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LA NATURA UMANA NEL XÌNG ZÌ MÌNG CHŪ : DA SHĒNG A XÌNG

Dall‘incipit comprendiamo che la concezione della natura umana nel XZMC è molto diffe- rente da quella di Mencio e di Xúnzǐ; secondo alcuni studiosi, il pensatore che più potrebbe avvicinarsi ai presupposti teorici di partenza del manoscritto sarebbe il filosofo Gàozǐ, al- cune delle cui posizioni sembrerebbro trovare eco nel manoscritto.

Ad esempio, il contenuto delle inclinazioni naturali nel XZMC è definito in base a un con- cetto molto in voga nel quarto secolo avanti Cristo, quello di fluidi energetici, energie vitali,

qì, i fluidi energetici che sono alla base della vita e dei processi fisiologici e mentali:

喜怒哀悲之氣,性也。及其見于外,則物取之也。性自命出,命自天降。道始于情, 情生于性。始者近情,終者近義。知情者能出之,知義者能納之。好惡性也,所好 所惡物也。善【不善,性也,】所善所不善,勢也

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La natura umana è costituita dai fluidi energetici che sono alla base di piacere, rabbia, tristezza e dolore; quando si manifestano visibilmente all‘esterno ciò accade sotto l‘influenza esercitata dai fenomeni. Le inclinazioni naturali provengono da ciò che il Cielo decreta e in seguito fa discendere. La strada che conduce al perfezionamento morale dell‘uomo ha il suo inizio nella capacità di risposta alla realtà82

e tale capacità scaturisce dalle inclinazioni naturali. L‘inizio di questo percorso si avvicina alle risposte istintive delle inclinazioni naturali, e il suo termine coincide quasi rettitudine. Quando si compren- dono le manifestazioni istintive, si è in grado di manifestarle, quando si comprendono i principi di giustizia si è in grado di interiorizzarli. Oggetto di gradimento e avversione so- no i fenomeni. Bontà (e malvagità appartengono alle inclinazioni naturali) ciò che rendo- no buone o malvagie le inclinazioni naturali sono le circostanze contingenti. (XZMC, 2-4)

Il capitolo Xīn shù xià definisce qì: 氣者,身之充也 ―i fluidi energetici sono la sostanza che permea il corpo‖ e uno dei manoscritti di Guōdiàn, lo Yǔcóng yī, afferma chiaramente 有氣有志【…】氣,容司也。志,心司 ―In presenza dei fluidi vitali c‘è la volontà. […] Il qì determina l‘espressione esteriore; il cuore determina le intenzioni e la volontà‖ (Yǔ-

cóng yī, 45-53), così come il Táng Yú zhī dào ascrive il carattere qì a una dimensione e-

sclusivamente fisiologica: 禹治水,益治火,后稷治土,足民養而教之,節乎脂膚血 氣之情,養性命之正,安命而弗夭,養生而弗傷 ―Yǔ regolò le acque, Yì padroneggiò il fuoco, Hòu Jì controllò le proprietà del suolo e ciò bastò al popolo affinché si nutrisse e tramandasse queste conoscenze. Regolarono83 le manifestazioni istintive del corpo e del qì, preservarono il corretto equilibrio tra le la loro natura originaria e quanto il Cielo aveva decretato. Accettarono tranquillamente il loro destino e non morirono prematuramente; preservarono la loro integrità fisica e senza recar alcun danno.‖ (Táng Yú zhī dào, 10- 1) presentando in questo passo l‘esigenza regolare le proprie manifestazioni istintive e col- tivare quelle positive delle proprie inclinazioni naturali non solo per poter essere un degno sovrano, ma per far si che il popolo possa trasformarsi sull‘esempio dell‘uomo superiore. Il manoscritto, tuttavia, è lacunoso e sono stati fatti più tentativi per completare le porzioni di testo mancanti. Prima di presentare la nostra scelta diamo uno sguardo a quella di Chén Níng (2002) che completa le parti mancanti con bù shàn e xīn 心, pervenendo alla seguente traduzione:

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Per la traduzione di qíng, si confronti anche la traduzione che ne dà Michael Puett (2004). 83

91

Like and dislike are matters of xing. What is liked and what is disliked are material things. Being good or being (not good has to do with the heart – mind). What is regarded as good and what is regarded as not good are due to cultivation.84 (Chén Níng, 2002, p. 28)

