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Il messaggio educativo-pedagogico della Comtesse raffrontato con quello di altre opere per l’Infanzia

Nel documento Vita e opere de la Comptesse de Segur (pagine 56-71)

Analisi e commento di tre dei principali ro manzi della Comtesse De Ségur

3. Il messaggio educativo-pedagogico della Comtesse raffrontato con quello di altre opere per l’Infanzia

Dopo che nel Paragrafo precedente si è analizzata la figura di Remì1 in relazione all’ideologia e pensiero educativo-pedagogico della Comtes- se, giunge spontaneo, a tal proposito, anche il parallelo e un’immediata comparazione con un’altra celebre opera letteraria indi- rizzata al mondo dell’infanzia e non solo: il libro Cuore di Edmondo De Amicis2 . Anche qui, come in Remì, i giovani protagonisti anche sono investiti da una forte carica di buonismo, generosità e altruismo. Il tutto è corroborato sempre dall’immancabile aura di sentimentali- smo romantico di stampo ottocentesco. E in particolare nel libro Cuo- re, i giovani protagonisti si aiutano l’un l’altro a vicenda giungendo a compiere anche enormi e duri sacrifici per i propri compagni, sempre in virtù della solida amicizia e del grande senso di fratellanza che li lega e unisce fortemente. Tale romanzo, dunque, oltre a fornire degli ottimi modelli ed esempi educativi da seguire ed emulare (come per Remì in Sans famille), è una delle opere che più riesce a fornire, anche un quadro storico sui metodi e metodologie riguardanti l’educazione e formazione dei ragazzi secondo le linee guida dell’allora coevo pen- siero pedagogico. Com’è noto, difatti, il romanzo, ambientato nella Torino della seconda metà dell’Ottocento, narra le vicissitudini di un

1 La piccola protagonista di Sans Famille.

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gruppo di amici compagni di classe nonchè di giochi. Ed ecco dunque che l’intero romanzo è calato in un contesto scolastico (l’istituto fre- quentato dai ragazzi), grazie al quale si ha, per l’appunto, un vero e proprio affresco storico sulle metodologie educativo-didattico- pedagogiche seguite all’epoca nel Regno d’Italia. Esempi e modelli da seguire dunque, sempre secondo gli stereotipi educativi del pensiero borghese, ma in questo caso si tratta pur sempre di bambini non picco- li, ma anzi, addirittura di ragazzi, in linea con quella che è la tesi della Becchi. Altro esempio bibliografico che ritroviamo nella letteratura dell’infanzia è il Pinocchio1 di Collodi, il burattino divenuto bimbo a cui si allungava il naso ogni qual volta che diceva bugie e ritornava a essere di legno ogni qual volta si comportava male, disubbidiva o combinava guai, pasticci e marachelle. Gli episodi del romanzo di Collodi sono conosciutissimi e oggi di pubblico dominio, ma sarà op- portuno riflettere qui sulla portata e sull’importanza dei chiari mes- saggi pedagogico-educativi dell’intera Opera. Anche Pinocchio2, di- fatti, viene a suggellare le diverse anime del bambino combattuto nella sua conflittualità interiore che questi vive dentro di sé tra la libertà nel voler trasgredire senza paura di sbagliare, incurante del pericolo o dei pericoli che si potrebbero correre, e la retta via, indicata dagli adulti e dalla voce della propria coscienza, resa viva dal personaggio del Grillo parlante. Retta via da percorrere seguendo i sani princìpi e giusti inse-

1

Carlo Collodi, Pinocchio, Firenze, Felice Paggi, 1881. 2 Idem.

