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CRR e il pacchetto CRD IV

Nel documento European Banking Union (pagine 46-53)

CAPITOLO 2 IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

1. La nuova architettura della vigilanza

1.2 CRR e il pacchetto CRD IV

All’introduzione del SEVIF doveva seguire un processo per l’individuazione delle principali divergenze nel recepimento delle direttive in ambito bancario e per l’eliminazione delle norme nazionali distorsive della concorrenza o che favoriscono la nascita di arbitraggi regolamentari. L’obiettivo era l’instaurazione di regimi di vigilanza e sanzionatori ben più rigorosi e uniformi rispetto a quelli preesistenti.

Tale scopo non è stato ancora raggiunto però si presume che il pacchetto CRD IV sia lo strumento che possa assicurare il perseguimento di questo intento. Il suo fondamento giuridico poggia su:

 il regolamento (EU) n.575/2013 del 26 giugno 2013, il quale introduce regole uniformi sui requisiti prudenziali delle banche e delle imprese di investimento (CRR);

 la direttiva 2013/36/EU del 26 giugno 2013120

, che disciplina l’accesso all’attività bancaria e la vigilanza prudenziale sulle banche e sulle imprese di investimento, mediante norme di massima armonizzazione (CRD)121.

I due iter sono stati approvati prima dell’estate del 2013, compiendo un significativo passo verso l’uniformità delle regole, dei criteri e delle prassi.

La realizzazione del pacchetto, nella sua prima stesura, prevede un sistema di controlli ancora parcellizzato tra le varie autorità nazionali, ostacolando la convergenza dei poteri attribuiti alle diverse autorità. Il che viene rivalutato alla luce del mutato scenario nel quale l’obiettivo primario è la creazione di una Banking Union.

Il regolamento (EU) n. 575/2013 e la direttiva 2013/36/UE traspongono nell’ordinamento comunitario le regole sul capitale di “Basilea 3” mediante l’adozione del pacchetto CRD IV, applicabile non solo alle banche, ma anche alle imprese di investimento. Il risultato finale non è una copia pedissequa delle norme dettate da Basilea122.

Le disposizioni previste nel CRD IV hanno rafforzato la disciplina in materia di corporate governance, di politiche di remunerazione e di sanzioni. La CRD IV

120

Modifica la direttiva 2002/87/CE e inoltre abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE.

121

MANCINI M., op. cit., p. 12.

122

CASSANELLI F., “Da Basilea III alla CRD IV: nuove regole per le banche europee”, tratto dalla rivista Europae, 29 marzo 2013.

contempla una disciplina in materia di governo societario più organica e puntuale rispetto ai principi generali della precedente CRD III123.

Il CRR introduce, per la prima volta, un Single Rulebook per ogni stato membro che non avrà bisogno di essere recepito dalla normativa nazionale.

Figura 4 – Contenuti del pacchetto CRD IV

Fonte: Pwc Lussemburgo

Il pacchetto è entrato in vigore il 1 gennaio 2014, ma non è ancora a regime: è previsto un regime transitorio per l’applicazione delle disposizioni in materia di patrimonio di vigilanza (fondi propri) e di riserve di capitale (buffer) per le banche e le imprese di investimento.

Tale regime transitorio del CRD IV è articolato nel seguente modo:

 la nuova definizione di patrimonio di vigilanza prevede un phasing in articolato in 4 anni a partire dal 1 gennaio 2014124;

123

VEGAS G., “Audizione nell‟ambito dell‟esame del disegno di legge C. 1836 recante delega per il recepimento delle direttive

europee – Legge di delegazione europea 2013”, tratto dal sito Consob, 14 gennaio 2014, p. 17.

124

Vi sono alcune norme che costituiscono eccezioni e per le quali sono previsti periodi transitori più lunghi.