Chén Níng guarda al cuore come possibile carattere mancante perché ritiene che nel mano- scritto vi sia un contrasto alla base tra esso e le inclinazioni naturali: non soltanto la lista- rella 4 affermerebbe che la bontà e la malvagità dipenderebbero dal cuore, ma la listarella 6 menzionerebbe il fatto che si dovrebbe fare affidamento su di esso e non agire soltanto se- condo le proprie inclinazioni. A proposito della listarella 14, Chén Níng traduce: ―Whenev-

er (one is with) the Way, it is the principle of xin that holds sway (fan dao xin shu wei zhu

凡道心術為主)‖.85

In questo passo, l‘autore sembra ritenere che seguire la propria natura significhi arrendersi a inclinazioni immorali, mentre fare ricorso al cuore significa, indi- pendentemente se ciò avviene o no con successo, resistere a tali inclinazioni. (Ibid. p. 30). Ciò non significa che il contrasto tra le inclinazioni naturali e il cuore sia assoluto perché le emozioni, in quanto parte della natura umana, non sono intrinsecamente negative, o meglio lo sono alcune: l‘amore per la vita, la riprovazione per ciò che non dimostra benevolenza, espresse nelle listarelle 40-1, sono molto vicine a yì e rén e devono essere comprese come in perfetta armonia con le propensioni al bene del cuore. Solo quando emozioni negative sono coinvolte che sono viste in diretto conflitto con il cuore. In altre parole, se le emozio- ni in sé, come parte e contenuto della natura umana, sono moralmente ambigue, una mag- gior parte di esse è vista negativamente e ciò spiega per quale motivo la natura umana è ri- tratta in contrasto e in conflitto con il cuore. (Ibid., pp. 30-1)

Analizziamo le affermazioni di Chén Níng. La sua posizione principale è che il cuore sia in contrasto con le inclinazioni naturali e che le emozioni, sebbene inizialmente ambigue, quando negative, entrerino in conflitto apertamente con il cuore; alla luce di questo assunto è curioso notare come nei manoscritti di Guōdiàn, le inclinazioni naturali non siano mai ri- tratte in contrasto con il cuore.86 Chén Níng ricostruisce la porzione danneggiata della lista- rella 4 posizionando il carattere xīn e afferma che il cuore propende naturalmente per il be-

84

Sulla discussione della scelta di Chén Níng di tradurre shì 勢 con ―cultivation‖ si veda più avanti. La posizione di Chén Níng non sembra risultare più valida in seguito alla scoperta del XQL

85 Pur non essendo d‘accordo con la traduzione di Chén Níng, riconosciamo che egli è forse stato l‘unico, assieme a Be- huniak (2006, p. 125), a nostra conoscenza, a non aver tradotto in lingua inglese l‘espressione xīn shù 心術 ‗techniques of the mind‘. Per una disamina di questo sintagma, rimandiamo al secondo capitolo.

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E indirettamente ritorniamo all‘incipit: se si segue la punteggiatura 凡人雖有性,心無奠志 la frase sembra porre più le inclinazioni in contrasto con il cuore che non il contrario; ma anche se volessimo abbandonare quella che altro non è che una sensazione dettata dall‘elusività del manoscritto, in nessuna parte del manoscritto, come abbiamo detto, è segna- lato questo contrasto. Ciò che invece è riferito con chiarezza è la mancanza di intenti prestabiliti del cuore in quanto con- dizione preesistente benché vi siano le inclinazioni naturali.

92 ne (pp. 30-1), ma fin dall‘inizio è chiaro che esso non ha alcun intento stabile e che le rea- zioni degli uomini sono sempre da collegarsi a una causa esterna, fatto questo che contrad- dice l‘ipotesi di partenza di Chén Níng. Ma, soprattutto, la parte più difficile da sostenere è la manifestazione di ―emozioni negative‖ che non si conciliano con il cuore: quali sarebbe- ro queste emozioni? Nel manoscritto non solo non v‘è traccia di qualsivoglia emozione specifica che ostacoli il cuore ma non v‘è nemmeno (e ciò a nostro avviso è significativo) il minimo accenno alla loro negatività, né è presente un criterio di giudizio attraverso il quale sia possibile giudicare le emozioni come intrinsecamente negative o positive.