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gnamenti che sempre tentano di trasformare anche Pinocchio1 in un bambino modello e successivamente in un uomo. Tutto questo perché là il pensiero educativo-pedagogico di stampo aristocratico-borghese conforme a certi princìpi, valori e ideali, indica che la via dettata dagli adulti e dal Grillo parlante è la sola, unica e giusta via da perseguire per Pinocchio2, non ce ne sono altre, non ci sono alternative per lui. Deve lavorare se vuol meritarsi da magiare, deve studiare se non vuol diventare un asinello e rimanere ignorante, deve obbedire, imparare a essere bravo e buono seguendo i consigli e gli insegnamenti impartiti, per meritare di divenire definitivamente in carne e ossa e non essere più un burattino di legno. Anche qui, dunque, si assiste a una ricon- ferma della tesi della Becchi. Difatti il Pinocchio3 d’inizio romanzo (il piccolo burattino–bambino) interessa di meno rispetto al Pinocchio4 finale finalmente bambino grande e buono che facendo tesoro delle sue esperienze ora ha davvero raggiunto i traguardi e le mete prefissa- te. Ma la saggezza, l’educazione e la maturità acquisite da Pinocchio5 sono un grande tesoro inestimabile, frutto di profondo impegno e grandi sacrifici. Un tesoro importantissimo e fondamentale da saper custodire e amministrare con grande attenzione, fortezza di spirito e ritrovata purezza e lealtà d’animo, di modo da saper ben respingere le tentazioni e le distrazioni della vita quotidiana. Tesoro raggiunto e

1 Pinocchio, op. cit. ... p. 57 nota 1. 2 Idem.

3 Idem. 4 Idem. 5 Idem.

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conseguito da Pinocchio1 anche attraverso tutte le sue esperienze del passato, incappando in tanti errori, i quali se son serviti per imparare, per cui si potrebbero quasi definire “sbagli costruttivi”, ora che Pinoc- chio2 è divenuto buono, saggio e maturo, non devono più tornare a turbare l’intelletto e la nuova essenza dell’ex-burratino, il quale riesce finalmente a esser forte e a scacciare ogni possibilità e rischio di erro- re proprio grazie a questa sua nuova maturità e saggezza interiori. Te- sti come Cuore di De Amicis e Pinocchio3 di Collodi, per i loro esem- pi di profonda umanità, generosità, buonismo e sentimentalismo ro- mantico, e soprattutto per il loro alto spessore educativo-pedagogico furono molto supportati dal sistema educativo vigente nell’allora na- scente Regno d’Italia, tant’è che il loro studio divenne obbligatorio in tutte le Scuole italiane. La società dell’epoca, quindi, e non solo il nuovo Stato unitario, prese a modello questi romanzi a tal punto da indicarli come saldi punti di riferimento per l’educazione della propria infanzia. Divennero, in breve una sorta di Manifesti programmatici cultural-pedagogici dell’Italia della seconda metà dell’Ottocento. Con- tinuando invece l’excursus su favole e romanzi per l’infanzia, anche nei classici Cappuccetto Rosso4, Pollicino5, Hansel e Gretel6, a esem- pio, si trovano addirittura figure di bambini per lo più “eroiche”. I pic-

1 Pinocchio, op. cit. ... p. 57 nota 1. 2 Idem.

3 Idem.

4 Charles Perrault, Le Petit Chaperon Rouge, Paris,Barbin, 1698. 5 Charles Perrault, Le Petit Poucet, Paris, Barbin, 1697.

6 Jacob Grimm e Wilhem Grimm, Hansel e Gretel, titolo risalente al medioevo anche se non ci so- no notizie certe sulla data della sua prima edizione.

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coli protagonisti di queste storie, difatti, si ritrovano per loro disavven- ture e per loro disgrazia (al contrario di Pinocchio1) a dover affrontare quasi sempre, e quasi sempre da soli, il mondo dei cattivi, quasi sem- pre adulti, e quasi sempre rappresentato da personaggi di natura a dir poco orrorifica, grottesca e surreale come streghe, orchi, lupi cattivi etc. Ad esempio la figura del Lupo cattivo in Cappuccetto Rosso2, as- surge a chiara ed esplicita metafora dei malviventi e criminali che oggi giorno brulicano le nostre strade per cui, onde evitare il serio rischio d’incontrarli e di ritrovarsi in guai e situazioni poco piacevoli, è sem- pre consigliabile non dar alcun tipo di confidenza agli sconosciuti3, ma bensì seguire sempre i consigli dell’adulto (in questo caso la mamma), obbedendogli. È questo, in sintesi, uno dei messaggi educativi portanti della fiaba, insieme, certamente, alla conclusione finale, all’“Happy End” in cui il Bene, in questo caso rappresentato dalla bontà di cuore, d’animo e di sentimenti della protagonista e della figura salvifica del Cacciatore, trionfa inesorabilmente contro il Male, rappresentato in

