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indice del fatto che egli concepisse il processo di crescita e sviluppo morale ottenibile

LA CONCEZIONE DELLA NATURA UMANA NEL XÌNG ZÌ MÌNG CHŪ

Y, indice del fatto che egli concepisse il processo di crescita e sviluppo morale ottenibile

soltanto grazie ad un atto coercitivo nei confronti della natura umana, qualcosa che non è possibile trovare nella dimensione interiore di ciascun individuo; neppure il cuore, l‘organo al quale i pensatori cinesi attribuivano massima importanza sopra tutti gli altri, è sufficiente da solo a guidare l‘uomo attraverso la realizzazione morale di sé. Questi brevi riferimenti sono sufficienti per poter iniziare un discorso intorno ad alcune domande che ci pone la let-

68 Maurizio Scarpari (Ibid., p. 59) sostiene che l‘obiettivo delle discussioni di Gàozǐ fosse quello di confutare le tesi dei moisti e che con ogni probabilità non fosse al corrente dell‘esistenza delle tesi di Yáng Zhū.

70 tura del manoscritto, una delle quali è sicuramente: che cosa è la natura umana? Come si comporta nel mondo?

Gàozǐ, abbiamo visto, non separa le inclinazioni naturali dell‘uomo dal suo corso di cre- scita fisica, ma al tempo stesso la formulazione di questo suo assunto non ci consente di poter stabilire se egli intendesse lo sviluppo morale come un processo in divenire, che se- guisse le naturali tendenze dell‘uomo alla crescita oppure come qualcosa che si ha già fin dalla nascita, il tutto giocato sull‘ambivalenza semantica della frase shēng zhī wèi xìng 生 之謂性 ―Vita è ciò che si intende per natura‖ (Mèngzǐ, Gàozǐ shàng, 3). Quale dei due si- gnificati dobbiamo attribuire a tale frase rimane un problema che per ora sembra non esse- re destinato a essere risolto: Graham (trad. it., 1999, p. 71) sostiene che ―Le due grafie (xìng e shēng, n.d.a.) si distinguono grazie all‘aggiunta del radicale ‗cuore‘, che nei testi pre-Han può tuttavia essere stato inserito in seguito a successive standardizzazioni grafi- che‖, ma è anche vero che nei testi manoscritti rinvenuti nel territorio che nel quarto secolo avanti Cristo comprendeva lo stato di Chǔ i due caratteri sono solitamente distinti, tanto sul piano grafico quanto sul piano fonetico.69

L’INCIPIT

Con quanto appena asserito non intendiamo sostenere che se il Mèngzǐ riporta shēng zhī

wèi xìng i caratteri in esso contenuti debbano essere necessariamente intesi nel senso dato

dalla loro struttura grafemica nella quale compaiono, soltanto che Graham non ha potuto beneficiare delle scoperte archeologiche del 1993 né dell‘acquisizione dei manoscritti che ora si trovano nel Museo di Shànghǎi: se facciamo un confronto con il XZMC e il XQL ci accorgiamo di cosa può significare tentare di sciogliere le ambivalenze create da questi due caratteri. Cominciamo con l‘incipiti del XZMC che, assieme a quello del XQL è certamen- te una delle parti di più difficile interpretazione di entrambi i manoscritti. I problemi ine- renti la punteggiatura della prima frase si rivelano determinanti per la traduzione, di conse- guenza, per lasciare meno spazio possibile ad ambiguità, al fine di dare un quadro prelimi- nare della situazione, riportiamo la frase senza nemmeno la proposta dei curatori dell‘edizione su catalogo per poi vagliare ogni proposta interpretativa:

凡人雖有性心無奠志,待物而後作,待悦而後行,待習而後奠 (XZMC, 1)