Inoltre, con questa spiegazione, Chén Níng partirebbe con il presupposto che il cuore sia un organo che tende alla bontà, mentre le inclinazioni naturali portano anche alla manife- stazione della malvagità. Questo sarebbe dunque in contrasto con il cuore solo se si am- mette che esso sia per natura buono. Ma nel XZMC non sembra esserci la presenza di una simile concezione.87

Riteniamo sia più giusto ricostruire questa porzione di testo con l‘aiuto del XQL, il quale afferma senza ambiguità:

好惡性也,所好所惡物也,善不善性也,所善所不善勢也

Il cui contenuto riecheggia quello di alcune parole attribuite a Shìzǐ:

周人世碩以為人性有善有惡,舉人之善性養而致之則善長,性惡養而致之則惡長。 如此性各有陰陽善惡在所養焉,故世子作養書一篇。宓子漆雕開公孫尼子之徒亦論 情性,與世子相出入,皆言性有善有惡。

Shì Shì, uomo di Chǔ, pensava che nella natura umana vi fossero sia il bene sia il male. Se si sceglie quanto di buono c‘è nella natura e lo si sviluppa con cura, il bene crescerà; se scegliamo la componente malvagia, sarà il male a crescere. Se assumiamo questa posizio- ne, ciò che ciascuno coltiva nella propria natura, conterrà tanto lo yīn e lo yáng quanto il bene e il male.

Sull‘argomento Shì Shì produsse uno scritto intitolato ―Saggio sulla coltivazione della propria natura.‖ Anche uomini come Mìn Zǐ, Qī Diāokāi e Gōngsūn Nízǐ discussero di na- tura e passioni, concordando più o meno con Shì Shì; tutti sostennero che nella nostra na- tura c‘è il bene e c‘è il male.‖ (Lùnhéng, Mìng lù)

87 Per una rassegna delle posizioni sulle inclinazioni naturali ritratte nel XZMC rimandiamo all‘articolo di Liáng Tāo in

93 Fermiamoci un attimo sulle parole del XZMC: dobbiamo prestare attenzione ai termini hào e è 好/惡 ―gradimento e avversione‖ e shàn, bù shàn 善/不善 ―bontà e malvagità‖. Quando Xúnzǐ redigerà il capitolo sulla natura umana, si servirà del carattere è/wū 惡 per indicare la malvagità della natura umana e non dell‘espressione bù shàn, mentre per indicare la bontà della natura umana (anche soltanto per citare i suoi avversari) Xúnzǐ non risparmia il carattere shàn, ma non usa hào 好. L‘uso delle parole shàn/bu shàn 善/不善 è stata analiz- zata a fondo nel Mèngzǐ e a questo proposito alcuni studiosi (Scarpari, 1997) hanno ipotiz- zato che l‘uso dell‘espressione bù shàn nel pensiero di Mencio sia riconducibile al fatto che egli concepisse le inclinazioni naturali come un processo tendente verso la bontà e il bene che potesse essere frenato soltanto da fattori ad esse non intrinseci; l‘uso di bù shàn per indicare la malvagità riflette la concezione della malvagità delle inclinazioni naturali come assenza (espressa dall‘avverbio di negazione bù 不) o arresto di questo sviluppo. Maurizio Scarpari scrive a proposito del concetto di bene nel Mèngzǐ:

―E‘ significativo che nel descrivere il male o dovendo usare un concetto opposto a shan,

―bene, bontà‖, Mencio non sia mai ricorso al termine comunemente impiegato nella lette- ratura del periodo, e, ―male, malvagità‖, ma a bu shan, ―non essere buono, non diventare buono.‖ Il male venne dunque spiegato in termini di fallimento, di incapacità di sviluppa- re le proprie potenzialità e di porsi in sintonia con il dao. Mencio non concepiva una real- tà positiva del male, ma solo negativa. Il male è da lui inteso come qualcosa che, invece di aggiungere, sottrae all‘essere: è privazione, il non essere di ciò che potrebbe e dovrebbe essere.‖ (Scarpari, 1997, pp. 37-8.)

