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Cultura e pensiero pedagogico nel mondo bor ghese e aristocratico

Nel documento Vita e opere de la Comptesse de Segur (pagine 44-50)

Analisi e commento di tre dei principali ro manzi della Comtesse De Ségur

1. Cultura e pensiero pedagogico nel mondo bor ghese e aristocratico

Sin dai più remoti albori della loro genesi, il mondo piccolo-medio borghese e l’alta aristocrazia in particolare, hanno sempre nutrito una concezione ben precisa e particolare sull’educazione infantile e sul pensiero pedagogico da seguire. Difatti, in questi ambienti, il bambino è stato sempre cresciuto ed educato alla luce di valori, princìpi e ideali etico-morali e che non riflettessero la più vera natura, intima essenza e genesi originaria del mondo borghese e aristocratico.

Il rigido e severo insegnamento unito a una cieca obbedienza di certe regole, norme e precetti di natura esplicitamente perbenista, puritana, benpensante e conformista, è stata da sempre una costante in tutte le famiglie dell’alta Società di tutte le epoche. Tale educazione è da sempre risultato un vero e proprio marchio di fabbrica, sigillo, tratto distintivo della società borghese e aristocratica. Nelle famiglie bor- ghese e aristocratiche i fanciulli sin da piccoli, venivano affidati alle cure, attenzioni e soprattutto all’educazione di maestri privati o precet- tori, i quali si occupavano in toto, non soltanto della loro istruzione e

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formazione scolastica e della loro maturità culturale, ma anche e so- prattutto della loro delicata educazione. Tali precettori, difatti, aveva- no sulle loro spalle l’arduo compito di doverli seguire, formare e gui- dare per renderli pronti, un giorno, raggiunta l’età adulta, al loro fati- dico ingresso nell’alta società. Ecco quindi che le norme, le regole , i precetti, i princìpi gli ideali che tali precettori insegnavano e imparti- vano ai fanciulli, appartenevano, senz’ombra di dubbio, al mondo e contesto socio-culturale di appartenenza delle loro famiglie: quello borghese e aristocratico, per l’appunto.

Normale era, dunque, fare in modo che il bambino venisse educato affinché la sua persona e figura potesse corrispondere perfettamente a quei canoni, modelli e stereotipi dettati dall’educazione e del pensie- ro pedagogico aristocratico-borghese. Il bambino doveva, così, già in tenera età apprendere e cominciare a essere un piccolo adulto. Anche i giochi, le attività ludico-ricreative e gli esempi educativi erano finaliz- zati a questo: già da piccoli i bambini apprendevano che, a esempio, i matrimoni con persone di rango o estrazione sociale “inferiore” non erano consentiti dalla morale, dall’educazione e dalle tradizioni del mondo aristocratico-borghese: così come erano mal tollerati, se non vietati addirittura, i contatti e le amicizie anche solo di natura ludica con bambini provenienti da classi sociali meno abbienti. Secondo l’educazione e il pensiero pedagogico aristocratico-borghese (soprat- tutto nel XIX° secolo), il bambino veniva così inquadrato a imitare, emulare, seguire in tutto e per tutto l’adulto per essere egli stesso

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l’adulto di domani. Inutile affermare che, si trattava di un’educazione assolutamente imposta che non lasciava alcuno scampo al bambino: accettarla era d’obbligo. E, se c’erano rimostranze, rifiuto o disubbi- dienza nel seguire gli “ordini” impartiti dai genitori o dal Precettore, ecco che non tardavano ad arrivare, per il bambino stesso, oltreché du- ri rimproveri, anche dure, severe e umilianti punizioni o castighi cor- porali. Ed ecco che in questo modo il bambino non cresceva e non ve- niva educato in modo sano, tranquillo e sereno, m in maniera rigida, severa e intransigente alla luce dell’insegnamento di princìpi, regole e norme da rispettare e obbedire senza batter ciglio. Il bambino, data la sua condizione d’inferiorità di fronte all’adulto non era per nulla tenu- to a ricevere né spiegazioni né a saper il perché di certe regole. E, co- me precedentemente sottolineato in questo lavoro, il rischio di far del male e di ottenere dei pessimi risultati sia nella psiche del bambino (con il sorgere di problematiche alquanto serie e gravi), sia dal punto di vista educativo, rimaneva comunque alto. Le problematiche pote- vano variare da bambino a bambino. Difatti, il bambino d’indole più spiccatamente impulsiva, istintiva, vivace estroversa e ribelle, era spinto e portato a un senso di ribellione, di sfida, di opposizione e in- disposizione nei confronti dell’adulto proprio a causa dell’eccessivo rigore, dell’esasperata severità, intransigenza e fiscalità di determinati insegnamenti, nonché soprattutto dalle dure, dolorose e umilianti pu- nizioni corporali che seguivano alla mancata obbedienza di certi pre- cetti.

