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Un esempio pratico: il modello “dalla polpa alle proteine”

Capitolo 3 - La Blue Economy

3.2 Un esempio pratico: il modello “dalla polpa alle proteine”

Al momento della lavorazione, l'industria si serve solo di una minima percentuale delle piante che ci assicurano alcuni dei prodotti che usiamo nella vita quotidiana: del caffè ad esempio si usa solo lo 0,2% (Pauli 2010: 125). Al momento, ciò che non serve è un costo, un problema. La produzione agricola genera un'enorme quantità di rifiuti e oggi la biomassa61 di scarto viene interrata in discariche o bruciata, ma quest'ultima soluzione non la fa scomparire: essa cambia semplicemente forma e gran parte delle sostanze rimane, anche se non la possiamo vedere. La Blue Economy vuole cercare di trovare una valida soluzione a questo tema, ricorrendo all'imitazione della natura.

I ricercatori della Zero Emissions Research Initiative hanno osservato come le spore dei funghi Shiitake62 siano particolarmente prolifiche, se vengono iniettate su un substrato composto dagli scarti della lavorazione del caffè, compresi i cosiddetti “fondi”63. L'acqua calda o il vapore, usati per preparare un caffè, sterilizzano perfettamente questi ultimi che costituiscono una base già pronta da cui produrre poi i funghi; in questo modo i fondi vengono reimpiegati per produrre altro cibo e, allo stesso tempo, il processo di funghicoltura viene reso particolarmente semplice, economico ed adatto ad essere riproposto soprattutto in luoghi poveri di risorse. Questo procedimento offrirebbe un'importante possibilità in un mercato globale fortemente destabilizzato dall'esplosione

60 Modello proposto da Pauli stesso, sin dal 1996 (data della versione inglese del suo primo libro).

61 La biomassa è l’insieme dei prodotti organici vegetali e animali; può essere utilizzata a fini energetici o agronomici

62 Alimento di qualità, senza colesterolo e ricco di acidi grassi saturi, molto ricercato in Asia

63 La produzione del caffè ha due flussi di scarto: la maggior parte dei rifiuti si genera nelle piantagioni ed è noto come “polpa”, mentre dopo la preparazione della bevanda del caffè si produce il secondo flusso noto come “fondi”.

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demografica: i funghi potrebbero essere prodotti direttamente in città, a costo minore; sarebbero disponibili a molte più persone e potrebbe contribuire a soddisfare bisogni alimentari crescenti, senza dover ricorrere all'utilizzo di modificazioni genetiche ai vegetali con lo scopo di farli resistere a malattie e scarsità d'acqua (Ibid., p. 130; Baima e Morelli 2010). Poiché nei paesi in via di sviluppo è necessario raggiungere una certa sicurezza alimentare e creare posti di lavoro anche nelle zone rurali, la Blue Economy propone un tipo di soluzione da realizzare “in loco” grazie a materie prime e conoscenze locali. I suoi sostenitori credono, infatti, che se il lavoro è ben remunerato e in grado di garantirne la sussistenza, esso permetterebbe agli agricoltori e alle loro famiglie di rimanere nelle campagne, senza andare ad affollare le periferie delle città per lavorare pochi giorni all'anno in condizioni disumane. Inoltre, grazie allo strato di scarto che rimane dopo il taglio dei funghi, gli agricoltori potrebbero permettersi di mantenere qualche capo di bestiame, perché il loro substrato è un ottimo prodotto con cui sfamare gli animali.

Pauli riassume con queste parole il successo dell'iniziativa:

[In questo consiste il nostro] ideale economico: meno investimenti, più liquidità; un'iniziativa, molteplici benefici. E si traduce in costi inferiori, produzione più rapida, fidelizzazione dei clienti più elevata e miglior flusso di cassa. (...) Così facendo, il valore del caffè potrebbe essere replicato o superato dal valore potenziale dei rifiuti derivati dalla coltivazione e produzione del caffè, e avremmo scoperto una miniera d'oro.

(Pauli 2010: 125)

Se grosse imprese come Starbucks Coffee promuovessero il programma “dalla polpa alle proteine” avrebbero un ritorno in termini di capitale sociale, detrazioni fiscali, occupazione e reddito; tutto questo sarebbe possibile nei centri delle città e nelle zone rurali, con conseguente aumento della fiducia del consumatore verso l'azienda, opportunità occupazionali ed educative. Ed ancora:

107 Se commercianti e distributori contribuissero a promuovere il modello

“dalla polpa alle proteine” nelle aziende di cui commercializzano i chicchi, tale collaborazione creerebbe comunità autosufficienti che godrebbero di sicurezza alimentare e dei mezzi di sussistenza anziché essere colpite da carestie e malnutrizione. Sarebbe un enorme potenziale che si potrebbe utilizzare a vantaggio di tutti.

