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Analizzando la frase di chiusura del XZMC, abbiamo potuto notare come uno dei requisiti dell‘acquisizione della perfezione morale sia quello di passare da una condizione in cui l‘azione umana sia solo dettata dalle risposte delle inclinazioni naturali, il che implica un vincolo totale e assoluto con il mondo fenomenico, a un‘altra in cui, pur essendo l‘azione scaturita dal contatto con il mondo esterno, si possa fondare su una forza morale (dé) che ne connoti la natura intimamente etica, acquisita attraverso l‘apprendimento e la pratica costante (xí) di principi morali, verso un risultato conforme a una norma che consente al soggetto di rapportarsi con il mondo, conforme al dào. Si tratta di passare, per utilizzare la terminologia del XZMC da fán xìng wéi zhǔ, wù qǔ zhī yě 凡性為主,物取之也 a jūnzǐ

shēn yǐwéi zhǔ xīn 君子身以為主心, situazione questa possibile quando xīn shù wéi zhǔ 心

術為主. La prima frase non esclude di per sé che l‘uomo non possa manifestare istanze eti- che positive come rén, l‘amore e la sollecitazione verso il prossimo e, a ben vedere, la si- tuazione descritta non sembra essere solo una prerogativa di questo manoscritto: per Men- cio, il fatto che una persona accorra allarmata verso il pozzo nel quale ha appena scorto ca- dervici (Mèngzǐ, Gōngsūn Chǒu shàng) è segno che nel cuore sono presenti delle istanze etiche le quali non solo si sviluppano in conformità con la natura dell‘uomo, ma ne nell‘unica direzione ammessa dal loro corso spontaneo di crescita, esattamente in linea con la sua natura; o ancora, il fatto che il re Xuān di Qí alla vista di un bue condotto sull‘altare

182 sacrificale si sia mosso a compassione e lo abbia risparmiato sostituendolo con una capra è visto da Mencio come la prova che nel re vi fossero quelle inclinazioni morali in stato germinale che, se sviluppate correttamente, avrebbero fatto del re Xuān una persona in grado di esercitare un governo che rispecchiasse fedelmente i valori dei re saggi dell‘antichità (Mèngzǐ, Liáng Huì wáng shàng). Abbiamo visto anche che il fatto che rén sia una risposta delle inclinazioni naturali, implica che in esse sia presente una tendenza verso lo sviluppo di questa istanza, si tratta esclusivamente di permettere agli uomini di trovare il modo per renderlo un tratto sempre costante e non una manifestazione sporadica. Uno dei modi per permettere agli uomini di seguire direzione diversa da quella data fin dalla nascita (nessuna direzione prestabilita) è quella dello studio. La forza dello studio e dell‘apprendimento è così grande da poter modificare le risposte del cuore che, come ab- biamo visto, all‘inizio risponde esattamente in conformità delle inclinazioni naturali nell‘atto in cui queste ultime liberano i fluidi vitali che formano le emozioni umane e la vo- lontà. Dal momento che l‘uomo è sprovvisto di criteri morali normativi, egli si limita sol- tanto ad assecondare gli stimoli provenienti dal mondo esterno; non solo, ma tale direzione che si farà percorrere al cuore risulterà quella più appropriata, giacché un‘educazione mo- rale improntata sui classici, sui riti e sulla musica non può che plasmare il senso morale di un individuo in modo tale che egli possa rispondere agli stimoli del mondo esterno secondo quei criteri di giudizio acquisiti durante il suo apprendistato. E‘ dunque il cuore il protago- nista assoluto dell‘azione moralmente corretta, priva di errori, conforme al dào.

Il concetto di dào, nel XZMC, è assai complesso e, soprattutto, poco chiaro, elusivo; a tale proposito, il XZMC, contiene un passo che ha fatto colare parecchie quantità di inchiostro dalle penne degli storici della filosofia e dei paleografi, cinesi e non. E‘ opportuno notare, forse più a titolo di curiosità, come mentre i primi si siano lanciati in speculazioni ardite e, a nostro parere a volte forzate, i secondi abbiano prediletto un atteggiamento segnato dalla prudenza e dalla circospezione. A nostro avviso, questo passo si rivela utilissimo per l‘analisi di alcuni dei concetti chiave del manoscritto.

