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Capitolo 1 – Cultura, uomo e ambiente

1.3 L'uomo è un prodotto della cultura

1.3.2 La cultura moderna

Simmel cerca di definire i complessi risvolti che la cultura moderna oggi assume, poiché egli ritiene si stia manifestando un'espansione senza precedenti della cultura oggettiva, in cui i prodotti della vita quotidiana dell'uomo acquisiscono un significato ulteriore sulla base dei risvolti sociali ad essi collegati (Griswold 2005: 27). Questo stato di cose diventa sempre più ingombrante, tanto che la persona sarà sempre più insoddisfatta, poiché non riuscirà mai ad appropriarsi di ogni singolo oggetto e non sarà in grado di far rientrare nella propria cultura soggettiva questo mondo di simboli che non sono altro che la messa in pratica di norme, valori e credenze. Ad essi infatti, viene attribuito un senso condiviso che fa parte di un più vasto sistema culturale che il soggetto fa proprio, a suo modo. “L'individuo moderno vive dunque una situazione contraddittoria in quanto non può vivere né con né senza questo mondo di oggetti culturali” (Sciolla 2002: 39).

Simmel analizza anche l'aspetto psicologico dell'individuo che nasce in questo tipo di società dove l'intersecarsi di molteplici cerchie sociali e il modo di vita metropolitano diventano l'emblema ed il punto di partenza nella creazione dell'identità individuale. Egli, in particolare, afferma che

occorre (...) ricordare che le metropoli sono i veri palcoscenici di questa cultura che eccede e sovrasta ogni elemento personale. Qui, nelle costruzioni e nei luoghi di insegnamento, nei miracoli e nel comfort di una tecnica che annulla le distanze, nelle formazioni della vita comunitaria e nelle istituzioni visibili dello Stato, si manifesta una pienezza dello spirito cristallizzato e fattosi (...) così soverchiante che – per così dire – la personalità non può reggere il confronto. Da una parte la vita le viene resa estremamente facile, poiché le si offrono da ogni parte stimoli, interessi, modi di riempire il tempo e la coscienza (...); dall'altra, però, la vita è costituita sempre di più di questi contenuti e rappresentazioni impersonali, che tendono a eliminare le colorazioni e le

33 idiosincrasie più intimamente singolari; così l'elemento più personale, per

salvarsi, deve dar prova di una singolarità e una particolarità estreme: deve esagerare per farsi sentire, anche da se stesso.

(Sciolla 2002: 39)

Per questi motivi, la cosiddetta “cultura materiale” rientra nell'accezione più ampia di cultura poiché gli oggetti materiali veicolano ulteriori significati: essi rappresentano norme, credenze, ideologie e valori che vanno oltre la funzione per cui il bene è stato pensato. L'esempio più estremo che porta Veblen è il consumo vistoso di beni, che consiste nel consumo e nello spreco di cose superflue da parte delle classi più agiate; questo comportamento provoca l'imitazione dei ceti inferiori. In questo modo, “i consumatori (...) dipendono dal giudizio degli altri e cercano di ottenere da loro reputazione e riconoscimento in una continua gara emulativa per il raggiungimento di uno status sociale più elevato” (Sciolla 2002: 196). Simmel è tra i primi a sostenere che il consumo sia diventato – dapprima in Occidente – fonte di prestigio e distinzione sociale, in un' epoca in cui stratificazione sociale e strategie per mantenere una posizione elevata all'interno delle società sono sempre più importanti al fine di ottenere una vita “buona” (Sciolla 2002: 195). Il sociologo tedesco si sofferma anche sul carattere simbolico del denaro nella cultura moderna. Egli sostiene che oggi esso sia il simbolo delle relazioni fra individui, ed acquisti inoltre un valore in sé, non più ascrivibile a mezzo di scambio. Egli spiega inoltre che questo tipo di processo consiste nell'oggettivazione dei valori, ossia attribuire ad un bene quello che un tempo era un valore personale e soggettivo per farne invece un valore oggettivo e condiviso all'interno della società, per mezzo della socializzazione e della partecipazione a specifici modi di vita. In questo senso, è possibile riportare l'idea di natura come esempio atto a chiarificare quest'ultimo concetto: oggi, grazie ai media e ad un diffuso dibattito, l'opinione pubblica è generalmente persuasa del fatto che la natura abbia un valore in se stessa, che l'uomo dovrebbe rispettare e proteggere. Alcuni individui sono portati ad abbracciare questa credenza in modo diverso da altri, tanto da modificare profondamente il proprio stile di vita, al fine di ottenere un modo di vita coerente con i propri giudizi di valore: questo è il caso di coloro che decidono di praticare una qualche

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forma di decrescita o che scelgono di abitare il ecovillaggi. Bauman (2001) sostiene che anche la mancanza di sicurezza che il mondo di oggi non riesce più a garantire, emerge proprio nel ritorno a forme di comunità ristrette, con la speranza che esse riescano ad assicurare un senso di protezione e di riscoperta identitaria rispetto a ciò che è estraneo, diverso, complesso. Per questi motivi, la divisione, l'instaurazione di distanze, e la riduzione di comunicazione con l'esterno rispondono pienamente al desiderio di ridurre la probabilità di incontrare differenze così difficili da sostenere (Bauman 2001: IX). Nelle comunità infatti, la comprensione reciproca è garantita dalla condivisione di valori; in questi “recinti” siamo al sicuro, e i legami che si instaurano sono basati sulla solidarietà e sul sostegno reciproco, invece che sull'insicurezza (Ibid.: 4). Sia nel caso di coloro che applicano la decrescita, sia di chi vive in ecovillaggi è possibile parlare di un cambiamento più o meno consapevole e verrà approfondito nel secondo capitolo.

