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Dimensione locale, globalizzazione e sviluppo

Capitolo 2 - La Green Economy

2.8 Dimensione locale, globalizzazione e sviluppo

Al momento, la società mondiale va verso la standardizzazione di prodotti47 e delle relative culture, dove consumi elevati e dipendenza economica vanno a scapito di culture locali e dei loro prodotti tradizionali, della necessità di un benessere diffuso a tutta la popolazione e di raggiungere l'autonomia alimentare, energetica ed economica. Purtroppo, il continuo depauperarsi di risorse naturali, beni e valori che compongono la biodiversità naturale, sociale e culturale del pianeta, insieme all’accentuarsi di una tendenza al consumo senza limiti sono la manifestazione della crisi di cui non riusciamo a renderci conto pienamente. Spesso si sottolineano gli aspetti omologanti della globalizzazione e si mettono in luce sia il conseguente intreccio fra locale e globale sia la creazione di una cultura sovranazionale, che va oltre i confini nazionali grazie ai mass media e al modello di consumo.

Il mondo risulta essere sempre più interdipendente ed interconnesso, tanto che nella globalizzazione, alcuni vedono l'accentuarsi degli effetti negativi causati dall'economia e dal consumismo: qualsiasi problema prodotto localmente, compresi quelli di natura economica, politica o sociale, tende ad essere accantonato, nella speranza di poter trovare un altro luogo privo di criticità, dove riprendere a produrre e sfruttare le risorse nello stesso

47 Per la creazione di prodotti oggi viene impiegata la stessa tecnologia, a cui vengono apportate solo modifiche minime. Produzione e distribuzione vengono ottimizzate e semplificate, in modo da aumentare la produzione dello stesso oggetto con costi marginali sempre inferiori (Pauli 2010).

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modo (Bauman 2011: 126). Situazione analoga avviene anche per la percezione globale del rischio ambientale, poiché riscaldamento globale, conservazione e tutela delle specie, emissioni di CO2 sono questioni percepite ormai a livello mondiale che però si vogliono scaricare oltre confine (Sciolla 2002: 240-241).

Un problema fondamentale che emerge a partire da questi punti è sicuramente la questione di un riequilibrio fra Nord e Sud del mondo, poiché

fino a quando Etiopia e Somalia saranno assurdamente costrette a esportare alimenti per i nostri animali domestici, mentre noi ingrassiamo in nostro bestiame da macello con i pannelli di soia coltivata sui terreni debbiati della foresta Amazzonica, bloccheremo ogni tentativo di reale autonomia del Sud.

(Latouche 2007: 160)

Come già sottolineato al paragrafo 2.1, parte del divario è dovuto anche a criteri distributivi, sia in fatto di reperimento e sfruttamento di risorse naturali utilizzate dai paesi più ricchi, sia nello smaltimento di scorie e rifiuti: alto margine di profitto, facile accessibilità, risorse tecnologiche avanzate permettono alle multinazionali di estrarre una quantità enorme di materie prime e spesso, alle loro spalle lasciano inquinamento, manodopera impiegata a salari molto bassi e senza garanzie, e sfruttamento intensivo di risorse. D'altro canto, i governi di questi paesi sono spesso così deboli, da non riuscire ad assicurare la certezza dei diritti di povertà, né a garantire un giusto prezzo alle proprie risorse; sovente poi, la dipendenza economica nei confronti di pochi paesi ricchi li rende ricattabili (Sciolla 2002; Gallino 1994: 498).

Wallerstein cerca di spiegare questo tipo di squilibri, tramite l'attribuzione di un certo peso ai rapporti commerciali fra le diverse regioni del mondo. In sostanza, egli ritiene che la questione sia ascrivibile ad una forma di dipendenza controllata dai paesi forti che vogliono trarre maggior profitto possibile dalle risorse naturali di cui spesso sono carenti. Il sociologo classifica nella sua teoria tre tipi di paesi in base al proprio potere finanziario e commerciale; questi si distinguono in periferici, semiperiferici e centrali e formano il cosiddetto “sistema-mondo”. Da questa teoria emergono spunti interessanti: inquinamento

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ed alti livelli di emissioni non sarebbero più diffusi nei paesi centrali quanto piuttosto in quelli semiperiferici che subiscono l'azione finanziaria delle multinazionali; allo stesso tempo, le economie periferiche (basate su monoculture) dipendono maggiormente da altri; hanno livelli d'inquinamento minori ma svendono “il proprio capitale naturale, poiché non sono in grado di trasformarlo in loco” (Pellizzoni e Osti 2003: 226-228; Gallino 1994: 498). Per cercare di risolvere queste criticità, bisognerebbe tener conto anche del fatto che per produrre colture come cacao, caffè, cotone, soia, arachidi, c'è un enorme flusso d'acqua ed energia che dal Sud (dove le risorse sono già scarse) si sposta al Nord. Per questo motivo, sarebbe invece opportuno reintrodurre prodotti agricoli dimenticati o abbandonati, legati alla propria storia e alle proprie tradizioni, recuperare tecniche e abilità tradizionali, limitare le colture destinate all'asporto (compresi i nuovi prodotti di lusso, come fiori, frutta e verdura fuori stagione, gamberetti) e piuttosto impiegare le terre per colture alimentari nei paesi più poveri. Ciò probabilmente permetterebbe loro di ritrovare anche la loro identità perduta, di cercare al proprio interno forze e soluzioni efficaci a problemi specifici e perseguire un'autentica via di sviluppo basata sulle disponibilità di ogni Stato (Latouche 2005; 2007).

La società della crescita produce disuguaglianze ed ingiustizie anche all'interno di uno stesso Paese, ma fra Nord e Sud del mondo le differenze sono ancora più evidenti. In aggiunta, essa crea un benessere illusorio fondato sulla

modernizzazione socioculturale [che] si è imposta alle culture autoctone distruggendole, o quanto meno creando una situazione di disuguaglianza culturale accentuata. In essa la società centrale occidentale fornisce modelli culturali (cioè valori, interpretazioni della realtà, tecniche lavorative e di vita quotidiana [tipici dell'occidente]) attraverso la scuola e l'effetto dimostrativo dei suoi consumi esportati (alcool, sigarette, vestiti, auto, esposizione a comunicazioni e divertimenti di massa) che la società periferica apprende e ai quali attribuisce consenso.

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Sull'importanza del mito della crescita del PIL si fondano anche le economie dei paesi in via di sviluppo; questa misura - come abbiamo già appurato nel paragrafo 2.5- include anche tutte quelle spese che si sostengono per neutralizzare gli effetti negativi di produzioni nocive, per promuovere il risanamento ambientale, o per migliorare la salute delle persone. Non possiamo considerare in modo positivo anche questo tipo di spese, poiché esse fungono semplicemente da rimedio a situazioni collaterali nella produzione e nello stile di consumo. Oggi non si tiene in considerazione che questi costi aggiuntivi non fanno bene neanche dal punto di vista economico48 e che il vero benessere non può essere misurato secondo indici tradizionali.

2.9 Il concetto di sviluppo sostenibile e le criticità della Green