(Pauli 2010: 131)

3.2.1 Chido Govera e i funghi che aiutano le orfane dello Zimbabwe

Lo Zimbabwe oggi è un paese in grandi difficoltà economiche, nonostante l'agricoltura e l'industria mineraria siano i suoi punti di forza; questo paese infatti esporta in Europa soprattutto prodotti agricoli, tabacco, spezie e fiori, nonché metalli preziosi. Allo stesso tempo va sottolineato anche che la popolazione deve affrontare un'ingente scarsità di cibo e carburante.

Di fatto, la vera emergenza sociale e sanitaria è rappresentata dall'altissimo tasso di diffusione dell'Hiv: ciò riduce le aspettative di vita media, ed aumenta invece il tasso di mortalità (compresa quella infantile e materna) che modifica in modo sostanziale la distribuzione della popolazione in termini di età e sesso.

La storia di Chido Govera si intreccia con quella del suo paese ed è simile a quella di molte altre bambine: divenuta orfana in tenera età, deve prendersi cura della famiglia, quindi decide di lasciare la scuola e lavorare. Durante la stagione delle piogge, aiuta la nonna a raccogliere funghi e questo prezioso alimento diventerà il mezzo per sfamare la sua famiglia. La sua vita infatti cambia, dal momento in cui partecipa ad un progetto della Fondazione ZERI alla quale collabora anche l'Africa University: con lo scopo di insegnare agli orfani a coltivare funghi, si utilizzano come base i rifiuti dell'agricoltura locale ed alcune piante invasive autoctone. In questo modo, Chido riesce a produrre funghi a sufficienza per provvedere per sé e per la propria famiglia e, grazie alla vendita del prodotto in eccesso, aiuta finanziariamente altri giovani ad andare a scuola. La ragazza, in questo modo, pone le basi per un futuro migliore per sé e per altri orfani e, col tempo, decide di semplificare il processo di produzione e mettere a disposizione le proprie

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conoscenze a favore di altre bambine. Queste, a loro volta, viaggiano verso le comunità circostanti per diffondere tecniche e nozioni sulla coltivazione dei funghi.

In questo modo, si viene a formare una vera e propria rete che promuove l'auto-sostentamento dei settori più deboli della società; provvede a procurare cibo di qualità che assicuri un apporto sufficiente di nutrienti; produce con risorse disponibili a livello locale e con il riutilizzo degli scarti in modo efficiente. Di conseguenza, le bambine e le ragazze riescono a rifiutare i soprusi che spesso subiscono in condizioni di disagio, e a provvedere al loro futuro, alla loro sussistenza, a quella dei propri familiari “a carico”.

Nei paesi in via di sviluppo, quest'iniziativa avrebbe un'ulteriore valore, perché oltre a contribuire alla sicurezza alimentare, i coltivatori riuscirebbero ad avere nuove opportunità di guadagno dalla vendita di funghi pregiati in surplus e potrebbero contribuire a migliorare la vita delle comunità periferiche in campagna, riutilizzando anche gli scarti delle piantagioni. Nelle città, questo modello funzionerebbe in egual modo per la presenza consistente di attività che scartano grosse quantità di fondi di caffè che costituiscono una base già pronta e gratuita per lo sviluppo di un'attività di funghicoltura.

Anche il contributo dal punto di vista ambientale è lodevole, poiché il consumo d'acqua ed energia è minimo e, inoltre, si evita di impiegare i tradizionali legni pregiati64 che fungono da base per la crescita, sostituendoli con scarti del caffè - molto più economici e semplici da reperire.

In questo prezioso esempio, è evidente come la sicurezza alimentare sia solo uno dei fattori che motiva a cercare mezzi per essere indipendenti e trasmettere alle generazioni più giovani i valori della solidarietà, della responsabilità collettiva, del rispetto della natura. Chido infatti è impegnata nella lotta contro la povertà e la malnutrizione in vari paesi65 e diffonde le sue conoscenze ai ragazzi di tutto il mondo. Questo è anche l'emblema di come all'interno delle comunità ci siano già forze in grado di cambiare il destino delle persone

64 In sistemi di funghicoltura meno attenti all'ambiente – come avviene tradizionalmente in Cina – si usa ad esempio il legno di quercio o castagno e ciò ha contribuito alla creazione di foreste appositamente coltivate per poi essere tagliate e ricavare il legno che serve da base ai funghi.

65 Ad oggi, Chido ha insegnato il processo di coltivazione dei funghi dagli scarti a centinaia di persone, tra cui donne in India, orfani in Colombia, Zimbabwe, Tanzania, Sud Africa, Congo e studenti in Olanda e America.

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più deboli e contribuire a soddisfare i loro bisogni, semplicemente spiegando loro come fare e dando loro la possibilità essere autonomi con ciò che si ha già a disposizione.

