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La custodia cautelare in carcere obbligatoria per i sex offenders

dopo la legge n. 38/2009

1. Il rafforzamento della prevenzione generale nella nuova disciplina dei reati sessuali: le novità “inquisitorie” della fase delle indagini

1.1. La custodia cautelare in carcere obbligatoria per i sex offenders

E’ lo stesso Governo a denunciare lo spirito della recente riforma, laddove nel Preambolo al decreto Legge n. 11/2009, la descrive come finalizzata ad “assicurare una

maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell‟allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso le norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni e ad una più concreta tutela delle vittime dei suddetti reati (…)”1

L’orientamento general-preventivo espresso dall’esecutivo, è stato trasferito nella legge n. 38/2009 che, a livello processuale, lascia pressoché immutata la disciplina dibattimentale in materia di reati sessuali, incidendo invece cospicuamente sulla fase delle indagini preliminari e sui suoi istituti tipici; rafforza i poteri delle autorità inquirenti e correlativamente limita i diritti di libertà dell’indagato, suscitando qualche dubbio di legittimità costituzionale, di cui a breve si dirà.

Indicativa di questa tendenza è la modifica di cui all’art. 275 comma 3 c.p.p., che ha comportato l’ampliamento delle ipotesi di custodia cautelare in carcere “obbligatoria”.2

1 Preambolo del Decreto Legge 23 febbraio 2009 n. 11, convertito con modificazioni in legge 23 aprile 2009 n. 38, in G.U. n. 45 del 24 febbraio 2009.

2

Durante la discussione in Assemblea dell’8 aprile 2009, l’On. Lussana così risponde all’On. Mantini, che sosteneva la natura obbligatoria della nuova ipotesi di custodia cautelare in carcere: “ (…) ho sentito

parlare di automatismo, dunque di obbligo della custodia cautelare in carcere anche in assenza delle esigenze cautelari. Vorrei dire anche all'onorevole Mantini che non è assolutamente così. È vero che con

Un breve excursus storico sulle modifiche apportate alla disciplina della custodia cautelare in carcere è funzionale a mettere in luce come la novella introdotta dalla legge 23 aprile 2009, n. 38 costituisca un vero e proprio “ritorno al passato”3

di impronta inquisitoria.

L’introduzione dei principi di proporzionalità e adeguatezza e del criterio dell’extrema

ratio secondo cui “la custodia in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata”, inseriti nella formulazione originaria dell’art. 275

c.p.p., furono il frutto della volontà legislativa di eliminare quell’automatismo detentivo che aveva caratterizzato l’impianto processuale vigente sotto il Codice Rocco4, restituendo così al giudice il potere di valutare, sulla base dei presupposti legislativamente previsti dagli artt. 273 e 274 c.p.p. se, nel caso concreto, si rendesse necessaria l’applicazione della misura cautelare più afflittiva.

Da ciò discendeva che, in via generale, i provvedimenti interinali, restrittivi della libertà personale, potevano essere legittimamente applicati solo se il giudice fosse stato in grado di motivare non solo in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti, ma anche in ordine all’esistenza di un effettivo periculum libertatis. Inoltre, con riferimento alla custodia cautelare in carcere, la motivazione doveva estendersi anche ai profili che portavano il giudice a considerare la misura come l’unica idonea, fra quelle ex lege previste, a soddisfare le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p.

Invero, tale impianto fortemente garantista e rispettoso dei diritti di libertà previsti dalla Costituzione, subì dei duri colpi a pochi anni dall’entrata in vigore del nuovo codice, a causa dell’allarme sociale causato dal fenomeno mafioso.

La necessità di contrastare la criminalità organizzata portò, infatti, all’emanazione del d.l. 13 maggio 1992 n. 1525, convertito con la legge 12 luglio 1991 n. 203, che

la lettera a), novellando l'articolo 275, noi deroghiamo al principio generale, prevedendo la custodia cautelare in carcere come misura prioritaria. Di conseguenza, deroghiamo al principio generale per cui si dovrebbe provvedere alla custodia cautelare in carcere, solo salvo quando un'altra misura non risulti chiaramente adeguata.”