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71 Le possibilità di punteggiare questa frase ammettono almeno due soluzioni che possono in- fluenzare notevolmente la comprensione, alterandone di conseguenza la traduzione. A que- sto si aggiungono altri problemi originati dalla necessità di identificare il soggetto delle tre frasi successive introdotte dal verbo dài 待. Se leggiamo le spiegazioni fornite dalla mag- gior parte dei commentatori e studiosi, verrebbe da pensare che il soggetto di questo verbo sia xīn, il cuore: dopo tutto, è il cuore a mancare di un intento proprio, stabile, come più volte sottolineato. Nulla però ci vieta di optare per soluzioni alternative e grammaticalmen- te corrette tali da identificare come soggetto tanto zhì 志 quanto rén 人, come vedremo quando presenteremo le nostre traduzioni o entrambi i caratteri xīn e xìng. Oltre a questo problema, la punteggiatura della prima frase, secondo la gran parte dei paleografi e degli storici della filosofia deve essere posta tra xìng e xīn, quest‘ultimo soggetto della frase wú

diàn zhì. La traduzione che consente questa punteggiatura è la seguente:

Benché gli uomini siano dotati delle loro inclinazioni naturali, nel loro cuore non alberga- no intenti stabili. Essi si attivano dopo aver ricevuto gli stimoli dal mondo esterno, agisco- no soltanto quando si sentono pienamente appagati e giungono a stabilità soltanto con la pratica.

Questa è una resa preliminare che può dare l‘idea delle condizioni filosofiche che il mano- scritto assume come punto di partenza: notiamo subito una serie di frasi introdotte dal ver- bo dài che seguono una proposizione concessiva e illustrano chiaramente quale sia il punto di inizio di ogni essere umano, le cui inclinazioni naturali reagiscono soltanto se sono state a contatto con qualcosa facente parte del mondo esterno; le inclinazioni naturali stesse e il cuore possono essere portati ad una condizione di stabilità con lo studio e la pratica quoti- diana. Questa situazione non sembra presentare una qualsiasi predisposizione dell‘uomo al bene e alla moralità, né al male: le sue motivazioni e le sue azioni sono solo il risultato di una serie di risposte passive che in sé non hanno alcuna connotazione morale.

Lǐ Líng (2002, p. 105),70

Lǐ Tiānhóng (2003, p. 133), Liú Zhāo (2005, p. 92) mantengono una simile punteggiatura e così fanno Goldin (2000 e 2005), Chén Níng (2002), Michael Puett (2004) e James Behuniak jr. (2005), fra i pochi studiosi occidentali che si sono con-

70 Si noti come lo stesso Lǐ Líng (ibid., p. 108) ammetta come possibile soluzione, salvo scartarla in ultima analisi, la punteggiatura 凡人雖有性心,亡奠志. Questa ipotesi sarà ripresa più avanti.

72 frontati con questo manoscritto.71 Vediamo le loro proposte traduttive degli ultimi studiosi citati, presentate in lingua inglese:

Every human being has xing but since the direction of the heart-mind is subject to change, one starts (doing things) only after having been excited by objects, take action only after having become pleased, and reaches a fixed personality (mind-heart) only after having practiced. (Chén Níng, Ibid., p. 28)

Although everyone has a xing, the mind has no fixed will. It becomes operative only after [it encounters] objects; it becomes active only after [it encounters] pleasure; it becomes fixed only after habitual practice. (Goldin, 2000, p. 119)

In general, although humans possess nature (xìng), their mind is without a fixed purpose. It depends on things and only then becomes active.; it depends on pleasure and only the is moved; it depends on repeated study and only then becomes fixed. (Puett, Ibid., p. 44)

Generally, while people have a disposition [xing 性], their heart-minds [xin 心] have no fixed aspiration. These wait upon things and events, and only then arise. They wait upon an inclination, and only the enter into action. They wait upon the formation of habit and only then become fixed. (Behuniak, Ibid., p. 81)