La Direttiva (CRD IV) disciplina

• l'accesso all'esercizio dell'attività bancaria;

• l'esercizio della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei servizi

• la vigilanza prudenziale • le riserve di capitale • la corporate governance; • le sanzioni Il Regolamento (CRR) contiene la disciplina in tema di: • capitale; • liquidità; • leverage;

• rischio di controparte (Credit Valuation Adjustment - CVA)

 la disciplina del capital conservation buffer e del countercyclical capital buffer si applicherà gradualmente a partire dal 2016 ed entrerà in vigore in via definitiva nel 2019125; non sono previste specifiche disposizioni transitorie per il systemic risk buffer, il G-SII buffer e l’O-SII buffer;

 gli strumenti di capitale oggetto di c.d. grandfathering verranno gradualmente esclusi dall’aggregato patrimoniale utile a fini di vigilanza entro il 2021126.

Pur riprendendo la disciplina di Basilea 3, se ne discosta per un aspetto essenziale: mentre l’accordo di Basilea fissa in modo tassativo i livelli dei ratio di capitale e le regole per la graduale applicazione di deduzioni e filtri prudenziali, la normativa comunitaria dà la possibilità alle autorità nazionali di accelerare127, in tutto o in parte, l’entrata in vigore della nuova disciplina128

.

Nello specifico il CRR indica, per ciascun anno, i valori percentuali minimi e massimi (es. 20% - 100%) da applicare alle singole voci da escludere o includere nel patrimonio di vigilanza, in modo che i valori più bassi siano coerenti con quelli previsti dallo stesso regime transitorio di Basilea 3129.

Per i valori più elevati, invece, si vuole operare in modo da permettere la loro applicazione a regime sin dai primi mesi del 2014. Allo stesso modo, gli stati membri possono decidere di applicare direttamente sin dal 1 gennaio 2014 l’intera riserva di capitale, pari al 2,5% degli RWA, senza attendere il 2016.

Sulla base del testo finale della CRR e CRD IV, sono state sottoposte ad analisi di impatto tre opzioni regolamentari (opzioni 1, 2 e 3)130,ma ,tenuto conto dei risultati che emergono dalla relazione di analisi di impatto della regolamentazione e delle valutazioni effettuate sulle opzioni, sono state considerate valide solo due opzioni normative delle tre proposte.

125La direttiva consente alle autorità competenti di partecipare all’entrata in vigore dei due buffer.

126 BANCA D’ITALIA, “Scelte normative relative al regime transitorio”, in Documento di consultazione di Banca d’Italia,

novembre 2013, p. 2.

127

Per il 2014 Basilea 3 prevede un livello di CET1 pari al 4% e di T1 pari al 5,5%, mentre il CRR dà la possibilità di fissare il livello di CET1 nell’intervallo compreso tra 4% e 4,5% e il T1 nell’intervallo tra 5,5% e 6%.

128 “CRR e CRD IV: al via la consultazione pubblica Banca d‟Italia sul regime transitorio”, tratto dal sito Diritto Bancario

www.dirittobancario.it, del 6 novembre 2013.

129

Per quanto riguarda La deduzione dal CET 1 degli investimenti significativi in partecipazioni finanziarie e assicurative (SFI), Basilea 3 prevede per ogni anno del periodo transitorio una quota di riduzione ammissibile del 20% dell’ammontare rilevante , fino alla deduzione integrale prevista per il 2018. La normativa comunitaria, invece, definisce dei range che hanno come floor le percentuali previste da Basilea 3 e come cap la percentuale a regime (20%-100%, 40%-100% e così via fino al 100% nel 2018).

Queste opzioni presentano alcune scelte fondamentali comuni, riguardanti:

a) il livello di Common Equity Tier 1 fissato al 7% (di cui 4,5% a titolo di requisito di capitale minimo CET1 e 2,5% a titolo di conservation capital buffer);

b) il mantenimento del filtro prudenziale su utili e perdite non realizzati relativi a esposizioni verso amministrazioni centrali EU classificate nel portafoglio AFS fino al previsto emendamento dell’attuale IAS39131; c) la rimozione graduale, in 5 anni, del filtro attualmente previsto per

mitigare gli impatti negativi sul patrimonio di vigilanza derivanti dalla recente modifica della disciplina contabile in materia di fondi pensione (IAS19)132;

d) al ricorrere di determinati requisiti, la previsione di un trattamento alternativo alla deduzione (ponderazione al 370%) per le partecipazioni assicurative significative che non superino il 15% del capitale della partecipata133;

e) il grandfathering graduale, entro il 31 dicembre 2021, degli strumenti di capitale non più computabili nel patrimonio di vigilanza ai sensi del CRR.134»