3 MOSCARINI P., L‟ampliamento del regime speciale della custodia in carcere per gravità del reato, in

Diritto Penale e Processo n. 2/2010, pp. 229.

4

L’art. 253 del codice di procedura penale previgente, richiedeva per i reati più gravi, l’emissione obbligatoria del mandato di cattura, a fronte dell’esistenza in capo all’ imputato dei “sufficienti indizi” di cui all’art. 252 del medesimo codice.

5 Il d.l. 13 maggio 1992 n. 152 recante “Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e di buon andamento dell’attività amministrativa” introduceva la “cattura obbligatoria” per molti reati fra come ad esempio il reato di devastazione, saccheggio o strage per attentare alla sicurezza dello Stato, guerra civile, associazione di tipo mafioso, strage, omicidio volontario, rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione, delitti commessi per

reintroduceva per un ampio catalogo di reati, un’ipotesi di custodia cautelare in carcere obbligatoria sulla base del solo fumus commissi delicti. L’unica possibilità per l’indagato/imputato di uno di questi gravi delitti di evitare la custodia cautelare in carcere era di riuscire a dimostrare l’insussistenza delle esigenze cautelari o la possibilità che vi fossero misure diverse idonee a soddisfarle.

Quest’ultima eventualità fu presto eliminata da un successivo provvedimento, anch’esso di stampo emergenziale, il d.l. 9 settembre 1991 n. 292 convertito nella legge 8 novembre 1991 n. 3566, che eliminava per tali reati la possibilità di ricorrere ad una misura cautelare diversa dalla custodia in carcere, stabilendo, in procedimenti per reati di tal genere, un’alternativa “secca” fra mantenimento della libertà e restrizione in carcere.

La severità della disciplina fu attenuata pochi anni più tardi, con la legge 8 agosto 1995 n. 332 recante “Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei

procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa”, che riduceva drasticamente

l’elenco dei reati di cui all’art. 275 comma 3 c.p.p., limitandoli a quelli di associazione mafiosa, alle condotte di agevolazione delle attività della criminalità organizzata e ai c.d. delitti “fine” commessi nell’ambito delle medesime organizzazioni previsti dall’art. 416 – bis c.p.

L’art. 2 della legge n. 38/2009 modifica il comma 3 dell’art. 275 c.p.p. restaurando, seppur parzialmente7, il regime antecedente alla legge del 19958.

Viene nuovamente ampliato il catalogo dei reati per cui il giudice deve emettere ordinanza di custodia cautelare, verificata la sola sussistenza dei gravi indizi di

finalità di terrorismo od eversione dell’ordine costituzionale puniti con la reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci, produzione, traffico o detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ecc. ecc.

6 Il d.l. 9 settembre 1991 n. 356 recava “Disposizioni in tema di custodia cautelare, di avocazione dei

procedimenti penali per reati di criminalità organizzata e di trasferimenti di ufficio dei magistrati per la copertura di uffici giudiziari non richiesti.”, emanato sulla scia delle stragi di Capaci e di Via d’Amelio.

7 I primi commentatori della novella hanno da subito evidenziato l’incoerenza del legislatore che, nonostante il preannunciato intento di seguire una logica di prevenzione generale, non ha incluso nell’elenco delle ipotesi di custodia in carcere obbligatoria, gravi fattispecie come la rapina aggravata (art. 628 comma 3 c.p.), l’estorsione aggravata (art. 628 comma 2 c.p.), il traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti (art. 73 e 80 comma 2, DPR n. 309/1990), che invece la legge del 1991 aveva inserito al comma 3 dell’art. 275 c.p.p. Così GASPARINI M., Estesa l‟obbligatorietà della custodia in carcere in

Guida al Diritto n. 10/2009, pp. 48 ss.