Le prime tre traduzioni presentano molti punti in comune e tutte partono dall‘assunto che tra xìng e xīn ci sia una possibile cesura che separi il cuore dalle inclinazioni naturali tale da analizzare la frase nel modo seguente: 凡人雖有性,心無奠志,待物而後作,待悦 而後行,待習而後奠. Una proposizione concessiva si definisce tale quando quanto e- spresso nella proposizione reggente si verifica nonostante le circostanze presenti nella con- cessiva. Ciò implica che il fatto che il cuore degli uomini sia privo di intenti prestabiliti (o moralmente già allineati e corretti, come vedremo più avanti) si verifica nonostante essi di- spongano delle loro inclinazioni naturali: fra i due deve dunque sussistere un legame, im- plicito o esplicito, che implichi la predeterminazione (o l‘instabilità e assenza congenita di qualsiasi direzione) di zhì. Dal momento che nel manoscritto non c‘è traccia di simili pre- messe, si potrebbe supporre che gli anonimi autori stiano dando per assodato l‘esistenza di

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Il singolare è d‘obbligo, poiché tanto i sinologi cinesi, quanto quelli occidentali hanno sempre utilizzato il XQL come punto di riferimento per risolvere problemi legati a varianti poco chiare o per colmare lacune presenti nel testo del XZMC. A nostra conoscenza, forse solo Chén Lìguì (2002) risulta essere un‘eccezione.

73 dottrine che avessero posto la stabilità della volontà e delle intenzioni come possibile parte e conseguenza del processo naturale di crescita già insito nell‘uomo e che, di conseguenza, si stiano volutamente, anche se indirettamente, mettendo in polemica contro tutti coloro che hanno avanzato simili teorie; o potrebbe essere il caso che gli anonimi compilatori stiano rielaborando tutto il loro retroterra filosofico del quale fanno parte anche teorie che implicavano un orientamento prestabilito per natura degli intenti morali dell‘uomo Ciò alla vista degli autori stride con quanto si può apprendere dall‘esperienza comune, poiché più avanti nel manoscritto si riconosce che 四海之内其性一也,其用心各異,教使然也 ―In ogni angolo del mondo la natura degli uomini non mostra alcuna differenza, dato che è l‘insegnamento a metterci nelle condizioni di impiegare, ognuno in modo diverso dall‘altro, le nostre facoltà mentali‖ al cui significato la frase suī yǒu xìng potrebbe preludere: il fatto che gli uomini condividano le medesime inclinazioni, che sussista un‘assoluta conformità sia nelle persone più eccelse che in quelle più corrotte, spingerebbe gli autori a concludere

xīn wú diàn zhì e, come mostreremo in seguito, il significato di qí xìng yī yě si esprime nel

fatto che le inclinazioni naturali non presentano alcuna differenza nell‘irregolarità delle manifestazioni del bene e del male in tutti gli uomini, poiché sono intrinsecamente prive di qualsivoglia predisposizione etica; non solo, ma questa frase pone in tutti gli uomini gli stessi processi reattivi e le stesse condizioni descritte nelle listarelle 9-14. Forse gli autori del XZMC contesterebbero le implicazioni secondo le quali il cuore degli uomini si svi- lupperebbe in una precisa direzione o sarebbe (supposto che un individuo non abbia la ca- pacità o il desiderio di studiare) orientato per natura verso determinati ideali etici proprio perché in virtù loro inclinazioni naturali. In quest‘ultimo caso, le inclinazioni naturali non sarebbero tanto garanzia di bontà (si può sempre supporre, teoricamente, un‘intrinseca ten- denza a compiere il male, ma vedremo subito come la posizione del XZMC sia contraria su questa linea) quanto di naturale capacità di sviluppo delle istanze morali. La domanda che si porrebbe il XZMC potrebbe essere così formulata: posto che gli esseri abbiano ognuno nature originarie diverse dagli altri (XZMC, 5-6) e che si riconosca, pur se con implicazio- ni diverse Mencio e Xúnzǐ,72

che gli uomini condividano le medesime potenzialità, ciò non implica né basta per poter garantire stabilità alle intenzioni del cuore che sono dietro a ogni azione umana. Ma che cosa potrebbe intendere il manoscritto con diàn zhì? La domanda all‘apparenza sembra superficiale, poiché è nella comune esperienza umana, constatare che le reazioni agli stimoli provenienti dall‘esterno variano da persona a persona. Ci si potreb-

72 Goldin (1999, pp. 11-3 e 2000, p. 117) fa notare come per Mencio il concetto di xìng individui ciò che distingue una categoria da un‘altra, mentre per Xúnzǐ rappresenti quello che i membri di una stessa specie hanno in comune.