La funzione e l'importanza dello stile di consumo è proprio quello che esprime Bourdieu attraverso il concetto di habitus. Rettore afferma che

l'habitus si riferisce, infatti, all'uso delle regole che prescrivono i modi delle pratiche sociali all'interno di un gruppo sociale particolare, ossia i modi del linguaggio, le regole di cortesia e gentilezza, i comportamenti fisici da tenere o da evitare. L'habitus è il prodotto dei condizionamenti caratterizzanti l'esistenza di gruppi particolari di soggetti (...).

(La Mendola 2007: 322)

Esso è, in sintesi,

una griglia di lettura con la quale percepiamo e giudichiamo la realtà e produciamo le nostre pratiche. (...) È proprio attraverso l'habitus, quindi, che il consumo diventa una pratica di importanza centrale attraverso la quale i soggetti affermano la loro individualità (...).

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In questo contesto, differenziazione sociale e strategie per mantenere il proprio status sono aspetti che possono essere riscontrati negli stili di consumo, poiché gli individui attribuiscono un certo significato a beni ed oggetti, i quali - allo stesso tempo – sono stati interiorizzati in modo non cosciente anche da altre persone all'interno della società. “Possiamo quindi dire che le pratiche di un medesimo attore sociale e le pratiche di tutti gli attori sociali di una certa classe manifestano una «affinità di stile»” (Sciolla 2002: 114). Il consumo è diventato così un fenomeno di massa, in cui le persone sono chiamate a compiere scelte quotidiane tra una miriade di merci sempre più vasta e ricca ma gli individui vengono costantemente disorientate da servizi di marketing e pubblicità sempre più accattivanti ed aggressivi. La cultura, di conseguenza, compare quindi anche nel consumo, poiché nuovi valori possono portare a modificare o creare credenze diverse, che si ripercuotono nella vita quotidiana degli individui. Ciò è particolarmente evidente ad esempio, nel caso di vegetariani o vegani, i quali modificano in varia misura le proprie abitudini alimentari sulla base di credenze e valori personali; stessa cosa vale per chi decide di acquistare cibo biologico o vestiti di cotone non trattato. Spesso la cultura orienta il nostro agire, anche senza che ce ne rendiamo conto. Il sistema socioculturale infatti ha la funzione di produrre e diffondere orientamenti di valore, di attribuire una carattere positivo o negativo ad oggetti, azioni o situazioni all'interno di ogni cultura. Tali giudizi di valore comunque, sono un'attribuzione di valore arbitraria, assegnata dal gruppo sociale, dato che raramente oggetti o azioni sono buoni o cattivi in sé. “La presenza di questi criteri di valutazione permette agli individui di orientarsi nella realtà, di avere dei quadri di riferimento [complessi ma allo stesso tempo, organici] per la propria azione. Sottese alle varie azioni vi sono significati, motivazioni, intenzioni riconducibili in ultima istanza a un quadro di valori” (Gallino 1994: 190). In credenze, orientamenti e sistemi morali, in ideologie, sistemi religiosi, espressioni artistiche, e nell'apparato di norme che regolano i rapporti sociali sono presenti giudizi di valore che facilitano l'individuo nel suo lavoro di reperimento di informazioni al fine di condurre una vita riconosciuta dagli altri come rispettabile, soddisfacente e, possibilmente, coerente. Allo stesso tempo però, il concetto di

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dell'identità degli individui, se esso viene inquadrato nel più ampio ambito di riferimenti simbolici.

Bell sottolinea come il capitalismo si caratterizzi per contraddizioni culturali profonde come la contrapposizione tra equità e produttività, libertà ed uguaglianza, redistribuzione e crescita. Si ha così una vasta fetta di popolazione senza lavoro, che sopravvive in megalopoli di milioni di abitanti ai margini delle città più importanti. Le disuguaglianze sociali risultano evidenti soprattutto se si osservano le élite delle città e le condizioni del resto della popolazione nelle periferie; anche situazione abitativa e benessere generale contribuiscono alla creazione identitaria, ascritta nella categoria di classe sociale (Gallino 1994: 498).Nonostante queste importanti dicotomie di base, è inopportuno affermare che il consenso al capitalismo sia venuto meno: ciò che avviene è in realtà proprio il contrario (Sciolla 2002: 60). La cultura infatti assume una funzione diversa e diventa mezzo per

l'elaborazione di percezioni del mondo, per descriverlo e comprenderlo. È un insieme di schemi di percezione, un sistema gerarchico di significati, una gerarchia di valori e pratiche: un gioco di lotte tra i gruppi sociali per farsi riconoscere, mantenere e affermare il proprio ordine simbolico nella distinzione sociale

(La Mendola 2007: 321)

Mary Douglas e Baron Isherwood trattano compiutamente questo tema, servendosi dei concetti di beni e di consumo per spiegare come questi concetti siano in realtà oggetti che servono a perpetuare “un processo rituale la cui funzione primaria è di dare un senso al flusso indistinto degli eventi”. All'interno di questa teoria, i gusti diventano un'attività interpretativa di tipo collettivo che funge da fattore d'integrazione, da testimone nell'appartenenza o nell'esclusione ad un classe o ad un gruppo sociale determinato (La Mendola 2007: 321).

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