1 Pinocchio, op. cit. ... p. 57 nota 1.

2 Cappuccetto Rosso, op. cit. ... p. 59 nota 4.

3 Posizioni più recenti in materia pedagogico-educativa non vedono di buon occhio l’applicazione alla lettera di questa soluzione o precauzione. L’atteggiamento di non fidarsi degli sconosciuti, come precauzione tale che sia, dettata da prudenza e buon senso, può talvolta apparire cinica, es- trema, spietata e anche non completamente compresa dal bambino, di cui l’animo è e resta sempre di natura pura, semplice ed innocente. Questo messaggio educativo così spinto all’estremo, difatti, potrebbe condurre, a lungo termine, il bambnino ad una sfiducia totale, ad un’insicurezza e scetti- cismo chiari e manifesti verso l’adulto, la società e il mondo che lo circonda in generale. Il tutto con delle ricadute e delle conseguenze gravi sulla sua crescita e formazione psico-mentale e ca- ratteriale : in effetti potrebbe riscontrarsi il rischio che il bambino possa rinchiudersi in se stesso, alterando il suo carattere personale e la sua essenza interiore. E a seguire, potrebbe anche verificar- si il rischio di perdere di vista quelli che sono le vere ed autentiche qualità del suo Essere : il suo entusiasmo, il suo ottimismo per la vita in generale, la sua spontaneità e autenticità, il suo essere tottalmente naturale nell’amare il prossimo, il suo voler conoscere e dirigersi verso il mondo che lo circonda.

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questo caso dalla figura del perdente Lupo cattivo. Nel caso di Pollici- no1, invece, ci si ritrova dinanzi a una triste e drammatica realtà fami- liare: i genitori poveri e inesorabilmente rassegnati al loro triste desti- no, decidono in modo sofferto di abbandonare i loro figli nel bosco, tra cui anche lo stesso Pollicino2, in quanto assolutamente consapevoli di non avere le benché minime possibilità, i mezzi necessari e basilari per sfamarli, educarli e garantir loro una vita dignitosa che non sia fat- ta di stenti, povertà e miseria. Secondo fonti storiche ben certe e atten- dibili, la Fiaba rivela forti e profonde radici medievali (come la fiaba di Hansel e Gretel3) e dev’essere stata ambientata, con molta certezza, all’epoca delle grandi carestie scoppiate sotto la reggenza di Luigi XIV (il Re Sole), e in particolare in piena piccola era glaciale4, veri- ficatasi in Europa tra il 1687 e il 17175. Sin’ora si è sempre avuto un atteggiamento di commiserazione, comprensione e pietismo nei con- fronti di questo gesto così estremo e dettato non da cattiveria o mala fede, ma dalla misera e triste condizione di estremo pauperismo dei “poveri genitori di Pollicino6”. Oppure, addirittura non gli è mai stato attribuito il giusto peso, in quanto il lettore di solito è tutto preso nel

1 Pollicino, op. cit p. 59 nota 5. 2 Idem.

3 Jacob Grimm e Wilhem Grimm, Hansel e Gretel, titolo risalente al medioevo anche se non ci so- no notizie certe sulla data della sua prima edizione

4 lo scioglimento parziale dei ghiacciai provocò un brusco abbassamento della temperatura in tutto l’emisfero settentrionale, anche se a quei tempo non si avevano ancora rilevamenti metereologici precisi.