74 be aspettare, quindi, che il XZMC stia alludendo alla diversità delle risposte di ogni indivi- duo. I filosofi cinesi sono concordi nel postulare una serie di comportamenti e desideri co- muni a tutti a tutti gli uomini (il desiderio di soddisfare la fame, la sete, il piacere di vivere negli agi e nella ricchezza, il godimento della fama e della notorietà, etc.) e sono anche convinti che tutti gli uomini agiscono per poter soddisfare tali impulsi: se si ha fame, si cercherà di soddisfare il proprio appetito, sia esso di un uomo esemplare, un sovrano o un uomo mediocre.

Sotto questo punto di vista zhì sembra fisso e il manoscritto rischia di contraddirsi: zhì in- dica il proposito di compiere un‘azione di qualsivoglia natura (ad esempio motoria, ma an- che il semplice parlare73) come risposta alle sollecitazioni del mondo esterno e nella por- zione delle listarelle 24-6 le descrizioni delle reazioni del cuore e delle azioni conseguenti non solo all‘ascolto di musiche e alla partecipazione a danze veicolanti i valori della tradi- zione ma anche al pianto e al riso sembrano non fare distinzioni riguardo alla levatura mo- rale delle persone. Si prenda, in un contesto totalmente diverso, l‘apertura del ventitreesi- mo capitolo del Xúnzǐ:

今人之性,生而有好利焉,順是, 故爭奪生而辭讓亡焉;生而有疾惡焉,順是,故 殘賊生而忠信亡焉;生而有耳目之欲,有好聲色焉,順是,故淫亂生而禮義文理亡 焉。

Fin dalla nascita nell‘uomo vi è desiderio di guadagno: se lo si asseconda nasceranno contese e avidità e verranno meno cortesia e deferenza; fin dalla nascita nell‘uomo vi è in- vidia e odio; se li si asseconda nasceranno crudeltà e delinquenza mentre lealtà e sincerità scompariranno; fin dalla nascita se egli indulge nel soddisfare i desideri del suo corpo, il desiderio della bellezza e dei suoni melodiosi, nasceranno disordine e perversione mentre i principi morali fondati sulla civile convivenza e sulle tradizionali norme rituali scompari- ranno. (Xúnzǐ, Xìng‘è)

Per Xúnzǐ le intenzioni e la volontà devono essere pacificate e stabilizzate (zhì 治, ān 安) attraverso i riti (Xúnzǐ, Quàn xué; Zǐ dào) e poiché senza i riti l‘uomo si riduce alla stregua di un barbaro se non di un animale, ne consegue che la volontà e gli intenti sono fissi se li si intende come semplici reazioni a bisogni fisici, ma non lo sono se inserite in un discorso morale, poiché per coltivare i principi promossi da Xúnzǐ, è necessario concentrare e unifi-

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75 care (dǔ 篤: Xúnzǐ, Xiū shēn; zhuān xīn yī zhì 專心一志: Xúnzǐ, Xìng‘è) la volontà74 verso di essi. Ma il punto saliente è che se non vi sono i principi morali, tutti si comporterebbero come denunciato dal filosofo.

Nel caso di Mencio il discorso è lievemente diverso: anche il filosofo di Zōu ammette che le inclinazioni naturali si configurino, tra le altre manifestazioni, come la ricerca della sod- disfazione dei propri bisogni fisici; ma Mencio si spinge oltre, poiché introduce la nozione dei quattro xīn, quattro peculiari istanze del cuore che per natura, se ce ne si prende cura con la massima attenzione, possono sbocciare nelle virtù cardinali per la conduzione del buon governo e la condotta dell‘uomo esemplare. Ciò che dobbiamo notare è che il cuore reagisce in modo particolare se riceve i dovuti stimoli: così alla vista di un bambino che sta per cadere in un pozzo o alla vista della sofferenza altrui, le risposte del cuore sono date da

cèyǐn zhī xīn 惻隱之心 ―il senso della compassione‖; oppure si prenda un altro famoso