8

Rilevano questo primo effetto della legge n. 38/2009 anche i giudici costituzionali secondo i quali “Compiendo un salto di qualità a ritroso rispetto alla novella del 1995, l‟art. 2 comma 1 lettere a) e

a-bis) del citato provvedimento d‟urgenza riespande l‟ambito di applicazione della disciplina eccezionale ai procedimenti aventi ad oggetto numerosi altri reati (…)” Corte Cost. sent. n. 265/2010.

colpevolezza, salvo che vi siano elementi che dimostrino l’inesistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p..

Allo stato attuale della normativa vige, quindi, una presunzione di adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere non solo per i delitti e le attività connesse alle associazioni mafiose di cui all’art. 416 – bis c.p., ma anche per gli indagati/imputati per i delitti di:

- associazione per delinquere diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p.;

- riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.); - tratta di persone (art. 601 c.p.);

- acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.);

- sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.);

- associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (art. 74 D.P.R. n. 309/1990);

- associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater D.P.R. n. 43/1973);

- consumati o tentati con finalità di terrorismo (art. 51 comma 3- quater c.p.); - omicidio volontario (art. 575 c.p.);

- induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.);

- pornografia minorile (art. 600-ter comma 1, 2,3 c.p.)9;

- iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.);

- violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609 – quater c.p.) e violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.), salvo che ricorrano le ipotesi attenuanti.10

La dottrina, a causa delle presunzioni che la novella introduce, ha parlato di una nuova ipotesi di “obbligatorietà” della custodia cautelare in carcere.

9 L’unica condotta esclusa dall’applicazione dell’art. 275 comma 3 c.p. fra quelle previste dall’art. 600-ter c.p. è la cessione di materiale pedopornografico.

10

L’originario testo del decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11 prevedeva che fosse esclusa dall’applicazione dell’art. 275 comma 3 c.p.p. solo l’ipotesi attenuata del delitto di violenza sessuale ex art. 609 c.p. e non anche le ipotesi attenuate di cui all’art. 609 – quater c.p. e all’art. 609 – octies c.p., incluse invece in sede di conversione.

La nuova disposizione prevede, infatti, due tipi di presunzione: la prima relativa (iuris

tantum), con riferimento all’esistenza di almeno una delle esigenze cautelari di cui

all’art. 274 c.p.p. a fronte della provata sussistenza in capo all’indagato dei gravi indizi di colpevolezza; la secondo assoluta (iuris et de iure) con riguardo all’adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere e alle esigenze cautelari presupposte e non sconfessate da prova contraria. 11

La presunzione juris tantum di esclusività della misura restrittiva più severa può essere vinta, infatti, solo se siano acquisiti elementi da cui risulti l’assenza del periculum

libertatis12.

A tale presunzione si accompagna il rovesciamento dell’onere della prova: sarà la difesa a dover dimostrare che non sussistono esigenze cautelari volte a legittimare l’emissione dell’ordinanza che dispone la custodia cautelare in carcere.

E’ questo un caso di probatio diabolica: i reati in esame, che, come noto, sono in grado di destare un elevato allarme sociale e sono spesso caratterizzati da condotte recidivanti, rendono alquanto arduo provare l’insussistenza di alcuna esigenza cautelare; a ciò si aggiunga una certa tendenza della giurisprudenza a motivare in ordine alla sussistenza del pericolo di fuga in maniera generica, senza circoscriverlo entro specifici parametri.13

11 Così MOSCARINI P., L‟ampliamento del regime speciale della custodia in carcere per gravità del

reato, in Diritto Penale e Processo n. 2/2010, pp. 229; Secondo DI DEDDA E., La novella in tema di contrasto alla violenza sessuale e atti persecutori: primi rilievi processuali in Archivio della nuova procedura penale n. 4/2009, pp. 427 e ss, la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in

carcere avrebbe valore di presunzione iuris tantum.

