in 160 Paesi del mondo; in almeno 18 Paesi sono stati commessi crimini di guerra; gruppi armati hanno commesso abusi in almeno 35 Paesi; 3.400 migranti hanno perso la vita nel Mediterraneo, con una netta tendenza all'aumento; 62 Paesi hanno incarcerato persone che esercitavano i propri diritti e libertà; 3 governi su 4 hanno arbitrariamente ristretto la libertà di espressione, con particolare riferimento alla libertà di stampa; l’82% dei Paesi ha torturato o maltrattato persone; 93 Paesi su 160 hanno condotto processi iniqui. Per quanto riguarda il diritto alla salute, una analisi comparativa (Backman G. et al., 2008) condotta in 194 sistemi sanitari a livello

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mondiale ha messo in luce come 121 Paesi non lo riconoscano all’interno delle proprie costituzioni, anche se hanno firmato almeno un trattato internazionale che lo riconosce, mentre una indagine condotta nel Regno Unito ha confermato invece come l’applicazione e l’implementazione di un approccio basato sui diritti umani abbia effetti positivi sul trattamento e la cura dei pazienti all’interno dei sistemi sanitari22 in termini di politiche,

pratiche e servizi resi alla popolazione. Ancora, la Convenzione sui Diritti del Bambino incontra numerose e pesanti violazioni in tutti i Paesi del mondo23: una concreta

testimonianza di questa affermazione è data dalla discrepanza tra l’articolo 19 della Convenzione sulla protezione dalla violenza24 e la diffusione delle mutilazioni genitali

femminili in diversi Paesi del mondo (ad oggi, si contano 125 milioni di donne che sono state circoncise in 29 Paesi Africani e Medio-orientali) (cfr. Unicef, 2013).

Sempre nel campo dei Diritti del Bambino, il Comitato per i Diritti del Bambino delle Nazioni Unite (UN Committee on the Rights of the Child, 2014) rileva come vi siano aspetti preoccupanti relativi all’aumento di violenze ed abusi sui minori specialmente in termini di pornografia, prostituzione, traffico di organi. Molti sono i minori che ancora vivono in condizioni di povertà e in situazioni di guerra e molti Stati non provvedono a proteggerli dalle violenze, anche all'interno delle mura domestiche, attraverso una legislazione adeguata. A questo, si aggiungono le discriminazioni verso minori portatori di handicap che in molti Paesi sono soggetti a istituzionalizzazione senza ragione o proposte alternative. Dal punto di vista educativo, poi, risulta che bambini e adolescenti con disabilità vengano confinati in scuole speciali senza possibilità di integrazione sociale.

22 Department of Health. Human rights in healthcare evaluation (2009),

http://webarchive.nationalarchives.gov.uk/20130107105354/

http://www.dh.gov.uk/en/Managingyourorganisation/Equalityandhumanrights/Humanrights/DH_100014 (accessed on December 7th, 2015)

23 Children’s Rights International Network, 2012

24 L’articolo 19 della Convenzione sui Diritti del bambino (Protezione da ogni forma di violenza) recita: “Children have the right to be protected from being hurt and mistreated, physically or mentally. Governments should ensure that children are properly cared for and protect them from violence, abuse and neglect by their parents, or anyone else who looks after them. In terms of discipline, the Convention does not specify what forms of punishment parents should use. However, any form of discipline involving violence is unacceptable. There are ways to discipline children that are effective in helping children learn about family and social expectations for their behaviour – ones that are non-violent, are appropriate to the child's level of development and take the best interests of the child into consideration. In most countries, laws already define what sorts of punishments are considered excessive or abusive. It is up to each government to review these laws in light of the Convention”.

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Anche OECD sottolinea, attraverso il monitoraggio del benessere infantile e sulla base di dimensioni derivanti dalla Convenzione sui Diritti del Bambino, alcune criticità rispetto alle performances dei Paesi in termini di benessere materiale del bambino, di ambiente in cui vive, di educazione, salute, comportamenti a rischio e di qualità della vita scolastica. In particolare, nessun Paese sembra avere valori abbastanza alti in termini di benessere del bambino, se non Svezia e Islanda, mentre Grecia e Messico registrano i dati più critici (OECD, 2009). Questo prospetto (Figura 4, in cui il valore 1 = performance migliore) mostra, aldilà dei dati specifici, come sia necessario approfondire la raccolta dati e la valutazione relativa al benessere dei minori, che sembra essere meno approfondita rispetto a quella di altre popolazioni target. Per esempio, in molti casi nell’area OECD, non è stato possibile trovare indicatori di benessere per la fascia prenatale in alcuna dimensione di benessere, pochi per la prima infanzia (0-5 anni) e ancor meno per l’infanzia (dai 6 agli 11 anni) (OECD, 2009:31-32).

Questo aspetto dimostra come la condizione dei minori stenti a divenire un tema centrale nell’ambito della preoccupazione pubblica (Blumer, 1971). È necessario quindi fare riferimento alla complessità della dimensione del benessere che comprende, per i minori, “(…) le condizioni economiche, le relazioni con i pari, i diritti politici, le opportunità di sviluppo. Molti studi si concentrano su alcuni aspetti del benessere del bambino, spesso enfatizzando i cambiamenti sociali e culturali. Tuttavia, per comprendere questa dimensione nella sua interezza devono essere utilizzati indicatori che prendano in considerazione i suoi diversi aspetti”25 (OECD, 2009:24).

In questo senso sembra essere uno sforzo immane per gli Stati e per i loro sistemi informativi garantire ciò che la Global Strategy for Women’s, Children’s and Adolescents’

health 2016-2030 delle Nazioni Unite chiede loro, ovvero il monitoraggio e il reporting su

60 Indicatori, di cui 16 considerati chiave per la salute di donne, bambini e adolescenti. Questo aspetto sembra essere contraddittorio se si pensa alle difficoltà che OECD ha prospettato in termini di disponibilità del dato per alcune fasce di età riferite ai minori. È opportuno e possibile per gli Stati introdurre nuovi Indicatori, oppure sarebbe più utile puntare su un corretto monitoraggio delle dimensioni di benessere esistenti e sul rafforzamento delle capacità professionali utili ad arricchire la base di dati a disposizione?

25 “Child well-being encompasses quality of life in a broad sense. It refers to a child’s economic conditions, peer relations, political rights, and opportunities for development. Most studies focus on certain aspects of children’s well- being, often emphasising social and cultural variations. Thus, any attempts to grasp well-being in its entirety must use indicators on a variety of aspects of well-being” (OECD, 2009:24)

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Anche quest’ultimo aspetto evidenzia come sia presente un gap rilevante tra ciò che viene progettato a livello internazionale e ciò che è praticabile operativamente da parte degli Stati nazionali per realizzare pienamente i diritti umani e i diritti del bambino. In questo caso, infatti, è lo Stato nazione stesso che è messo in tensione dal livello internazionale. Sembra quindi possibile affermare che lo Stato sia, talvolta, messo in difficoltà nell’attuare la propria sovranità in una nuova cornice, disegnata in primis dal livello internazionale (Donnelly, 2004).

Figura 4. Quadro comparativo OECD sul benessere del bambino. Fonte: OECD (2009), Doing better for children.

La rassegna di evidenze qui riportate è ovviamente molto limitata e serve solo a fornire una immagine emblematica ed a sottolineare come alle criticità già sopra individuate si debba

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aggiungere la insensibilità di alcuni Stati verso il tema dei diritti umani, testimoniata dalla mancata sottoscrizione di trattati e convenzioni che implicano l'assunzione di responsabilità istituzionali e il conseguente controllo sulle violazioni esistenti.