A partire da questi elementi comuni, Banca d’Italia stabilisce che sono 2 le opzioni normative che devono essere sottoposte a consultazione e la scelta deriva dalla valutazione di alcuni elementi, come:

 le aspettative del mercato e degli analisti, che valutano il livello di capitalizzazione delle banche sulla base dei livelli previsti a regime;

 il grado di patrimonializzazione del sistema bancario e la sua capacità di adeguarsi tempestivamente ai nuovi standard regolamentari;

 gli orientamenti degli altri paesi e le scelte in corso di definizione nell’ambito del Single Supervisory Mechanism per la conduzione del comprehensive assessment dell’ECB135.

131

Cfr. Disposizioni di vigilanza del 18 maggio 2010. Patrimonio di vigilanza – filtri prudenziali.

132

Cfr. Comunicazione dell’8 maggio 2013 – Modifiche dello IAS 19. Trattamento prudenziale.

133Può essere permesso alle autorità di vigilanza ove siano rispettati alcuni requisiti finalizzati ad assicurare l’integrazione dei

sistemi di misurazione e la gestione dei rischi tra la capogruppo bancaria e la società partecipata.

Opzione 1 Opzione 2

improntata al maggior rigore, prevede l’applicazione sin dal 1° gennaio 2014 della definizione di capitale prevista a regime, senza quindi alcuna flessibilità nella disciplina delle deduzioni, dei filtri e delle minorities, fatta eccezione per le scelte comuni summenzionate;

prevede l’applicazione, oltre che delle scelte comuni, dello scenario baseline136 del regime transitorio previsto da CRR/CRD IV, apportandovi variazioni coerenti con l’attuale impianto prudenziale.

I risultati della relazione sull’analisi d’impatto137 condotta dimostrano che il sistema bancario italiano è in grado di sostenere anche la prima opzione, la più rigorosa tra quelle testate, la quale è in linea con l’azione di rafforzamento delle aspettative del mercato138.

La seconda opzione, improntata ad una maggiore gradualità per assicurare una situazione di parità competitiva tra gli operatori dei paesi, tiene conto dell’opportunità di coordinare le scelte nazionali con quelle che verranno effettuate dagli altri stati partecipanti al meccanismo di vigilanza unico e nell’ambito dello stesso SSM. L’eventuale adozione di tale opzione è accompagnata da misure di secondo pilastro volte a favorire il proseguimento dell’azione di rafforzamento del capitale139.

Le scelte normative proposte riguardano anche le SIM, le quali rientrano nell’ambito di applicazione del CRR. La CRD IV prevede, però, la non applicazione del capital conservation buffer e del countercyclical capital buffer alle SIM di piccola e media dimensione al ricorrere di determinate condizioni previste dalla direttiva 2013/36/UE.

135

Cfr. Comunicato stampa della ECB del 23 ottobre 2013 e allegata nota “Comprehensive assessment”, p. 9.

136

Le eccezioni allo scenario baseline riguardano le deduzioni dal CET1 degli intangible assets e dal AT1, T2 e CET1 di propri strumenti di CET1, AT1 e T2 detenuti in via diretta, indiretta, sintetica o incrociata tra gli intermediari per accrescere artificialmente i propri fondi.

137

Lo studio di impatto è stato effettuato sui dati al 30 giugno 2013 di un campione di 15 gruppi bancari rappresentativi di oltre il 70% del sistema bancario italiano e ha sancito che il fabbisogno di capitale stimato per il 2014 sarebbe pari al massimo a 0.6 miliardi di euro nel caso dell’opzione 1, la più restrittiva.

138

Studio tratto dal sito www.prometeia.it

139

BANCA D’ITALIA, “Scelte normative relative al regime transitorio”, in Documento di consultazione di Banca d’Italia, novembre 2013, p. 4.

Se si procede con un confronto dei requisiti patrimoniali richiesti dal precedente CRD II e quelli del CRD IV, ci si rendere subito conto degli ulteriori “cuscinetti” di capitale che vengono imposti alle banche per finalità prudenziali140.