passo: 孟子曰:「魚,我所欲也;熊掌,亦我所欲也。二者不可得兼,舍魚而取熊掌者也。 生,亦我所欲也;義,亦我所欲也。二者不可得兼,舍生而取義者也。生亦我所欲, 所欲有甚於生者,故不為茍得也。死亦我所惡,所惡有甚於死者,故患有所不辟也。 如使人之所欲莫甚於生,則凡可以得生者,何不用也?使人之所惡莫甚於死者,則 凡可以辟患者,何不為也?由是則生而有不用也,由是則可以辟患而有不為也。是 故所欲有甚於生者,所惡有甚於死者,非獨賢者有是心也,人皆有之,賢者能勿喪 耳。一簞食,一豆羹,得之則生,弗得則死。呼爾而與之,行道之人弗受;蹴爾而 與之,乞人不屑也。萬鍾則不辨禮義而受之。萬鍾於我何加焉?為宮室之美、妻妾 之奉、所識窮乏者得我與?鄉為身死而不受,今為宮室之美為之;鄉為身死而不受, 今為妻妾之奉為之;鄉為身死而不受,今為所識窮乏者得我而為之──是亦不可以已 乎?此之謂失其本心。」

Mencio disse: ―Io desidero tanto il pesce quanto la zampa d‘orso, ma non potendoli avere entrambi, scelgo la zampa d‘orso e scarto il pesce. Io desidero la vita, ma anche aderire a una condotta improntata ai principi di giustizia. Se non potessi averli tutti e due scarterei la vita e sceglierei i principi di giustizia. In realtà io desidero vivere, ma vi è qualcosa che

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Il carattere zhì se usato come verbo prende il significato di ―fissare la volontà su qualcosa‖. Un tipico esempio è dato da 子曰:「茍志於仁矣,無惡也。」 ―Il Maestro disse: ‗Se solo si concentrasse la propria volontà sulla benevolenza non vi sarebbe posto per la malvagità‘‖ (Lúnyǔ, Bā yì) e da 子曰:「志於道,據於德,依於仁,游於藝。」 ―Il Mae- stro disse: ‗Fissate la volontà sul dào; aggrappatevi saldamente alla virtù; fate affidamento sul senso e i principi di bene- volenza; traete diletto dalle arti‘‖ (Ibid.).

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desidero più della vita, per questo non la preserverei a tutti i costi. Detesto la morte ma ci sono cose che detesto ancora di più della morte, per questo non mi angoscio per i pericoli che non posso evitare. Se ammettessimo che l‘uomo desidera la vita più di qualsiasi cosa, a cosa non ricorrerebbe pur di preservarla? E se, allo stesso modo, ammettessimo che l‘uomo detesta la morte più di ogni altra cosa, che cosa non farebbe pur di evitare preoc- cupazioni e problemi? Da ciò ricaviamo che vi sono condotte alle quali non si ricorre per preservare la propria vita così come ci sono azioni che non si compiono per evitare la morte. Perciò, ci sono cose che si anelano ben più della vita e si detestano ben più della morte. E non è che siano solo i saggi ad avere un cuore capace di provare tali disposizioni, tutti noi lo abbiamo, i saggi semplicemente sono in grado di non lasciarlo deperire. Pren- diamo ad esempio un cestino di riso e una scodella di minestra: se li abbiamo viviamo e se non li abbiamo moriamo. Me se li offriamo con scherno a un viandante egli le rifiuterà; se gliele offriamo spingendole con un calcio neppure un mendicante non si degnerà di racco- glierle. Eppure dimentichiamo dei principi morali fondati sul senso di ciò che è giusto e appropriato e sulle tradizionali norme rituali quando si tratta di compensi fastosi e rico- noscimenti? A cosa mai possono servirmi ricchissime ricompense? Dovrei accettarle per il lusso dei palazzi, per i servigi di mogli e concubine o per la riconoscenza con la quale sa- rei ricambiato da miei conoscenti molto poveri? Prima ero disposto a morire pur di non accettarli, adesso invece li accetto quando si tratta del lusso dei palazzi; dei servigi di mo-