3.2.2 Importanza della sicurezza alimentare: dalla birreria alla

cascata di nutrienti

La sicurezza alimentare può essere vista anche come una meta a cui arrivare grazie alla collaborazione di più attori sociali che decidono di unire il loro potenziale, per giungere ad un obiettivo comune. Uno degli esempi che riporta Gunter Pauli è quello della filiera alimentare: essa è una delle produzioni che crea il maggior volume di rifiuti, tanto che il loro riutilizzo, potrebbe ridurre notevolmente i costi che ogni impresa deve accollarsi per generare poi ulteriori prodotti e servizi. Ciò avrebbe immediati effetti positivi sulla popolazione della zona circostante che otterrebbe alimenti di qualità, la possibilità di vendita del surplus, ed energia pulita a basso costo.

Un valido esempio, che illustra come sia possibile creare ricchezza in termini di capitale e sicurezza alimentare, è il riuso a ciclo chiuso di tutto ciò che viene prodotto in una birreria di piccole dimensioni. La Beijing Brewery, con il supporto del Center for Integrated Systems Analysis of Natural Resources di Pechino, ha sviluppato un sistema integrato che sfrutta gli scarti (Pauli 1997: 212). Questo infatti è un tipo di fabbrica che produce una grossa quantità di output, oltre alla birra: una massa ad alto contenuto proteico formato da residui di orzo, riso e luppolo; lievito esaurito; grosse quantità d'acqua; energia in eccesso prodotta dalla fermentazione da cui si ricava la birra; anidride carbonica generata dallo stesso processo. Se tutti questi fattori venissero considerati input gratuiti da cui generare nuove lavorazioni, l'impresa ne guadagnerebbe: essa infatti non dovrebbe far fronte a costi di smaltimento ed eventualmente di trasporto degli scarti, poiché -se reimpiegati opportunamente a livello locale- costituirebbero una materia prima gratuita per ottenere altri prodotti da cui generare un ulteriore ricavo.

Nello specifico, gli scarti di orzo, riso e luppolo potrebbero essere usati, mescolandoli con prodotti di scarto delle segherie, per ottenere una base su cui produrre funghi di buona qualità ed avere un ricavo ingente, soprattutto se si coltivano funghi pregiati. Dopo il taglio dei funghi, i lombrichi si ciberebbero delle proteine vegetali di cui è ricco il substrato e

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assicurano un ottimo mangime per polli, ovipari e suini. In seguito, gli scarti di lombrichi e pollame potrebbero essere convogliati in un digestore per la produzione di biogas con cui alimentare, in parte, l'impresa. La fanghiglia che ne uscirebbe potrebbe essere usata per stimolare la crescita di alcune piante, destinate sia alla vendita sia alla trasformazione per mangimi animali. L'anidride carbonica invece -recuperata dalla fermentazione durante il processo di produzione della birra- potrebbe essere riversata in bacini d'acqua dove contribuirebbe alla coltivazione di alghe. Se la massa d'acqua di scarto fosse priva delle sostanze chimiche normalmente utilizzate per “purificarla”, potrebbe essere utilizzata per la creazione di un sistema che integra piscicoltura con coltura idroponica66, coltivazione di alghe67, ed altri microorganismi che fungono da “ripulitori” dell'acqua, particolarmente ricca di sostanze nutritive.

Pauli (1997) sostiene che questo possa costituire un esempio di come una fabbrica di birra riuscirebbe ad imitare gli ecosistemi, sfruttando ogni sostanza, grazie ad un uso sapiente delle conoscenze biologiche che abbiamo a disposizione dalla natura. Questo esperimento può essere anche un modello di aggregazione o cluster industriale, dove più aziende cooperano e condividono conoscenze per raggiungere un importante obiettivo comune; obiettivo complesso difficilmente raggiungibile da parte di una singola impresa per la molteplicità di competenze specifiche richieste. Un simile agglomerato avrebbe effetti positivi anche sulla società, dato che richiederebbe probabilmente più posti di lavoro, a causa della molteplicità di lavorazioni presenti in uno stabilimento. In aggiunta, per essere realmente efficiente, esso dovrebbe essere nelle estreme vicinanze della birreria in modo da ottenere materie prime di qualità migliore, senza il bisogno di aggiungere conservanti o altre sostanze chimiche non naturali. Ciò contribuirebbe anche all'abbattimento dei costi dovuti a conservazione, stoccaggio, imballaggio e trasporto degli

66 La coltura idroponica è un tipo di coltivazione che non prevede l'utilizzo di terra: le piante vengono alimentate con una miscela di acqua e nutrienti. In questo modo, essa non dovrà accrescere il proprio apparato radicale per cercare acqua e sostanze nutritive ma potrà accrescere il busto e l'apparato fogliare (<http://www.idroponica.it/guida-coltivazione-idroponica_495.html>).

67 Le alghe hanno bisogno di CO2 , acqua, sostanze nutritive e luce del sole. L'ossigeno è un prodotto di scarto che esse rilasciano nell'aria; hanno quindi duplice funzione: puliscono l'acqua catturando l'anidride carbonica e rilasciano l'ossigeno. (<http://www.alghe.org/le-alghe>).

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scarti. Di conseguenza, i prodotti stessi -venduti localmente e a prezzi inferiori- sarebbero più freschi e genuini e ciò sarebbe un ulteriore valore aggiunto per la popolazione.