Riteniamo che una simile spiegazione, adatta forse più al pensiero di Mencio sulle inclina- zioni naturali, chiarisca solo in parte il contenuto del XZMC. Innanzi tutto, non è ancora stato accertato quanto il pensiero di Mencio fosse influente all‘epoca della stesura dei testi di Guōdiàn;88

in secondo luogo il manoscritto non usa i caratteri è e bù shàn come sinonimi, poiché accorda a essi delle funzioni diverse e facendo loro ricoprire significati altrettanto

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James Behuniak (2005, pp. xix – xx) asserisce che i contenuti del XZMC costituiscono una delle principali influenze dietro la filosofia di Mencio. Si tratta, tuttavia, di un‘affermazione difficile da dimostrare, poiché nel Mèngzǐ non c‘è al- cun accenno alle posizioni del XZMC: ad esclusione di xìng wú shàn wú bù shàn 性無善無不善, che può essere ricon- dotta al XZMC (ma anche a Shì Shì) non ci sono proposizioni fondamentali per la comprensione del testo come dào shǐ

yú qíng 道始於情 o altre frasi il cui contenuto possa essere accostato a quello delle listarelle 9-14, una delle parti più im-

portanti del manoscritto. Di fatto, ci sembra che xìng wú shàn wú bù shàn sia una posizione troppo generica per poter es- sere ascritta a un testo particolare.

94 diseguali. Bù shàn indica tutte quelle possibilità che le inclinazioni naturali hanno di mani- festarsi in un modo ―malvagio‖ e la stessa cosa vale per shàn: essi indicano la totalità delle azioni buone e malvagie nelle quali le inclinazioni naturali si possono esprimere.

Hǎo e è sono verbi impiegati per designare un giudizio espresso nei confronti di determina-

te cose (nel senso di oggetti che è possibile percepire con la vista) che possono incontrare l‘approvazione o l‘avversione di colui che le osserva.

Si noti, inoltre, che la frase shàn bù shàn xìng yě 善不善性也, sebbene usi il verbo bù shàn, è ben lontana dal concepire il male in senso di privazione o fallimento perché nel mano- scritto, come abbiamo già asserito, il male non è presentato come qualcosa contrario allo sviluppo della persona, anzi è una delle soluzioni a cui gli esseri umani possono approdare: il manoscritto parla di dìng intendendo intenti già presenti nell‘uomo e orientati verso una precisa direzione (già moralmente buoni?) e ciò non ci autorizza a escludere che gli autori ammettano il male anche come possibilità. Se le azioni umane sono descritte come buone quando si conformano ai principi di ciò che è giusto e appropriato, la mancata manifesta- zione di tali istanze non può essere giudicata come forma di bontà.

Per inciso, è interessante notare la differenza, seppur sottile, tra il XZMC e il XQL: en- trambi pongono come risultato della pratica costante la stabilità delle intenzioni, ma mentre il XZMC non specifica in quale direzione le intenzioni del cuore si stabilizzano (anche se è lecito aspettarsi che l‘orientamento sia verso la correttezza morale), il XQL, ammettendo che la variante zhèng sia lessicale,89 quando parla di predeterminazione delle intenzioni al- luderebbe alla stabilità di quelle orientate verso la rettitudine e alla correttezza (érhòu diàn inteso come zhèng poiché all‘inizio sarebbe wú zhèng zhì).

Anche da un punto di vista grammaticale questa frase riserva alcune sorprese: suǒ shàn suǒ

bù shàn può essere tradotto non solo come una proposizione dal valore putativo (―ciò che

si giudica buono o malvagio sono le circostanze‖) in cui il sostantivo shì 勢 è oggetto dei verbi shàn e bù shàn ed espresso in precedenza dal sostituto indefinito di nominalizzazione

suǒ 所, ma anche come una proposizione dal valore causativo in cui shì non è oggetto dei

due verbi, bensì soggetto. L‘oggetto diviene, dunque, non shì ma xìng, le inclinazioni natu- rali. Dal momento che hào e è, shàn e bù shàn rientrano nelle modalità di espressione delle inclinazioni naturali, il manoscritto sta spiegando quali sono i fattori che provocano quelle determinate reazioni. Naturalmente, è possibile spiegare la frase nel modo in cui lo hanno fatto Puett (2004, p. 47) e Chén Níng (2002, p. 28); dopo tutto, sotto il profilo grammatica- le questo tipo di analisi è ineccepibile, specie per quanto riguarda la prima proposizione

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suǒ hào suǒ è wù yě.90

Dato che la successiva è in parallelo con quella che abbiamo appena citato, ci si potrebbe aspettare un‘analoga considerazione nel momento in cui si analizza l‘identità del sostituto indefinito di nominalizzazione; tuttavia siamo propensi a considerare

xìng oggetto di suǒ shàn e suǒ bù shàn poiché più avanti il manoscritto afferma chū xìng zhě shì yě, ―Ciò che manifesta le inclinazioni naturali sono le circostanze contingenti‖, ed è

chiaro che fra i modi in cui le inclinazioni naturali possono manifestarsi, la bontà e la mal- vagità occupano un ruolo dominante.