道者,群物之道。凡道,心術為主。道四術,唯人道為可道。其三術者,道之而已

Questi ventinove caratteri sono fra le porzioni più sfuggenti ed enigmatiche di tutto il testo. Anche in questo ambito, la reticenza del manoscritto, la sua elusività, hanno generato una serie di ipotesi molto diverse le une dalle altre. Una cosa, però, è certa: il cammino verso il

183 cità si rivela un requisito indispensabile (si veda quanto detto poco prima a proposito della frase jūnzǐ shēn yǐ wéi zhǔ xīn).

Prima di avanzare le nostre proposte, conviene passare in rassegna le principali ipotesi de- gli studiosi più influenti; fra essi, Pú Māozuǒ sostiene che i quattro shù sono le Odi, i Do- cumenti, i Riti e la Musica (Mǎ Chéngyuán [Ed.], 2001, pp. 230-1) che sono trattati nelle listarelle immediatamente successive. Questa ipotesi è basata su un passo del Lǐjì secondo il quale:

樂正崇四術,立四教,順先王詩書禮樂以造士。春、秋教以禮樂,冬、夏教以詩書。

Il direttore del Ministero della Musica, responsabile dell‘istruzione dei figli della famiglia reale e dei ministri, promuove le quattro discipline, stabilisce i quattro insegnamenti, si conforma al contenuto e all‘insegnamento delle Odi, dei Documenti, delle tradizionali norme rituali e della musica degli antichi sovrani per formare uomini colti. In primavera e in autunno impartisce l‘insegnamento delle tradizionali norme rituali e della musica, d‘estate e d‘inverno quello delle Odi e dei Documenti. (Lǐjì, Wángzhì)

Ci sono, tuttavia, dei problemi nel basare la spiegazione di sì shù solo su questo passo, no- nostante questa sia, assieme a quella di Chén Wěi, di cui parleremo tra poco, fra tutte quel- le che saranno passate in rassegna, una delle interpretazioni più convincenti. Il primo pro- blema risiede nel fatto che il manoscritto, subito dopo questa porzione, prosegue accorpan- do lǐ e yuè nella porzione testuale successiva (e ciò si ravvisa in entrambi i testimoni) come se fossero un‘entità unica (禮樂有為舉之也 ―Come frutto del suo agire consapevole sono stati eseguiti riti e musica/attraverso riti e musica, l‘uomo esegue le sue attività consape- volmente‖) e tale accorpamento rimanda più al sintagma sān shù che non sì shù (Lǐ Líng, 2002, pp. 70-2).149 Un altro problema concerne l‘interpretazione del passo stesso: se è vero che i commentatori del Lǐjì identificano shù come Shī, Shū, Lǐ e Yuè è anche vero che il ca- rattere shù significa anche ―insegnamento, dottrina‖ e tale significato sembra essere con- fermato dal fatto che Odi, Documenti, Riti e Musica sono insegnati (jiào) per una stagione alla quale è dedicata un testo o, i riti, o la musica. In altre parole, tanto shù quanto jiào pos- sono indicare Odi, Documenti, riti e musica.

Subito dopo, quando giunge a spiegare il significato di sān shù, Pú Māozuǒ isola yuè, la musica, dal resto delle creazioni culturali della tradizione in base al commento di Sūn Xī- dàn, secondo il quale l‘insegnamento della musica sarebbe particolarmente più profondo

149

184 rispetto a quello di Odi, Documenti e riti; in più, Pú Māozuǒ basa la sua scelta su una cita- zione contenuta in Lúnyǔ (Tài Bó, 8): 子曰:「興于《詩》,立于禮,成于樂。」 ―Il Maestro disse: ‗traggo ispirazione dalle Odi, sono saldo nell‘osservanza delle antiche nor- me rituali, giungo a completamento con la musica.‘‖ (Trad. di Tiziana Lippiello, 2003) Ma nel manoscritto non solo non vi è traccia di una simile separazione, ma non ci sono neppu- re degli indizi (pur essendo in linea di principio possibile, ciò dovuto alla reticenza degli autori dei due manoscritti a definire tanto sì shù quanto sān shù) che possano indurci a ri- tenere che le parole di Confucio possano aver trovato una tale formulazione e (soprattutto) interpretazione nell‘espressione sān shù. Occorre inoltre notare come il carattere shù (e lo vedremo a breve) indichi non solo un metodo ma anche una dottrina o una strada. Il passo potrebbe tanto indicare l‘insegnamento di una dottrina, quanto dei metodi normativi. Secondo Chén Lái (riportato in Lǐ Tiānhóng, 2002, pp. 147-9. L‘ipotesi di Chén Lái è an- che ripresa da Dīng Yuánzhí, 2000, p. 44), i sintagmi mín dào 民道, shuǐ dào 水道, mǎ