12

Sulla probatio diabolica imposta dall’art. 275 comma 3 c.p.p. si erano già espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza 5 ottobre 1994, Demitry in Cass. Pen. 1995, pp. 842 e ss. secondo cui “ in presenza d gravi indizi di colpevolezza per uno dei reati indicati nell‟art. 275 comma 3

c.p.p., deve essere senz‟altro applicata la misura della custodia cautelare in carcere, senza necessità di accertare le esigenze cautelari che sono previste dalla legge. Ne consegue che al giudice di merito incombe solo l‟obbligo di dare atto della inesistenza di elementi idonei a vincere tale presunzione, mentre l‟obbligo di motivazione diventa più oneroso nell‟ipotesi in cui l‟indagato o la sua difesa abbiano evidenziato elementi idonei a dimostrare l‟insussistenza di esigenze cautelari, dovendosi allora addurre, o quanto meno dedurre, gli elementi di fatto sui quali la prognosi positiva può essere fatta.” Di recente

Cass. Pen. sez. IV 22 gennaio 2008 Licciardello.

13 In ordine alla tendenza a motivare in maniera generica sulla sussistenza del pericolo di fuga si riscontrano due orientamenti opposti della Corte di Cassazione; l’uno che sostiene che la probabilità del pericolo di fuga debba essere desunta da elementi concreti e non meramente congetturali (Cass. sez. IV 24 maggio 2007 n. 42683 in Guida al diritto, n. 3/2008, p. 80; Cass. sez. IV 27 giugno 2006 n. 29998 in

Cass. Pen. n. 9/2007, p. 3408; Cass. sez. III 11 ottobre 2005 n. 40838 inCED Cass. pen. 2005 ; Cass. sez. II 2 dicembre 2005 n. 775 in Cass. Pen. n. 12/2006, p. 4139; Cass. sez. VI 25 maggio 2005, in Cass. Pen. 2006, p. 2550; Cass. sez. VI 1 aprile 1996, in Cass. Pen. 1997, pp. 2155), l’altro, invece, che ritiene che il pericolo di fuga non debba essere desunto esclusivamente da comportamenti materiali che rivelino l’inizio dell’allontanamento o una condotta a ciò prodromica, ma è sufficiente che le condizioni del soggetto, facciano ragionevolmente pensare ad un reale ed effettivo pericolo (Cass. sez. VI, 25 maggio 2005, n. 24233 in Cass. Pen. n. 7-8/2006, p. 2550; Cass. Sez. VI, 4 giugno 1996, in Cass. Pen., 1997, p.

L’inoperatività del principio di adeguatezza mal cela, inoltre, una certa sfiducia del legislatore nella discrezionalità dell’organo giudicante, a cui sottrae il potere di valutare, nel caso concreto, il tipo di misura cautelare applicabile.

Viene, quindi, reintrodotto quell’automatismo detentivo, di risalente memoria, che implica la marginalizzazione del potere discrezionale del giudice, sottolineata con preoccupazione già in sede di lavori preparatori14.

Si aggiunga poi un’ulteriore considerazione: a fronte dell’incapacità della difesa di provare la sussistenza di elementi in grado di escludere il periculum libertatis, la cautela si fonderà esclusivamente sulla prognosi di colpevolezza dell’indagato.

Sono note le problematiche legate all’accertamento della responsabilità nei casi di reati sessuali15, che possono far sì che la colpevolezza dell’indagato non emerga immediatamente nella prima fase delle indagini. Per questo motivo è fondamentale, nel rispetto del dettato costituzionale, che venga restituito all’organo giudicante quantomeno il potere di effettuare un accuratissimo vaglio dei “gravi indizi”, onde evitare gratuite restrizioni della libertà personale di soggetti assistiti dalla presunzione di innocenza.16

2155; Cass. Sez. III, 21 ottobre 1993, in C.E.D. Cass., n. 195882; Cass. Sez. III, 23 gennaio 1997 , in

Cass. Pen., 1998, p. 1162;Sez. I, 23 novembre 1995, in Cass. Pen., 1996, p. 866).