5 In particolare nell’Inverno del 1715, nel corso del cosidetto Inverno della Siberia, l’acqua della Senna congelò anche di ben 70 centimetri.

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seguire a dirotto il seguito della Storia che condurrà Pollicino1 a vivere svariate avventure e disavventure. In realtà ci si trova dinanzi a un rea- to grave, anzi, gravissimo, aldilà di quelle che possano essere le reali motivazioni di fondo, buone o cattive, giustificate o non giustificate che siano: secondo il codice penale questo è un chiaro caso di “abban- dono di minori” perseguibile a norma di Legge. Quindi, già in questo caso, il mito dell’infallibilità dell’adulto, che qualche secolo più tardi sarà propria del romanzo e della cultura pedagogica borghese, è sfata- to indissolubilmente. E viene sfatato ancor più marcatamente con il proseguo della narrazione. Difatti anche gli altri personaggi adulti che la narrazione pone in risalto e che Pollicino2 incontra e conosce insie- me ai suoi fratelli di volta in volta nelle sue singolari avventure, ap- paiono cattivi, cinici e spietati nel perseguire i loro fini. La missione salvifica, apportatrice di bene, di giusti e sani valori, princìpi e ideali è portata avanti, quindi, dal protagonista-eroe: il piccolo Pollicino3. È grazie a questi, alla sua sensibilità, intelligenza, scaltrezza e furbizia che riuscirà a salvare se stesso e i suoi fratelli sconfiggendo l’Orco cattivo, ma senza ucciderlo. In tale storia (come in quella analoga di Hansel e Gretel4) il problema dalla miseria e in particolare della fame, è centrale. Tutta la narrazione, difatti, si svolge intorno al concetto an- titetico del “mangiare o essere mangiati”. E così, se Pollicino5 rinun-

1 Idem. 2 Idem. 3 Idem.

4 Jacob Grimm e Wilhem Grimm, Hansel e Gretel, titolo risalente al medioevo anche se non ci so- no notizie certe sulla data della sua prima edizione.

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cia a mangiare le briciole di pane nell’intento di disperderle lungo il cammino nel bosco per ritrovare poi la strada verso casa, queste ven- gono mangiate, da famelici uccelli. Successivamente i suoi fratelli av- vertono nel bosco l’avvicinarsi inquietante di lupi che vogliono man- giarli, mentre più tardi nella storia, l’Orco li ospita nel proprio castello offrendo loro un pranzo sostanzioso con l’intenzione di divorarli più tardi. L’esempio di Pollicino1 può essere inteso come un invito e uno stimolo per tutti i bambini nell’impegnarsi a superare quella che Freud definisce la Fase orale2. Pollicino3, difatti, pur di salvare se stesso e i fratelli, rinuncia a una necessità primaria: il mangiare (il pane per far le molliche che dovranno indicargli il sentiero per tornare a casa), e apprende a usar intelligenza, vista e udito. Al contrario, i suoi fratelli, l’Orco e le figlie mangiano e dormono soltanto senza per nulla usar un minimo d’intelletto. Le vicende di questa singolare storia con il prota- gonista Pollicino4 che, oltre ad apprendere a usar l’intelligenza, giunge addirittura a usar anche il suo fiuto, la sua astuzia e ad agire attraverso la sua profonda sensibilità, riportano a determinati riferimenti letterari, in particolare a quelli legati alla mitologia greco-classica. Basti pensa- re al filo di Arianna, che questa usò per uscire dal labirinto del Mino- tauro, per accostarvi l’espediente dei sassolini adottato da Pollicino5

1 Idem.

2 Freud parla di «fase orale» in relazione al periodo dell’infanzia, adolescenza, e pre-adolescenza in cui si manifestano desideri ed esigenze dei primi impulsi della libido sessuale da soddisfare at- traverso l’uso orale. In questo caso, con l’atto del cibarsi.