dào 馬道, dǐ dào 地道 e rén dào 人道 presenti nel manoscritto Zūn dé yì (7-8) sarebbero

quello che nei manoscritti XZMC e XQL è chiamato con sì shù, tuttavia lo Zūn dé yì elen- ca cinque principi, non quattro e non vi è motivo per il quale mín dào e rén dào debbano essere accorpati in un unico principio, dal momento che l‘analisi fatta dal passo del mano- scritto citato da Chén Lái è di natura politica e meno inerente il processo di auto coltiva- zione degli uomini. Torneremo in seguito alla discussione della citazione dello Zūn dé yì. Dīng Yuánzhí spiega le cinque occorrenze di dào in questa frase attribuendo a ciascuna ri- correnza un significato diverso: nella prima (fán dào 凡道) il carattere indicherebbe quella norma che è alla base delle operazioni di tutte le cose; la seconda (dào sì shù 道四術) indi- cherebbe la Via dell‘uomo che si manifesta secondo quattro forme di azioni; la terza (wéi

rén dào 唯人道) un percorso prettamente pertinente all‘uomo; la quarta (kě dào yě 可道也)

indicherebbe la Via da percorrere che incarna la possibilità dei principi umani di ciò che è giusto e appropriato. In questo senso il carattere dào 道 deve essere inteso come dǎo 導 ―guidare, condurre‖. L‘ultima occorrenza (dào zhī 道之) indica la Via secondo la quale le cose esterne operano spontaneamente al di fuori dei limiti imposti dalla condotta umana. (Dīng Yuánzhí, 2002, p. 92)

Lǐ Tiānhóng nella sua monografia sul XZMC (Ibid., p. 148) riporta l‘ipotesi di Zhào Jiàn- wěi secondo il quale i quattro shù sono identificabili con tiān 天, dì 地, rén 人, guǐshén 鬼 神, anche se non cita le opere della tradizione sulle quali lo studioso avrebbe basato la sua supposizione. La stessa Lǐ Tiānhóng (Ibid., p. 148) è piuttosto reticente nel fornire una pre-

185 cisa spiegazione di ciò che potrebbe significare il sintagma sì shù e nella sua pubblicazione si limita soltanto a dar voce alle proposte più autorevoli senza però prendere posizione. Sulla stessa linea interpretativa di Zhào Jiànwěi si colloca Ikeda Tomohisa (Tr. Cinese di Cáo Fēng, 2006, pp. 271-320) che, sulla base di alcuni passi rinvenibili nelle opere tra- smesse dalla tradizione, identifica i sì shù con tiān, dì, rén e guǐshén.

Chén Wěi (2000, p. 185) sostiene che i quattro shù sarebbero da identificarsi con tiān 天,

dì 地, rén 人 e wù 物, in primo luogo perché il XZMC definirebbe il dào come qún wù zhī dào 群物之道 ―Il principio di tutto il mondo fenomenico‖, in secondo luogo perché: 先秦

时往往将天、地、物、人、四者并列 ―Spesso in epoca pre-imperiale le categorie di Cie- lo, Terra, Uomo e del mondo fenomenico erano affiancate.‖ (Ibid.) e fornisce un esempio tratto dal Lǐjì: 是故天時有生也,地理有宜也,人官有能也,物曲有利也 ―Perciò le stagioni del cielo hanno i loro prodotti secondo la loro successione, la terra ha i suoi pro- dotti più adatti in base ai suoi solchi e alla sue conformazioni, le strutture burocratiche de- gli uomini le loro competenze, tutte le altre cose la loro utilità.‖ (Lǐjì, Lǐqì).150