14 Durante la discussione in Assemblea alla Camera dei Deputati, il rappresentante dell’opposizione Rocco Buttiglione così riferisce sull’art. 2 del D.L. 11/2009: “Un discorso analogo va fatto per quello che riguarda il tema della obbligatorietà della custodia cautelare in carcere, oggetto dell'articolo 2 del provvedimento. (…) La discrezionalità è inevitabile, ogni buon ordinamento di procedura penale deve riconoscere ampi margini di discrezionalità ai magistrati, ma il magistrato che sbaglia in qualche modo dovrebbe essere sanzionato, occorre che ci sia un controllo sull'uso della discrezionalità. Togliere questa discrezionalità o diminuirla o prevedere l'obbligatorietà della custodia cautelare non è una buona politica; una buona politica sarebbe riprendere il controllo dei procedimenti interni alla magistratura e garantire che, quando un giudice sbaglia nell'uso della sua discrezionalità, quando un giudice considera che deve concedere dei benefici, laddove la legge dice soltanto che può concederli dopo opportuna valutazione, quando il giudice nell'opportuna valutazione viene meno, allora sarebbe necessario che ci fosse un qualche controllo che garantisca la sostituzione del giudice in quell'ufficio ed eventualmente una valutazione non favorevole ai fini della sua ulteriore carriera. La verità è che la discrezionalità è diventata illimitata per mancanza di controllo e adesso noi tentiamo di porre rimedio a questa situazione istituendo l'obbligatorietà della custodia cautelare in carcere. È una cosa che lascia perplessi, come lascia perplessi tutto ciò che introduce regimi di eccezione, tutto ciò che crea situazioni particolari riferite ad alcuni reati, quando uno potrebbe domandarsi perché la stessa cosa non valga per altri reati forse di uguale o maggiore gravità, o di uguale o maggiore allarme sociale. (…)”

15

Così ANGELETTI R., La prova nella violenza sessuale, Torino, 2009, pp. 221 e ss.

16 In questo senso anche MARZADURI E., Il ricorso alla decretazione d‟urgenza condizionato dal

diffuso allarme sociale in Guida al Diritto n. 10/2009, pp. 40-41. Ciò che interessa, ai nostri fini, è la

funzione della presunzione di innocenza sia come regola di trattamento, che vieta di considerare la restrizione della libertà effettuata in via cautelare, quale anticipazione della pena da infliggersi dopo la condanna, (Corte Cost. sent. n. 64/1970) sia come regola probatoria che impone che sia l’accusa a dimostrare la colpevolezza dell’indagato/imputato. Più ampiamente D’AMICO M., Art. 27 Cost., in

Chi, come la scrivente, guarda con preoccupazione alla novella, poiché ritiene che essa rappresenti un retaggio del passato e non un progresso nell’affermazione delle garanzie procedurali, non può mancare di sottolineare come, alla sfiducia nell’organo giudicante si accompagni una marginalizzazione, propria del Codice di rito del 1930,17 del principio di cui all’art. 27 comma 2 Cost., principio da cui l’Assemblea Costituente prese le mosse verso l’auspicato rinnovamento, in senso liberale, del processo penale.18

La presunzione di adeguatezza e l’inversione dell’onere della prova in ordine alle esigenze cautelari sono una chiara dimostrazione di come il legislatore abbia trascurato la valenza processuale della presunzione di innocenza, tanto come canone probatorio, quanto come regola di trattamento19. Bene si è espressa la dottrina quando ha affermato che, nella legge di riforma dei reati sessuali, “la custodia cautelare, quale pena

anticipata e sommaria, sovente affetta da caratteri di esemplarità, diviene lo strumento immediato di appagamento dell‟opinione pubblica, aldilà della presunzione di non colpevolezza”. 20

Torino, 2006; DOMINIONI O., Commento all‟art. 27 comma 2 Cost., in Commentario della Costituzione (a cura di) Branca G., Pizzorusso A. 1991, pp. 162 e ss.