Sigmund Freud, Trois essais sur la théorie sexuelle, 1905, p. 484. 3 Pollicino, op. cit. ... p. 59 n.4

4 Idem. 5 Idem.

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per ritrovare il sentiero di casa. E successivamente come Teseo abbat- te il Minotauro così Pollicino1 vince l’Orco cattivo. Questo tema della sfida tra il cattivo, più grande e forte fisicamente, e il buono, più pic- colo e debole, si ritrova anche nella Bibbia, dove il più piccolo e buon Davide vince sul più grande e cattivo Golia. Ma la sfida tra Pollicino e l’Orco, ritrova degli echi ancora più forti, chiari e marcati soprattutto nella vicenda narrata da Omero nella sua Odissea2, nella quale Ulisse, trovandosi per caso nella maestosa caverna del gigante Polifemo, deve mettere in atto tutta la sua sagace arguzia, intelligenza e furbizia per sconfiggerlo, salvare se stesso e i suoi compagni di mare. Allo stesso modo, con la sua intelligenza, Pollicino3 sconfigge l’Orco, salva se stesso e i sui fratelli. Stessa sorte, stessi messaggi, stesso contesto sto- rico (l’ “Inverno Siberiano” europeo) e stesse dinamiche si ritrovano in un’altra celebre fiaba: quella di Hansel e Gretel4 dei fratelli Grimm. Fratello e sorella, anche Hansel e Gretel5 vengono abbandonati nel bo- sco dal padre per l’impossibilità di mantenerli a causa di estrema po- vertà e miseria. Famosissimo è l’episodio in cui, dopo un lungo vaga- re, giungono dinanzi a una casetta fatta interamente di dolci e leccor- nie. L’immagine di tale casetta di dolciumi e colori, emblema di felici- tà e gioia, si pone agli antipodi dell’immagine povera, triste e buia della loro casa di provenienza, e materializza in maniera eccessiva ed

1 Pollicino, op. cit. ... p. 59 n. 4.

2 Omero, Odissea, traduzione di Rosa Calzecchi Oresti, Torino, Einaudi, 1989. 3 Pollicino, op. cit. ... p. 59 n. 4.

4 Jacob Grimm e Wilhem Grimm, Hansel e Gretel, titolo risalente al medioevo anche se non ci so- no notizie certe sulla data della sua prima edizione

5 Jacob Grimm e Wilhem Grimm, Hansel e Gretel, titolo risalente al medioevo anche se non ci so- no notizie certe sulla data della sua prima edizione.

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esasperata i loro desideri di cibo1. Per questo, senza tanto indugiare cominciano a mangiarla, fin quando spunta una vecchietta dalla stessa casetta. È in verità una strega che con l’inganno d’invitare i bambini a mangiare dentro la propria casetta, vuole in realtà mangiarli. A tale scopo rinchiude in una gabbia Hansel per farlo ingrassare, fin quando Gretel2, in modo furbo e scaltro, riesce a spingerla dentro la stufa fa- cendola così bruciare. La piccola libera il fratello, i due s’impossessano delle cibarie della casetta di dolciumi e tornano nella loro casa d’origine per vivere felici e contenti con la propria famiglia e senza rancore alcuno per esser stati abbandonati. Le analogie e i mes- saggi educativo-pedagogici in comune con Pollicino3 son tanti. Anche qui il cattivo è un adulto (la Strega, mentre in Pollicino4 è l’Orco), an- che qui i due bimbi dopo aver soddisfatto la loro grande fame man- giando la casetta, come Pollicino5 superano la fase orale e lavorano d’intelligenza astuzia e furbizia, non solo per sconfiggere la Strega, ma anche per ritrovare la strada di casa seguendo le mollichine di pane lasciate durante il tragitto d’andata. Ma il messaggio educativo qui è comune anche a quello di Cappuccetto Rosso6: l’evitare di prestar confidenza e fiducia agli sconosciuti. Pur tuttavia, a differenza di Cappuccetto Rosso7, qui si assiste a un epilogo in cui si assiste al

1 Cfr. la Fase orale di Sigmund Freud.

2 Jacob Grimm e Wilhem Grimm, Hansel e Gretel, titolo risalente al medioevo anche se non ci so- no notizie certe sulla data della sua prima edizione

3 Pollicino, op. cit. ... p. 59 n.4. 4 Idem.

5 Idem.

6 Charles Perrault, Le Petit Chaperon Rouge, Paris, Barbin, 1698. 7 Charles Perrault, Le Petit Chaperon Rouge, Paris, Barbin, 1698.