Menzioniamo anche Chén Lìguì (2002) che, in uno studio dedicato al Xìng qíng lùn, identi- fica rén dào con le tradizionali norme rituali e sān shù con Odi, Documenti e Musica, dif- ferenziandosi lievemente dalle posizioni di Pú Māozuǒ. Ma come per quest‘ultimo, non c‘è nulla nel manoscritto che possa indurci a ritenere rén dào identificabile solo con le tradi- zionali norme rituali: il testo dice esplicitamente dào shǐ yú qíng, qíng shēng yú xìng 道始 於情,情生於性 ―La strada che conduce al perfezionamento morale dell‘uomo ha il suo inizio nella capacità di risposta alla realtà e tale capacità scaturisce dalle inclinazioni natu- rali.‖ Pur vedendo nella capacità di risposta agli stimoli esterni (qíng) il punto di inizio del percorso morale dell‘uomo, il manoscritto non identifica tradizionali norme rituali con tale percorso, bensì vede nell‘interiorizzazione del senso di ciò che è giusto e appropriato, nei principi morali (yì), quasi il punto di arrivo di questo percorso (zhōng zhě jìn yì).151 Inoltre, l‘insistenza che il testo dà a rén come ricerca della e manifestazione della propria autentici- tà, ci porta a credere che l‘espressione rén dào possa andare al di là delle tradizionali nor- me rituali per abbracciare un ambito più vasto. Si potrebbe essere forse tentati dal ritenere la frase del XZMC 禮作於情,或興之也,當事因方而制之 ―Le tradizionali norme ritua-

150

E‘ interessante notare come poco prima di questa porzione, il testo reciti: 禮也者,合於天時,設於地財,順於鬼神, 合於人心,理於萬物, ponendo in relazione, pur essendo l‘ambito della discussione le tradizionali norme rituali, anche

guǐshén, ―I riti si conformano alle stagioni del Cielo, si fondano sulle risorse della Terra, obbediscono agli esseri spirituali,

si armonizzano sul cuore degli uomini, si modellano sulla realtà fenomenica.‖ Il passo aggiunge il sintagma guǐshén. 151

Il che non implica che le tradizionali norme rituali siano escluse. Il rapporto tra i riti e i principi di giustizia è comples- so e qui è stato menzionato solo per mostrare come l‘isolamento dei riti (così come della musica) non sembra trovare ri- scontro nel manoscritto.

186 li intervengono sulla capacità di risposta spontanea dell‘uomo alla realtà esterna, consen- tendo di portarle a completo sviluppo facendole esprimerle nella loro pienezza; i riti sono istituiti sulla base dei principi fondanti tutte le attività (realtà) che concorrono a regolare e ad essi si conformano.‖ (XZMC, 18-9) come prova del fatto che i principi di giustizia siano esplicati pienamente con l‘esecuzione dei riti, ma in realtà il XZMC non dice esplicitamen- te che cosa sia rén dào. Inoltre, data l‘importanza che il manoscritto attribuisce alla musica, anche quest‘ultima potrebbe essere anch‘essa ritenuta come Via dell‘uomo. In altre parole, tanto Pú Māozuǒ quanto Chén Lìguì sembrano rappresentare i due lati di una medaglia la cui facce sembrano tuttavia essere immerse in una costante penombra.

Vediamo se le principali traduzioni in lingua inglese possono aiutarci:

As a rule, regarding the Way, the techniques of the mind are primary. Of the four tech- niques of the Way, only the Way of humanity can be taken as the Way. One does no more than speak of the other three techniques. (Goldin, 2000, p. 122)

As for the Way‘s four techniques, only the human way can be way-ed [i.e., only the human way involves a fixed purpose]. As for the other three techniques, the person is moved and that is all. (Puett, 2004, pp. 48-9)

Generally speaking [as for] the dào, the devices of mind are the dominating [aspect] of [it]. Of the four devices of the dào, only the dào of man can be [considered something that] can be talked about. [As for] the [other] three devices, [one] utters them, and that is it. (Meyer,

2008, p. 217)

Goldin (Ibid., n. 27) sostiene che questa frase in realtà sia una glossa esplicativa mirante a chiarire al discepolo, allo studente, che la Via è identificabile con la Via dell‘uomo,152

mentre Puett, pur mantenendo la traduzione ‗technique‘ per shù, non traduce la prima frase

fán dào xīn shù wéi zhǔ, poiché fa iniziare la citazione da dào sì shù.