17 Alfredo Rocco definiva, nella Relazione al Progetto Preliminare del Nuovo Codice di Procedura Penale, la presunzione di non colpevolezza come “una stravaganza derivante da quei vieti concetti,

germogliati dai principi della rivoluzione francese, per cui si portano ai più esagerati e incoerenti eccessi le garanzie individuali; una tale enormità, una così patente inversione del senso logico e giuridico, che non può essere ammessa neppure come modo di dire.” in Lavori preparatori del Codice Penale e del

Codice di Procedura Penale, vol. VII, pp. 22 e ss.

18 DOMINIONI O., Commento all‟art. 27 comma 2 Cost., in Commentario della Costituzione (a cura di) Branca G., Pizzorusso A. 1991, pp. 188 e ss.

19

In sede di lavori preparatori era già stato brutalmente evidenziato come questa modifica fosse lesiva della presunzione di innocenza prevista dalla Costituzione. Secondo l’On. Mecacci:“Questa norma è una

di quelle più illiberali che siano state introdotte nel nostro ordinamento penale negli ultimi anni. Mi sembra che si rivada ai cosiddetti decreti Cossiga e alle leggi speciali contro il terrorismo, dove si estende il principio della presunzione di colpevolezza, invece di difendere il principio costituzionale della presunzione d'innocenza che. (…) è l'unico principio che vige nel nostro ordinamento”. Noi proponiamo un emendamento col quale vogliamo eliminare l'obbligo della custodia cautelare, in quanto vi sono altre forme per garantire contro la pericolosità: gli arresti domiciliari, l'obbligo di dimora e tante altre misure che sono applicate per tutti gli altri reati. Voi volete solo aizzare le piazze con la demagogia sulla violenza sessuale, che in questo Paese è diminuita invece di aumentare. È veramente una vergogna perché ci si proclama liberali e, invece, si propone questo tipo di norma.”. Secondo l’On. Zamparutti:

“con questa norma l'indagato, l'accusato è già di per sé un colpevole, che deve dimostrare la sua

innocenza. Vengono scardinati i principi essenziali del nostro ordinamento. Vi è la compressione della libertà personale dei cittadini, viene sottratta del tutto al giudice la valutazione di adeguatezza delle misure.”

20 Così GARGANI A., Commento al D.L. 23.2.2009 n. 11 conv. con mod. in l. 23.4.2009, n. 38,

Premessa, in Legislazione Penale n. 3/2009, pp. 417, che denuncia tra l’altro una preoccupante “trasfigurazione teleologica degli istituti processuali, chiamati ad assolvere ad un anomala ed indebita funzione di giustizia “in tempo reale” in cui il giudice rischia di divenire la mera cinghia di trasmissione di un messaggio “forte” che dal legislatore deve giungere senza ostacoli o freni, direttamente ai consociati.” .

L’esigenza di rendere la novella compatibile con la riserva di legge e di giurisdizione costituzionalmente previste in materia di libertà personale si fa ancora più pressante, se si guarda all’applicazione che la giurisprudenza di legittimità ha fatto della norma riformata ai procedimenti in corso.

Il legislatore non si è fatto carico di risolvere, attraverso l’introduzione di un regime transitorio, i problemi di diritto intertemporale con riguardo alla nuova fattispecie cautelare.

Quid iuris, dunque, per gli indagati/imputati per uno dei delitti inseriti nel nuovo art.

275 comma 3 c.p.p. e assoggettati, nel procedimento pendente, ad una misura diversa dalla custodia cautelare in carcere?21

La risposta della recente giurisprudenza, che non si è discostata dalle indicazioni a suo tempo fornite delle Sezioni Unite in materia di successione delle leggi processuali in

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