Figura 5 - Requisiti minimi di capitale: CRD2 vs CRD4

Fonte: elaborazioni Prometeia

La disciplina dei cuscinetti addizionali è più ampia rispetto a quella contenuta in Basilea 3, poiché considera anche il capitale addizionale per le banche di maggiori dimensioni e la copertura del rischio sistemico (Figura 4).

Le categorie previste sono:

capital conservation buffer costituito da CET1 equivalente al 2.5% dell'importo

complessivo dell’esposizione al rischio. Il principio di funzionamento della riserva di conservazione è sostanzialmente allineato a Basilea 3, quindi prevede restrizioni alla distribuzione di utili nel caso venga intaccata la riserva e l’introduzione graduale del buffer a partire dal 2016. Come ribadito precedentemente tra le novità introdotte dalla normativa comunitaria c’è la possibilità per lo stato membro di anticipare l’applicazione del buffer e di escludere gli intermediari finanziari di piccole e medie dimensioni, informandone gli organi comunitari;

countercyclical buffer costituito da Core Tier 1 tra lo 0% e il 2.5% (o superiore

a tale livello), calibrato in tranche di 0.25 p.p. o multipli di 0.25 p.p. dalle

140

autorità nazionali. La disciplina è speculare a quella prevista per il buffer di conservazione;

global systemically important institutions buffer (G-SIIs buffer) le autorità

nazionali competenti devono individuare le istituzioni finanziarie sistemicamente rilevanti sulla base dei criteri indicati dalla Direttiva e richiedere un cuscinetto addizionale di Common Equity compreso tra 1% e 3.5% in base al grado d’importanza sistemica, da applicare gradualmente a partire dal 2016141

. Si tratta di un buffer di rischio ricompreso all’interno del systemic risk buffer142;

other systemically important institutions buffer (O-SIIs buffer) è un cuscinetto

addizionale fino a un massimo del 2% di Common Equity, che le autorità nazionali possono imporre alle istituzioni finanziarie rilevanti a livello nazionale o europeo, applicandolo in modo graduale dal 2016. L’EBA ha il compito di definire le linee guida per l’individuazione di queste istituzioni, entro gennaio 2015;

systemic risk buffer gli stati membri possono introdurre un buffer per prevenire

e mitigare rischi sistemici non ciclici che potrebbero avere effetti negativi sul sistema finanziario o sull’economia reale nazionale. Il buffer è compreso tra 1% e 3% di Common Equity se applicato su tutte le esposizioni e fino al 5% per le esposizioni domestiche e verso paesi terzi. È concessa l’applicazione di un buffer superiore al 5%, previa autorizzazione della Commissione con atto esecutivo. Quest’ultimo non si cumula con quelli eventualmente richiesti alle istituzioni sistemicamente rilevanti143, ma si applicherà il più elevato, a meno che il buffer sistemico non riguardi esclusivamente le esposizioni domestiche144.

Le disposizioni normative determinano il raggiungimento di un coefficiente regolamentare minimo totale del 18% e, potenzialmente, questo livello è più alto nei casi in cui è previsto che i limiti all’ammontare di capitale aggiuntivo possono essere

141

Questo rappresenta un ulteriore onere che viene richiesto alle banche e che può comportare un’ulteriore riduzione dei profitti, ma, allo stesso tempo, permette di raggiungere in maniera più efficace l’obiettivo di sana e prudente gestione, prevenendo le crisi sistemiche.

142

SCHUSTER T., KOVENER F. e MATTHES J., “New Bank Equity Capital Rules in the European Union”, in Institut der deutschen Wirtschaft Köln policy paper, giugno 2013, p. 8.

143

LENER R. e RULLI E., op. cit., p. 131.

144

superati145. Una maggiore discrezionalità si può tradurre nel rischio di una concessione eccessiva di ampi spazi di manovra alle autorità nazionali di vigilanza, incrementando la differenziazione dei coefficienti richiesti alle banche in base allo stato membro di appartenenza.

Nel documento European Banking Union (pagine 46-53)

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