Per poter chiarire il senso del passo, a nostro avviso è necessario spiegare il significato dei caratteri shù, dào e rén dào. Poiché sembra che in nessun manoscritto sia spiegato che cosa si intenda con sān shù, è piuttosto difficile giustificare i motivi per i quali questo carattere

152 La ripubblicazione dell‘articolo in Goldin (2005), tuttavia, non include più l‘ipotesi che aveva formulato nella prima redazione del 2000. (Goldin 2005, pp. 40-1 e p. 174, n. 27): ―This is apparently a parenthetical gloss informing the in- itiated reader that ‗the Way‘ is to be understood as ‗the Way of Humanity.‘ I do not know precisely what is meant by the ‗other three techniques,‘ and do not believe that they are explained in the Guodian corpus.‖

187 sia stato tradotto con ‗tecnica‘ e che cosa un simile termine possa significare nel contesto del XZMC. Ciò è dato dal fatto che la parola technique implica una serie di procedimenti che regolano l‘esecuzione manuale o un procedimento intellettuale, procedimenti intesi come normativi per il conseguimento del risultato di tali attività. Tuttavia, l‘uso di questo termine presenta alcune difficoltà poiché nel manoscritto non c‘è alcun accenno a tecniche di qualsivoglia natura e sospettiamo che la scelta di utilizzare tale traducente possa essere stata influenzata dai capitoli Xīn shù shàng e Xīn shù xià del Guānzǐ. Questa soluzione, tut- tavia, si dimostra paralizzante se non supportata da spiegazioni: il campo semantico di shù è molto ampio e, a seconda dei contesti, può essere reso con parole che apparentemente (per lo meno nella lingua italiana) non hanno alcuna relazione fra loro (e abbiamo già visto che uno di questi può essere quello di ―insegnamento‖).153

Né devono essere trascurati problemi di natura ermeneutica che si stagliano davanti a simi- le scelta: il primo consiste nel fatto che nessun traduttore ha, a nostra conoscenza, spiegato che cosa intenda con la parola technique sia riferito al cuore che riferito al dào, né è stata ipotizzata una correlazione tra le due ‗tecniche‘; il secondo è che la traduzione siffatta pone una relazione quasi identitaria tra le ‗tecniche‘ e il dào stesso. Pur avendo simile significa- to, il sintagma rén dào rischia di indicare una serie di tecniche e metodi pertinenti agli uo- mini, la sola delle quattro tecniche (che non conosciamo) del dào che può essere considera- ta come dào.

Se, inoltre interpretassimo l‘ultima occorrenza di dào (dào zhī éryǐ) come se fosse il verbo avente il significato di ―parlare‖ le nostre difficoltà aumenterebbero considerevolmente, poiché se non è chiaro quali debbano essere queste ―tecniche‖ (e la loro identificazione ri- mane una pura ipotesi), nel manoscritto non si scorge nemmeno alcun discorso in merito a esse (senza per altro chiedersi quale utilità comporterebbe il limitarsi a parlare di ―tecni- che‖), perché non possano essere messe in pratica, oppure, vista la loro non appartenenza al dào dell‘uomo, perché non semplicemente tacere, attitudine questa molto più vicina a Confucio (si veda, a titolo di esempio, Lúnyǔ, Gōng Yě,11), specie se volessimo intendere corretta l‘ipotesi di Zhào Jiànwěi o di Ikeda che annoverano fra i sì shù anche gli esseri spirituali e gli spettri.

153

Rimandiamo a Lièzǐ (Shuō fú) per un esempio di shù inteso nel senso di ―insegnamento‖ 彼三術相反,而同出於 儒.孰是孰非邪? ―Questi tre insegnamenti sono contraddittori eppure sono tutti usciti dalle bocche di rú. Quale di essi sarebbe corretto e quale sbagliato?‖

188 Se partiamo da xīn shù inteso come ‗tecniche del cuore‘,154 tre sono i principali richiami: uno, già accennato, riferito ai capitoli del Guānzǐ, l‘altro al Mèngzǐ e, con alcune puntualiz- zazioni, il Guǐgǔzǐ.

Che xīn shù indichi dei processi, dei metodi per controllare e sviluppare appieno le poten- zialità del cuore non vi è alcun dubbio: il capitolo Xīn shù shàng del Guānzǐ definisce xīn

shù come 無為而制竅者也 ―le tecniche del cuore sono quelle tecniche che consentono

senza sforzo alcuno il controllo degli orifizi del corpo‖ (Guānzǐ, Xīn shù shàng). Ma lo scopo del capitolo del Guānzǐ non investe gli stessi ambiti del XZMC, bensì si ricopre di sfumature di natura epistemica e spirituale che nei manoscritti di Guōdiàn e Shànghǎi sono assai diverse. Il cuore è definito come l‘organo delle facoltà intellettive (心也者,智之舍 也,故曰宫) e il trattato è esplicito nel sottolineare la subordinazione degli organi di senso