Si confrontino le seguenti frasi tratte dal manoscritto:

善不善性也,所善所不善勢也 Bontà e malvagità appartengono alle inclinazioni natura-

li, ciò che rendono buone o malvagie le inclinazioni naturali sono le circostanze contin- genti (nelle quali ci si trova).

凡性或動之〔…〕或出之 In genere alcuni elementi stimolano le inclinazioni naturali […]

altri le manifestano. (XZMC, 9-10)

出性者勢也 Ciò che manifesta le inclinazioni naturali sono le circostanze contingenti. (XZMC, 11)

Dal momento che il confine tra le due coppie di caratteri può risultare a prima vista molto sottile poniamoci la domanda: che differenza c‘è tra wù 物 e shì 勢 ? Sul significato del primo non ci sono dubbi; non solo, ma in nostro aiuto arriva il manoscritto stesso definen- do wù come:

凡見者之謂物

Con ‗fenomeno‘ si intende tutto ciò che è manifesto. (XZMC, 12)

Se tale definizione appare chiara, quella di shì sfiora la tautologia:

物之勢者之謂勢

Con ‗circostanze contingenti‘ si intende la configurazione nella quale si trova una data realtà. (XZMC, 13)

90 Si confronti la traduzione che dà Puett: ―That which one deems good and that which one deems bad depend on circum- stance‖. (Puett, 2004, p. 47).

96 Il significato del carattere shì è ―potenza, influenza, potere, situazione, configurazione, po- sto, posizione, apparenza‖; esso indica un insieme di circostanze nelle quali una o più cose (ma anche persone) – wù –si vengono a trovare, la cui conoscenza non è soggettiva, bensì oggettiva. I verbi hào e è rimandano ad un giudizio dell‘osservatore che risponderà di fron- te alla manifestazione di determinate cose, con azioni ma anche con la semplice disappro- vazione. Il manoscritto stesso fornisce un esempio quando scrive:

惡類三,唯惡不仁為近義

Tre sono le categorie di avversione delle quali solo l‘avversione a ciò che non manifesta amore e premura nei confronti del prossimo si avvicina alla capacità di giudicare in base ai principi di ciò che è giusto e appropriato. (XZMC, 41)

Si confronti con quanto detto a proposito di shì:

出性者勢也

Le circostanze contingenti sono ciò che spingono le inclinazioni naturali a manifestarsi.

Chiaramente bù rén 不仁 non è un oggetto, né una cosa concreta, ma qualcosa che, nondi- meno, è possibile vedere, percepire, e quindi è possibile approvare o disapprovare. Sebbe- ne si possa essere tentati dall‘attribuire a wù il significato di ―oggetto concreto, cosa‖, il XZMC con questa parola sta indicando qualsiasi manifestazione percepibile ai sensi,91 il che include anche le manifestazioni dei sentimenti e di comportamenti più o meno appro- priati o corretti. Notiamo, inoltre, che shì è direttamente responsabile, anzi l‘unico elemen- to di quelli elencati nelle listarelle 9-14 a far concretizzare le manifestazioni di bontà e malvagità delle inclinazioni naturali poiché gli altri verbi (dòng 動, nì 逆, lì 厲, yǎng 養,

zhǎng 長) possono anche riferirsi a un contesto interiore, non soltanto a un lavoro che im-

plica la riflessione e l‘autodisciplina (cosa questa valida soprattutto per i verbi lì, yǎng,

zhǎng) ma anche a tutti quei processi che avvengono poco prima che le inclinazioni natura-

li sfocino in una reazione visibile da un osservatore.

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Ciò è dato dalla doppia valenza del verbo jiàn 見 che nei testi manoscritti può essere impiegato con il significato di