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trionfo (come in Pollicino1), della bontà d’animo e di cuore dei due innocenti bambini, i quali da soli riescono a salvarsi e tornare a casa da “piccoli eroi”. E volendo fare un parallelo con la fiaba di Collodi, si potrebbe affermare che la casetta di dolciumi rappresenta per Han- sel e Gretel2 ciò che il Paese dei balocchi rappresenta per Pinocchio3: l’espressione e realizzazione suprema e compiuta dei propri desideri più vivi e profondi. In queste fiabe, dunque, sembra quasi trovar ri- scontro, così, la teoria perseguita da Madame de Sègur, secondo la quale non sempre gli adulti sono buoni e a causa dei loro metodi edu- cativi sbagliati che non rispettano la profonda e autentica natura del bambino, rendono quest’ultimo cattivo, ribelle e indisciplinato. Ma in verità c’è molto di più: nella favola di Pollicino4 redatta da Perrault quasi due secoli prima della nascita della Comtesse, gli adulti appaio- no o come persone disperate, rassegnate al loro trtriste destino, nonché negligenti e incapaci di dar una svolta alla loro vita per mantenere i fi- gli (i genitori di Pollicino5), o come veri e propri cattivi dalle fattezze mostruose e orrorifiche, per l’appunto, (l’Orco), oppure se non del tut- to cattivi, comunque complici (la moglie dell’Orco). In più si ritrova un chiaro elemento in comune con le tesi seguriane: le figlie dell’Orco cattivo, non solo son cattive come lui in quanto a lui si rifanno, ma addirittura anch’esse presentano tratti, espressioni e lineamenti per co-

1 Pollicino, op. cit. ... p. 59 n.4.

2 Jacob Grimm e Wilhem Grimm, Hansel e Gretel, titolo risalente al medioevo anche se non ci so- no notizie certe sulla data della sua prima edizione.

3 Pinocchio, op. cit. ... p. 57 nota 1. 4 Pollicino, op. cit. ... p. 59 n.4. 5 Pollicino, op. cit. ... p. 59 n.4.

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sì dire “orcheschi”, secondo la descrizione offerta dall’autore. In que- sta forte e profonda “estremizzazione” del pensiero seguriano, dunque, secondo il quale i bambini diventano cattivi a causa degli errati metodi educativi e dei cattivi esempi di vita degli adulti, è chiaro che è pre- sente un elemento tipico delle Favole classiche, fortemente peculiare della tradizione letteraria romantica, pre-romantica, ed epico-eroica: l’elemento allegorico-fantastico e onirico-simbolico. Questo contri- buisce a calare il topos vero e proprio della narrazione in un’atmosfera fortemente avvolta da un’aura di denso e magico lirismo poetico- fiabesco, e di trasognato e visionario surrealismo, dove ogni approccio con la realtà concreta e oggettiva, ogni riferimento spazio-temporale si perdono indissolubilmente nella notte dei tempi, nell’intento di cele- brare in un luogo e in un tempo del tutto immaginari e ignoti, le gesta eroiche e salvifiche dell’eroe-protagonista. Altra letteratura, altro stile quello della Comtesse. Difatti, nei suoi romanzi già in partenza carat- terizzati da forti connotati auto-biografici, personaggi e protagonisti sono davvero in carne e ossa, e non delle figure epico-immaginarie sti- lizzate e idealizzate portatrici di valori, princìpi e ideali giusti, nobili e eterni. I suoi personaggi non hanno la pretesa d’incarnare come eroici

Nel documento Vita e opere de la Comptesse de Segur (pagine 56-71)