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Invece, nel caso di un bambino dall’indole e dalla natura più timi- da, chiusa, riservata, timorosa, introversa, si poteva assistere al verifi- carsi di n vero e proprio trauma dell’età infantile.: il bambino poteva giungere a chiudersi ancora ulteriormente in sé, a essere timoroso nei confronti dei genitori o precettori, ma addirittura terrorizzato dalla fi- gura dell’adulto, rinchiudersi in un ostinato mutismo isolandosi sem- pre di più dal mondo circostante soffrendo da solo e in silenzio. Le ri- percussioni di tali esperienze e o traumi infantili potevano facilmente avere poi delle inevitabili e dolorose conseguenze anche nella succes- siva vita da adulto. Inoltre, anche nei rapporti, interpersonali il bambi- no veniva guidato e sorvegliato. Questi sin da piccolo veniva abituato a frequentare compagni o compagne della stessa età di altrettante fa- miglie aristocratico/borghesi. E sin da piccoli, sia bambine che bam- bini, venivano promessi come sposi a figli o figlie di importanti fami- glie o casati. E qui, oltre al perché di tale usanza, oltre all’educazione impartita ai bambini, intervengono anche motivi di natura politica e di prestigio dinastico-nobiliare. Difatti, per permettere il perdurare nel tempo e il più a lungo possibile il nome della propria famiglia o dina- stia aristocratico-borghese, per preservare il proprio “sangue blu” da contaminazioni esterne da parte di persone senza titoli e non prove- nienti da ambienti facoltosi e nobiliari, per permettere una discenden- za di sangue puro il più possibilmente certa e sicura, per garantire il rispetto di certi determinati accordi tra le varie famiglie aristocratico- borghesi di natura politica o economica... per questi principali motivi

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e per tanti altri, ecco che negli ambienti aristocratico-borghesi si per- petuava di continuo questa usanza a discapito dei sentimenti e delle passioni dei figli, i quali, se sin da piccoli per l’appunto venivano già destinati e promessi sposi a determinati fanciulli, divenuti adulti se non addirittura ancora in età adolescenziale, venivano uniti in matri- monio senza amore, poiché la “ragion di stato” o il prestigio ella pro- pria casata nobiliare erano di considerati di gran lunga superiori e più importanti dei sentimenti e dell’amore stesso. Per non parlare poi, dei Matrimoni combinati tra figli di re, Monarchi o Imperatori: lì “ragion di Stato” e ragioni di prestigio erano ancora più evidenti, e erano per davvero gli unici motivi assoluti per cui venivano combinati e sanciti i Matrimoni.

Il bambino di una famiglia aristocratico-borghese, dunque, veniva privato e “spogliato” della sua vera e pura identità, della sua Essenza e natura interiore, proprio perché non rispettato nel suo essere bambino. La sua piccola visione del mondo e della vita, le sue difficoltà, le sue esigenze, le sue paure, le sue necessità, le sue problematiche non ve- nivano prese in considerazione per nulla o quasi dall’adulto aristocra- tico-borghese. Oppure se venivano prese in considerazione, non era mai in maniera approfondita attraverso un approccio puro che ponesse il bambino al centro di tutto. Invece no, l’adulto cercava di ascoltare e comprendere il bambino e di risolvere i suoi problemi le sue paure e angosce ponendosi sempre se stesso al centro di tutto (e non il bambi- no per l’appunto), e imponendo la sua visione del mondo e della vita,

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attraverso metodi risolutivi idonei ad appianare le sue problematiche, le sue angosce, le sue paure, ma non quelle di bambino. Tali atteggia- menti, ma soprattutto codesta linea di pensiero educativo-pedagogica che determinati ambienti avevano nei riguardi del bambino, si ritrova facilmente ed esplicitamente espressa nella letteratura e in particolare nel romanzo borghese del XIX° secolo.

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Nel documento Vita e opere de la Comptesse de Segur (pagine 44-50)